Giuseppe Ciancabilla

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Giuseppe Ciancabilla

Giuseppe Cianacabilla (Roma, 1872 - San Francisco, 15 settembre 1904) è stato un giornalista e un dirigente nazionale del PSI, prima di convertirsi all'anarchismo.

Pier Carlo Masini diede a Giuseppe Ciancabilla il merito di essere stato il primo a dare all'individualismo anarchico italiano un'elaborazone teorica tale da non renderlo corpo estraneo rispetto al movimento operaio e all'anarchismo. Ugo Fedeli nella sua biografia su Ciancabilla riconobbe a quest'ultimo «il merito di essere stato uno fra i primi a tentare d'innestare l'uno sull'altro [...] i due modi di vedere e di comprendere l'anarchismo negli Stati Uniti: [...] la tendenza americana e quella latino-italiana; individualista la prima, socialista libertaria l'altra» [1].

Biografia

Giuseppe Ciancabilla, originario di una famiglia borghese di Perugia, nasce a Roma nel 1872.

A diciott'anni combatte in Grecia a fianco dei socialisti rivoluzionari di Amilcare Cipriani, da dove inizia la sua carriera giornalistica come corrispondente dell'«Avanti!». Inizialmente quindi aderisce al PSI, divenendo dirigente nazionale e redattore-capo dell'«Avanti!».

Dal socialismo all'anarchismo

Nell'ottobre del 1897, in veste di redattore dell'«Avanti!», Ciancabilla incontra Errico Malatesta per intervistarlo sullo stato di salute del movimento anarchico italiano dopo la diserzione di Francesco Saverio Merlino.
Propria la discussione che si svilupperò in seguito fu uno dei motivi che convincono Ciancabilla a lasciare il partito e ad abbracciare l'anarchismo. In questa periodo conosce anche l'allora socialista Nella Giacomelli, incontro che sarà probabilmente determinante per la "conversione" della stessa all'anarchismo.

Il 4 novembre del 1897, «L'Agitazione» (giornale fondato da Malatesta) pubblicava la Dichiarazione di adesione al movimento socialista-anarchico di Ciancabilla, che oramai era riparato a Zurigo. Infatti la sua definitiva adesione al movimento anarchico lo costringe a fuggire dall'Italia per non incorrere nelle "grinfie" della giustizia italiana (l'appartenenza all'anarchismo costava la galera o i domiciliari).
Ciancabilla, insieme alla fidanzata Ersilia Cavedagni, si trasferisce in Svizzera, poi a Bruxelles ed infine in Francia, dove collabora con il giornale di Jean Grave Les Temps Nouveaux. Alcuni suoi articoli circa la situazione del movimento anarchico italiano, in particolare dopo i moti di Milano del 1898, determinano l'espulsione dalla Francia e il suo ritorno in Svizzera, dove insieme a Ersilia Grandi e Felice Vezzani collabora a L'Agitatore di Neuchatel.

I tragici fatti del 1898 in Sicilia e a Milano, mettono in crisi la sua fiducia "nelle masse", che egli giudicava «prive di capacità rivoluzionarie», convincendosi che solo con l'"atto individuale" fosse possibile battere il nemico di classe, ovvero la borghesia. Per concretizzare subito queste sue nuove convinzioni, verso la fine del 1898 aveva raggiunto Milano deciso ad uccidere il "macellaio dei lavoratori", il generale Bava Beccaris, che però non sarà mai attuato.

Espulso dalla Svizzera per un suo articolo in difesa di Luigi Luccheni, dopo un breve periodo in Gran Bretagna, decide di emigrare in America, insieme alla sua Ersilia, per continuare fra gli immigrati la sua battaglia politica.

Negli USA

Ciancabilla si trasferisce negli Stati Uniti nel 1898 e si stabilì a Paterson, New Jersey, una grande roccaforte dell'anarchismo italiano. Qui diresse la La Questione Sociale (1895-1908), entrando però ben presto in conflitto con la redazione del giornale a causa della maturazione in lui di nuove idee in antitesi a quelle malatestiane. Dopo l'arrivo di Malatesta in America, divenendo direttore del giornale, lo costringe a trasferirsi a West Hoboken dove fonda il giornale «L'Aurora» (1899-1901) in cui pubblica e diffonde articoli di Jean Grave e Kropotkin.

Proprio a questo periodo risale la polemica tra Malatesta e Ciancabilla (vedi ultimo capitolo) e il suo avvicinamento al pensiero kropotkiniano, di cui sarà un grande propagandatore grazie alla prima traduzione italiana del classico La conquista del pane. Ciancabilla si fa propugnatore di un'idea comunista-anarchica antiorganizzatrice fondata sui gruppi d'affinità, quella che poi negli USA sarà particolarmente diffusa da Luigi Galleani e dal gruppo di Cronaca Sovversiva:

«Non vogliamo programmi tattici, e di conseguenza non vogliamo organizzazione. Dopo aver stabilito il fine, l'obiettivo a cui teniamo, lasciamo ogni anarchico liberi di scegliere i mezzi che il suo istinto, la sua educazione, il suo temperamento, il suo spirito combattivo gli suggeriscono quello che meglio crede. Noi non formiamo programmi fissi e non formiamo piccole o grandi partiti. Ma ci raggruppiamo insieme spontaneamente, e non con criteri permanenti, secondo affinità momentanee e per uno scopo specifico e costantemente cambiamo questi gruppi non appena lo scopo per il quale ci eravamo associati cessa di essere, e quando altri obiettivi e necessità nascono e si sviluppano in noi ci spingono a cercare nuovi collaboratori, persone che nella circostanza specifica ragionano come noi... » (Contro l'organizzazione).

L'ultimo periodo della sua vita lo svolge tra Chicago e San Francisco dove diresse la «La Protesta Umana», conosce Gaetano Bresci e difende l'attentatore del presidente statunitense McKinley, l'anarchico polacco Leon Czolgosz, che gli costa alcuni mesi in carcere.

Giuseppe Ciancabilla muore di tisi il 15 settembre 1904, a soli trentadue anni, nella città di San Francisco.

Il pensiero

Per Ciancabilla «l'individuo che è anarchico per sé lo è necessariamente per gli altri» [2], mentre «l'individuo [...] che è anarchico per gli altri [...] non lo è in sostanza» [2]: l'individuo che è anarchico per un proprio incontenibile bisogno di libertà e felicità «sarà costretto ad attirare altri nell'orbita della sua azione e della sua teoria; cercherà di convincerli, di dare ad essi l'energia che è esuberante nel suo essere, di deciderli all'azione» [2]; l'individuo che, invece, si preoccupa di propagandare la propria idea non per un bisogno personale ma per trovare seguaci «è costretto a presentare quest'Idea sotto l'aspetto più seducente, accomodandola alle esigenze del suo pubblico, smussandola di ciò che può parere aspro e difficile a concepirsi, adattandola a tutte le esigenze curiose di coloro che vogliono sapere, vogliono prevedere, vogliono, prima di demolire, ricostruire idealmente il futuro» [2].

L'azione individuale, sempre degna di solidarietà quand'anche consista nel gesto demolitorio di chi si immola «sull'altare dell'Ideale» [3] (la propaganda del fatto è considerata parte integrante dei mezzi volti a formare delle coscienze anarchiche), diviene inevitabilmente azione comune, ma la rivoluzione non si ferma a questa formula evoluzionistica, necessitando anche della «partecipazione a tutti i movimenti che rivestano un carattere di ribellione e di progresso» [4]: «nessun anarchico può lottare isolato contro il sistema in modo efficace» [5] e l'individualismo anarchico confluisce naturalmente in un socialismo che nei desiderata di Ciancabilla è di tipo comunista anarchico, prodromo di una società in cui «il benessere privato, confondendosi nel benessere generale, farà sì che tutti concorreranno al miglioramento reciproco» [6]. Tuttavia questa visione dell'anarchia resta pur sempre aperta «a qualunque altra innovazione che il progresso ed il suo sviluppo potranno render necessaria; giacché le teorie anarchiche sono sempre in discussione per riuscirne continuamente migliorate» [6].

L'aspetto del pensiero di Ciancabilla che più ha lasciato il segno è quello che è stato definito - a torto (secondo Ciancabilla) [7] - antiorganizzatore: il programma è un «circoscritto orizzonte di concezioni di lotta e di finalità che gli aderenti si» impegnano «a non oltrepassare»; la federazione è «una chiesuola ristretta e autoritaria che» accentra «in mano di pochi individui pericolose facoltà di egemonia e di dominio»; la commissione di corrispondenza è un «piccolo comitato» che pecca di «parzialità» e favorisce «questa o quell'iniziativa più ad esso simpatica»; il partito è «l'insieme omogeneo, e soprattutto disciplinato, di coloro che non solo professano una medesima idea, ma s'impegnano a seguire una determinata tattica sancita dalla maggioranza dei suoi componenti o dei suoi rappresentanti»; i congressi sono «accolite di rappresentanti» aventi lo scopo di «decretare, stabilire, fissare, imporre norme e limiti di azione» [8]. A queste strutture burocratiche affette da autoritarismo Ciancabilla oppone la «spontanea unione fra quelli che sentono e intendono la lotta nel modo più affine», «il più ampio sviluppo delle iniziative individuali», la «formazione di gruppi autonomi» e la «diffusione di quell'educazione essenzialmente libertaria che deve formare la base della futura società anarchica» [5].

La polemica con Malatesta

Ciancabilla scriveva nel 1899, sul giornale «L'Aurora», stampato a West-Hoboken nel New Jersey, mentre infiammava la polemica sull'organizzazione, che vedeva diviso il movimento anarchico tra i sostenitori della libertà individuale e assoluta ed i malatestiani, che svilupparono nel giornale «La Questione Sociale» la tesi della necessità di una organizzazione del movimento, che, pur ripudiando la rigida struttura gerarchica, possedesse quel minimo di organizzazione indispensabile per condurre avanti con continuità una determinata linea politica.

In quegli anni, infatti, gli anarchici, a differenza dei socialisti, non disponevano della minima organizzazione: non avevano una federazione, non avevano tessere, non riconoscevano capi e respingevano il parlamentarismo.

«Noi siamo uniti soltanto nella fede», dicevano.

Citazioni sulla polemica

Ciancabilla, su «L'Aurora»:

« Noi siamo l'aristocrazia del proletariato. I cavalieri dell'Ideale. La massa dorme, i socialisti s'illudono. Lo sanno Pisacane, Carlo Cafiero, lo stesso Malatesta e tutti coloro che hanno preparato una rivoluzione di massa e che, al primo tentativo, si sono ritrovati in tre gatti di fronte al plotone o alla galera. »

Malatesta, su «La Questione Sociale»:

« L'organizzazione - che poi non è altro che la pratica della cooperazione e della solidarietà - è condizione naturale, necessaria alla lotta di classe: è un fatto ineluttabile che si impone a tutti, tanto nella società umana in generale, quanto in qualsiasi gruppo di persone che hanno uno scopo comune da raggiungere. »

Ciancabilla:

« Siamo nemici di ogni forma di organizzazione perché respingiamo ogni forma di autorità. Noi dobbiamo dare l'assalto allo Stato non per prendere il posto dei borghesi, ma per distruggerlo completamente. »

Malatesta:

« L'errore fondamentale degli anarchici avversari dell'organizzazione è il credere che non sia possibile organizzare senza autorità, e preferire - ammessa questa ipotesi - la rinuncia a qualsiasi organizzazione piuttosto che accettare la minima autorità. »

Ciancabilla:

« Gli anarchici devono obbedire soltanto al proprio impulso. L'impulso è il sentimento naturale più naturale dell'uomo libero. Noi esaltiamo l'individuo generoso che, obbedendo al proprio impulso, sorge solo, minaccioso, per colpire nel suo più vivo bersaglio la tirannia borghese. Celebri attentatori come Ravachol, Émile Henry, Sante Caserio, Michele Angiolillo, Luigi Luccheni, costituiscono gli esempi più fulgidi della lotta individualista. »

Luigi Galleani:

« [...] se Malatesta e Ciancabilla, invece d'essere trascinati dal raggiro d'ignobili speculatori di zizzanie al più deplorevole e più sterile conflitto, avessero potuto - come di fatto e concordemente volevano - dedicare tutta la loro attività a buttar nel solco aperto il buon seme, il movimento libertario italiano degli Stati Uniti sarebbe forse in grado di pesare nei momenti decisivi delle lotte proletarie locali. » [9]

Note

  1. Ugo Fedeli, Giuseppe Ciancabilla, Cesena, Edizioni Antistato, 1965, pag. 65
  2. 2,0 2,1 2,2 2,3 Essere o parere anarchici da La Questione Sociale, Anno V, n. 93, 7 gennaio 1899
  3. «Un fatto individuale, commesso da un anarchico per spirito di ribellione anarchica, non può essere che accettato e approvato dagli anarchici, anche quando esso rivesta apparenze di ripugnanza e di antipatia, oppure esso non appaia opportuno. [...] Il voler rinnegare la solidarietà anarchica a tale atto, da parte di anarchici che fanno la propaganda anarchica, significa non aver la responsabilità e la coscienza delle proprie azioni, significa gettare il sasso e voler nascondere la mano» (La lotta individuale da L'Aurora, Anno I, n. 13, 23 dicembre 1899).
  4. Per un'obiezione da La Questione Sociale, Anno V, n. 97, 4 febbraio 1899
  5. 5,0 5,1 Idee e tattica da L'Aurora, Anno I, n. 6, 4 novembre 1899
  6. 6,0 6,1 Sintesi anarchica da La Proesta Umana, Anno III, n. 12, 28 maggio 1904
  7. «Lo stesso appellativo di anti-organizzatori con cui si benignarono battezzarci e qualificarci erroneamente, contribuì ai loro fini di mutar le carte in tavola per impressionar coloro, e son tanti, che si soffermano alla superficie delle parole piuttosto che approfondir la sostanza vera delle cose» (Il fallimento dell'organizzazione da La Proesta Umana, Anno II, n. 28 - 24 settembre, n. 29 - 1 ottobre, n. 30 - 8 ottobre, n. 31 - 15 ottobre, n. 32 - 22 ottobre e n. 33 - 31 ottobre 1903).
  8. Il fallimento dell'organizzazione da La Proesta Umana, Anno II, n. 28 - 24 settembre, n. 29 - 1 ottobre, n. 30 - 8 ottobre, n. 31 - 15 ottobre, n. 32 - 22 ottobre e n. 33 - 31 ottobre 1903
  9. Pietro Gori - 1869-1911, di Luigi Galleani, in Cronaca Sovversiva, 21 gennaio 1911

Bibliografia

  • G. Ciancabilla, Un colpo di lima, gratis edizioni, 2014
  • Mario Mapelli, Giuseppe Ciancabilla, propagandista anarchico negli Stati Uniti, 1899/1904, tesi di laurea, 1998
  • Ugo Fedeli, Giuseppe Ciancabilla, Cesena, Edizioni Antistato, 1965

Voci correlate