Sciopero generale

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Sciopero del maggio 1890, Place de la Concorde, Parigi

Lo sciopero generale è l'estremizzazione dello sciopero (in francese grève [1], in spagnolo huelga, in inglese strike), che riguarda e coinvolge, tutti i lavoratori di un paese (oppure tutti i lavori di un determinato settore, in questo caso si parla di "sciopero generale settoriale"), attraverso il quale i lavoratori intendono colpire gli interessi della classe padronale e difendere i propri.

A proposito di sciopero generale

Non avendo altre capacità che le proprie forze, i salariati non hanno altro mezzo che interrompere la loro attività produttiva e creare un danno economico ai loro “padroni”, se vogliono conquistare qualche diritto in più. Il diritto allo sciopero generale resta uno dei fondamentali mezzi di pressione che i lavoratori possono utilizzare contro il padronato. Recenti "innovazioni" reazionarie stanno però cercando di stravolgerne la forza: nei paesi in cui lo sciopero è legale non mancano tentativi per limitarne l'efficacia, per criminalizzarlo o addirittura per sopprimerlo del tutto.

L'idea dello sciopero generale nasce con lo sviluppo del movimento operaio nel XIX secolo. Inizialmente lo sciopero assume spesso un carattere rivoluzionario, per cui per lungo tempo persiste confusione tra sciopero, sommossa e insurrezione; talvolta quindi lo sciopero stava ad indicare un'insurrezione o una sommossa e viceversa.

Cenni sull'origine dello sciopero generale

Secondo molti storici l'idea dello sciopero generale come mezzo di lotta sarebbe nato nel corso degli eventi della Rivoluzione Francese, per merito soprattutto di Sylvain Maréchal, Le Tellier e Mirabeau. Essi avrebbero anticipato il sindacalista britannico William Benbow che nel 1832 pubblicò il saggio Grand National Holiday and Congress of the Productive Classes («La grande festa nazionale e il congresso della classe produttrice») [2], in cui veniva preconizzato lo sciopero generale quale strumento dei lavoratori per ottenere riforme sociali e politiche. Questo pamphlet prese a diffondersi rapidamente negli ambienti del socialismo inglese, diventando un punto di riferimento di notevole importanza soprattutto per il movimento cartista.

Nel 1842 le richieste di salari più alti esplose nel primo sciopero generale dell'era moderna. Dopo che la seconda petizione cartista presentata al Parlamento britannico nell'aprile 1842 era stata respinta, le miniere di carbone dello Staffordshire entrarono in sciopero, ben resto seguite da fabbriche, officine e via via da tutte le miniere di carbone da Dundee al Galles del sud e in Cornovaglia. Pe ril successivo grande sciopero generale si dovette aspettare più di mezzo secolo, quando fu attuato in Belgio nel tentativo di costringere il governo a concedere il suffragio universale al popolo.

Durante il III Congresso dell'AIT la questione “sciopero generale” fu fortemente dibattuta dai delegati. Anche negli USA, in particolare a Chicago (vedi martiri di Chicago), durante le lotte sindacali del 1886 per le 8 ore lavorative, gli scioperi che si susseguirono, servirono da input per tutto il movimento operaio, che pure qualche stop lo aveva ricevuto dopo il tracollo della Comune parigina. In Francia, qualche anno più tardi, durante i lavori alla Borsa del Lavoro (1892), Fernand Pelloutier presentò un opuscolo redatto insieme a Henri Girare, intitolato Che cos'è lo sciopero generale? (1895), in cui si proponeva l'arresto collettivo del lavoro come mezzo di pressione sulla classe capitalistica. Sempre nel paese transalpino, durante i congressi della CGT del 1895-96-97-98 e 1900, fu diffusa un'intensa propaganda pro-sciopero generale [3].

Nel 1904 (15-20 settembre) i sindacalisti rivoluzionari di Arturo Labriola indissero il primo sciopero generale in Italia, per protestare contro l'eccidio di 4 minatori sardi a Buggeru. Due anni dopo si realizzò invece il primo tentativo francese.

Un momento importante della storia dello sciopero generale fu la rivoluzione russa del 1905, che rivelò la forza devastante dello sciopero generale, capace di coinvolgere tutto un paese. Nel 1905, il pamphlet The Social General Strike, pubblicato a Chicago nel 1905 dallo wobblie Stephen Naft definì meglio il concetto, delineandone diversi livelli di importanza strategica e tattica.

L'anno seguente, Lo sciopero di massa di Rosa Luxemburg, analizzò le vicende russe a partire dalle sommosse ingenerate dallo sciopero generale, da lei chiamato sciopero di massa e definito «un fenomeno storico che in un certo momento emerge dalle condizioni sociali con la forza della necessità storica». [4]

Sempre nel 1906, durante il Congresso di Amiens, organizzato dalla CGT francese, la questione “sciopero generale” fu nuovamente affrontata con grande vigore dagli ambienti sindacalisti rivoluzionari. Stessa situazione si ripetè durante il Congresso di Amsterdam (1907), in cui si sviluppò una interessante dibattito tra l'italiano Malatesta e il francese Pierre Monatte [5].

Nel 1908, il saggio di Georges Sorel Considerazioni sulla violenza, ebbe una vasta eco in tutto il movimento operaio. Secondo Sorel, il proletariato non ha bisogno di guide, anzi esso è capacissimo attraverso l'auto-organizzazione e l'azione diretta di prendersi in mano il proprio destino rivoluzionario.

Lo sciopero generale in Italia

Nel 1900 si realizzò in Italia il primo abbozzo di sciopero generale, proclamato dai “lavoratori di ogni mestiere di Genova”, come forma estrema di protesta contro il decreto di chiusura della locale Camera del lavoro.

Durante lo sciopero di Buggerru (Sardegna, Sulcis Iglesiente) del 4 settembre 1904 l'esercito sparò sui manifestanti uccidendone quattro e ferendone undici.

Il primo vero e proprio sciopero generale italiano fu però quello proclamato dal 16 al 21 settembre 1904, in cui tutti i lavoratori italiani, sotto la guida in particolare dei socialisti rivoluzionari, misero in atto la teoria proposta da Georges Sorel: lo sciopero generale. Esso fu proclamato per protestare contro l'eccidio, voluto da Giolitti, dei minatori sardi di Bugerru (Cagliari); per quattro giorni il paese fu praticamente paralizzato: i giornali non uscirono, le fabbriche si arrestarono e i servizi pubblici non funzionarono.

Esattamente 10 anni dopo, le insurrezioni ingenerate dallo sciopero generale portarono l'Italia sull'orlo della rivoluzione sociale: durante la settimana rossa (7-14 giugno 1914) e nel biennio 1919-20, gli scioperi coinvolsero buona parte del paese ma in entrambi i casi lo sciopero generale si concluse con il “tradimento” dei sindacati riformisti.

A riprova della forza significativa dello sciopero generale bisogna ricordare che il regime mussoliniano fu invece fatto cadere non solo dall'azione militare dei partigiani e degli alleati, ma anche dallo sciopero protrattosi dal al 8 marzo 1944 [6].

La seconda metà del XX secolo fu invece segnata da diverse iniziative che marcarono la stessa storia italiana, come lo sciopero dopo l'attentato a Togliatti (1948), quello contro la legge-truffa (1953), contro l'apertura neofascista del governo Tambroni (luglio 1960), l'eversione fascista a Reggio Calabria (1972) e la strage di Piazza della Loggia (1974). [7]

Dibattito sullo sciopero generale nel XIX° secolo e all'inizio del XX°

Sciopero del maggio 1891 a Clichy

In seno al movimento sindacale dell'inizio del XIX secolo, si sviluppano differenze sostanziali nei fini attribuiti allo sciopero generale: per le correnti riformiste, lo sciopero generale è un mezzo per ottenere dei miglioramenti parziali e immediati per i lavoratori\lavoratrici, settore per settore (sciopero generale settoriale) o totale, imponendo, con quest'azione economica, il voto di leggi a carattere sociale. La corrente facente capo a Jules Guesde [8] si opponeva all'idea di sciopero generale, subordinando l'azione sindacale a quella del partito, al fine di poter conquistare il potere. Il partito, secondo Guesde, era il solo considerato in grado di poter mettere in opera la rivoluzione attraverso la messa in atto di uno “Stato operaio”. Lo sciopero generale divenne allora per i guesdisti una leva per permettere la presa del potere insurrezionale attraverso il partito operaio.

Per la corrente del sindacalismo rivoluzionario, lo sciopero generale era uno strumento utile per la rivoluzione, permettendo ai lavoratori\lavoratrici di prendere il controllo della totalità dell'economia e dei mezzi di produzione: arresto simultaneo della produzione in tutti i settori, distruzione dell'apparato di Stato, abolizione del patronato e del salariato e infine ripresa della produzione nella nuova economia socialista. Quest'ultima deve essere al servizio e sotto il controllo dei lavoratori tramite gli organi democratici controllati dai sindacati. Lo sciopero generale doveva essere molto organizzato e più breve possibile, al fine di evitare problemi per la popolazione derivanti dall'interruzione troppo lunga della produzione. Ovviamente questo sciopero doveva non iniziar spontaneamente ma essere organizzato e preparato poi dai movimenti parziali dei vari settori produttivi. Una nozione molto importante è quella di “ginnastica rivoluzionaria”: l'organizzazione sindacale doveva permettere l'ottenimento di miglioramenti immediati per i lavoratori impegnati nei vari scioperi, preparandoli in previsione dello sciopero generale. Le posizioni "guesdiste" e sindacaliste rivoluzionarie non furono altro che la prosecuzione dei dibattiti tra marxisti ed anarchici del XIX° secolo.

Arresto in seguito alla manifestazione del 1 maggio 1907

Guesde riprende con ancora più rigore le obiezioni di Friedrich Engels circa l'utilità dello sciopero generale. All'epoca infatti, in una maniera puramente teorica, si suggeriva che se tutti i lavoratori\lavoratrici partecipassero unitariamente allo sciopero generale, per un tempo sufficientemente lungo (si parla spesso di 4 settimane, il “mese sacro”, come dicevano i sindacalisti inglesi, i "cartisti"), sostenuti dalla classe operaia, il capitalismo affonderebbe. Per Marx ed Engels, queste posizioni sono quantomeno ingenue, tanto che con il tempo per loro lo sciopero generale era divenuto una sorta di parola d'ordine portafortuna per gli anarchici. Engels nel 1873 ironizzò:

«Nel programma di Bakunin, lo sciopero generale è la leva che si utilizza per innescare la rivoluzione sociale. Un bel mattino, tutti gli operai di tutte le fabbriche di un paese, o anche del mondo intero, cessano il lavoro, costringendo così, in sole quattro settimane al massimo, le classi possidenti, sia a capitolare, sia a reprimere la classe operaia, dando così a questa il diritto a difendersi e nello stesso tempo ad abbattere le vecchie strutture sociali». Marx e Engels finirono con il considerare che lo sciopero generale non potesse giocare un ruolo particolare nella strategia operaia. Ma, nel 1893, Engels (Marx era già morto) riconsiderò la questione dello sciopero generale alla luce della lotta di classe in Belgio, dove, proprio grazie allo sciopero i lavoratori avevano fatto delle conquiste sociali e politiche importanti.

Lungi dal denunciare l'utilizzo di questa nuova tattica, egli mostrò che si trattava di un'arma efficace da usare però con precauzione. Come ebbe a dire in una lettera a Kautsky: «Lo sciopero politico deve, o superare immediatamente con la con la sua sola minaccia (come in Belgio) o terminare con un fiasco colossale o, in definitiva, condurre direttamente alle barricate».

Sullo stesso argomento Trotzkij disse: «Come tutti i marxisti sanno, lo sciopero generale non è possibile che dopo che la lotta di classe si sia elevata al di sopra di tutte le esigenze particolari, sviluppando attraverso tutti i compartimenti delle professioni e dei quartieri, cancellando le divisioni tra sindacati e i partiti, tra la legalità e l'illegalità, e mobilizzando la maggioranza del proletariato in opposizione attiva alla borghesia e allo Stato. Al di sopra dello sciopero generale, non può esserci che l'insurrezione armata».

Differenze tattiche tra anarchici e socialisti

Le differenze tattiche sostanziali tra socialisti ed anarchici rispetto agli scioperi generali attuati tra la fine XIX° e l'inizio del XX° secolo possono essere riassunti in due punti:

  1. sciopero come strumento di politica elettorale: sostenuto dai socialisti e rifiutato dagli anarchici. Molti dirigenti socialisti tendevano a vedere lo sciopero generale come uno strumento per ottenere concessioni politiche, per gli anarchici esso era un mezzo per impadronirsi dei mezzi di produzione o al limite per compiere quella «ginnastica rivoluzionaria» (Fabbri, Malatesta) utile ai lavoratori per imparare a lottare;
  2. sciopero come un mezzo di lotta antimilitarista: non del tutto rifiutato dai socialisti, ma comunque certamente non sostenuto con la stessa foga del movimento anarchico.

Lo scrittore e attivista dell'IWW Ralph Chaplin, rimarcando le peculiarità del sindacalismo industriale proprio dell'IWW, delineò quattro tipologie di sciopero generale:

  1. Sciopero generale in una comunità;
  2. Sciopero generale in un settore;
  3. Sciopero generale nazionale;
  4. Sciopero rivoluzionario o di classe. [9]

Dal 1968 ad oggi...

Daniel Cohn-Bendit è stato uno dei leader del Maggio 1968. Allora era anarchico, poi si convertì alle idee parlamentariste

La sequenza degli scioperi che si susseguirono nel 1968, se non scosse il regime, nonostante la paura che attanagliò la borghesia, contribuì ugualmente ad un certo riequilibrio dei rapporti di forza tra il capitale ed il lavoro. Acquisizioni sociali di un certo rilievo, seppur minori di quelle a cui si era aspirato, poterono essere strappate al potere ed alla borghesia. Inoltre, questa nuova rapporto di forza si accompagnò ad una contestazione frontale dei valori borghesi. Da allora, si è assistito al graduale sovvertimento, a favore del capitalismo, di questi rapporti di forza. Ristrutturazioni gigantesche, a volte controllate dallo Stato stesso, scaraventarono in strada migliaia di lavoratori. L'offensiva della borghesia si accentuò in seguito, per ridurre ai minimi termini le conquiste sociali accumulate dell'ultimo mezzo secolo. Quest'elementi di "compromissione" tra lavoro e capitale, che alcuni ritenevano fattibili, furono del tutto eliminati a danno dei lavoratori.

L'azione pressante del capitalismo è stata tanto più efficace in quanto determinata decisamente al raggiungimento dei propri fini, e poiché non ha trovato altro che delle reazioni frammentarie, anche se talvolta molto spettacolari, e delle organizzazioni di lavoratori che hanno persistito nel pensare ad un possibile "compromesso", che invece la borghesia ha da tempo rifiutato. Così, in questi ultimi anni, le classi meno abbienti hanno lasciato l'iniziativa ad una borghesia gelosa dei propri privilegi, che non intende condividere in alcun modo il potere, desiderosa quindi di mantenere e incrementare in maniera esponenziale i suoi tassi di profitto. Con le sue azioni incessantemente più ossessive e violente, essa ha costretto i lavoratori ad assumere una posizione difensiva.

Lo sciopero, spesso utilizzato come arma disperata, rimane distante da ogni coordinamento, incosciente spesso del nuovo rapporto instauratosi tra le classi ed eccessivamente nostalgici del periodo in cui vi era un periodo di relativo equilibrio sociale che però che si è rivelato ingannevole, cioè una strategia della classe dominante. Quest'atteggiamento difensivo dei lavoratori non è un elemento facente parte di una strategia d'attacco, che lavora alla costruzione di un nuovo rapporto di forza, preludio, contemporaneamente, della costruzione di una nuova e futura strategia offensiva, cosciente questa volta dell'impossibilità di realizzare compromessi duraturi e vantaggiosi con il capitale e lo Stato. È quindi una necessità impellente che una "nuova coscienza", realizzi, anche sotto le forme sociali attuali, una rivolta elementare. Deve essere la base di una nuova coscienza di classe che risulti da una nuova coscienza politica indispensabile alla constatazione delle sfide legate alle relazioni di classe d'oggi. In occasione del movimento di questa primavera, abbiamo potuto intendere la parola d'ordine "Sciopero Generale" emergere qua e là, dalla bocca di militanti e militanti rivoluzionari, ma soprattutto delle frange più determinate di lavoratori dipendenti in lotta. Così, fra il personale più impegnato dell'istruzione nazionale (minoranza importante e molto attiva) è apparsa la dichiarazione del confronto necessario generale senza il quale le loro rivendicazioni proprie non hanno alcuna possibilità di realizzarsi. Lo stesso dicasi, ovviamente, per ogni movimento categoriale. Prima ed allo stesso tempo, delle sezioni sindacali di imprese che licenziano in massa si incontravano per costruire una reazione dei lavoratori all'altezza delle sfide denunciando chiaramente il capitalismo e difendendo l'urgenza della costruzione di una relazione di forza offensiva. Oggi, la necessità dello sciopero generale, la necessità di sintetizzare l'insoddisfazione crescente di tutti i lavoratori dipendenti, disoccupati e precari, germe nei movimenti. Senza presa di coscienza globale, senza lotta globale, sarà sempre più difficile fare avanzare qualunque richiesta e per qualunque categoria. Il nostro ciao è ancora una volta nell'unione attiva di tutti i lavoratori. Tuttavia, occorre mantenere i legami apparsi nei movimenti il rischio di dovere ripartire da zero ad ogni colpo torto del potere. Affinché necessità possa diventare realtà, coordinamento ed organizzazione sono di una importanza vitale, poiché nessun movimento che si voglia vittorioso può accontentarsi di vivere solo a parole.

Note

  1. La lingua francese utilizza il termine grève, cioé la Piazza dove gli operai francesi si riunivano per manifestare contro il padronato
  2. Institution of the Working Classes. UCL Bloomsbury Project. University College London. Retrieved 28 August 2012.
  3. Il congresso di Montpellier della CGT francese sancì la costituzione di una commissione sullo sciopero e sullo sciopero generale. L'art.16 indicava che la commissione «ha per obiettivo lo studio di movimenti di scioperanti in tutti in tutti i paesi» e che «si sforza, inoltre, di far penetrare nello spirito dei lavoratori organizzati la necessità dello sciopero generale»
  4. Note sullo sciopero di massa
  5. Il sindacalismo al congresso anarchico di Amsterdam articolo di Errico Malatesta [1] (paragrafo 3.1.a)
  6. Lo sciopero generale dell'1-8 marzo (1944)
  7. [2]
  8. Corrente socialista francese che fonda la sua politica sui principi marxisti e avente come obiettivo finale: l'abbattimento del capitalismo. Nel 1880, il partito operaio farncese è fondato da Jules Guesde e Paul Lafargue. Nel 1905, questa corrente partecipò alla creazione di un nuovo partito socialista unificato (che aderirà alla II Internazionale e adotterà il titolo di Sezione francese dell'Internazionale operaia: SFIO), ma le sue tesi non furono accettate da questo partito
  9. Ralph Chaplin, The General Strike, Pamphlet, Industrial Workers of the World, 1933 (ripubblicato nel 1985)

Bibliografia

  • Margherita Becchetti, Fuochi oltre il ponte. Rivolte e conflitti sociali a Parma. 1868-1915, Roma, DeriveApprodi, 2013.
  • Jean-Daniel Reynaud, Sociologia dei conflitti di lavoro, Edizioni Dedalo, 1985.
  • Cesare Goretti, Sorel, Athena, Milano, 1928.
  • Cesare Goretti, Il sentimento giuridico nell'opera di Giorgio Sorel, Il Solco, Città di Castello, 1922.

Voci correlate