Comunismo anarchico

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Errico Malatesta, comunista anarchico e figura centrale del movimento anarchico italiano.

Il comunismo anarchico (detto anche anarco-comunismo o comunismo libertario) associa due termini di cui l'uno, «anarchismo», definisce il movimento libertario che vuole la libertà politica per gli individui (federalismo, unanimità, rifiuto dello Stato e di ogni forma di autorità) e l'altro, «comunismo» (il termine «comunismo» sta a significare in modo palese l'adesione a principi di classe che contraddistinguono tutta la sinistra rivoluzionaria, indipendentemente dalle scuole di pensiero), segue il principio «da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni» e vuole la libertà economica partendo dai bisogni reali e concreti dell'individuo.

Premessa [1]

Sono stati gli anarchici, di fatto, ad adottare per primi su larga scala il termine «comunismo». La sua assunzione cosciente ha rappresentato una maturazione precoce del movimento anarchico, che è passato dalla fase collettivista, cui era ancora legato Bakuninda ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo il suo lavoro»), alla fase veramente egualitariada ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni»).

Prima che, sul finire del XIX secolo, gli anarchici adottassero l'aggettivo comunista, esso era relegato ad alcune sette utopistiche, tra cui quella degli icariani, che si rifacevano a Étienne Cabet.

I marxisti avevano assunto l'aggettivo inizialmente, tant'è che Marx ed Engels, proprio per il piccolo gruppo di tedeschi emigrati in Inghilterra uniti nella Lega dei Comunisti, scrissero nel 1848 il Manifesto del Partito Comunista. Ma successivamente ripiegarono in tutti i paesi sul termine «socialdemocrazia». Solo dopo la rivoluzione russa dell'ottobre 1917 nei partiti marxisti di tutto il mondo tornò l'aggettivo comunista, quando i comunisti anarchici lo avevano già utilizzato da mezzo secolo e, per lo più, in totale analogia con «anarchismo di classe».

Anarco-comunismo, comunismo anarchico e comunismo libertario [1]

Nuvola apps xmag.png Per approfondire, vedi comunismo libertario.
Sébastien Faure, autore della prima definizione di comunismo libertario.

In ambito anarchico ben tre filoni hanno assunto il termine «comunista» nelle proprie definizioni teoriche (comunismo libertario, anarco-comunismo e comunismo anarchico: oramai considerabili sinonimi), mentre altri filoni si sono richiamati al sindacalismo (sindacalismo rivoluzionario, anarco-sindacalismo in varie forme).

Pëtr Kropotkin, è stato il fondatore del cosiddetto «anarco-comunismo». Egli, basandosi sulle proprie conoscenze scientifiche e sullo studio delle comunità del regno animale, era giunto all'idea che l'anarco-comunismo fosse lo sbocco necessario ed inevitabile per l'organizzazione della vita collettiva della specie umana.

Nelle visione di Kropotkin l'anarchia non è la meta degli sforzi coscienti degli uomini e delle donne per organizzarsi in funzione della propria felicità collettiva, ma solo lo stadio finale teleologicamente predeterminato dello sviluppo storico (ne deriva che ogni forma di vera organizzazione non solo non è necessaria ma è anche dannosa).

La più vecchia definizione di «comunismo libertario» fu data invece da Sébastien Faure, ma fu durante la fondazione della CNT spagnola (1909) che il termine fu usato per definire il programma dei comunisti anarchici spagnoli. Il termine fu riutilizzato dalla CNT-FAI soprattutto per merito dell'elaborazione concettuale espressa da Isaac Puente durante la rivoluzione spagnola del 1936-39.

Fu proprio l'uso equivalente di «comunismo libertario» e «comunismo anarchico» che se ne fece in Spagna a farli diventare dei sinonimi nella maggior parte del movimento anarchico internazionale (in alcuni casi il comunismo libertario è inteso come una sintesi di marxismo e anarchismo).

Il termine kropotkiniano «anarco-comunismo» ha ormai perso il suo significato originario ed i termini «anarco-comunismo», «comunismo anarchico» e «comunismo libertario» vengono spesso utilizzati come sinonimi, anche se alcuni (ad esempio la FdCA) rifiutano il termine «anarco-comunismo» e utilizzano esclusivamente gli altri due.

Breve storia del comunismo anarchico

Carlo Cafiero, uno dei più importanti esponenti del comunismo anarchico.

Il comunismo anarchico in Italia trasse le sue origini dalla Prima Internazionale, per merito di Carlo Cafiero, Errico Malatesta, Andrea Costa e altri. Queste idee non erano molto differenti dal primo pensiero proudhoniano (fu Michail Bakunin che permise all'anarchismo di uscire dall'anarchismo proudhoniano e da quello di William Godwin, collocandolo in un ambito di lotta di classe, per divenire autenticamente collettivista e, in prospettiva, comunista).

Proudhon appoggiava l'idea della proprietà individuale del prodotto del proprio lavoro, il salario e un mercato di interscambio: ciò causò la rottura con l'anarchismo comunista. Cafiero in Anarchia e Comunismo sostenne che la proprietà del prodotto del proprio lavoro conduce ad una distinzione di classe (classismo) intollerabile per il pensiero libertario.

Al Congresso dell'Aia del 1872 gli anarchici furono espulsi dall'AIL per colpa dell'autoritarismo marxista: tale espulsione segnò, di fatto, il suicidio delle speranze suscitate dall'Internazionale e provocò il frazionamento del pensiero anarchico in varie correnti: sindacalismo (Emile Pouget), individualismo (Max Stirner), anarco-comunismo (Errico Malatesta e Luigi Fabbri), collettivismo (Michail Bakunin) e altre tendenze minoritarie.

Nel 1876, la Conferenza di Firenze della sezione italiana dell'Internazionale stabilì i principi dell'anarco-comunismo:

«La Federazione Italiana considera la proprietà collettiva del prodotto del lavoro come il complemento necessario per il programma collettivista, l'appoggio di tutti per la soddisfazione delle necessità individuali, che è l'unica regola della produzione e del consumo, corrispondente al principio di solidarietà».

La scelta del comunismo rispetto al collettivismo fu dovuta alla paura che il collettivismo necessitasse di un potere centrale autoritario, necessario, per esempio, per definire il valore del lavoro, della moneta ecc. Il comunismo si impose, quindi, poiché spazzava via questi obblighi appartenenti al pensiero collettivista.

All'inizio del XX secolo, in seguito alla rivoluzione russa, un gruppo di anarchici esuli a Parigi (Nestor Makhno, Ida Mett, Petr Arshinov e altri) proposero al movimento anarchico internazionale la Piattaforma d'Organizzazione dell'Unione Generale degli Anarchici. Malatesta (e altre personalità dell'anarchismo internazionale) si mostrò vivamente preoccupato, accusando i piattaformisti di eccessivo autoritarismo. Nonostante queste critiche, una parte degli anarchici si ritenne però in linea con l'idea della Piattaforma.

Ciò che distingue in maniera inequivocabile i comunisti anarchici dalle altre correnti dell'anarchismo è il dualismo organizzativo: accanto all'organizzazione di massa (sindacato) deve persistere anche l'organizzazione specifica, ovvero l'organizzazione che riunisce i militanti dell'organizzazione di massa che hanno una medesima teoria, una stessa strategia ed una articolazione tattica omogenea.

L'anarco-comunismo, secondo i principi enunciati durante la Conferenza di Firenze, difende ancora oggi l'egualitarismo, l'abolizione dei soldi, l'abolizione dei benefici e l'introduzione dell'economia del “regalo” per facilitare lo scambio di beni. Il comunismo anarchico vuole l'abolizione della schiavitù del salario, l'autogestione del lavoro per migliorare le condizioni stesse di impiego, migliorare l'efficienza e rendere il lavoro meno alienante.

Altre tendenze anarco-comuniste

Daniel Guérin tentò la sintesi del marxismo con l'anarchismo.

Esistono diverse tendenze legate al pensiero comunista anarchico: gli anarco-sindacalisti propongono il sindacalismo come mezzo d'appropriazione dei mezzi di produzione avente come fine l'autogestione in un ambito comunista libertario; i comunalisti libertari propongono l'appropriazione dei comuni per gestire i bisogni e la gestione collettiva dei mezzi di produzione.

Negli anni '60-'70 Daniel Guérin tentò la sintesi di marxismo e anarchismo, definendo la sua teoria come marxismo libertario (altri invece parlarono di comunismo libertario). La sua teoria fu volta al riappropriamento del materialismo dialettico e al superamento, da parte dei marxisti, delle idee autoritarie e stataliste. Il termine «marxismo libertario» è oggi inutilizzato, anche se la figura di Guérin è certamente una delle più interessanti del dopoguerra, poiché trova dei punti in comune tra il marxismo e l'anarchismo, soprattutto per quanto riguarda l'analisi economica e sociale.

Note

  1. 1,0 1,1 Fonte principale: FdCA

Bibliografia

  • Carlo Cafiero, La rivoluzione per la rivoluzione [1]
  • Hug Heinz, Kropotkin e il comunismo anarchico (curato da: M. Grasenack e R. Angelone), Editore Massari, 2005
  • Santi Fedele, Luigi Fabbri. Un libertario tra bolscevismo e fascismo, Pisa, BFS, 2006
  • Pëtr Kropotkin, Il pane per tutti, Ortica Editrice, 2012
  • Pëtr Kropotkin, Il mutuo appoggio, Edizioni Anarchismo, 2012
Note bibliografiche
  1. Raccolta di scritti a cura e con introduzione di Gianni Bosio, Milano, 1968 (alcuni testi sono in francese). Questo libro fu riedito, con tutti i testi in italiano, con il titolo Rivoluzione per la rivoluzione, raccolta di scritti a cura e con introduzione di Gianni Bosio, Samonà e Savelli, Roma, 1970.

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