Repressione

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Un paio di manette, emblema della repressione.

Il termine repressione definisce generalmente l'oppressione e/o la persecuzione di un individuo o di un gruppo di individui a causa delle loro idee politiche\sociali\religiose, in modo da impedirne la diffusione delle idee. La repressione politica può essere caratterizzata da discriminazioni, abusi polizieschi - ad esempio arresti ingiustificati, interrogatori brutali - montature giudiziarie, stragi di Stato e omicidi o sparizioni di attivisti politici e dissidenti.

Repressione politica

La repressione politica è spesso accompagnata da violenza, che può essere legale rispetto al diritto vigente o illegale. L'esercizio della violenza sui dissidenti politici ha la funzione di intimorire tutto il resto della società, al fine di sopprimere il suo desiderio di libertà o di emancipazione. La repressione politica a volte è sinonimo di discriminazione e intolleranza politica, ideologica, religiosa e sociale. L'intolleranza si manifesta con politiche discriminatorie, la violazione dei diritti umani, la brutalità della polizia, l'imprigionamento, l'esilio, torture, sparizioni forzate e altre pene contro gli attivisti politici ecc.

Quando la repressione politica viene scientemente organizzata dallo Stato, è possibile che essa assuma carattere di terrorismo di Stato, genocidio e crimini contro l'umanità. La repressione sistematica e violenta è una caratteristica tipica delle dittature e dei regimi totalitari, opera soprattutto della polizia e della polizia segreta, dell'esercito, dei gruppi paramilitari e di squadroni della morte. Talvolta il terrorismo di Stato viene applicato anche nei paesi cosiddetti democratici, come per esempio quando i servizi segreti italiani, avvalendosi della collaborazione di gruppi neofascisti, misero in atto la strategia della tensione (attentati, bombe, tentati golpe e omicidi che si susseguirono dal 1969 al 1984).

La repressione contro gli anarchici

Volkan Sevinc, arrestato in Turchia in quanto anarchico e oppositore del governo fascista turco.
Il Generale Luigi Pelloux, Presidente del Consiglio tra il 29 giugno 1898 e il 24 giugno 1900, fu tra gli organizzatori del convegno anti-anarchico del 1898.

Per lungo tempo dichiararsi anarchici ha significato subire le persecuzioni delle autorità, ovvero essere costretti all'esilio, alla clandestinità o, peggio ancora, al carcere duro.

Soprattutto tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento alcuni governi nazionali giunsero addirittura alla promulgazione di leggi concepite proprio in chiave anti-anarchica: in Francia le cosiddette «Lois scélérates» (Leggi scellerate) del 1894 portarono al processo dei "trenta" (nel 1883 si svolse a Lione quello dei "sessantasei" e alla criminalizzazione del movimento; le leggi e il clima di criminalizzazione portò frequentemente a negare l'autorizzazione per lo svolgimento di manifestazioni oppure queste terminavano con violente provocazioni o cariche delle “forze dell'ordine” (es. i martiri di Chicago del 1886, moti di Milano del 1898 ecc.): il congresso statunitense nel 1903 concepì la legge denominata «Anarchist Exclusion Act» (Esclusione degli anarchici), volta ad impedire l'immigrazione di anarchici o a rimpatriare i migranti anarchici giunti negli USA; in Spagna, nel settembre 1896, furono ugualmente promulgate leggi volte a reprimere duramente il movimento anarchico. Il governo italiano nel 1898 addirittura si fece promotore di un convegno anti-anarchico internazionale (24 novembre-21 dicembre) che si poneva l'obiettivo di reprimere il movimento anarchico (il governo italiano spinse per porre sullo stesso piano l'anarchico ed il volgare assassino...).

Nei periodi delle varie dittature che attraversarono il XX secolo (fascismo, nazismo, stalinismo, franchismo ecc.), spesso gli anarchici furono i più duramente colpiti dalla repressione (Michele Schirru, Angelo Sbardellotto e Renzo Novatore in Italia, Gustav Landauer e Erich Mühsam in Germania, Victor Serge in Russia, Salvador Puig Antich in Spagna ecc.). Persino durante le rivoluzioni a carattere sociale (Kronstadt, la rivoluzione russa, la rivoluzione spagnola ecc.), gli anarchici subirono la dura repressione da parte di quelli che consideravano “compagni” (un esempio è Camillo Berneri, probabilmente ucciso, durante la rivoluzione spagnola del 1936, da sicari stalinisti).

In epoca democratica, quando la libertà di pensiero è stata considerata un principio “sacro e inviolabile”, si è assistito ugualmente a vere e proprie persecuzioni (che in alcuni casi hanno portato anche alla morte degli anarchici) contro il movimento anarchico. Basterebbe citare i casi eclatanti di Sacco e Vanzetti, Giuseppe Pinelli, Pietro Valpreda, Franco Serantini e la strategia della tensione italiana, per giungere sino ai giorni nostri con la persecuzione degli squats torinesi nel 1998.

La repressione secondo Foucault

«Dopo tutto, la repressione non sarebbe ancora la conseguenza politica della guerra, un po' come l'oppressione, nella teoria classica del diritto politico, era l'abuso della sovranità nell'ordine giuridico? Si potrebbero dunque opporre due grandi sistemi di analisi del potere. L'uno sarebbe il vecchio sistema che si trova nei philosophes del XVIII secolo. Esso si articola intorno al potere come diritto originario che si cede, che costituisce la sovranità, e in cui il contratto funziona come matrice del potere politico. Il potere così costituito rischia di diventare opressione quando oltrepassa sé stesso, cioè quando va al di là dei termini stessi fissati dal contratto. Potere-contratto, con l'opressione come limite o piuttosto come oltrepassamento del limite. L'altro sistema cercherebbe di analizzare, al contrario, il potere politico non più secondo lo schema contratto-opressione, ma secondo quello guerra-repressione. A questo punto, la repressione non è più quel che era l'opressione rispetto al contratto, cioè un abuso, ma, al contrario, il semplice effetto e la semplice continuazione di un rapporto di dominazione. La repressione non sarebbe altro che la messa in opera, all'interno di questa pseudo-pace travagliata da una guerra continua, di un rapporto di forza perpetuo. Lo schema contratto-opressione, che è quello giuridico, e lo schema guerra repressione, o dominazione-repressione, nel quale l'opposizione pertinente non è quella fra legittimo e illeggitimo, come nello schema precedente, ma quella tra lotta e sottomissione» (Bisogna difendere la società, Michel Foucault).

Bibliografia

Voci correlate

Collegamenti esterni