Antispecismo

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Antispecismo: simbolo di unità tra umani e non umani.

L'Antispecismo (anti deriva dal greco antì, "contro" e da "specismo", ovvero quel pensiero atto alla discriminazione degli esseri viventi in base alla specie di appartenenza) è il movimento culturale nato per contrastare lo specismo. Questo movimento sostiene che le idee di superiorità di specie limitino, o addirittura impediscano, la possibilità dell'essere umano di vivere in armonia con la natura, gli altri animali, i propri simili e perfino con sé stesso. [1]

Definizione

« Non esistono animali superiori e inferiori, così come non esistono razze umane superiori e inferiori, ma esistono esseri viventi dotati di peculiarità uniche e come tali rispettabili e inviolabili. Il problema non è "possono ragionare?" né "possono parlare?", ma "possono soffrire?". »

~ Jeremy Bentham

L'antispecismo è comunemente (non per questo correttamente ed esaurientemente) definito come «un pensiero, un movimento, un atteggiamento che, in opposizione allo specismo [termine coniato dallo psicologo Richard Ryder] [2], si oppone alla convinzione, ritenuta pregiudiziale, secondo cui la specie umana sarebbe superiore alle altre specie animali e sostiene che l'essere umano non può disporre della vita e della libertà di esseri appartenenti a un'altra specie». [3]

Per una definizione antispecista [4]

Una proposta italiana di definizione del termine antispecismo si trova nel libro Manifesto antispecista. Teoria, strategia, etica e utopia per una nuova società libera di Adriano Fragano: l'autore, che è anche il principale contributore del presente paragrafo, scrive:

«L'antispecismo è il pensiero filosofico, politico e culturale che lotta contro lo specismo, l'antropocentrismo e l'ideologia del dominio, che rappresentano le fondamenta della società umana moderna. Come l'antirazzismo rifiuta la discriminazione arbitraria basata sulla presunzione dell'esistenza di razze umane e l'antisessismo respinge la discriminazione basata sul sesso, così l'antispecismo respinge quella basata sulla specie e sostiene che l'appartenenza biologica alla specie umana non giustifica moralmente o eticamente il diritto di disporre della vita, della libertà e e del corpo di un essere senziente di un'altra specie.

Le persone umane antispeciste lottano affinché le esigenze primarie degli Animali siano considerate fondamentali tanto quanto quelli degli Umani, cercando di destrutturare e ricostruire la società umana in base a criteri sensiocentrici, biocentrici ed ecocentrici con l'intento di non causare sofferenze e danni evitabili agli individui delle altre specie viventi e al pianeta. L'approccio antispecista ritiene (considerando tutte le dovute differenze e peculiarità) che:

1) le capacità di sentire (ad esempio di provare dolore), di interagire con l'esterno, di manifestare una volontà, sono prerogative di tutti gli Animali, caratterizzandoli come esseri senzienti con propri interessi da perseguire che devono essere rispettati. In base a questi criteri l'antispecismo può essere considerato anche una filosofia sensiocentrica e painista;

2) l'esistenza di tali capacità negli Animali comporti un cambiamento essenziale del loro status morale, facendoli divenire persone non umane, o conferendo loro uno status equivalente, qualora il concetto di persona non risultasse pienamente utilizzabile oppure opportuno. In base a ciò l'antispecismo può essere considerato anche una filosofia individualista (perché focalizzata sull'individuo animale, sul suo valore intrinseco e non sulla specie) e anti-antropocentrica;

3) da ciò debba conseguire una trasformazione profonda dei rapporti tra persone umane e persone non umane, che prefiguri un radicale ripensamento e conseguente cambiamento della società umana per il raggiungimento della liberazione animale. Fondamentali per tale trasformazione sono il senso di giustizia interspecifica, il rispetto dell'alterità, la nonviolenza, l'autocontrollo, l'empatia e la compassione».

Considerazioni dell'autore sulla sua proposta di definizione [4]

«L'antispecismo è il pensiero filosofico, politico e culturale, che lotta contro lo specismo, l'antropocentrismo e l'ideologia del dominio, che rappresentano le fondamenta della società umana moderna».

Pertanto, chi abbraccia la visione antispecista si adopera per favorire la sua diffusione nella società. L'attivista antispecista si propone di assumere atteggiamenti e comportamenti tali da poter influenzare la società (visione politica dell'antispecismo) e quindi si attiva tramite iniziative culturali, sociali, dirette e personali per la creazione di una nuova società umana più giusta, solidale, orizzontale e compassionevole, che si potrebbe anche definire aspecista (priva di specismo) o, meglio ancora, società umana libera. L'attivista antispecista, quindi, rivendica un suo ruolo politico, in quanto proprio l'azione politica è un'attività fondamentale per un cambiamento socio-culturale.

Protesta contro l'industria delle pellicce in Italia.

L'antispecismo si oppone allo specismo inteso come pensiero unico dominante nell'attuale società umana, concepita come verticale, repressiva e gerarchica, fondata sul “diritto del più forte”, orientata alla difesa del privilegio e del patrimonio, a discapito della libertà, dell'uguaglianza e della solidarietà nei confronti degli Animali. L'antispecismo, dunque, non intende semplicemente riformare la società umana, ma si prefigge come obiettivo quello di cambiarla radicalmente, eliminandone le spinte antropocentriche, discriminatorie, liberticide, violente e autoritarie, rivoluzionandola attraverso l'abbattimento dell'ideologia del dominio che la connota. L'antispecismo, pertanto, può essere inteso come pensiero oppositivo con un compito destrutturante, destinato a dissolversi con la scomparsa dello specismo e la nascita di una nuova società umana aspecista.

Manifestazione contro un allevamento di animali "da pelliccia" (Fossoli, gennaio 2011).

«Come l'antirazzismo rifiuta la discriminazione basata sulla presunzione dell'esistenza di razze umane e l'antisessismo respinge la discriminazione basata sul sesso, così l'antispecismo respinge la discriminazione basata sulla specie».

Ciò perché l'antispecismo può essere considerato storicamente come una naturale evoluzione delle lotte per i diritti civili e per la liberazione umana (ma non una loro derivazione, in quanto esse sono da ritenersi antropocentriche) e in assoluta antitesi con visioni xenofobe, discriminatorie e più in generale con fascismi, autoritarismi e totalitarismi di qualunque orientamento politico o natura, perché veicoli dell'ideologia del dominio, dell'oppressione e della repressione. L'ottica antispecista presenta caratteristiche peculiari, che la distinguono da qualsiasi altra lotta per la giustizia sociale e per la liberazione umana: essa, infatti, non prevede concessioni (allargamento della sfera dei diritti, della polis), ma richiama a un fondamentale e indispensabile autocontrollo delle attività umane, sulla base di principi di responsabilità, equità, giustizia, nonviolenza e solidarietà nei riguardi degli altri Animali. L'antispecismo propone un ripensamento dei rapporti interspecifici umani considerando i doveri morali nei confronti delle altre specie senzienti e viventi in generale, non più ritenute inferiori, ma semplicemente altre: persone non umane, nel caso dei viventi senzienti, e popolazioni di persone non umane. L'apertura all'alterità e il suo riconoscimento comportano che l'azione antispecista si ponga come obiettivo primario il rispetto e la tutela degli interessi degli Animali (perché soggetti privi dei diritti più elementari come quelli naturali e di status privilegiati) e, di conseguenza, anche il riconoscimento dei diritti individuali degli Umani, per motivi storici già accennati e perché appartenenti al mondo animale. L'attivista antispecista ha l'obbligo morale di impegnarsi nel quotidiano contro ogni tipo d'ingiustizia e di prevaricazione nei confronti degli Animali. Le attenzioni verso gli Umani, verso l'ambiente e la Terra sono da considerarsi parte integrante della lotta per la liberazione animale. L'antispecismo, per quanto affermato in precedenza, non può essere considerato abolizionista (non si avanzano alle istituzioni richieste di modifiche di leggi, norme e regolamenti), bensì liberazionista, ossia si aspira alla liberazione degli individui animali nella sua accezione più ampia, considerando come referenti per il cambiamento il singolo individuo umano e la società civile.

Per l'attivista antispecista è fondamentale la condotta personale, applicando con coerenza i principi antispecisti alla propria vita quotidiana, soprattutto attraverso le pratiche del veganismo etico, quindi del consumo critico (inteso come metodo necessario per l'allontanamento definitivo dal consumismo), del boicottaggio, del riciclo, del riuso e del riutilizzo di merci beni e servizi, nonché attraverso tutte le altre pratiche utili al raggiungimento del minor impatto possibile sugli altri Animali, sugli Umani e sull'ambiente. Le pratiche del veganismo etico sono da considerarsi attualmente un requisito minimo indispensabile e irrinunciabile per perseguire gli obiettivi dell'antispecismo. Ogni visione riformista, gerarchica, reazionaria, repressiva o tesa alla tutela della conservazione dello status quo della società umana basata sui privilegi dell'antropocentrismo e dello specismo, è da ritenersi aliena e antitetica alla visione antispecista. Ogni dottrina, filosofia, politica, religione, ideologia fondata sullo specismo e l'antropocentrismo, è rifiutata e combattuta dalla visione antispecista.

Una definizione pragmatica

Una coppia francese, autrice di un sito antispecista [5], dà dell'antispecismo una definizione pragmatica: «L'antispecismo è il concetto etico secondo cui è immorale sfruttare o danneggiare gli animali solo perché appartengono a una specie diversa. La nostra definizione di antispecismo non è perfetta, ma affronta la maggior parte dei problemi. Non riteniamo che valga la pena impantanarsi cercando di trovare la definizione perfetta che copra ogni evenienza. Per noi la cosa più importante è affrontare i problemi».

Storia dell'antispecismo

Nuvola apps xmag.png Per approfondire, vedi specismo.
Peter Singer, filosofo antispecista utilitarista.
Tom Regan, filosofo antispecista.

Inizialmente gli antispecisti (anche se forse sarebbe più corretto definirli "animalisti" [6]) non erano organizzati in un movimento, bensì agivano singolarmente, per lo più con scritti discorsi, dibattiti ecc.

Tra questi, per lo più filosofi, possiamo citare (in ordine sparso): Platone, Seneca, Ovidio, Plutarco, Leonardo da Vinci, Voltaire, Jeremy Bentham ecc.

La "filosofia antispecista" (con relativa distinzione tra animalismo e antispecismo) moderna si è potuta sviluppare, in questi ultimi decenni, grazie all'impegno di filosofi animalisti come Kenneth Goodpaster, Christopher Stone e soprattutto Tom Regan e Peter Singer.

Singer e Regan: la questione dei diritti

Secondo il principio di «uguale considerazione degli interessi» introdotto da Singer, gli interessi degli animali, seppur diversi da quelli dei non umani, devono essere rispettati come gli interessi degli umani. Peter Singer, in Liberazione Animale, si era limitato a parlare di interessi animali, non si riferiva esplicitamente a diritti. La morale del “diritto animale” ha avuto un'evoluzione progressiva che può essere schematicamente divisa in questo modo.

Morale della simpatia

Questa morale, sostenuta da David Hume, si basa sul presupposto che le azioni che procurano gioia sono degne di approvazione, mentre quelle che provocano dolore sono degne di disapprovazione; gli animali sono esseri sensibili, dunque le azioni che noi compiamo nei loro confronti non sono indifferenti dal punto di vista morale. Tale dottrina fonda sul principio della “compassione”, pertanto comporta il rischio della soggettività e del relativismo umanitario.

Morale dell'utilitarismo

Il padre della filosofia utilitaristica fu Jeremy Bentham. Egli sosteneva che fosse necessario limitare la sofferenza al minor numero possibile di individui, considerava quindi lecito un esperimento che comportasse la sofferenza di pochi per il vantaggio di molti. Queste due dottrine contemplano la questione del diritto da una prospettiva ancora antropocentrica, infatti, concentrano l'attenzione sui doveri dell'uomo verso gli animali (limitarne la sofferenza), piuttosto che sui diritti degli animali stessi.

Morale del valore

Si tratta della morale sostenuta da Tom Regan, che introdusse il concetto di "diritto animale". Secondo Regan i diritti si fondano sul valore intrinseco dell'essere. Tutti gli esseri dotati di sensibilità hanno interessi, in particolare hanno l'interesse a vivere la vita migliore possibile e a limitare la propria sofferenza. Da tale interesse deriva il diritto, per ogni essere senziente, ad avere una vita che risenta il meno possibile della sofferenza ingiustificata inflitta da altri.

Regan osserva che se tutti gli animali, umani e non, hanno dei diritti in quanto esseri senzienti, questi diritti sono diversi. Gli animali hanno un diritto fondamentale: quello di ricevere un trattamento rispettoso e non essere danneggiati. Per questo motivo Regan condanna l'uccisione, la caccia, la sperimentazione, e sostiene l'obbligo - per tutti coloro che hanno a cuore i «diritti dei non umani» - del vegetarismo. Sulla base della filosofia di Peter Singer e Tom Regan, nasce il movimento antispecista moderno.

Breve storia del movimento animalista

Exquisite-kfind.png Vedi Animalismo.
Barry Horne, anarchico e antispecista

La prima legge in difesa degli animali fu emanata in Inghilterra nel 1822, ed è ancora in vigore con il nome di Animal Act. Nello stesso anno, sempre in Inghilterra nacque la SPCA (Society for the Prevention of Cruelty to Animals).

In Italia, Giuseppe Garibaldi, sebbene fosse un cacciatore, fu tra i promotori della società animalista, che in seguito assumera la denominazione di ENPA. Nel 1961 nasce il WWF e in Italia sorge la "Lega Nazionale contro la Distruzione degli uccelli", che in seguito diventerà la LIPU. In seguito a queste, fioriscono in tutto il mondo associazioni per la difesa degli animali, alcuna delle quali attive ancora oggi. La vera svolta si ebbe però negli anni '70, con il diffondersi dell'animalismo forte di Peter Singer e Tom Regan.

Prima di loro le varie associazioni che si erano formate erano animate dal sentimento di compassione, contemplato nelle morali precedenti a Regan. Si assiste invece da questo momento a un vero cambiamento ideologico alla base della scelta per la protezione degli animali. Non è più la semplice compassione per la sofferenza animale a spingere gli animalisti a intervenire, ma la convinzione che gli animali abbiano dei diritti che devono essere loro riconosciuti. Così nei primi anni '80 nascono associazioni come la LAV, la LAN, la LAC, la LIDA, Animal Amnesty, l'OIPA. Sempre in Inghilterra, negli anni '70, si costituisce un gruppo radicale animalista: Animal Liberation Front (ALF). L'ALF si prefigge l'obiettivo di contrastare lo sfruttamenti animale (allevamento di animali, pellicce, vivisezione e maltrattamenti in genere), prevalentemente con l'azione diretta e con le liberazioni degli animali.

L'ALF comincia a diffondersi anche negli USA e poi in tutto il mondo, per cui da movimento inglese si trasforma in movimento internazionale. Negli anni '90 l'ALF inizia a diffondersi anche in Italia.

Il principale teorico dell'ALF si chiamava Barry Horne, un uomo che decise di dedicare la propria vita alla liberazione dei più deboli e dei più indifesi. Catturato e condannato a 20 anni di carcere per “terrorismo”, muore in seguito ai ripetuti scioperi della fame a cui si sottopone per richiamare l'attenzione di Tony Blair sulle condizioni degli animali nei laboratori e negli allevamenti.

Nel tempo nascono anche altri gruppi che sentono l'esigenza di agire radicalmente, sull'esempio dell'ALF.

La frammentazione che si può notare all'interno del movimento animalista dipende dalle diverse metodologie adottate dagli animalisti (azioni diretta, interventi sul piano legislativo, sensibilizzazioni di massa... ) e dai diversi fini che le associazioni si propongono (prevenzione, tutela, soccorso... ).

Anarchici e antispecismo

Simbolo del vegananarchism, che unisce la A cerchiata, simbolo anarchico, con l'iniziale della parola vegan, la lettera "V".
Élisée Reclus, anarchico e vegetariano.

Tra i primi anarchici ad esprimere disappunto per le sofferenze animali si possono citare i vegetariani Lev Tolstoj [7] ed Élisée Reclus. Anche H. D. Thoreau, seppur con qualche ambiguità (era carnivoro), esprime pensieri fortemente "anti-antropocentrici": «non ho dubbio che appartenga al destino umano, nel suo graduale miglioramento, smettere di mangiare carne allo stesso moodo che le tribù selvagge hanno smesso di mangiarsi l'un l'altra quando vennero in contatto con quelle civili».

L'antispecismo non è patrimonio esclusivo degli anarchici, ma sono scelte più diffuse fra essi rispetto a persone di qualsiasi altro orientamento politico perché si basano sul rifiuto di qualsivoglia discriminazione e gerarchia: non solo tra esseri umani, ma anche nei confronti degli altri esseri senzienti, senza discriminazioni fra le specie animali.

Tra gli anarchici (Barry Horne, Harold Thompson ecc.), questa prerogativa è particolarmente diffusa nell'ambito individualista. Essi estendono l'egualitarismo a tutto l'universo e a tutte le specie animali, poiché si ritiene che vi sia un diretto rapporto tra lo sfruttamento umano, quello animale non-umano e quello ambientale, che sono per lo più conseguenza del capitalismo.

I libertari antispecisti hanno sempre ritenuto, e ritengono ancora, che non si debba separare e parcellizzare lo sfruttamento animale da quello umano o ambientale, bensì che sia necessario estirpare qualsiasi tipologia di dominio dell'uomo sull'uomo e dell'uomo sugli animali (e sulla natura), poiché ognuno è conseguenza dell'altro e in quanto, come più volte ha scritto Murray Bookchin, non basta eliminare le classi sociali e lo sfruttamento economico per eliminare la gerarchia e il dominio, perché questi si possono riformare su basi razziali, sessuali e anche speciste.

Gli animali fuggiti da fattorie e macelli o liberati da attivisti hanno bisogno di un posto dove stare, perché altrimenti sarebbero circondati da un ambiente fortemente antropico e spesso ostile oppure, improvvisamente tornati in natura, sarebbero semplicemente incapaci di provvedere a se stessi. Questi rifugi sono spesso gestiti da organizzazioni antispecistiche, come Agropunk: in Italia, nelle colline toscane, una fattoria intensiva per i tacchini di proprietà della società Amadori è stata occupata e trasformata in un focolaio di iniziative anarchiche e antispecistiche, nonché in una casa accogliente per molti animali precedentemente allevati.

Note

  1. Il testo italiano di questa voce è stato tratto in parte da Lo specismo, come nasce, come si manifesta, come si combatte
  2. R.D. Ryder, Victims of Science: The Use of Animals in Research, Londra, Davis Poynter, 1975 e R.D. Ryder, Animal Revolution: Changing Attitudes towards Speciesism, Oxford, Basil Blackwell, 1989
  3. Definizione tratta dal dizionario Treccani
  4. 4,0 4,1 Adriano Fragano, Manifesto antispecista. Teoria, strategie, etica e utopia per una nuova società libera, Edizioni Veganzetta, 2022
  5. Dal sito anti-speciesism.com
  6. Il termine animalismo non dev'essere confuso con quello di antispecismo, anche se spesso vengono utilizzati come sinonimi. Il primo presuppone l'amore empatico per gli animali non umani, ma non necessariamente il riconoscimento dell'eguaglianza di tutti gli appartenenti alla stessa specie. Il termine antispecismo indica invece la volontà di porre fine ad ogni discriminazione entro le diverse specie animali.
  7. Si legga Il primo gradino

Bibliografia

Exquisite-kfind.png Vedi Testi: antispecismo.

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