Storia dell'anarchismo in Italia
Il movimento anarchico ha in Italia una lunga e antichissima tradizione ed è per questo che è divenuto un punto di riferimento per tutto l'anarchismo internazionale. La sua storia, colma di importanti avvenimenti, può essere sommariamente suddivisa in quattro fasi:
- Dal Risorgimento al '900: l'anarchismo italiano sviluppa la sua storia nell'ambito dei conflitti interni tra organizzatori e antiorganizzatori, ovvero tra tendenze collettiviste e individualiste. Questa fase è caratterizzata da molti attentati individualistici contro re e altre autorità.
- Dal '900 all'avvento del fascismo: in questa fase, dopo la relativa prevalenza degli individualisti, il movimento pare avviato verso il prevalere delle tendenze organizzatrici (UCAI e UAI).
- Il periodo fascista: gli anarchici subiscono la dura repressione del regime mussoliniano, ma partecipano attivamente alla resistenza.
- Dal dopoguerra ad oggi: il movimento anarchico si riorganizza (Federazione Anarchica Italiana) e si sviluppa, seppur non esercitando più l'influenza del periodo ante-guerra, tentando di stare al passo con i tempi (squat, movimento studentesco, antimilitarista, antinucleare ed ecologista ecc.).
Dal Risorgimento al '900
Il Risorgimento costituì un fertilissimo terreno di sviluppo del movimento anarchico italiano, anche grazie all'influenza di Bakunin, che per diversi anni soggiornò in Italia. Proprio dal Risorgimento nacque il primo anarchico italiano, Carlo Pisacane, che oltre ad essere un uomo d'azione, fu anche un intellettuale di grande cultura e uno dei maggiori risorgimentalisti. Lasciò numerosi scritti, ispirati all'anarchismo proudhoniano, in cui espresse il suo pensiero libertario, federalista e antiautoritario.
L'arrivo nel 1864 di Bakunin in Italia (Genova, Caprera, Firenze, Napoli... ) permise di gettare le basi dell'organizzazione anarchica italiana: fu costituita intorno ad un nucleo di fedelissimi la Fratellanza Internazionale e un Comitato Centrale Italiano. Inizialmente il neonato movimento anarchico italiano ebbe un seguito non costante e, soprattutto, non sembrò incidere più di tanto tra le masse. Successivamente, nonostante le difficoltà, la sezione napoletana riuscì a fondare il primo giornale anarchico italiano, L'Eguaglianza [1], che però fu soppresso dopo soli tre mesi. Sempre a Napoli, nel 1867, si costituì la Società dei Legionari della Rivoluzione Sociale per merito di Giuseppe Fanelli e Saverio Friscia.
Nei primi mesi del 1868 si costituirono le prime sezioni italiane dell'Internazionale, una di queste, la sezione di Catania, inviò Saverio Friscia come delegato al Congresso di Bruxelles.
Le prime organizzazioni anarchiche si coagularono (soprattutto in Umbria, Puglia ed Emilia Romagna) intorno a personalità di spicco come Errico Malatesta, Carlo Cafiero, Pietro Gori, Francesco Saverio Merlino, Andrea Costa (che poi passò al socialismo parlamentare nel 1882), Luigi Fabbri e altri.
Quando l'Internazionale dei Lavoratori (L'Aia, settembre 1872) sancì l'espulsione degli anarchici, la sezione italiana, durante il Congresso di Rimini (4-6 agosto 1872), i cui lavori furono presieduti da Carlo Cafiero (Andrea Costa ebbe il ruolo di segretario), aveva già stabilito una definitiva rottura con la maggioranza marxista del Consiglio generale di Londra dell'AIT: gli italiani volevano un'Internazionale federalista ed autogestionaria, i seguaci di Marx la gerarchizzazione centralizzata della stessa. A Firenze, per merito soprattutto di Maria Luisa Minguzzi (compagna di Francesco Pezzi), fu costituita la prima sezione femminile dell'Internazionale, cui aderirorono un centinaio di lavoratrici.
Il XIX secolo vide il primo tentativo italiano di insurrezione rivoluzionaria (Bologna 1874), che terminò con l'arresto di tutti gli insorti. Un altro tentativo venne attuato nel 1877 nella regione del Matese. Malatesta, Cafiero e altri fervidi anarchici formarono la cosiddetta Banda del Matese, che si prefiggeva lo scopo di espropriare i possidenti terrieri e di attaccare ogni forma di gerarchia e di autorità.
Queste iniziative un pò velleitarie, misero in risalto la mancanza di strutture organizzative efficienti, tant'è che nel 1887 il gruppo Humanitas di Napoli diede vita all'Alleanza Anarchica Internazionale. Nel gennaio del 1891, durante il Congresso di Capolago (Canton Ticino, Svizzera), fu costituito il Partito Socialista Anarchico Rivoluzionario (parteciparono al congresso l'ex anarchico Andrea Costa, il socialista Filippo Turati e, tra gli altri, gli anarchici Errico Malatesta, Luigi Galleani, Francesco Pezzi e Amilcare Cipriani), che sancì anche la divisione tra socialisti (questi confluiranno nel Partito Socialista Rivoluzionario Italiano, fondato nel 1882 da Andrea Costa, che in seguito assumerà un carattere sempre più riformistico) e anarchici. I tentativi d'organizzare il movimento e i conseguenti conflitti tra organizzatori e antiorganizzatori, caratterizzarono la fine del secolo.
Molti anarchici sostennero le lotte siciliane dei Fasci siciliani (detti anche Fasci siciliani dei lavoratori), un movimento di massa democratico-socialista, sviluppatosi nell'isola dal 1891 al 1893 soprattutto fra proletariato urbano, braccianti agricoli, minatori ed operai. Stesso appoggio fu dato all'insurrezione in Lunigiana nel gennaio del 1894 e a tutte le battaglie sociali e sindacali nella penisola (si pensi alla storia del Primo Maggio sulle 8 ore lavorative o allo sciopero delle sigaraie del 1885).
Durante questa fase storica la repressione del movimento fu molto forte, costringendo la fuga forzata di figure di primo piano come Cafiero, Merlino (alla fine del secolo questi divenne un teorico del socialismo libertario), Malatesta e altri. La repressione portò paradossalmente ad una maggior diffusione di pratiche individualiste e d'azione diretta ("propaganda col fatto") particolarmente violente. Molti di questi attentati furono compiuti all'estero, dove molti anarchici si erano trasferiti per sfuggire alla repressione o in cerca di migliori fortune:
- 1878: Giovanni Passannante tenta d'assassinare il re Umberto I a Napoli;
- 1894: Sante Caserio pugnala a morte il presidente francese Sadi Carnot a Lione (Francia) e Paolo Lega attenta a Roma alla vita dell'allora Presidente del Consiglio Francesco Crispi;
- 1897 Michele Angiolillo uccide a Sant'Aguida (Spagna) il primo ministro spagnolo Antonio Canovas;
- 1898: Luigi Luccheni, a Ginevra (Svizzera), pugnala a morte la principessa Elisabetta d'Austria;
- 1900: Gaetano Bresci uccide a Monza con tre colpi di pistola il re Umberto I.
Il susseguirsi di questi attentati contro le autorità, in Italia e all'estero, portò il governo italiano a promuovere nel 1898 a Roma un convegno anti-anarchico internazionale con l'intento di reprimere il movimento e porre un freno agli attacchi diretti contro il potere. Evidentemente i risultati non furono soddisfacenti giacché due anni dopo (29 luglio 1900) Gaetano Bresci riuscì a giustiziare il re Umberto I.
Dal '900 all'avvento del fascismo
Il nuovo secolo si aprì con le gravi difficoltà del movimento, schiacciato dalla repressione e dall'assenza forzata di figure di rilievo capaci di coagulare attorno a loro il movimento anarchico italiano.
Nonostante tutto, dopo il “fatto” di Gaetano Bresci, e la sua successiva morte (1901), l'epoca giolittiana (sotto il nuovo regno di Vittorio Emanuele) sembrò aprirsi sotto il segno di una relativa "comprensione" reciproca: alcune manifestazioni, come quella del Primo Maggio, non furono più proibite (nel maggio 1902 Pietro Gori tenne a Roma un memorabile comizio) e nacque anche l'idea di una migliore organizzazione anarchica capace di incidere maggiormente nella vita pubblica. Tuttavia gli scontri con le forze militari non mancarono: 8 morti nel 1903 a Torre Annunziata; 4 morti a Buggerru (Cagliari) nel 1904 [2] [3], durante lo sciopero dei minatori; 4 morti a Cerignola (Bari) sempre nel 1904 ecc.
A questi scontri questa volta non si rispose con l'atto individuale, ma con una maggiore consapevolezza di lavoratori e lavoratrici (scioperi e manifestazioni che investirono tutta la penisola, caratterizzandosi come eventi di massa). In questo clima si costituì nel 1912, come sezione italiana dell'Internazionale dei Lavoratori (AIT), l'Unione Sindacale Italiana (USI). Nel 1913 Malatesta ritornò temporaneamente in Italia, diventando subito protagonista nel 1914 della cosidetta settimana rossa (Malatesta restò definitivamente nella penisola dal 1919).
Oltre che in quello sindacale, gli anarchici italiani furono anche presenti nel campo artistico e culturale, dando il loro impulso decisivo allo sviluppo del movimento artistico futurista, solitamente bollato con superficialità come di destra o fascista, in particolare di quello maggiormente orientato a sinistra: l'anarco-futurismo.
Il periodo ante-guerra
Nel periodo precedente la Prima guerra mondiale buona parte degli anarchici italiani, su tutti Errico Malatesta, si opposero ostinatamente all'interventismo: il 24 gennaio 1915 essi si riunirono nel Congresso nazionale di Pisa proprio per coordinare l'impegno antimilitarista. Sulla stessa direttrice si mosse le neonata USI, non prima di aver isolato e messo in minoranza (congresso del settembre 1914) i suoi "capi" (De Ambris, Masotti, Michelino Bianchi ecc.), tutti a favore dell'intervento in guerra, costretti a fuoriuscire e a proseguire la loro lotta in un nuovo organismo: l'Unione Italiana del Lavoro. Anche altri anarchici, ma in netta minoranza, appoggiarono l'intervento in guerra, tra questi Argo Secondari, futuro fondatore degli Arditi del Popolo.
L'opposizione degli anarchici italiani alla guerra si configurò anche con lo sviluppo del movimento antimilitarista e i moti di Torino del 1917 (dove gli anarchici della Barriera di Milano furono i protagonisti principali dei tumulti).
Il primo dopoguerra
In seguito, si vissero in Italia, e in generale in tutta Europa, anni tumultuosi e pieni di avvenimenti che segnarono il XX secolo: gli scioperi sindacali ispirati dal nascente sindacalismo rivoluzionario e le occupazioni delle fabbriche (sempre a Torino Maurizio Garino, Italo Garinei e Pietro Ferrero furono tra gli artefici principali del movimento "occupante" che diede vita ai Consigli di Fabbrica).
Tutti questi avvenimenti, insieme alla presenza di Malatesta, diedero nuovo vigore all'anarchismo italiano organizzato (sindacale e “comunista”), tant'è che nel 1919 nacque l'Unione Comunista Anarchica Italiana (UCAI), che l'anno dopo (1920), approvando la dichiarazione dei principi formulata da Malatesta [4], prese la denominazione di Unione Anarchica Italiana (UAI).
Nell'UAI si misero in luce varie personalità, tra le quali Camillo Berneri, che si distinse per il suo anarchismo antidogmatico, libertario, anticentralista, federalista e, successivamente, per il suo attivismo durante la Rivoluzione spagnola. Con la costituzione dell'UAI nasceva anche, nello stesso anno (1920), il primo storico quotidiano anarchico: Umanità Nova. Nello stesso anno, ad Ancona, durante la notte tra il 25 e il 26 giugno del 1920, i bersaglieri della caserma Villarey si rivoltarono contro le autorità militari, perché temevano di essere inviati in Albania, dove vi erano duri scontri tra i locali e le truppe di occupazione italiane. La rivolta fu sostenuta dagli anarchici, in particolare da Errico Malatesta.
Nonostante la nascita di queste organizzazioni anarchiche, persistettero coloro che vedevano nell'atto individualistico l'unico mezzo efficace per contrastare l'arroganza dello Stato e delle classi dominanti: nell'estate del 1919 l'individualista Bruno Filippi organizzò una serie di azioni dirette contro esponenti della borghesia (Filippi morirà durante una di queste azioni); nel 1921 venne fatta esplodere una bomba al Teatro Diana a Milano che provocò 21 morti e 200 feriti. La bomba era opera di alcuni individualisti (Aguggini, Boldrini e Mariani) che intendevano colpire il questore di Milano Gasti, contro l'ingiusta detenzione subita da molti anarchici, tra cui tre redattori di Umanità Nova: Borghi, Malatesta e Quaglino (Armando Borghi era stato arrestato il 13 ottobre 1920, il 15 era stata perquisita la sede di Umanità Nova e il 17 erano stati arrestati Malatesta, Carlo Frigerio, Corrado Quaglino, Nella Giacomelli ed altri). Seppur compiuta in buona fede, gran parte degli anarchici si dissociarono da quell'azione, che giudicarono inutile e deleteria per il movimento.
In questo periodo gli anarchici italiani guardavano con grande attenzione a quanto avveniva a Fiume. Umanità Nova inviò Randolfo Vella a fare il resoconto giornaliero degli accadimenti fiumani. In un'intervista a D'Annunzio Vella domandò: «Lei è per il comunismo?», al che il Vate rispose: «Nessuna meraviglia, poiché tutta la mia cultura è anarchica, e poiché è radicata in me la convizione che, dopo quest'ultima guerra, la storia scioglierà un novello verso un audacissimo lido. È mia intenzione di fare questa città un'isola spirituale dalla quale possa irradiare un'azione eminentemente comunista verso tutte le nazioni oppresse. Io ho bisogno di non essere calunniato da voi sovversivi; poi vedrete che la mia opera non è nazionalista». [5] Anche dopo il bombardamento di Fiume, D'Annunzio invitò a «sollevarsi e compiere infine giustizia». A questo appello solo alcuni risposero, tra cui gli anarchici Aurelio Tromba, Ettore Aguggini, Antonio Pietropaolo, Annunzio Filippi (fratello di Bruno Filippi), organizzando un velleitario tentativo insurrezionale che però terminò con l'arresto, il 28 dicembre 1920, di 30 persone (12 saranno rilasciate quasi immediatamente). In seguito il processo ridimensionò il progetto insurrezionale (furono tutti assolti tranne Cesare Cerati, condannato lievemente per il possesso di una rivoltella, e Filippi, condannato a due anni).
Durante il fascismo
Per approfondire, vedi Fascismo. |
La repressione fascista colpì senza pietà tutti gli ambienti antifascisti, compresi i militanti anarchici. Questi furono tra i più accaniti propugnatori della costruzione di un "fronte antifascista" che unisse tutti, al di là delle differenze ideologiche. Ad un generico piano di unitarietà aderirono CGdL, USI, UAI, Federazione dei Portuali, Ferrovieri autonomi e UIL. Il progetto restò più che altro sul piano teorico per le solite divisioni ideologiche e per l'assenza rilevante del Partito Comunista Italiano.
Nel momento più intenso dello squadrismo, gli anarchici (insieme a socialisti, repubblicani e comunisti disobbedienti alle direttive di partito) furono immediatamente protagonisti di episodi di resistenza: gli “Arditi del Popolo” organizzarono un serio tentativo di resistenza proletaria armata contro il fascismo, infliggendoli dure sconfitte a Sarzana, Civitavecchia, Viterbo e, nel 1922, a Parma; altri agirono individualisticamente e tra questi uno dei più irriducibili fu senza dubbio Renzo Novatore (verrà ucciso il 29 novembre 1922 in un conflitto a fuoco con i Regi Carabinieri presso Teglia, Genova).
Il dibattito interno al movimento si svolse principalemte all'interno di riviste e periodici che nacquero e si svilupparono tra enormi difficoltà (clandestinità, minacce e azioni squadriste, difficoltà a reperire fondi, limitazioni drastiche della libertà di stampa, persecuzioni varie ecc.). I più importanti giornali dell'epoca furono: La Verità (primo periodico anarchico clandestino del 1923), La Voce del Profugo (diretto da Alberto Meschi e pubblicato a Parigi dal 1923 al 1924), Fede! («Settimanale Anarchico di Coltura e di Difesa» diretto da Gigi Damiani e pubblicato a Roma dal 1923 al 1926), Pensiero e Volontà (fondato da Malatesta e pubblicato a Roma dal 1924 al 1926), L'Adunata dei Refrattari (giornale pubblicato a New York, ma che raccolse numerosi articoli di anarchici italiani dal 1922 al 1971).
Nel 1926 il governo fascista dichiarò illegale l'USI e la stessa UAI, ciò non fece altro che a riportare in voga l'atto individualistico: nel 1926 Gino Lucetti attentò alla vita di Benito Mussolini; Michele Schirru e Angelo Sbardellotto furono condannati a morte per aver solo preparato un piano di attentato.
Purtroppo al movimento anarchico non venne risparmiata la violenza fascista: durante la marcia su Roma la sede di Umanità Nova venne distrutta; molti anarchici - tra cui Attilio Fellini, segretario della Camera del lavoro di Carrara, Raffaele Virgulti di Imola, Filippo Filippetti e Gilberto Catarsi di Livorno, Cesare Rossi, cassiere della Camera del lavoro di Sestri Ponente, Pietro Ferrero, segretario FIOM a Torino - negli anni '20 furono trucidati (da segnalare anche la morte, in seguito alle feroci persecuzioni, del comunista Antonio Gramsci e del giovanissimo Piero Gobetti, fondatore de La Rivoluzione Liberale e fautore dell'iniziativa libera e priva da ogni influenza autoritaria).
Per sfuggire alla repressione, molti anarchici scelsero l'esilio volontario all'estero (tra questi Luce Fabbri e Armando Borghi), pur mantenendo il contatto con i compagni italiani, molti altri (tra cui Malatesta) vennero invece condannati al confino, prevalentemente a Ventotene (il direttore delle guardie a Ventotene fu un certo Marcello Guida, che nel 1969 diventò questore di Milano, fu lui che mentendo dichiarò suicida il defenestrato Giuseppe Pinelli), ma anche nelle altre isolette del Mediterraneo (Ustica, Tremiti ecc.) adibite a tale scopo; altri furono "costretti" all'esilio (sin dal 1922 l'anarchico Severino Di Giovanni fu costretto ad emigrare in Argentina). Coloro che invece scelsero di spostarsi in Francia si raggrupparono intorno alla Federazione Anarchica dei Profughi Italiani, riscoprendo l'internazionalismo anarchico: durante la Rivoluzione spagnola (1936-39), molti anarchici italiani, tra cui il già citato Berneri, che morì nella Barcellona rivoluzionaria per mano probabilmente di un sicario stalinista, aderirono alla resistenza antifranchista.
Gli anarchici dopo l'8 settembre
Vedi Gli anarchici e la resistenza antifascista. |
La caduta del fascismo (8 settembre 1943) aprì un capitolo quasi sconosciuto della storia d'Italia, ovvero quello riguardante gli anarchici e la resistenza antifascista: durante la resistenza essi agirono sia individualmente, aderendo a formazioni partigiane non anarchiche, e sia nell'ambito di organizzazioni spiccatamente anarchiche (Brigate Bruzzi e Malatesta, Brigata Pisacane, Brigata Silvano Fedi ecc.).
Molti partigiani anarchici divennero figure di spicco della resistenza antifascista, tra questi Pietro Bruzzi, Silvano Fedi e Emilio Canzi (Canzi, nome di battaglia “Ezio Franchi”, nell'estate del 1944 divenne Comandante Unico della zona piacentina della C.L.N. Alta Italia)
Nonostante le difficoltà e la necessità di operare in clandestinità, molti libertari che si trovavano al confino costituirono, nel 1943, la Federazione Comunista Anarchica Italiana, la quale successivamente confluì nella Federazione Anarchica Italiana.
Nel gennaio 1945, a Ragusa, Maria Occhipinti e Franco Leggio “capeggiarono” la resistenza popolare antimilitarista al richiamo alle armi voluto dal governo dell'Italia liberata.
Dal dopoguerra ad oggi
Riorganizzazione degli anarchici nel dopoguerra
Dopo il crollo del regime fascista e la fine della Seconda guerra mondiale, gli anarchici ricominciarono ad organizzarsi e a rendersi operativi alla luce del sole. La voglia di recuperare il tempo perduto portò alla nascita di numerosi giornali libertari: Era Nuova a Torino, Il Comunista Libertario e poi Il Libertario a Milano, L'Amico del Popolo a Genova, Volontà a Napoli, Umanità Nova a Roma.
Fu il Congresso di Carrara del 1945 (15-19 settembre) a segnare la nascita, dalle ceneri della vecchia Unione Anarchica Italiana, della Federazione Anarchica Italiana (FAI) [6], le cui linee organizzative furono sancite nei vari congressi, dai quali peraltro scaturì anche un conflitto tra individualisti (capeggiati da Cesare Zaccaria) e comunisti anarchici.
Mentre sin dal 1946 l'allora Ministro della Giustizia, il comunista Palmiro Togliatti, concesse l'amnistia ai fascisti detenuti nelle carceri italiane [7], il nuovo governo "democratico" arrestò alcuni anarchici per fatti legati al dopo 8 settembre 1943, tra cui Giovanni Mariga e Belgrado Pedrini. Fu quindi tra mille difficoltà che il processo di rioganizzazione del movimento andò avanti.
Oltre alle storiche divisioni tra le varie "correnti", il movimento anarchico italiano vide contrapposti i gruppi del Sud a quelli del Nord: i primi propugnavano un'azione in prevalenza propagandistica e la limitazione della presenza degli anarchici all'interno delle organizzazioni politico-sindacali; i gruppi del Centro-Nord, che si portavano dietro l'esperienza della resistenza antifascista, auspicavano invece un'azione maggiormente a contatto con le masse.
“Quelli del Nord” già alla fine del giugno 1945 organizzarono a Milano il Convegno della Federazione Comunista Libertaria Alta Italia (che riuniva le federazioni regionali del Nord) nel corso del quale si stabilì che «nonostante la caduta del fascismo, l'impalcatura capitalistica e monarchica non è stata neppure intaccata» e che perciò «la lotta antiborghese deve continuare più intensa sfruttando tutte le possibilità che si presentano» (a questo scopo venne costituita anche la Federazione Giovanile Comunista Libertaria Alta Italia). Questa fervente attività in atto comportò anche il passaggio all'anarchismo di alcuni giovani militanti comunisti, fra cui i liguri Arrigo Cervetto e Lorenzo Parodi, come forma di contestazione della politica del PCI di Togliatti.
Da queste divergenze interne al movimento, tra l'ala organizzatrice e quella individualista (quest'ultima esercitava un relativo controllo dell'organizzazione nazionale), scaturirono una serie di scissioni che diedero alla luce vari gruppi e gruppuscoli, molto spesso dalla vita effimera (per esempio, già alla fine del 1945, Antonio Pietropaolo, Mario Perelli, Germinal Concordia e altri militanti, staccandosi dalla Federazione Comunista Libertaria Lombarda, diedero vita alla Federazione Libertaria Italiana (FLI) sulla base di un'alleanza con elementi comunisti dissidenti. La FLI ebbe però vita brevissima e la maggior parte dei suoi membri ritornò nel movimento anarchico), anche se la maggioranza degli anarchici, seppur con vari distinguo, aderì alla FAI. Nel febbraio del 1951, i comunisti anarchici costituirono i Gruppi Anarchici di Azione Proletaria (GAAP), fatto che comportò la loro successiva estromissione dalla FAI.
Le divisioni, che storicamente hanno sempre afflito gli anarchici, si manifestarono anche durante la campagna per il referendum del 2 giugno 1946 (monarchia o repubblica), in cui la stragrande maggioranza si pronunciò a favore dell'astensionismo, tuttavia non mancarono coloro che si appellarono alla partecipazione al voto (Pier Carlo Masini) o comunque furono tolleranti con questa opportunità (Umberto Marzocchi). Le differenze e i vari distinguo non fecero però dimenticare l'importanza dell'attualità: in Sicilia, Franco Leggio, Giuseppe Alticozzi e Umberto Consiglio, tutti appartenenti al gruppo di Messina, fondarono la casa editrice de La Fiaccola; sempre al Sud, in Calabria, gli anarchici furono pienamente coinvolti nei movimenti di occupazione delle terre.
Un altro convegno importante si tenne a Canosa di Puglia il 22-23 febbraio 1948, Convegno nazionale della Federazione Anarchica Italiana, che vide la partecipazione di Pier Carlo Masini, Cesare Zaccaria, Giovanna Caleffi e Pio Turroni, solo per citare i più famosi.
Relativamente alla situazione sindacale, oltre ai Comitati di Difesa Sindacale (i comitati erano una branca della CGIL e si costituirono nel genovese per contrastare le derive riformiste della CGIL), nel 1950 si ricostituì l'USI, anche se la piena attività fu raggiunta negli anni '60-'70 (la ricostituzione fu ritardata a causa delle pressioni della FAI, che convinse molti suoi attivisti a partecipare alla formazione della CGIL).
Gli anni '60 e '70
Negli anni '60, che ebbero il loro culmine nel Maggio 1968, l'anarchismo, trovò nuovo slancio dal fermento culturale, politico e sociale che caratterizzò quel periodo. Si costituirono molti gruppi giovanili anarchici soprattutto a Torino, Roma e Firenze, tra cui Gioventù Libertaria; da questo nuovo slancio giovanile scaturirono le prime occupazioni delle Università italiane (1963), in cui gli anarchici furono attivamente coinvolti.
Nel 1965 i giovani anarchici diedero vita alla Federazione Anarchica Giovanile Italiana (FAGI), in gran parte formatasi dai giovani fuoriusciti dai Gruppi Giovanili Anarchici Federati (GGAF) e dalla Federazione Anarchica Italiana. Nello stesso anno, durante il Congresso di Carrara (31 Ottobre-4 novembre), la Federazione Anarchica Pisana (FAP), coadiuvata da personalità del calibro di Pio Turroni, ritenne eccessivamente accentratrice la politica intrapresa dalla FAI e per questo promosse la nascita dei Gruppi di Iniziativa Anarchica (GIA).
A metà degli anni '60 il movimento anarchico italiano si divise in tre tronconi principali:
- Federazione Anarchica Italiana;
- Gruppi di Iniziativa Anarchica;
- Gruppi Anarchici Federati (GAF), nati nel 1969 sulle ceneri dei Gruppi Giovanili Anarchici Federati e divenuti la sezione italiana della Croce Nera Anarchica.
Altri gruppi minoritari del periodo furono il gruppo autonomo dalla Federazione Anarchica Pisana denominato Gruppo Anarchico Giuseppe Pinelli (1970) e, ancora in Toscana i Gruppi Anarchici Toscani.
Evidentemente però, il risveglio e il fermento culturale delle masse, e la loro organizzazione più o meno capillare, non risultò gradito alle oligarchie al potere, che si organizzarono per impedire qualsiasi conquista a carattere sociale. La strategia reazionaria, riassumibile nella cosiddetta "strategia della tensione", gettò un'ombra oscura sull'Italia di quegli anni.
Nell'ambito di questo progetto reazionario, il 12 dicembre 1969 l'attentato terroristico di stampo fascista, passato alla storia come la strage di piazza Fontana [8], segnò un momento drammatico della storia italiana e anche dell'anarchismo italiano. Gli anarchici, soprattutto la corrente individualista, furono, a volte, manovrati da infiltrati fascisti o delle istituzioni, in modo da indirizzare le loro azioni verso fini più congeniali alla restaurazione del potere o addirittura per favorire una fascistizzazione del paese (emblematico il caso del fascista Mario Merlino, infiltratosi nel Circolo Anarchico 22 Marzo).
Tutte queste oscure manovre portarono, in tempi diversi, ad accusare gli anarchici Pietro Valpreda e il già citato Pinelli di essere i responsabili della strage. Giuseppe Pinelli pagò con un suicidio-omicidio quelle infamanti accuse, mentre il primo dovette subire il carcere fino a quando le accuse rivolte contro di lui rivelarono tutta la loro infondatezza. [9]
Altri anarchici durante quegli anni persero la vita o furono coinvolti in tragici episodi: il 7 luglio del 1972 l'anarchico Giovanni Marini (impegnato in una contro-inchiesta su uno strano incidente stradale che aveva provocato la morte di cinque anarchici calabresi - Giovanni Aricò, Annalisa Borth, Angelo Casile, Francesco Scordo, Luigi Lo Celso - avvenuto il 27 settembre 1970 sull'autostrada nei pressi di Roma, dove si stavano recando per consegnare i risultati di una loro inchiesta sulle stragi fasciste) sfuggì ad un'aggressione fascista, nel corso della quale perse la vita uno dei suoi aggressori (Carlo Favella); il 12 dicembre 1970, durante una carica nei confronti di una manifestazione anarchica organizzata per celebrare l'anniversario della strage di piazza Fontana, venne assassinato lo studente Saverio Saltarelli; il 7 maggio 1972 il pisano Franco Serantini perse la vita in seguito ai pestaggi subiti dalla forza pubblica qualche giorno prrma durante una manifestazione antifascista.
Nonostante molte battaglie in cui gli anarchici mostrarono uniformità teorica e pratica, le scissioni interne alla FAI proseguirono: nel 1973 fuoriuscirono i cosiddetti gruppi piattaformisti, che diedero origine a numerosi e capillari gruppi di tendenza anarco-comunista. I due gruppi più importanti, l'Organizzazione Rivoluzionaria Anarchica (ORA) e l'Organizzazione dei Comunisti Anarchici della Toscana (UCAT), successivamente saldarono le proprie strutture formando, nel 1985, sulla base delle tesi espresse nella Piattaforma d'Organizzazione dell'Unione Generale degli Anarchici, la Federazione dei Comunisti Anarchici (FdCA). Sempre nell'ambito dell'anarchismo organizzatore e comunista, dall'11 al 15 agosto si svolse a Bologna il I Convegno Nazionale dei Lavoratori Anarchici. [10]
L'arrivo del 1977 segnò la nascita del movimento punk, che in Italia prese piede a partire soprattutto dall'anno seguente, e degli Indiani metropolitani. In quell'anno iniziarono anche gli attacchi di Azione Rivoluzionaria, il primo gruppo anarchico "lottarmatista", contro diversi elementi e strutture facenti parte del sistema di potere italiano (tra cui la gambizzazione del dott. Mammoli, ritenuto complice della morte di Franco Serantini).
Durante questo periodo gli anarchici furono inoltre attivi nelle battaglie femministe in favore della legalizzazione dell'aborto, in quelle ecologiste contro il nucleare e nei movimenti delle occupazioni di stabili pubblici o privati abbandonati (vedi Centro Sociale Occupato Autogestito e squat).
Attualità
Il dopo '77 segnò l'inizio di un periodo di stagnazione che colpì tutto il movimento antagonista, compreso quindi anche quello anarchico. Tutto ciò però non impedì ai militanti libertari di proseguire, seppur tra mille difficoltà, nelle battaglie storicamente appartenenti al movimento anarchico.
Gli episodi drammatici della storia anarchica purtroppo non sono stati un patrimonio esclusivo del passato, ma si sono realizzati anche nei tempi più recenti: nel marzo del 1998, furono arrestati a Torino tre squatters: Edoardo Massari, Maria Soledad Rosas e Silvano Pelissero (vedi anche Sole, Baleno e Pelissero), tutti accusati di ecoterrorismo. Dopo il suicidio di Massari e Soledad, Silvano Pelissero venne assolto dalle accuse, infondate, di appartenenza al fantomatico gruppo terroristico dei "Lupi Grigi". [11]
Nei primi anni del terzo millennio è invece salita alla ribalta la Federazione Anarchica Informale, le cui modalità d'agire (pacchi bomba e attentati vari), hanno comportato lo sviluppo di un forte dibattito interno al movimento. Anche durante il G8 di Genova, segnato dall'assassinio di Carlo Giuliani, gli anarchici sono stati protagonisti visibili delle proteste inscenatesi contro gli “8 grandi del mondo” e le loro politiche ultra liberiste e liberticide.
Quindi, nonostante le difficoltà e la repressione che periodicamente colpisce il movimento anarchico, gli anarchici sono sempre in prima fila nelle lotte sociali (lotta contro il carcere, l'anticlericalismo, lotte sindacali, lotta contro i CPT ecc.) e nelle conquiste di nuovi spazi di libertà, sia attraverso le più strutturate organizzazioni nazionali (FAI, USI, FdCA ecc.) sia mediante “organizzazioni” più informali come il movimento anarco-punk e quelli legatoi ai centri sociali, all'ecologismo (vedi NO TAV), all'antispecismo, all'antisessismo, all'antimilitarismo e anche all'insurrezionalismo.
Note
- ↑ Il primo numero de L'Eguaglianza, sottotitolato Giornale degli operai, uscì il 5 novembre 1869; in esso si affrontarono i problemi, le speranze e le forme di lotta più adeguate al nascente movimento operaio organizzato: «Propugneremo esclusivamente le cause del lavoro e gli interessi economici sociali e politici della classe operaia» (1869. La breve vita della I Internazionale a Castellammare di Stabia).
- ↑ L'eccidio di Buggerru
- ↑ Dall'eccidio di Buggerru scaturì il primo sciopero generale della storia d'Italia
- ↑ Programma Anarchico (1919)
- ↑ Intervista a Gabriele D'Annunzio, Umanità Nova, 9 giugno 1920
- ↑ Il Congresso nazionale di Carrara
- ↑ Crimini di guerra italiani, il giudice indaga
- ↑ La strage di Stato - Controinchiesta
- ↑ Pinelli - Una finestra sulla strage, di Camilla Cederna
- ↑ I Convegno Nazionale dei Lavoratori Anarchici
- ↑ Le scarpe dei suicidi
Bibliografia
- L'antifascismo rivoluzionario, Biblioteca Franco Serantini, Pisa, 1993
- La resistenza sconosciuta, Zero in Condotta, Milano, 1995
- Paola Feri, Il movimento anarchico in Italia (1944-1950), dalla resistenza alla ricostruzione, Federazione Italiana delle Associazioni Partigiane, Roma, 1978
- Gaetano Manfredonia, La Resistenza sconosciuta: gli anarchici e la lotta contro il fascismo, 1995
- Giornali anarchici della Resistenza 1943-'45 / Gli anarchici e la lotta contro il fascismo in Italia, Zero in Condotta, Milano, 1995
- Adriana Dada', L'anarchismo in Italia: fra movimento e partito. Storia e documenti dell'anarchismo italiano, Teti, Milano, 1984
- Italino Rossi, La ripresa del movimento anarchico italiano e la propaganda orale dal 1943 al 1950, RL, Pistoia, 1981
- Marco Rossi, Arditi non gendarmi. Dalle trincee alle barricate: arditismo di guerra e arditi del popolo (1917-1922), Pisa, Biblioteca Franco Serantini, 2011
- Andrea Sceresini, Nicola Palma e Maria Elena Scandaliato, Piazza Fontana noi sapevamo. Golpe e stragi di Stato. Le verità del generale Maletti, Reggio Emilia, Aliberti, 2010
- Maurizio Antonioli, Franco Bertolucci e Roberto Giulianelli, Nostra patria è il mondo intero. Pietro Gori nel movimento operaio e libertario italiano e internazionale, Pisa, Biblioteca Franco Serantini, 2012
- Luca Benvenga, The cultural workers. Fenomeni politico culturali e contestazione giovanile negli anni '60, Bepress, 2014
Voci correlate
- Gli anarchici nella Resistenza
- Elenco spazi anarchici e libertari in Italia
- Attivismo anarchico in "rete"
Collegamenti esterni
- Cronologia e bibliografia sul movimento anarchico organizzato in Italia dal 1872 al 1945
- Elenco di partiti e gruppi di sinistra in Italia
Video e audio sull'anarchismo italiano
- Video:
- Non sono l'uno per cento, documentario sugli anarchici di Carrara
- Gli anarchici nella resistenza
- S'era tutti sovversivi, dedicato a Franco Serantini
- Un giorno a Carrara
- Franco Leggio, un anarchico di Ragusa
- Audio: