Kronstadt

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Insorti della marina imperiale zarista, equipaggio della nave Petropavlovsk (етропавловск), in Finlandia, prima di partecipare alla rivolta di Kronstadt.

Kronstadt è una città fortificata situata sull'isola di Kotlin nel golfo di Finlandia, che fu concepita dallo zar come una sorta di fortezza difensiva contro un possibile attacco dal mare alla capitale Pietrogrado, che si trova proprio di fronte alla cittadella. Proprio a Kronstadt, nel 1921, i marinai, i soldati e i cittadini, che peraltro contribuito alla vittoria della Rivoluzione di Ottobre, si ribellarono contro il potere centrale bolscevico ed a favore di un autogoverno federativo e libertario.

«Tutto il potere ai soviet e non ai partiti!» fu il motto che contraddistinse gli insorti libertari dell'isola.

La ribellione di Kronstadt libertaria

La tradizione antiautoritaria della cittadella

A Kronstadt risiedevano circa 50 mila persone, per metà civili e per metà militari, rappresentati dagli equipaggi della flotta e dai soldati della guarnigione. I marinai della fortezza furono storicamente sempre ostili ad ogni forma di autoritarismo, per questo sin dal 1901 diedero vita ai primi circoli rivoluzionari che stampavano opuscoli incitanti alla sovversione contro l'ordine costituito.

Durante la rivoluzione del 1905 nella cittadella scoppiarono più volte gravi disordini e gli abitanti si ribellarono apertamente all'autocrazia zarista anticipando quello che sarebbe accaduto nel 1917, quando la cittadella si proclamò «comune rivoluzionaria». Il soviet di Kronstadt, sotto la direzione di anarchici, bolscevichi e socialrivoluzionari, rifiutarono di sottomettersi all'autorità del governo provvisorio e si autonominò unico potere della città. [1]

Per soffocare quei bagliori rivoluzionari, venne spedito nell'isola l'autoritario ammiraglio Viren, con il compito di ripristinare l'ordine tra i marinai e i cittadini. Nell'ambito di questo progetto autoritario e repressivo, vennero qui trasferiti molti rivoluzionari, al fine di punirli e piegarli alla volontà zarista.

Kronstadt, in quanto città che ospitava militari e marinai in servizio, fu storicamente un punto d'incontro tra gli esiliati appartenenti alle varie correnti rivoluzionarie (bolscevichi, socialrivoluzionari di sinistra, anarchici, menscevichi internazionalisti, socialrivoluzionari massimalisti). Nella grande "piazza dell'Ancora", che era un luogo ideale per incontrarsi e discutere, si svolgevano imponenti assemblee popolari a cui partecipavano migliaia di uomini e donne.

Kronstadt contro l'autoritarismo bolscevico

Assemblea a Kronstadt.

Nel 1917, quello di Kronstadt fu tra i primi soviet a costituirsi, distinguendosi immediatamente nella lotta rivoluzionaria, tanto che i marinai si guadagnarono da Lev Trotskij l'appellativo di «onore e gloria» della rivoluzione. Nella primavera del 1917 venne proclamata la nascita della "Repubblica di Kronstadt", che già chiariva l'orientamento anticentralista e federalista dei libertari della cittadina.

I rivoltosi di Kronstadt erano informati di quanto accadeva al di là della loro isola e furono molto colpiti dai numerosi scioperi organizzati dai lavoratori russi, che non potevano certamente essere considerati tutti dei reazionari. Nel febbraio precedente avevano inviato una delegazione che acquisisse notizie più dettagliate sugli scioperi di Pietrogrado in particolare (ma in generale in buona parte della Russia), la quale non fece altro che confermare l'involuzione autoritaria e gerarchica della rivoluzione. Per questo, il 28 febbraio 1921 si tenne a bordo della nave da guerra Petropavlosk [2] (essendo in pieno inverno, essa si trovava intrappolata nel ghiaccio del porto di Kronstadt insieme alla Sevastopol) una storica assemblea in cui si votò una risoluzione che divenne la piattaforma politica degli insorti. 1° marzo del 1921 la rivoluzione di Kronstadt prese una direzione decisamente antiautoritaria, in opposizione al potere bolscevico ed in favore di un "socialismo dal basso" e veramente popolare.

L'assemblea popolare di quel giorno approvò la risoluzione del 28 febbraio, che prevedeva essenzialmente l'abolizione dei provvedimenti di ogni sorta di privilegio (esistevano grandi ineguaglianze in merito alla distribuzione delle abitazioni tra la popolazione: spesso ai funzionari di partito venivano attribuite case grandi e spaziose mentre ai più poveri spettavano case decrepite... ): «La proprietà privata, per ciò che concerne i beni fondiari e gli immobili, è abolita». Quindi gli appartamenti furono ridistribuiti tra i cittadini bisognosi, dando alla rivoluzione un indirizzo libertario. [3] L'assemblea di Piazza Ancora stabilì ancora che: [3]

  1. Considerando che oggi i soviet esistenti non interpretano l'anelito degli operai e dei contadini, esigiamo che vengano indette nuove elezioni per i soviet, con voto segreto, e che tutti i contadini ed operai possano fare propaganda in libertà per le elezioni.
  2. Libertà di riunione per i sindacati industriali e per le organizzazioni dei contadini.
  3. Libertà di parola e di stampa per i contadini e gli operai, per gli anarchici e i socialisti rivoluzionari di sinistra
  4. Convocazione di un'assemblea imparziale degli operai, soldati rossi e marinai di Kronstadt, Pietrogrado e della circoscrizione di Pietrogrado prima del 10 marzo 1921.
  5. Liberazione dei prigionieri politici di tutti i partiti socialisti, contadini, operai, soldati rossi e marinai arrestati per via delle rivolte dei contadini e degli operai.
  6. Nomina di una commissione speciale per controllare i processi dei prigionieri nelle carceri e nei campi di concentramento.
  7. Soppressione di tutte le ripartizioni politiche speciali, perché nessun partito goda privilegi speciali per la sua propaganda e sia convenzionato dallo Stato. (Si riferisce a quelle organizzazioni, in tutte le istituzioni civili e militari della Russia, delle quali possono far parte membri dei partito comunista).
  8. Soppressione del controllore nelle stazioni ferroviarie. (Si riferisce alle guardie militari nelle stazioni per proibire il trasporto dì viveri che lo Stato né compra né vende).
  9. Razione uguale per tutti gli operai, ad eccezione di coloro che sono occupati in industrie malsane.
  10. Soppressione di tutte le ripartizioni comuniste in tutte le corporazioni militari e delle guardie comuniste nelle fabbriche.
  11. Che tutti i cittadini abbiano il diritto di disporre dei loro prodotti e possano autogestire la fabbrica senza che occupino salariati.
  12. Ci appelliamo ad ogni corporazione militare ed ai compagni delle scuole militari perché aderiscano al nostro movimento.
  13. Chiediamo a tutti di dare la più ampia diffusione alla nostra risoluzione.
  14. Libertà di lavoro e di domicilio, per tutto il tempo che non si impieghino salariati.

Durante l'assemblea, presero la parola i funzionari bolscevichi Kalinin e Kusmin, i quali, dopo essere stati spessissimo interrotti da urla e offese di ogni tipo, furono costretti ad andarsene dall'assemblea.

Attività del Comitato rivoluzionario

Il giorno dopo la grande assemblea, il 2 marzo, i due funzionari e il bolscevico locale Vasiliev, presidente del soviet di Kronstadt, presero nuovamente la parola, ma i loro discorsi contro la rivolta non furono questa volta bene accolti ed essi furono tratti in arresto dagli insorti. Lo stesso giorno i delegati delle corporazioni militari e delle officine e dei laboratori (circa 300) si riunirono per eleggere un comitato rivoluzionario provvisorio in grado di organizzare le elezioni per i soviet.

Il Comita­to, alla cui presidenza era stato eletto Stepan Maximovich Petrichenko, pubblicò inoltreun bollettino, «l'Isvestia», che informava sul corso degli eventi. Sul conosciuto organo di stampa francese «Les Temps Nouveaux», tale Isdinie pubblicò parecchi resoconti trat­ti da «Isvestia». In uno di questi, intitolato Perché lottiamo si legge:

«La pazien­za degli operai è finita. In tutto il paese si notano i primi sintomi dell'opposizione ad un sistema dì violenza e op­pressione. Gli operai si dichiarano in sciopero, ma i bol­scevichi si valgono di tutti i mezzi per soffocare la Terza Rivoluzione al suo inizio. Però questa è iniziata nonostan­te tutto, essendo gli stessi operai ari averla dichiarata [...] Qui a Kronstadt sono state collocate le basi della Terza Ri­voluzione, che aprirà la strada verso il socialismo. Che la nostra rivoluzione convinca gli operai tutti dell'Oriente e dell'Occidente che tutto ciò che è accaduto in Russia nul­la ha a che fare con il socialismo». [3]

Il Comitato si preoccuò di organizzare l'amministrazione di quella che era diventata una vera e propria Comune, definita la loro stessi "reubblica dei lavoratori", portando avanti la parole d'ordine di "tutto il potere ai soviet". A partire dall'attacco dell'Armata Rossa, iniziato il 7 marzo, i comitati dovettero impegnarsi esclusivamente nella disperata difesa della cittadina dalla repressione bolscevica.

Reazioni bolsceviche: menzogne e diffamazioni contro gli insorti

Emma Goldman, anarchica russa, fu attivamente impegnata ad impedire la repressione di Kronstadt.

Il regime sovietico non gradiva l'autonomismo proletario e sin dal 1918 aveva cominciato a mostrare il proprio volto autoritario con la “bolscevizzazione” dei soviet, in virtù della quale non solo venivano espulse tutte le componenti di opposizione ma anche si gerarchizzava un organismo (i soviet appunto) nata per promuovere la libertà di autogestione dei lavoratori.

Per contrastare il socialismo libertario di Kronostad, i bolscevichi usarono l'arma della diffamazione, affiggendo sui muri delle principali città manifesti in cui si millantava il tradimento del soviet di Kronstadt, passato al comando del fantomatico controrivoluzionario Kozlovskij (esisteva a Kronstadt un ex-ufficiale con quel nome, ma non esercitava alcuna autorità e inoltre non era un controrivoluzionario). La «Leningradskaja Pravda» pubblicò la falsa notizia dell'arresto e dell'esecuzione non eseguita “per miracolo” del "Commissario della flotta e dell'esercito" Kuzmin (successivamente Kuzmin ebbe a dire che sostanzialmente se l'era vista brutta ma che non gli fu fatto niente).

In realtà gli insorti (i “leader” della rivolta erano sostanzialmente degli sconosciuti: Petricenko [4], Perepelkin ecc.) avevano cercato di limitare gli episodi di violenza contro i bolscevichi (alcuni brutti episodi sono imputabili alle libere inizative di qualche testa calda del luogo), arrestando solo qualche funzionario bolscevico che si era dissociato dalle decisioni del "popolo di Piazza Ancora". Anzi, ancor di più, lo stesso Kuzmin e il "Presidente Esecutivo della Repubblica" Kalinin, furono accolti amichevolmente, ma quest'ultimo li accusò di egoismo e tradimento, promettendo una dura repressione che non tardò ad arrivare. [5]

Nell'appello agli operai, soldati rossi e marinai, del 13 marzo (cioè quando l'attacco bolscevico era già in atto da qualche girono), Kronstadt respingerà l'infame accusa di essere dei controrivoluzionari guidati da generali bianchi:

«Il 2 marzo ci siamo sollevati a Kronstadt contro il giogo dei comunisti e spieghiamo la bandiera rossa della Terza Rivoluzione dei proletari. Soldati rossi, marinai, ope­rai! Kronstadt rivoluzionaria è insorta! Denunciamo che vi si inganna, che non vi si dice la verità di ciò che accade. Non vi si dice che siamo pronti a dare in olocausto la nostra vita per l'emancipazione degli operai e dei conta­dini. Vi vogliono persuadere che il comitato rivoluzionario provvisorio e sottoposto ai generali bianchi ed ai pope. Vogliamo finirla con le calunnie! VI diciamo i nomi dei membri del nostro comitato. Patricencko, impiegato nelle officine delle linee marittime; Jacobenko, telefonista della sezione telefonica di Kronstadt; Osokobenko, macchinista nelle linee marittime "Sebastopoli"; Perepelkin, elettricista nella "Sebastopoli"; Archipov, primo macchinista; Petru­chew, primo elettricista nella "Pertopavlovsk"; Kupolv, medico; Verchinin, marinaio della "Sebastopoli"; Tukin, operaio elettricista; Romenko, riparatore navale; Oreschin, ispettore nella terza scuola del lavoro; Pabloww, operaio; Baikow, amministratore; Walk, direttore di una segheria; Kilgast, saldatore». [3]

Kronstadt nel mirino dei bianchi: il "Memorandum" del centro nazionale

Stepan Maximovich Petrichenko

Che Kronštadt fosse nel mirino dei controrivoluzionari "Bianchi" è comprovato dalle attività dell'organizzazione antibolscevica che portava il nome di «Centro Nazionale» (o Unione Nazionale) - espressione del vecchio Partito dei cadetti [6], degli ottobristi [7] e dei popolisti di destra - e dalla scoperta di un suo segretissimo documento dal titolo di Memorandum sulla organizzazione di una rivolta a Kronstadt.

Nel Memorandum si descrivevano le possibilità di sostenere ed indirizzare le proteste dei marinai e dei soldati in chiave antibolscevica, di modo che si trasformasse in rvolta da diffondere poi a Pietrogrado e a tutta la Russia, ponendo fine al potere bolscevico. In realtà però, nulla di quanto da loro ipotizzato fu messo in pratica, dal momento che il carattere spontaneo e non eterodiretto dell'insurrezione è dimostrato dal fatto che se fosse stato seguito il piano del Memorandum, allora gli insorti avrebbero quantomeno dovuto aspettare l'inizio della primavera e lo scioglimento dei ghiacci, che avrebeb comportato la liberazione delle due navi dal ghiaccio e contemporaneamente si scongiurasse l'attacco da terra della fanteria bolscevica. Non solo, qualche giorno dopo l'arresto, il funzionario bolscevico Kalinin fu rilasciato in libertà, quando invece sarebbe stato un prezioso ostaggio da utilizzare durante l'attacco dell'Armata Rossa. Inoltre i marinai non fecero nulla per estendere la rivolta, come volevano quelli del Centro Nazionale, visto che si limitarono ad inviare a Orianenbaum solo una forza rappresentativa insufficiente ad accendere il fuoco insurrezionale.

Il Centro era stato fondato nel 1918 e l'anno seguente aveva organizzato una rivolta controrivoluzionaria sostenuta dagli inglesi e guidata da Iudenic, ma i marinai e i soldati della città-fortezza sostenettero apertamente i bolscevichi e per questo furono anche bombardati dagli inglesi. Quindi Kronstadt fu sempre fedele al suo storico carattere rivoluzionario e proletario, nonostante i bianchi sperassero sempre di portare dalla loro parte i soldati e i marinai delle navi Petropavlovsk e Sebastopoli. Sostanziammente non ci riuscirono mai, dal momento che, come spiega Paul Avrich in Kronstadt 1921, accettarono di ricevere rifornimenti esterni solo quando la situazione era ormai disperata, ma in ogni caso nessun aiuto giunse mai nell'isola.

Fu lo stesso Lenin, durante il X congresso del Partito Comunista del 15 marzo, a dire pubblicamente che a Kronstadt «non vogliono né le guardie bianche, né il nostro potere» [8], spiegando anche come nella città-fortezza si fosse ormai aperto un solco tra gli abitanti e il Partito Comunista, peraltro dimostrato dalla fuga di militanti dal partito, delusi com'erano dal carattere autoritario del potere bolscevico e dal 2comunismo di guerra", che aveva comportato la nazionalizzazione dell'industria, la soppressione del commercio privato e la requisizione di viveri a favore dell'esercito e degli abitanti delle città. Quest'ultime misure furono particolarmente invise dai marinai di Kronstadt, la maggior parte dei quali erano ex-contadini che avevano toccato con mano (direttamente o per racconto dei famigliari) la violenza bolscevica durante le requisizioni ai contadini dei prodotti agricoli.

Dopo, dopo la sconfitta di Kronstadt, effettivamente Petricenko ed altri insorti si rifugiarono in Finlandia ed in seguito si arruolarono nelle fila del generale Wrangel, ma questo fu una reazione alla dura repressione ricevuta e non certo alla loro malafede pregressa.

La repressione

Exquisite-kfind.png Vedi La Rivoluzione russa.
Vladimir Lenin, uno dei responsabili della repressione di Kronstadt.
Lev Trotskij ordinò la repressione di Kronstadt. All'epoca era a capo dell'Armata Rossa.

Il partito centrale sovietico, nonostante i tentativi di Emma Goldman e Alexander Berkman di mediare tra le parti in causa, decise di soffocare in un bagno di sangue la ribellione dei marinai, dei soldati e degli operai di Kronstadt.

Prima dell'assalto la popolazione fu avvisata da un manifesto diffuso a Kronstadt tramite un aereoplano, erroneamente poi attribuito a Trotzkij ma in realtà opera di Zinoviev, che recitava quanto segue:

«Dietro i social rivoluzionari e i menscevichi, gli ufficiali bianchi mostrano i loro artigli. I capi reali della ribellione sono il generale Koslovski e i suoi complici Burkser, Kostrimintinov, Scirmanovski, e altre guardie bianche che vi ingannano. In realtà essi si battono per la restaurazione dello zarismo e perché un nuovo Viren [9] si istalli sulle vostre spalle. Che Pietrogrado, la Siberia e l'Ucraina siano pronte a seguirvi è un'infame menzogna. La verità è che siete circondati da ogni parte [...] all'ultimo minuto i Koslovski e i Petricenko vi lasceranno e si rifugeranno in Finlandia. Che cosa farete allora? Se li seguirete, pensate che i finlandesi vi daranno da mangiare? Non avete sentito che cosa è successo agli uomini di Wrangel, che muoiono come mosche di fame e malattie? Lo stesso destino vi attende, a meno che non vi arrendiate entro 24 ore. Se lo farete sarete perdonati; ma se non lo farete sarete massacrati come pernici». [10] [11]

Il 7 marzo 1921 l'Armata Rossa, fondata da Trotskij, sotto il comando di Michail Nikolaevič Tuchačevskij iniziò i primi attacchi contro Kronstadt, proprio nel momento in cui il X Congresso del Partito Comunista aboliva le requisizioni forzate delle derrate alimentari (accettando quindi alcune proposte del soviet di Kronstadt) e proclamava la NEP (nuova politica economica). I bolscevichi però, preoccupati di possibili insubordinazioni dei militari, decisero di chiudere definitivamente la "questione Kronstadt".

I reparti delle trupe bolsceviche "Ceka" e "Kursanti" (in tutto circa 60.000 uomini),, sfruttando il manto di ghiaccio che ancora copriva le acque di fronte a Pietrogrado, attaccarono l'isola, che però resistette eroicamente. Oltre alla difesa militare, gli insorti organizzarono, con la collaborazione di tutti, infermerie, sale operatorie, comitati per i munizionamenti e per l'approvvigionamento. Nell'articolo Le tappe della rivoluzione, pubblicato il 12 marzo i rivoltosi scrissero:

«Il partito comunista detiene il potere pubblico, lasciando da parte gli operai ed i con­tadini nel cui nome opera. Si è stabilito un nuovo feudalesimo in nome del comunismo. Del contadino si è fatto un semplice schiavo e degli operai, schiavi salariati nelle fabbriche statali. Gli operai intellettuali sono stati degnatati al completo [...] È giunta l'ora di farla finita con la commissariocrazia Kronstadt non dorme. Nel marzo e nell'ottobre del 1917 si è trovata al fronte ed oggi è an­cora lei che spiega la bandiera della Terza Rivoluzione: la rivoluzione proletaria [...] È finita la burocrazia. L'assemblea costituente appartie­ne al passato. Ora deve cadere la commissariocrazia. È giunta l'ora per il vero potere del proletariato, per il po­tere dei soviet!». [3]

Consapevoli della difficoltà di fronteggiare la forza dell'Armata Rossa, gli insorti si appellarono al mondo, chiedendo che ovunque si mettessero in atto azioni di solidarietà. Nel numero del 13 marzo di «Isvestia» fu pubblicato un articolo intitolato Appello ai lavoratori del mondo intero!:

«Sono dodici giorni che un pugno di uomini, operai. soldati rossi e marinai, separati dal mondo intero,sopportano gli attacchi selvaggi dei boia comunisti. Siamo fermi perché ci proponiamo di liberare il popolo dal giogo che il fanatismo di un partito ha imposto. Moriremo gridando: Viva i soviet liberamente eletti! Che lo sappia il proletariato del mondo intero. Compagni, abbiamo bisogno del vostro aiuto morale!" Protestate contro gli atti liberticidi degli autocrati comunisti». [3]

Purtroppo per loro, l'appello non fu accolto sostanzialmente da nessuno e restarono soli sino alla sconfitta finale (i mancati aiuti da parte degli espatriati russi dimostrano ancora una volta che l'insurrezione fu spontanea e di matrice socialista). Ci vollero dodici giorni di durissimi scontri per permettere alle truppe di Mosca di far capitolare la cittadella rivoluzionaria (l'assalto finale fu sferrato da Tuchacevskij il 17 marzo), combattendo casa per casa e massacrando chiunque capitasse sotto tiro, persino tra gli arresi e i familiari presi in ostaggio. Moltissimi insorti fuggirono in Finlandia (tra cui Petricenko), altri combatterono sino alla morte gridando:

«Viva L'Internazionale Comunista! Viva la rivoluzione mondiale!».

I tribunali bolscevichi e il partito centrale di Mosca, completarono l'opera, sciogliendo il soviet di Kronstadt e sostituendolo con una troika di commissari bolscevichi.

Il 18 marzo 1921, venne sancita dai bolscevichi la caduta della cittadella, ponendo fine al sogno di un socialismo libertario, espressione del popolo e non dei partiti e della burocrazia. Quel giorno, per beffa della storia, ricorreva anche il 50° anniversario della Comune di Parigi e per le strade di Pietrogrado lo si festeggiò ipocritamente al suono dell'Internazionale.

«Le sue note - scrisse Emma Goldman - che un tempo esaltavano le mie orecchie, suonavano ora come un lamento funebre per le ardenti speranze del'umanità». [12] Alexander Berkman invece scriverà nel suo diario: «I vincitori celebrano l'anniversario della Comune del 1871. Trotzky e Zinoviev denunciano Thiers e Gallifet per la strage dei ribelli parigini». [13]

Considerazioni sull'esperienza di Kronstadt

Paul Avrich è autore del libro Kronstadt 1921.

Quella di Kronstadt fu indubbiamente una rivoluzione socialista in cui si manifestò un ideale libertario, anticentralista e federalista.

La Terza (o Quarta) Rivoluzione russa, nel rivendicare il «potere ai soviet e non ai partiti», espresse l'idea che il socialismo non si può realizzare se persiste l'esistenza di classi subalterne esautorate dalla facoltà decisionale. Tuttavia sarebbe sbagliato affermare che a Kronstadt la rivoluzione fu anarchica, poiché le richieste dei rivoluzionari erano volte alla costruzione di uno Stato libertario e non alla distruzione dello stesso.

Certamente gli anarchici ebbero un ruolo importante all'interno della corrente rivoluzionaria, dato che, sin dal 1918, subirono una dura repressione per mano del soviet di Mosca. Gli anarchici vissero, in quegli anni, pienamente integrati alle varie correnti rivoluzionarie, confrontandosi nella "Piazza Ancora" insieme a tutta la popolazione e cercando sempre nuovi spazi di libertà nonostante l'autoritarismo bolscevico.

A Kronstadt si ripeté il dramma che storicamente colpì gran parte delle rivoluzioni libertarie (dalla Comune Parigina, all'Ucraina libertaria di Nestor Makhno): l'isolamento dei rivoluzionari. I libertari tentarono di ribattere colpo su colpo alle menzogne dei bolscevichi, ma non furono in grado, anche per via dell'isolamento geografico, di coinvolgere altre realtà al di fuori dell'isola. Quest'isolamento fu, di fatto, una delle cause principali della sconfitta degli ideali libertari.

Kronstadt insegna inoltre che solo le masse possono spontaneamente e consapevolmente decidere di mobilitarsi per la propria liberazione e nessun partito, nessuna avanguardia né tantomeno alcuno Stato può sostituirsi ad esse.

Note

  1. Citato da Paul Avrich in Kronstast 1921, Res Gestae, p. 56.
  2. Petropavlovsk (nave da battaglia 1894)
  3. 3,0 3,1 3,2 3,3 3,4 3,5 Bolscevismo ed anarchismo di Rudolf Rocker, capitolo 6.
  4. Prima di Kronstadt, Petrichenko fu uno dei leaders dell'esperienza vissuta nella Repubblica Sovietica di Naissaar.
  5. Le menzogne bolsceviche sono state ben illustrate da Victor Serge nel suo Memorie di un rivoluzionario, pp. 154-162.
  6. Partito democratico costituzionale russo
  7. Ottobristi
  8. Riportato da Paul Avrich in Kronstadt 1921, Res Gestae, p. 122.
  9. Feroce comandante della base navale di Kronstadt sino al momento della sua esecuzione, avvenuta nel febbraio 1917.
  10. Riportato da Paul Avrich in Kronstadt 1921, Res Gestae, pp. 137-138.
  11. Victor Serge, in Memorie di un rivoluzionario, p. 159, riporta invece in maniera più sintetica che il manifesto arrecava il seguente ultimatum: «Arrendetevi o sarete mitragliati come conigli!».
  12. Emma Goldman, Vivendo la mia vita
  13. Alexander Berkman, The Bolshevik Myth

Bibliografia

  • Paul Avrich, Kronstadt 1921, Mondadori, Milano, 1971
  • Israel Getzler, L'epopea di Kronstadt 1917-1921, Einaudi, Torino, 1982
  • Attilio Chitarin (a cura di), Le Izvestija di Kronstadt (3-16 marzo 1921), Jaca Book, Milano, 1970
  • Ida Mett, 1921. La rivolta di Kronstadt, Partisan, Roma, 1970
  • Voline (Vsevolod Michajlovič Eichenbaum), Cronstadt, avanguardia della rivoluzione, in La rivoluzione sconosciuta, Samonà e Savelli, Roma, 1970, pp. 241-257
  • Jean-Jacques Marie, Kronstadt 1921, UTET, Torino, 2007
  • Federico Gattolin (a cura di), Kronstadt, una rivoluzione che fece tremare il Cremlino, Prospettiva Edizioni, Roma, 2005
  • Lorenzo Gori, Kronstadt 1921, i giorni della Comune, Prospettiva Edizioni, Roma, 2006

Voci correlate

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