Correnti anarchiche
Le correnti anarchiche possono sommariamente distinguersi in base ai mezzi utilizzati e ai fini preposti: in base ai fini possiamo distinguere due correnti fondamentali: l'anarchismo sociale (comunismo anarchico, socialismo libertario ecc.) e l'anarco-individualismo. In base ai mezzi, in particolare in base all'organizzazione, si possono differenziare gli stessi in organizzatori (generalmente comunisti) e spontaneisti (generalmente individualisti).
Per una maggior comprensione del complesso intreccio tra le varie correnti e tendenze anarchiche, si veda l'albero genealogico dell'anarchismo.
Anarchismo individualista e sociale
- Individualismo: Pier Carlo Masini individua tre correnti dell'individualismo [1]:
- «individualismo teorico», ascrivibile a personaggi come Stirner, Tucker, Spooner, Arman, Thoreau ecc. Il primo "teorico" dell'anarco-individualismo, seppur parlare di teoria può essere considerato non corretto, è stato Max Stirner con il suo L'unico e la sua proprietà [2]. Il pensiero stirneriano, che successivamente affascinò e influenzò Friedrich Nietzsche (altro esponente che, seppur non anarchico, ha influenzato questa corrente di pensiero) [3], si fonda sul fatto che la misura della libertà è solo ed esclusivamente l'individuo, ovvero tutto ciò che è esterno (superiore) ad esso è frutto della coercizione e della violenza istituzionale.
- «individualismo antiorganizzatore», di cui fanno parte Kropotkin, Ciancabilla, Galleani, ovvero tutti anarchici individualisti nei mezzi, ma socialisti nei fini.
- «individualismo d'azione», propugnato da anarchici come Bresci, Caserio, Ravachol, Charles August Bontemps, Renzo Novatore, Michele Angiolillo ecc.). Oltre a questi si possono citare anche quegli anarco-individualisti che si definiscono anarco-nichilisti, come per esempio alcuni membri e/o simpatizzanti della Federazione Anarchica Informale o della Cospirazione delle Cellule di Fuoco.
È poi possibile distinguere gli individualisti sulla base dei mezzi adoperati: alcuni si rifanno al pacifismo (tra questi andrebbero pure collocati gli educazionisti, i quali ritengono che solo l'educazione possa abbattere il sistema autoritario attuale), altri, non disdegnando l'uso della forza, all'insurrezionalismo.
- Anarchismo sociale: L'anarchismo sociale è un termine usato da alcuni pensatori anarchici per differenziare due grandi categorie all'interno anarchismo, quello collettivista-comunista (anarchismo sociale) e l'altro individualista. L'anarchismo sociale include (ma non solo) l'anarcocollettivismo, l'anarco-comunismo [4], l'anarco-sindacalismo, l'ecologia sociale e l'economia partecipativa. Anche alcune tendenze dell'anarco-individualismo, come l'anarchismo proudhoniano spesso definito da Proudhon come «individualismo sociale», possono rientrare tranquillamente nell'ambito del'anarchismo sociale.
Gli anarco-comunisti sono la tendenza maggioritaria all'interno di questa corrente e così come i comunisti marxisti essi portano avanti una pratica rivoluzionaria tendente a distruggere il sistema capitalistico-borghese, definibile con la massima «da ognuno secondo le sue possibilità a ognuno secondo i suoi bisogni». Le idee e i mezzi adoperati dai comunisti anarchici, che vedono nell'azione diretta (sabotaggi, sciopero generale ecc.), ma anche nell'organizzazione politica delle masse (piattaformismo comunista anarchico) il mezzo per abbattere il sistema capitalistico, tuttavia divergono su due punti fondamentali rispetto al marxismo:
- la modalità d'azione all'interno dello Stato borghese: per gli anarchici lo stato è da abbattere immediatamente, seppur attraverso mezzi diversi; al contrario per i marxisti è necessaria una fase “transitoria” in cui occorre “farsi Stato”;
- il passaggio dalla fase di distruzione del sistema borghese a quella costruttiva della nuova società: attraverso l'egemonia del partito-guida per i marxisti; per gli anarchici con l'autogestione e la partecipazione popolare (mediante un'organizzazione più o meno strutturata, secondo gli organizzatori, attraverso la libera iniziativa individuale, per gli antiorganizzatori).
Organizzatori e antiorganizzatori
- Gli antiorganizzatori (generalmente, ma non necessariamente, individualisti anarchici) ritengono che l'organizzazione strutturata e formale contenga i germi dell'autoritarismo, per questo essi sono tenacemente contrari ad ogni forma di organizzazione stabile e strutturata. Alcuni di questi militanti non credono che il proletariato debba assolvere ad una storica ed improrogabile funzione rivoluzionaria e comunque essi ritengono che l'anarchia sia da attuare immediatamente, nel quotidiano, e non che si debba aspettare il fatidico momento in cui scoppierà la rivoluzione sociale. Per questo rifiutano l'organizzazione, perché ritengono che essa sia nemica della libertà d'azione. Altri, non ascrivibili all'individualismo, come per esempio la corrente di pensiero kropotkiniana (attualmente sostanzialmente marginale, se non del tutto inesistente) ritiene l'organizzazione un ostacolo al libero fluire degli eventi che dovrebbero naturalmente e deterministicamente condurre al comunismo anarchico. Anche i comunisti-anarchici Giuseppe Ciancabilla e Luigi Galleani ritenevano che l'uomo fosse naturalmente portato al mutuo appoggio e alla solidarietà, ritenendo l'organizzazione non solo superflua ma addirittura un ostacolo verso questa istintiva tendenza naturale. La propaganda col fatto, l'azione diretta mediante gruppi d'affinità e le parole (scritte e verbali) sono il mezzo attraverso cui coordinare lo spontaneismo delle masse.
- Gli organizzatori (generalmente comunisti anarchici) affondano le loro radici storiche nell'Internazionale antiautoritaria, la prima organizzazione internazionale anarchica della storia. Prima di allora c'erano state piccole organizzazioni locali o nazionali più o meno relazionate tra loro. Le organizzazioni si differenziano in base alle modalità di operazione della stessa: organizzazioni di sintesi e organizzazioni di tendenza. Le prime sono le organizzazioni in cui si entra in quanto anarchici, senza altra distinzione, vi convivono quindi educazionisti, comunisti, sindacalisti, insurrezionalisti e persino individualisti (es. Federazione Anarchica Italiana); l'organizzazione di tendenza è invece quella in cui si richiede omogeneità, teorica e pratica, ai militanti (es. Federazione dei Comunisti Anarchici). Alcuni organizzatori fanno del volontarismo il principio della propria organizzazione (vedi Malatesta), altri invece ritengono che l'organizzazione debba essere strutturata rigidamente, come per esempio coloro che si ispirano al piattaformismo.
- «L'informalità», ovvero il superamento del dualismo. Una forma particolare di organizzazione, che può anche essere considerata un'"antiorganizzazione" o, meglio, come il tentativo di superare la dicotomia fra individualismo e comunismo, organizzatori e antiorganizzatori, è quella informale, fondata sui gruppi d'affinità. Essa si basa sul coinvolgimento di una cerchia di persone affini che, conoscendo le proprie forze, debolezze e origini, e avendo già stabilito un linguaggio comune e una sana dinamica interna, si propone di realizzare un obiettivo o una serie di obiettivi. L'informalità è stata fatta propria da diversi gruppi, come per esempio la tanto discussa Federazione Anarchica Informale, e si basa sulle elaborazioni di pensatori anarchici come Wolfi Landstreicher e soprattutto Alfredo Maria Bonanno. Quest'ultimo ritiene del tutto superate le diatribe tra comunisti e inbdividualisti, proponendo l'informalità quale sintesi fra individualismo e organizzativismo.
- «Nei compagni anarchici c'è un rapporto ambivalente con il problema dell'organizzazione. Ai due estremi si collocano l'accettazione della struttura permanente, dotata di un programma ben delineato, con mezzi a disposizione (anche se pochi) e suddivisa in commissioni; e il rifiuto di ogni rapporto stabile anche nel breve periodo. Le federazioni anarchiche classiche (vecchia e nuova maniera) e gli individualisti, costituiscono i due estremi di qualcosa che cerca comunque di sfuggire alla realtà dello scontro» (Affinità e organizzazione informale, 1985). [5]
Altre tendenze anarchiche
Esistono altri filoni di pensiero non facilmente collocabili entro un raggruppamento ben definito:
- L'anarchismo religioso mette in relazione i principi antiautoritari con diverse filosofie religiose. L'anarchismo cristiano è la corrente più conosciuta: essa concepisce l'esistenza di Dio, ritenendo però che ogni istituzione (compresa la Chiesa) che si frappone tra Dio e l'individuo, è da eliminare in quanto strumento repressivo e autoritario. Si legga anche l'articolo sull'Anarchismo mistico.
- Murray Bookchin pone le basi del suo pensiero libertario nel classico conflitto "capitale-lavoro" allargato a quello "Stato-comune", il tutto inserito in una visione olistica ed ecologica (ecologia sociale e municipalismo libertario).
- L'anarco-femminismo è un movimento, sviluppatosi a partire dagli "anni 60" del XX secolo, che unisce i principi dell'anarchismo con quelli del movimento femminista. Questa tendenza antiautoritaria ha gli stessi fini dell'anarchismo: lotta al patriarcato, all'autorità, alla gerarchia, al sessismo ecc. e costruzione di una società fondata sulla libertà, l'egualitarismo, l'autogestione ecc.
- Il post-anarchismo indica quelle filosofie anarchiche sviluppate nel quadro del pensiero post-strutturalista (es. Gilles Deleuze e Michel Foucault), di quello post-femminista (es. Judith Butler) e di quello post-marxista (es. Ernesto Laclau, Jean Baudrillard e Chantal Mouffe), senza tuttavia dimenticare l'anarchismo classico (es. Emma Goldman e Max Stirner soprattutto) e la psicanalisi. Il termine post-anarchismo è stato coniato da Saul Newman nel saggio Da Bakunin a Lacan, in cui l'anarchismo del 19° secolo viene riletto soprattutto alla luce del post-strutturalismo (di cui egli vede in Max Stirner un precursore). Il post-anarchismo non intende quindi superare l'anarchismo ma fornirgli nuovi strumenti di comprensione della realtà, trovando quindi nuove teorie e pratiche con cui rapportarsi al sistema autoritario attualmente in atto, che è diverso rispetto a quello del XIX° e XX° secolo.
- L'anarco-capitalismo è invece una corrente che, in Europa, viene speso vista come una degenerazione dell'anarchismo. Gli anarco-capitalisti (meglio sarebbe definirli ultra liberisti) si definiscono anarchici perché auspicano l'abolizione dello Stato, che viene considerato come l'espropriatore dei beni degli individui i quali, se lasciati liberi di scambiare merci e servizi, potrebbero fare a meno del leviatano. In pratica, trattasi di una forma estrema di liberalismo che porta alle ultime conseguenze i concetti di laissez-faire e di limitazione dei poteri dello Stato, cioè fino alla totale abolizione. Massimo esponente dell'anarco-capitalismo è Murray Rothbard, il quale rivendica, impropriamente (vedi approfondimenti in anarco-capitalismo), le proprie radici nel radicalismo anarcoindividualistico degli Stati Uniti di fine ottocento, in cui si diffusero le idee di Josiah Warren, Lysander Spooner e Benjamin Tucker.
Considerazioni
Le differenze interne all'anarchismo sono ben lontane dall'essere sostanziali e sono più che altro formali. L'abolizione dello Stato e di ogni forma di “transitorietà” dello stesso, il rifiuto della gerarchia e dell'autorità, il principio federativo, l'associazionismo e l'autogestione, sono tutti elementi comuni al pensiero anarchico.
È tuttavia innegabile che queste divisioni in correnti, tendenze e sottotendenze varie non abbiano giovato agli anarchici, soprattutto se queste sono state utilizzate per dividere il movimento e non per arricchirlo con le sue diverse peculiarità, e per questo, alcuni di essi, preferiscono definirsi "anarchici senza aggettivi". Lo stesso Errico Malatesta comprese bene la vacuità di queste divisioni:
- «Per conto mio non vi è differenza sostanziale, differenza di principi tra “individualisti” e “comunisti anarchici”, tra “organizzatori” e “antiorganizzatori”; e si tratta più che altro di questioni di parole e di malintesi, inaspriti ed ingigantiti da questioni personali. (...) Ed in quanto all'organizzazione o alle organizzazioni nel senso del partito, vi è forse chi vorrebbe che gli anarchici restassero isolati gli uni dagli altri? Certamente che no. (...) Io dissi che “nei loro moventi morali e nei loro fini ultimi anarchismo individualista e anarchismo comunista sono la stessa cosa o quasi”. La questione, secondo me, non è dunque tra “comunisti” e “individualisti”, ma tra anarchici e non anarchici». (Lotta e rivoluzione quotidiana)