Anarchismo insurrezionale

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Alfredo Maria Bonanno, alle cui idee l'anarco-insurrezionalismo moderno si ispira: lotta armata dei piccoli gruppi e individui, in contrasto con la FAI storica, che non condivide questi metodi.

L'anarchismo insurrezionalista è una tendenza dell'anarchismo che affonda le proprie radici nell'origine stessa del movimento anarchico. Rivendicando pratiche come la propaganda col fatto, l'esproprio, l'azione diretta e il sabotaggio come efficaci mezzi di contestazione, atti non solo a criticare la società capitalistica ma anche a porre le basi per il suo rovesciamento, l'insurrezionalismo crede nel sovvertimento immediato dell'ordine costituito o comunque nella possibilità di attaccare frontalmente le istituzioni vigenti.

Tornato in auge anche ai giorni nostri, l'insurrezionalismo è un mezzo adoperato in particolare dai gruppi d'affinità facenti capo alle correnti anarco-individualiste, quantunque soprattutto in passato esso sia stato promosso anche da esponenti dell'anarchismo sociale come Bakunin, Malatesta, Cafiero e dai comunisti antiorganizzatori come Giuseppe Ciancabilla, Galleani e Johann Most.

Definizione

L'insurrezionalismo è un pensiero radicale che sostiene la possibilità di attaccare Stato e capitale in ogni momento, al di là di qualsiasi elaborazione strategica o tattica. A differenza di altre correnti o tendenze che si sono sviluppate nel corso della storia del pensiero libertario che si basavano soprattutto su una diversa elaborazione politica e organizzativa, l'insurrezionalismo si distingue principalmente per la concezione dei mezzi da usare per l'abbattimento dello Stato. Ciò lo rende affine soprattutto alla corrente individualista (esclusa la tendenza pacifista) e ad alcune tendenze del comunismo anarchico, in particolare quelle antiorganizzatrici che negli USA furono legate a Luigi Galleani.

Buona parte del movimento anarchico ritiene che nell'attuale fase storica non sia conveniente l'utilizzo della rivolta violenta sganciata dalle rivendicazioni delle organizzazioni di massa, tuttavia ci sono anarchici che ancora oggi sostengono l'insurrezione non solo quale mezzo di sovvertimento dell'ordine costituito, ma anche per poter vivere l'anarchia sin da subito senza aspettare la fatidica data in cui dovrebbe esplodere la rivoluzione sociale.

Per quanto talvolta le azioni insurrezionali non si propongano il raggiungimento di specifici obiettivi di tipo sociale e/o politico, si può azzardare una definizione dell'atto insurrezionale in funzione degli scopi che si propone.

Storia dell'insurrezionalismo

Insurrezionalismo classico

Le prime insurrezioni storiche in cui sono riscontrabili tracce dei germi dell'antiautoritarismo rivoltoso affine all'anarchismo si possono trovare in alcune correnti della rivoluzione francese (1789), nella rivolta luddista (1811-12), nell'insurrezione popolare del 1830 (27-28-29 luglio) contro Carlo X di Francia, nell'insurrezione operaia francese del 1848 (alla quale parteciparono gli anarchici Corderoy e Déjacque) e nel Risorgimento italiano (vedi, ad esempio, la spedizione di Pisacane a Sapri). Talvolta queste rivolte avevano un carattere patriottico, tuttavia non mancavano coloro che vedevano nella guerra nazionale un modo per portare avanti istanze di natura più specificamente economico-sociale.

L'insurrezionalismo si legò all'anarchismo grazie al lavoro teorico e pratico dell'anarchico russo Michail Bakunin, che dedicò tutta la sua vita all'organizzazione e attuazione della rivoluzione sociale. Il suo operato ebbe anche risultati concreti, seppur generalmente effimeri: per esempio, nel settembre 1870, in seguito agli eventi della guerra contro la Prussia, a Lione esplose una rivolta antiautoritaria, a cui in seguito darà il suo contributo anche lo stesso Bakunin, allorché alcuni rivoluzionari a lui ispirati affissero il 26 settembre un manifesto in cui proclamavano «la decadenza dello Stato, della burocrazia e dei tribunali; sospensione del pagamento delle imposte, delle ipoteche e delle proprietà private; formazione in tutti i comuni dei comitati di salute analoghi a quelli di Lione; riunione di una convenzione nazionale incaricata di bloccare l'invasione».

Rappresentazione dell'attentato compiuto da Auguste Vaillant alla camera dei deputati francese (1893).

Il 28 settembre gli insorti lionesi misero le autorità locali alla porta, ma un pò troppo d'indecisionismo impedì il successo dell'insurrezione, che tuttavia qualche tempo dopo fu ripetuta a Parigi, quando il 18 marzo 1871 i proletari insorsero per dar vita alla Comune e alla sperimentazione, seppur per un breve periodo, di nuove idee e pratiche libertarie.

In Italia, nel 1874 e nel 1877, gli anarchici, guidati in particolare da Errico Malatesta e Carlo Cafiero, insorsero rispettivamente a Bologna e nel Matese. Quest'ultima rivolta giunse dopo che durante il congresso di Berna (1876) dell'Internazionale antiautoritaria gli anarchici italiani si erano espressi a favore dell'insurrezionismo:

«La Federazione Italiana crede che il fatto insurrezionale, destinato ad affermare con delle azioni il principio socialista, sia il mezzo di propaganda più efficace ed il solo che, senza ingannare e corrompere le masse possa penetrare nei più profondi strati sociali» (Carlo Cafiero e Errico Malatesta, Congresso di Berna dell'Internazionale antiautoritaria, 1876).

A dimostrazione di come certe idee si propagandassero velocemente anche nell'800, il gruppo populista Narodnja Volja ("Partito della Volontà del Popolo") organizzò tra il 1879 e il 1884 una decina di attentati contro l'autorità zarista di Russia, uno dei quali, il 13 marzo 1881 [1] provocò la morte di Alessandro II.

La morte dello zar fu salutata con entusiasmo dalla stampa anarchica, specialmente dai giornali francesi come La Révolution sociale e Le Révolté. Su quest'ultimo giornale, l'anno precedente, Kropotkin ed altri anarchici (Felix Tressaud, Emilio Gautier ecc.) avevano annunciato che il pensiero anarchico dovesse diffondersi con la propaganda col fatto, cioè mediante «la rivolta permanente mediante la parola, lo scritto, il pugnale, il fucile, la dinamite».

Accanto a questi tentativi insurrezionali, preparati e messi in atto da gruppi più o meno strutturati sul territorio, se ne registrarono altri di stampo prettamente individualistico, atti a minare il potere istituzionale e/o a diffondere i principi dell'anarchia. Tra il 1892 e il 1894, sempre in terra francese, si ebbe una serie di innumerevoli attentati individualistici (Ravachol, Auguste Vaillant, Émile Henry, Sante Caserio ecc.), che parevano caratterizzarsi come un'istintiva reazione al fallimento dell'anarchismo organizzato [2]. In Spagna si susseguirono una serie di frenetici avvenimenti: ad Alcoy insorsero gli operai anarchici (1873), nel 1878 Juan Oliva Moncusí cercò di uccidere il re Alfonso XII, nel 1892 i contadini andalusi insorsero violentemente, nel 1896 Michele Angiolillo colpì a morte il primo ministro Canovas. In Italia la "propaganda col fatto" fu attuata da diversi anarchici: Pietro Acciarito, Giovanni Passannante, Luigi Luccheni e Gaetano Bresci, solo per citarne alcuni.

Nel '900 le insurrezioni individualistiche sembrarono lasciar spazio a quelle maggiormente organizzate e "ambiziose": nel 1911 Ricardo e Enrique Flores Magón, oltre ad altri esponenti dell'IWW, tentarono un'insurrezione nella Bassa California; all'inizio del secondo decennio del XX secolo, gli USA furono attraversati da una serie di azioni insurrezionalistiche legate ai gruppi d'affinità facenti capo a Luigi Galleani; dal 1917 truppe legate a Nestor Makhno insorsero in Ucraina, realizzando una notevole esperienza libertaria, osteggiata tanto dai bolscevichi quanto dai controrivoluzionari “bianchi”. Qualche anno dopo, contro i bolscevichi, insorgerà la comune di Kronstadt; dal 1936 al 1939 gli anarchici spagnoli misero a frutto le brevi rivolte degli anni precedenti, con la realizzazione del più grande esperimento libertario della storia: la rivoluzione spagnola.

Attualità dell'insurrezionalismo

Ironico cartello [3] di una manifestante NO TAV valsusina.
Black bloc nell'aprile del 2003 ad una manifestazione contro la guerra a Washington DC. I Black bloc, comparsi improvvisamente a Seattle nel 1999, sono stati influenzati dalle teorie dell'informalità.

Più recentemente, l'anarchismo insurrezionale si è rinnovato grazie soprattutto agli scritti non solo del catanese Alfredo Maria Bonanno, ma anche di Wolfi Landstreicher, Costantino Cavalleri, Gustavo Rodríguez ed altri, trovando terreno assai fertile inizialmente in Italia e Grecia ed in seguito in Spagna. Proprio nella penisola iberica, nel 1996 il "gruppo bonanniano" "Rivolta" organizzò il convegno dell'Internazionale Antiautoritaria Insurrezionalista, a cui parteciparono molti gruppi spagnoli, seppur con la disapprovazione di molte altre realtà nazionali (la FIJL, che era stata invitata all'evento, si rifiutò di partecipare) [4].

L'insurrezionalismo "moderno", se così può essere definito, propone un'organizzazione di tipo informale fondata sui cosiddetti gruppi d'affinità [5]: ogni individuo è considerato il fulcro della teoria e della pratica del gruppo ed ognuno di essi sviluppa relazioni d'affinità, di fiducia e conoscenza con gli altri.

Secondo i principi dell'informalità tali relazioni possono essere anche temporalmente limitate, il gruppo può quindi dissolversi alla stessa velocità con cui si è costituito. In verità, i vari Bonanno, cavalleri e Landstreicher non hanno fatto altro che attualizzare vecchie pratiche anarchiche, come quelle che ebbero larga diffusione nei primi decenni del '900 negli USA grazie a Giuseppe Ciancabilla e Luigi Galleani.

Nel continente americano l'insurrezionalismo è fortemente radicato ancora oggi: negli USA riviste come Anarchy: A Journal of Desire Armed [6] e Killing King Abacus («Uccidere il Re Abacus») [7] sono la dimostrazione di come il pensiero insurrezionalista abbia preso piede facilmente, assumendo nello specifico una particolare posizione ecologista-radicale (si veda anarco-primitivismo o anarchismo verde); azioni insurrezionaliste sono particolarmente diffuse anche in tutto il Sud America ed in particolare in Messico, Argentina e Cile.

Ciò che quasi sempre accomuna i militanti anarco-insurrezionalisti di oggi (si veda per esempio la Federazione Anarchica Informale) sta probabilmente nel fatto che questi talvolta tendono a sganciarsi da specifiche rivendicazioni sociali o politiche, collocandosi spesso in un ambito teorico-pratico definito anarco-nichilismo.

L'insurrezionalismo in Italia

L'insurrezionalismo in Italia si è sviluppato seguendo tre grandi linee di tendenza: insurrezionalismo per la rivoluzione sociale, insurrezionalismo individuale e insurrezionalismo informale.

Insurrezionalismo per la rivoluzione sociale

I primi moti rivoluzionari a carattere sociale si ebbero durante il Risorgimento, un processo storico sicuramente a carattere nazionale ma contenente anche rivendicazioni di carattere sociale, come esplicitamente rivendicato da Carlo Pisacane nella sua spedizione a Sapri:

«Le cospirazioni, i complotti, i tentativi d'insurrezione, sono a mio avviso la serie dei fatti attraverso ai quali l'Italia va alla sua meta (l'Unità). L'intervento delle baionette a Milano ha prodotto una propaganda ben più efficace che non mille volumi di scritti di dottrinari, che sono la vera peste della nostra patria e di tutto il mondo. V'hanno taluni che dicono la rivoluzione debba essere fatta dal paese. Questo è incontrastabile. Ma il paese si compone d'individui; e se tutti aspettassero tranquillamente il giorno della rivoluzione senza prepararla col mezzo della cospirazione, giammai la rivoluzione scoppierebbe» (Carlo Pisacane, Il Testamento).

Una forte prerogativa rivoluzionaria la si ritrova anche in tutti quegli anarchici che subirono l'influenza del Bakunin durante il suo soggiorno italiano (1864-1867). Tra questi si può citare Andrea Costa (almeno sino a quando non si convertì al socialismo parlamentare), Carlo Cafiero, Napoleone Papini e soprattutto Errico Malatesta. Quest'ultimo, che fu contemporaneamente ideologo e uomo d'azione, fu tra coloro che tentarono l'insurrezione a Bologna (1874) e nel Matese (1877), piccole insurrezioni legate alla strategia della propaganda col fatto [8], eleborando poi, nella maturità, un pensiero più profondo e gradualista che, anziché partire dall'azione insurrezionale per coinvolgere il popolo, cercava di indurre il popolo stesso all'insurrezione contro lo Stato, primo passo verso una società anarchica:

«La rivoluzione non si fa in quattro gatti. Degl'individui e dei gruppi isolati possono fare un po' di propaganda; dei colpi audaci, delle bombe e simili cose, se fatte con retto criterio (il che purtroppo non è sempre il caso) possono attirare l'attenzione pubblica sui mali dei lavoratori e sulle nostre idee, possono sbarazzarci di qualche ostacolo potente; ma la rivoluzione non si fa che quando il popolo scende in piazza. E se noi vogliamo farla bisogna che attiriamo a noi la folla, quanto più folla è possibile» (da Andiamo verso il popolo, in L'Art. 248, Ancona, 4 febbraio 1894). [9]
«Siamo riformatori oggi in quanto cerchiamo di creare le condizioni più favorevoli ed il personale più cosciente e più numeroso che si può per menare a bene una insurrezione di popolo; saremo riformatori domani, ad insurrezione trionfante e a libertà conquistata, in quanto cercheremo, con tutti i mezzi che la libertà consente, cioè con la propaganda, con l’esempio, con la resistenza anche violenta contro chiunque volesse coartare la nostra libertà, cercheremo, dico, di conquistare alle nostre idee un numero sempre più grande di adesioni». (da Anarchismo e riforme, in Pensiero e Volontà, 1° marzo 1924). [9]
«[...] noi vogliamo una rivoluzione profonda, che trasformi tutte le condizioni della vita, che metta tutto il popolo, cioè tutti gl'individui che formano il popolo, in grado di concorrere direttamente alla costituzione delle nuove forme di convivenza sociale, e perciò dall'insurrezione noi non ci aspettiamo, non possiamo aspettarci, l'attuazione immediata e generale delle nostre idee, ma solo la creazione di circostanze più favorevoli alla nostra propaganda ed alla nostra azione, il principio insomma della nostra Rivoluzione. E questo noi potremo conseguire, poiché, quando il governo attuale sarà abbattuto da una insurrezione [...] noi non prometteremo al popolo di fare il suo bene, ma lo spingeremo a farselo da sé stesso, a prendere possesso della ricchezza, a esercitare di fatto la libertà conquistata [...]» (da Insurrezionismo o evoluzionismo?, in Volontà, 1 novembre 1913). [9]

Insurrezionalismo individuale

Nuvola apps xmag.png Per approfondire, vedi Propaganda col fatto.

Il fallimento delle rivolte sociali spinse molti individualisti ad insorgere violentemente contro singoli obiettivi: nel 1878 Giovanni Passannante tentò d'uccidere il re Umberto I; nel 1892 Pietro Acciarito provò pur'egli a metter fine alla vita del monarca, ma senza riuscirci; il 31 luglio 1900, finalmente, Gaetano Bresci riuscì dove Passannante e Acciarito avevano fallito.

Molti individualisti italiani compirono le loro azioni anche all'estero: Luigi Luccheni, Sante Caserio, Michele Angiolillo e Severino Di Giovanni (quest'ultimo emigrato in Argentina per sfuggire alla repressione fascista). Prima del fascismo, Bruno Filippi e il suo gruppo compirono una serie di attentati volti a colpire Stato e capitale; durante il ventennio della dittatura di Mussolini molti anarchici teorizzarono e praticarono l'insurrezione violenta contro il "Duce", lo Stato fascista (Michele Schirru, Gino Lucetti, Anteo Zamboni e Angelo Sbardellotto) e tutti i suoi accoliti (Renzo Novatore, gli Arditi del Popolo ecc.).

Insurrezionalismo informale

Più recentemente, hanno trovato nuova linfa con Alfredo Maria Bonanno le teorie sull'insurrezionalismo informale, fondato sulla ricerca di una conciliazione tra organizzatori e antiorganizzatori, proponendo come soluzione i «gruppi d'affinità», che sono un'aggregazione temporanea di singole individualità riunitesi per portare avanti un progetto avente obiettivi variegati e tendenzialmente limitati nel tempo.

«[...] Siamo rivoluzionari. Il mio scopo non è trovare lavoro alla gente, non me ne importa nulla. Io voglio lottare con chi cerca un lavoro perché lo voglio spingere a capire che è possibile, con certi mezzi, obbligare lo Stato a fare un passo indietro e continuare nell'attacco fino alla distruzione totale dello Stato [...] La nostra lotta armata si basa sui principi della semplicità, dell'azione diretta, della riproducibilità, della polverizzazione, della generalizzazione dell'attacco [...] In quanto anarchici, siamo per il massimo coinvolgimento possibile della gente nel processo di liberazione, che deve per forza essere fatto violento» (Alfredo Maria Bonanno).

Parte del movimento anarchico non si riconosce del tutto nelle tesi di Bonanno, in primis i militanti dell'anarchismo sociale, tuttavia molte singole individualità e vari gruppi anarchici ne sono stati chiaramente influenzati. Tra il 1976 e il 1980 fu attivissimo Azione Rivoluzionaria, un gruppo insurrezionalista a carattere informale che pur tuttavia accusò Bonanno di non essere in grado di portare avanti un progetto serio per la costruzione di una futura società libertaria.

Più recentemente, le azioni e le rivendicazioni della Federazione Anarchica Informale appaiono maggiormente legate al lavoro teorico dell'anarchico catanese. [10]

Considerazioni critiche

L'impianto teorico-pratico dell'insurrezionalismo non si fonda su alcun modello ideologico schematico in grado di preconizzare un'ipotetica società futura, né abbraccia dogmaticamente il lavoro di alcun teorico rivoluzionario; anche quando i seguaci di questa tendenza si ispirano a qualcuno, non si sentono comunque in dovere di appoggiarne necessariamente ogni sfumatura del pensiero.

La mancanza di organizzazione e di strategie teorico-pratiche sono da sempre una delle maggiori critiche portate avanti da diversi anarchici, specialmente quelli appartenenti alla tendenza comunista del «piattaformismo». Questa, che si rifà alle tesi stesse di Bakunin, è da sempre fortemente critica nei confronti dell'insurrezionalismo, accusato di portare avanti azioni dirette del tutto sganciate dal contesto sociale e dalle lotte delle organizzazioni di massa. Per tanto, secondo i piattaformisti, con le loro pratiche gli insurrezionalisti avallano metodi di lotta del tutto inutili o addirittura dannosi per l'emancipazione degli sfruttati.

A tal proposito, essi citano lo stesso Kropotkin, che dopo aver promosso e diffuso la propaganda col fatto, nel 1887 rivedette le proprie posizioni in un articolo pubblicato su Le Révolté, dove dichiarò che «un edificio fondato su secoli di storia non si distrugge con qualche kg di esplosivo». [11]

Note

  1. Corrispondente al 1° marzo del calendario giuliano allora in vigore.
  2. La natura di questi attentati fu notevolmente differente: per esempio Ravachol si mosse in un ambito specificamente illegalista, invece Sante Caserio colpì a morte il presidente Carnot, visto come simbolo del dominio e del potere repressivo.
  3. La stampa usa spesso l'appellativo insurrezionalista come sinonimo di terrorista. Nello speciifco contro il movimento NO TAV è stato utilizzato questo termine per accusare i valsusini di essere estremisti e terroristi.
  4. Per una critica dell'ideologia insurrezionalista
  5. Anche gli stessi black bloc sono stati in qualche modo influenzati dalla teoria dell'informalità.
  6. Anarchy: A Journal of Desire Armed
  7. Killing King Abacus
  8. «[...] ci giudica male chi pensa che noi vorremmo fare un'insurrezione al giorno senza tener conto delle forze in contrasto e delle circostanze favorevoli o meno. Noi abbiamo potuto fare, abbiamo fatto realmente, in tempi oramai remoti dei minuscoli moti insurrezionali che non avevano alcuna probabilità di successo. Ma allora eravamo davvero in quattro gatti, volevamo obbligare il pubblico a discuterci ed i nostri tentativi erano semplicemente dei mezzi di propaganda» (La "fretta" dei rivoluzionari, in Umanità Nova, Roma, 6 settembre 1921).
  9. 9,0 9,1 9,2 L'intero scritto è presente nell'antologia Rivoluzione e lotta quotidiana, a cura di Gino Cerrito.
  10. La comparsa sulla scena della Federazione Anarchica Informale diede origine ad un dibattito interno al movimento anarchico sul modus operandi della suddetta organizzazione: alcuni complottisti avanzano addirittura l'ipotesi che sarebbe una diramazione degli stessi apparati istituzionali, altri invece pensano che il suo modo d'agire non sia funzionale agli interessi del movimento anarchico.
  11. Kropotkine Piotr Alexeïevitch

Bibliografia

Voci correlate

Collegamenti esterni