Banda del Matese

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Rappresentazione dei fatti del Matese

La storia dell'anarchismo italiano nella seconda metà dell'800, all'epoca in cui sono in atto diversi tentativi d'organizzazione del movimento, è anche un continuo susseguirsi di tentativi insurrezionali che indubbiamente fallirono, ma dimostrano comunque la generosità d'animo e il desiderio di ottenere immediatamente quella giustizia sociale che pareva si potesse raggiungere solo attraverso la rivoluzione e l'atto insurrezionale.

L'insurrezione di Bologna nel 1874 fu il primo di questi tentativi, quella del Matese (una regione tra Campania e Molise che nel periodo successivo al risorgimento dimostrò la propria ostilità al nuovo Stato italiano attraverso il brigantaggio) nel 1877 fu la seconda e fu attuata tra gli altri da Errico Malatesta, Carlo Cafiero Francesco Pezzi, Napoleone Papini e Cesare Ceccarelli. Costoro passarono alla storia con il nome di Banda del Matese.

Il movimento anarchico italiano tra l'insurrezione di Bologna (1874) e quella del Matese (1877)

Dopo la fallita insurrezione di Bologna (1874), il movimento anarchico italiano dovette fronteggiare una grave crisi in conseguenza della dura repressione cui fu sottoposto (persecuzioni, arresti, scioglimento di diverse organizzazioni ecc.).

Nel giugno 1876, dopo il processo per i moti di Bologna (1874), tutti gli anarchici coinvolti ritornarono in libertà, decisi più che mai della necessità di rimettere in moto l'attività rivoluzionaria. Nell'inverno del 1876\77, subito dopo il [[Internazionale_antiautoritaria#Il_Congresso_di_Berna_.281876.29|Congresso internazionalista di Berna]] (26-29 ottobre 1876), soprattutto Cafiero e Malatesta dichiararono che la Federazione italiana era pronta ad un nuovo atto insurrezionale:

«La Federazione Italiana crede che il fatto insurrezionale, destinato ad affermare con delle azioni il principio socialista, sia il mezzo di propaganda più efficace ed il solo che, senza ingannare e corrompere le masse possa penetrare nei più profondi strati sociali... ». (Carlo Cafiero e Errico Malatesta, Congresso di Berna dell'Internazionale antiautoritaria, 1876)

Essi credevano che l'insurrezione dovesse partire non dalla città ma dalla campagna. Non con il contributo degli operai, come sostenevano i marxisti, bensì spingendo alla rivolta i contadini delle aree più depresse della penisola. Quest'idea peraltro non era nuova e si ispirava profondamente al pensiero di Carlo Pisacane che tanto proselitismo aveva fatto durante il risorgimento italiano. Non solo, lo stesso Bakunin, aveva più volte ribadito l'importanza del movimento contadino rispetto ai propositi rivoluzionari anarchici.

Ecco perché Cafiero e Malatesta (la banda del Matese si costituì principalmente per merito loro) individuarono nel Matese la zona adatta alla guerriglia rivoluzionaria convinti che la popolazione locale, per lo più poverissima, li avrebbe seguiti con entusiasmo. I fatti dimostrarono però che si sbagliavano.

I fatti

La Banda del Matese aveva in Carlo Cafiero, Errico Malatesta, Francesco Pezzi, Napoleone Papini e Cesare Ceccarelli gli elementi di maggior spicco. Con loro vi erano studenti, contadini, calzolai, muratori ecc. provenienti dia più disparati luoghi. Tutti furono addestrati dal russo Sergio Kravcinskij.

Nel marzo del 1877 "la banda" ritenne fosse giunto il momento di agire, ma il clima rigido di quell'anno consigliò loro di spostare l'azione di qualche settimana. Quando le condizioni climatiche divennero più accettabili, i rivoluzionari decisero di ritrovarsi in un piccolo paesello, a San Lupo (Benevento).

Il 3 aprile 1877 Malatesta e Cafiero giunsero a San Lupo (Benevento), spacciandosi per turisti inglesi. Scaricarono molto materiale che avrebbe dovuto servire per la guerriglia dei giorni successivi. La sera del 5 aprile arrivarono altri rivoluzionari, tra cui Cesare Ceccarelli, Antonio Cornacchia e Napoleone Papini. Purtroppo per loro un certo Salvatore Farina, che avrebbe dovuto fungere da tramite con i contadini della zona, vendette le informazioni in suo possesso alla forza pubblica.

Francesco Saverio Merlino, avvocato, difese gli imputati durante il processo

La notte fra il 7 e l'8 aprile 1877, gli anarchici, scoperti dai carabinieri, furono costretti a fuggire dopo una sparatoria che provocò il ferimento di due carabinieri (uno dei quali morì successivamente). Il piano di insurrezione per San Lupo (Benevento) fu dichiarato decaduto (da sottolineare che erano stati preventivati un centinaio di insorti, invece se ne presentò solo qualche decina; inoltre, non si presentarono nemmeno le guide e ciò comportò, successivamente, seri problemi d'approvvigionamento alimentare e di orientamento nel territorio).

Malatesta e Cafiero non si persero d'animo e dopo aver camminato una notte intera giunsero nel comune di Letino (Caserta): issarono sul municipio la bandiera rosso-nera (episodio citato da P.C. Masini. “Gli Internazionalisti. La Banda Del Matese” e registrato nei verbali del processo di Benevento del 1878 contro la stessa banda), occuparono il Municipio, staccarono immediatamente il ritratto del re Vittorio Emanuele, proclamarono decaduta la monarchia, dichiararono abolita la tassa sul macinato e bruciarono tutte le carte comunali e catastali.

L'intervento della polizia mise in fuga la banda, evidenziando la scarsa preparazione del piano d'azione rivoluzionario, che cercò di fuggire nella foresta, ma dopo tre giorni gli anarchici si arresero al capitano Ugo De Notter.

Il processo

Dopo l'arresto, i componenti della banda incarcerati a S. Maria Capua Vetere. Inizialmente l'intenzione era quella di far giudicare gli insorti da un tribunale di guerra, il che avrebbe significato la condanna a morte per fucilazione. Per fortuna ciò non accadde ed invece furono giudicati da un tribunale civile. Decisiva fu l'intercessione della figlia di Carlo Pisacane, Silvia, che era stata adottata del Ministro degli Interni Nicotera e che probabilmente aveva avuto contatti con gli internazionalisti napoletani. Era stato l'avvocato Carlo Gambuzzi, già amico di Bakunin, a chiederle aiuto «e tanto scongiurò la giovane perché intercedesse presso il padre adottivo, in nome dell'affinità d'idee dell'analogia dei casi che legavano al ricordo del Pisacane la banda del Matese che Silvia riuscì a strappare al Nicotera la revoca della primitiva decisione. La minaccia del giudizio sommario era scongiurata».

Il processo contro la banda del Matese, difesa tra gli altri anche dal giovanissimo Francesco Saverio Merlino, iniziò il 14 agosto 1878 e si concluse il 25 dello stesso mese. La sentenza dichiarò innocenti i ventisei anarchici imputati della morte di un carabiniere, attribuita invece a causa sopravvenuta. Al termine della lettura nella sala scoppiò un caloroso battimano.

Mentre i carabinieri li traducevano in carcere per l'espletamento delle pratiche di liberazione, una folla di circa duemila persone acclamò gli insorti, dimostrando loro grande simpatia.

Opere

Bibliografia

  • Bruno Tomasiello, La banda del Matese 1876-1878. I documenti, le testimonianze, la stampa dell'epoca, Galzerano editore, 2009

Filmografia

  • Lalibertà - 1874: cronaca di una rivolta mancata, cortometraggio sul tentativo insurrezionale anarchico di Castel del Monte. Regia, soggetto e sceneggiatura di Mimmo de Ceglia.

Voci correlate

Collegamenti esterni