Lev Tolstoj

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Lev Tolstoj

Lev Nikolàevič Tolstòj, in russo Лев Николаевич Толстой (Jàsnaja Poljàna, Russia, 9 settembre [1] 1828 - Astapovo, Russia, 20 novembre 1910), è stato uno scrittore, drammaturgo, filosofo, pedagogista libertario, anarchico cristiano e pacifista russo. Viene considerato il più grande apostolo del pacifismo-anarchico in campo letterario, in cui è riuscito ad esaltatare, attraverso le sue opere gli aspetti più propriamente morali. È stato il capostipite della corrente anarchica denominata anarchismo cristiano, pur non essendosi mai professato tale.

Biografia

La firma di Tolstoj
«Il patriottismo è un sentimento artificiale e irragionevole, funesta origine della maggior parte dei mali che desolano l'umanità».

La famiglia

Lev Tolstoj nasce a Jàsnaja Poljàna (a circa 200 km da Mosca), nel governatorato di Tula (Russia), il 9 settembre 1828 in un'antica e nobile famiglia fortemente legata alle tradizioni religiose ortodosse. Il nonno paterno di Lev s'era ridotto sul lastrico, per questo il padre, poco prima del matrimonio, s'era fatto assumere come direttore aggiunto dell'Orfanotrofio Militare di Mosca. La famiglia materna, principi Volkonskij, era molto conosciuta in Russia e fondava la propria ricchezza su vastissime proprietà terriere ed attività amministrative prestigiosissime.

Penultimo di cinque fratelli (Nikolaj, Sergej, Dmitrij, Marij), la famiglia si trasferisce nel 1837 a Mosca (la madre muore quando aveva solo due anni). In quello stesso anno muore anche il padre (probabilmente avvelenato da due suoi servi) ed insieme ai suoi fratelli viene affidato alla tutela di una zia paterna, la contessa Alexsandra Osten-Saken.

Morta la zia nel 1841, i ragazzi si trasferiscono a Kazan' (distante 600 km da Mosca) per venire affidati ad un'altra zia paterna, la contessa Pelagèja Juskova.

La fase giovanile

Nel 1844 si iscrive alla facoltà di studi orientali dell'università di Kazan (corso in Lettere arabo-turche), che però ben preso abbandona per iscriversi alla facoltà di Giurisprudenza. Durante questi anni legge assiduamente Jean-Jacques Rousseau, A. Puskin e N. Gogol, tuttavia gli studi universitari vanno male e nell'aprile del 1847 decide di abbandonare l'Università per trasferirsi a Jasnaja con l'intenzione di amministrare le tenute famigliari e dedicarsi autonomamente alla propria istruzione.

«Rousseau e il Vangelo hanno avuto un grande e benefico influsso sulla mia vita. Rousseau non invecchia». [2]

Nel 1851 si trasferisce a Mosca, dove si dedica ad attività mondane ed in particolare al gioco d'azzardo, che gli costerà notevoli perdite in denaro. In aprile, anche per sfuggire ai creditori, si trasferisce nel Caucaso per provare ad intraprendere la carriera militare (il fratello Nikolaj era ufficiale d'artiglieria). Partecipa come volontario ad azioni militari contro minatori in rivolta. L'anno seguente pubblica il suo primo testo: una trilogia autobiografica completata durante la gioventù (Storia della mia infanzia, pubblicata sulla più celebre rivista letteraria dell'epoca: «Sovremennik») .

La guerra russo-turca

Nel 1853 pubblica alcuni racconti autobiografici (tra cui l'Incursione) e quando, l'anno seguente, inizia la guerra russo-turca, si trasferisce volontariamente nel cuore del conflitto, a Sebastopoli. Assiste e partecipa a diverse battaglie («guardo per ore intere col cannocchiale come fanno gli uomini ad ammazzarsi»), una terribile esperienza (l'esercito russo subisce una clamorosa disfatta) che gli cambierà la vita e gli fornisce nuovi stimoli per scrivere altri racconti, tra cui: il ciclo dei tre Racconti di Sebastopoli (1855-56, la pubblicazione suscita enormi polemiche per la violenta rappresentazione della guerra e per la descrizione della viltà degli ufficiali), Adolescenza (1854) e Giovinezza (1857). Riceve gli elogi dello zar Alessandro II (ne commissionerà la traduzione in francese dei Racconti di Sebastopoli), si trasferisce brevemente a Pietroburgo (dove era stato inviato come corriere dalle autorità militari) dove conosce il romanziere Ivan Turgenev e frequenta la redazione di «Sovremennik». Litiga assai frequentemente con la redazione del giornale e con l'intellighenzia pietroburghese e per questo, una volta ottenuto il congedo per motivi di salute (lombaggine), decide di stabilirsi definitivamente a Jasnaja.

«La carriera militare non fa per me, e prima me ne tirerò fuori, per dedicarmi totalmente alla letteratura, tanto meglio sarà». [3]

I viaggi in Europa e la pedagogia

Oltre a scrivere, Tolstoj si interessa d'arte e di questioni politico-sociali, affronta ogni argomento con intento critico e per questo non viene ben visto dagli specialisti degli ambiti che vengano da lui attaccati. Nel 1857, per approfondire le proprie conoscenze, intraprende un viaggio nell'Europa occidentale: visita la Svizzera, l'Italia (Torino, Ivrea) e la Francia. Incontra vari intellettuali e rimane particolarmente sconvolto dal potere assoluto degli uomini potenti, dall'emarginazione a cui vengono relegate notevoli fasce di popolazione e dalla facilità con cui le autorità comminano la pena di morte.

«[...] ho visto a Parigi decapitare un uomo con la ghigliottina, in presenza di migliaia di spettatori. Sapevo che si trattava di un pericoloso malfattore;... ma nel momento in cui la testa e il corpo si separarono e caddero diedi un grido e compresi, non con la mente, non con il cuore, ma con tutto il mio essere, che quelle razionalizzazioni che avevo sentito a proposito della pena di morte erano solo funesti spropositi e che, per quanto grande possa essere il numero delle persone riunite per commettere un assassinio e qualsiasi nome esse si diano, l'assassinio è il peccato più grave del mondo, e che davanti ai miei occhi veniva compiuto proprio questo peccato». [4]

Nel luglio del 1857 rientra a Jàsnaja Poljàna, ha una relazione con una contadina che gli darà un figlio mai riconosciuto e si occupa delle questioni famigliari. Nel 1860 comincia ad elaborare il progetto di una società per l'istruzione popolare, dedicandosi nel contempo alla stesura di articoli a carattere pedagogico, il primo dei quali si intitola Osservazioni e materiali pedagogici.

Tolstoj nel suo studio (1908)

Intraprende un nuovo viaggio in Francia (incontra il fratello Nikolaj, malato di tisi, e lo assiste sino alla sua morte), in Italia (Firenze, Livorno, Napoli, Roma), a Londra, a Bruxelles ed in Germania. Durante il viaggio visita scuole, asili, conosce Lelewel e Proudhon; rientrato in Russia, nell'aprile del 1861 consegna al ministro dell'Istruzione una richiesta di nulla osta per la pubblicazione di una rivista pedagogica intitolata «Jàsnaja Poljàna».

Rientrato nella sua città natale, apre nella sua tenuta dodici scuole indirizzate prevalentemente ai figli dei suoi contadini, in cui l'insegnamento, assolutamente privo di ogni forma d'autoritarismo e repressione, è curato in prima persona da lui stesso. Nel 1862 sposa Sofja Andreevna Bers (l'anno seguente nasce il primo figlio, Sergej; in tutto la coppia avrà tredici figli); intanto i suoi scritti pedagogici sono sempre più critici della gerarchia sociale e cominciano ad essere invisi alle autorità russe.

Durante gli anni delle riforme contadine diventa giudice di pace e, in svariate contese, svolge il ruolo di intermediario tra nobili e contadini. Tra il 1863 e il 1869 Tolstoj scrive Guerra e pace, un romanzo nato con l'intento di narrare la ribellione decabrista del 1825 che finisce invece per raccontare i problemi sociali e politici degli anni compresi tra il 1803 e il 1813. Nel settembre 1871 comincia a lavorare ad un Abbecedario, di cui dice:

«A proposito di questo Abbecedario: il mio ambizioso sogno è questo, che per due generazioni tutti i bambini russi, tanto quelli della famiglia imperiale quanto quelli dei muzik, si formino su questo libro, ne traggano le loro prime impressioni poetiche e io che l'ho scritto possa morire in pace» (Lettera ad Aleksandrine Tolstà ja, 1° gennaio 1872)

Nel 1877, dopo ben sette anni, completa il romanzo di successo Anna Karenina, che racconta la vicenda di un adulterio consumatosi nell'ambito dell'alta società. Nel frattempo s'era anche impegnato nella sottoscrizione di un'iniziativa in favore della popolazione di Samara vittima di una terribile carestia (raccoglie due milioni di rubli ed un intero carico ferroviario di cibo) e nell'attività pedagogica, sostenendo tesi sempre più libertarie: egli ritiene che siano gli studenti a dover decidere cosa studiare e nulla deve esser loro imposto (Sull'istruzione pubblica è del 1874).

La crisi spirituale: l'anarchismo cristiano

Ritratto di Clifford Harper.

Alla fine degli anni '70, cominciano in Tolstoj a manifestarsi i primi sintomi della sua crisi spirituale: studia i Vangeli canonici, scrive saggi religiosi e polemici contro la Chiesa Ortodossa. Questo tormento lo porterà a pubblicare diverse opere a carattere morale e religioso: Confessione (1882), Qual è la mia fede (1888), I Vangeli (1890), La Chiesa e lo Stato (1891), Il regno di Dio è in noi (1894). Nei primi anni '80 comincia a lavorare la terra perché vuol vivere come i suoi contadini, rinuncia almeno formalmente ai privilegi dell'agiatezza, un fatto che porterà alla nascita di interminabili conflitti familiari: la moglie riteneva folli le idee di Lev, mentre i figli si divisero: le figlie simpatizzeranno per le idee del padre, mentre i figli maschi difendevano la madre. [5] Tolstoj in questa fase abbraccia totalmente l'idea non violenta, diviene vegetariano (per compassione verso gli animali), si convince che il mondo non possa che cambiare pacificamente e solo attraverso il lavoro manuale ed individuale. Prende inoltre la decisione definitiva di rimanere per sempre a Jàsnaja Poljàna e dichiara: «Ho completamente rotto con la vita del mio ambiente».

Trasferitosi con la famiglia a Mosca, nel gennaio del 1882 partecipa al censimento della popolazione con l'intento di rendere pubblici i disagi delle classi sociali più povere, sia delle città che delle campagne. L'esperienza vissuta in mezzo ai poveri lo ispireranno per la stesura del saggio Che fare? (o Che cosa dobbiamo fare?) del 1886. Nel suo Confessione (1882), Tolstoj descrive la propria conversione verso quella forma di cristianesimo che oggi viene definito cristianesimo anarchico.

Comunità tolstojane e la scomunica religiosa

Nel marzo del 1883 lo scrittore nomina la moglie quale unica amministratrice dei suoi beni, di modo che si senta prossimo alla condizione di nulla tenente. In ottobre riceve la visita di Vladimir Certkov, un giovane ufficiale della Guardia Imperiale del quale diviene intimo amico. Studia Confucio e Lao Tze, inoltre insieme allo stesso Certkov fonda una casa editrice popolare: «Posrednik» (1885), dove pubblica articoli e saggi (es. La Sonata Kreutzer, 1887). Con sempre maggior impegno si dedica a lavori manuali in campagna affianco dei suoi contadini, nel frattempo si registrano le prime obiezioni al servizio militare in nome del tolstojanesimo e prendon forma le prime comunità tolstoiane, tutte ispirate agli insegnamenti evangelici di Gesù – in particolare al Discorso della Montagna – secondo l'interpretazione data dall'anarco-cristiano russo.

Le comunità non nascono su spinta di Tolstoj ma di Certkov [6], lo scrittore russo rifiuterà sempre di parteciparvi, anche se questo non significava che le contrastasse. Darà infatti delle istruzioni di massima a coloro che volevano seguirne le idee: vivere tutti insieme, maschi e femmine in camere distinte, avere a disposizione una biblioteca, semplicità nel mangiare e nel vestire, dedicare tempo al lavoro manuale e vendere il superfluo per darne il ricavato ai poveri.

A proposito degli incontri con i tolstoiani racconta la figlia dello scrittore:
«Una volta notai, che coloro che stavano attorno a mio padre, un giovane sconosciuto con un camiciotto russo, pantaloni a sbuffo e grosse scarpe.
«Chi è?» domandai.
Papà si chinò verso di me e, con la mano davanti alla bocca, mi sussurrò all'orecchio:
«È un giovane membro della setta che mi è più estranea e incomprensibile: quella dei tolstoiani». [7]

Negli anni '90 si interessa ai testi sulla non-violenza di Adin Ballou, rinuncia ai diritti d'autore sulle opere scritte dopo il 1881 e attacca sempre più aggressivamente Stato e Chiesa. Per questo gli viene scatenata contro una campagna di stampa, nel tentativo di diffamarlo e screditarlo agli occhi dell'opinione pubblica. In realtà la sua fama è oramai senza confini, ed è per questo che non sarà mai arrestato: per lo zarismo sarebbe stato sconveniente imprigionare un uomo così celebre.

Durante questo periodo sostiene la causa dei Duchobory («Lottatori dello spirito»), un gruppo cristiano eretico che si rifiutava di svolgere il servizio militare e di riconoscere il potere autocratico dello zar. I Duchobory subivano violente persecuzioni che porteranno Tolstoj ad un grande impegno per tutelarne la vita e il pensiero religioso: scrive più volte allo zar e si attiva in prima persona per fermarne le deportazioni; alla fine riuscirà a farne espatriare ben 6000 in Canada.

Nel 1901 viene scomunicato dal Santo Sinodo, al quale Tolstoj risponde con il durissimo articolo intitolato Risposta alla deliberazione del Sinodo. In molte città russe si svolgeranno manifestazioni in favore del celebre scrittore e contro la scomunica inflittagli dalla Chiesa ortodossa.

Quando nel 1905 scoppia la rivoluzione, Tolstoj dà il suo contributo: si schiera contro lo zar ma anche contro il marxismo e la violenza, auspicando però l'abolizione della proprietà privata ed una nuova organizzazione sociale della Russia, fondata sul rifiuto della gerarchia e dell'autoritarismo. Conosciuto oramai in tutto il mondo, scrive una serie di articoli in favore della pace giacchè comprende che il mondo sta scivolando sempre più verso la guerra (Divino e Umano, 1905; Perché?, 1906; Sull'annessione della Bosnia e dell'Erzegovina all'Austria, 1908; Chi sono gli assassini, 1908-1909) nel 1909 inizia una fitta corrispondenza con Gandhi (la Lettera a un indù, del 1908, era stata apprezzata e diffusa da Gandhi [8]), che all'epoca si trovava in SudAfrica ed era un profondo ammiratore della sua teoria sulla «non resistenza al male».

Gli ultimi giorni

Mentre accresce la sua fama nel mondo (la sua casa era infatti meta di continui “pellegrinaggi”), cresce anche il conflitto familiare. Il suo desiderio di non trasformare la letteratura in professione, di non ricevere vantaggi materiali, di non possedere ricchezze, la rinuncia ai diritti d'autore per aiutare i contadini del suo paese a riscattare la terra ecc., si scontra con i desideri della moglie e della sua famiglia di non perdere privilegi economici.

Una notte, tra il 9 e il 10 novembre 1910, dopo aver trovato la moglie che frugava tra le sue carte alla ricerca del Diario, Tolstoj decide di abbandonare la propria abitazione nonostante sia ammalato. Intraprende un viaggio in treno insieme al suo segretario con destinazione Samardino, dove vi abita una sorella. Raggiunto dalla figlia Aleksandra, che era stata avvertita delle sue intenzioni tramite lettera, la sua idea sarebbe quella di fermarvisi definitivamente ma, temendo che sarebbe stato raggiunto dalla moglie, decide di raggiungere un'altra destinazione, probabilmente l'obiettivo è la Bulgaria. Insieme al fedele segretario e alla figlia, sale sul treno per Rostov; il 14 i tre scendono alla stazione di Astapovo, Tolstoj ha la polmonite e la febbre a 40° e non può proseguire il viaggio. Accorrono parenti, amici, curiosi e giornalisti per vederlo. Febbricitante, Tolstoj detta alla figlia Aleksandra questi pensieri per il Diario:

«Dio è quell'infinito Tutto, di cui l'uomo diviene consapevole d'essere una parte finita. Esiste veramente soltanto Dio. L'uomo è una Sua manifestazione nella materia, nel tempo e nello spazio. Quanto più il manifestarsi di Dio nell'uomo (la vita) si unisce alle manifestazioni (alle vite) di altri esseri, tanto più egli esiste. L'unione di questa sua vita con le vite di altri esseri si attua mediante l'amore. Dio non è amore, ma quanto più grande è l'amore, tanto più l'uomo manifesta Dio, e tanto più esiste veramente». [6]

Viene impedito alla moglie di avvicinarsi al capezzale se non quando lo scrittore perde conoscenza, il 20 novembre 1910. Quel giorno stesso, alle 6:05, Lev Tolstoj muore. Viene sepolto due giorni dopo, nei pressi della sua casa, in un angolo di un bosco. Secondo le sue ultime volontà, viene sepolto in cumulo di terra, senza croce, senza nome, in un luogo indicato da lui stesso e che gli ricordava l'amato fratello Nikolaj.

Qualche settimana dopo la sua morte, così lo ricordò l'anarchico Luigi Fabbri:

«Leone Tolstoj è morto. E con lui è scomparso uno dei grandi geni che hanno onorato la specie umana non solo con le opere dell'ingegno ma anche con un apostolato ideale di bontà. In poco volgere di anni, quanti il mondo ha perduto di questi fari di luce! A essi tutti gli uomini di pensiero libero e tutti gli oppressori si volgevano fidenti, sicuri di poter trarne un ammaestramento e un incoraggiamento nella lotta faticosa contro il privilegio e per la libertà. Sia che, come in Zola, Ibsen, Björson, la loro battaglia fosse combattuta nel campo letterario; o, come in Spencer e Bovio, nel campo filosofico; o, infine, come in Luisa Michel, Eliseo Reclus, Francisco Ferrer e Leone Tolstoj, la loro fosse una battaglia molteplice e sul terreno della sociologia e su quello dell'azione pratica, certo è che tutti questi grandi figli dell'umanità hanno lasciato dietro di sé un vuoto enorme, che ci inspira una inconsolata malinconia [...] Ché pur noi anarchici siamo troppo imbevuti dello spirito utilitaristico e bassamente materiale dei nostri tempi; e sarebbe un vivificare e nobilitare il nostro movimento, se riuscissimo a trasfondervi quello spirito di sacrificio e di idealismo che da qualche tempo ci manca, e che Tolstoj, purtroppo unilateralmente ed esclusivamente, ha meglio di tutti impersonato nel mondo» (da «Il Pensiero», Bologna, 16 dicembre 1910).

Il pensiero

La peculiarità principale delle opere di Tolstoj è nella sua etica, definibile con il seguente enunciato: «vivere secondo verità, cioè secondo coscienza». Tolstoj sa che il mondo è «mal fatto», perché strutturato su un sistema di potere che emargina la maggioranza della popolazione, ma ciò non lo conduce alla rassegnazione. In una certa fase della sua vita "esplode" in lui una situazione latente: una di conversione morale che lo conduce a rifiutare vigorosamente la teologia e il clero.

Accanto alle sacre scritture cristiane (lette in maniera rigorosa e quasi alla lettera), Tolstoj legge altri testi di natura religiosa (per es. testi orientali), abbraccia una dieta vegetariana e pratica una vita molto sobria.

Non violenza: la «non-resistenza al male»

In realtà sin da giovane, anche quando i “segni” non erano così espliciti, egli cerca di indirizzare le proprie capacità intellettuali e morali verso il “bene”. A 19 anni scrive un diario, in cui analizza ogni sua azione e riflessione, convincendosi, con il passare del tempo, che solamente il perfezionamento morale e individuale può combattere la corruzione dei governi e del potere, contribuendo ad estirpare ogni forma di sopruso e violenza.

La filosofia nonviolenta tolstojana si manifesta in tutta la sua potenza nel romanzo del 1892 Il Regno di Dio è in voi (anche Gandhi ne rimane notevolmente influenzato). Il testo, fortemente ispirato alla disobbedienza civile di H. D. Thoreau, individua nella non-violenza il mezzo di lotta contro chi soffre ingiustamente: per esempio i contadini oppressi, le vittime di carestie, i seguaci di sette perseguitate come i molochany e i duchobory (Tolstoj ne favorisce l'emigrazione in Canada offrendogli i diritti d'autore di Resurrezione).

In particolare Tolstoj individua nel concetto di patriottismo la chiave dell'addomesticamento delle masse, che in questa maniera vengono obbligate a compiere delitti durante le guerre: «I governi possono e debbono temere coloro che rifiutano il servizio sotto le armi, ed invero essi ne hanno paura, perché ogni rifiuto scalza il prestigio dell'inganno per quale i governi tengono in loro potere i popoli. Ma coloro che rifiutano non hanno nessuna ragione di temere un governo che chiede loro di compiere dei delitti. Rifiutando il servizio militare ogni uomo rischia meno di quel che rischierebbe se accettasse».

Tolstoj pone al centro della sua dottrina non violenta il Discorso della Montagna di Gesù (Mt 5,38-48) ed in particolare quanto viene riportato nel Vangelo di Matteo 5,39: «Non opponete resistenza al male». Si tratta quindi di non farsi coinvolgere dalle metodologie del male, della violenza e dell'odio. Ritenendo che non si possa combattere il male con il male enuncia la sua dottrina di non resistenza chiamandola :«non-resistenza al male per mezzo del male [bensì per mezzo del bene]»

In occasione dell'uccisione del re d'Italia Umberto I, per opera dell'anarchico Gaetano Bresci, Tolstoj mostra tutta la sua arguzia e il suo coraggio non prostrandosi di fronte al povero “Re buono” (cosa che invece fecero Carducci, Pascoli, De Amicis e altri intellettuali). Nell'articolo Non uccidere scrive:

«L'attuale struttura della società alimenta l'egoismo della gente, pronta a vendere la propria libertà e il proprio onore per un piccolo vantaggio economico [...] Se Alessandro di Russia, se Umberto non hanno meritato la morte, assai meno l'hanno meritata le migliaia di caduti di Plevna o in terra d'Abissinia. Sono terribili tali uccisioni non per la loro crudeltà o ingiustizia ma per l'irragionevolezza di coloro che le compiono. Se gli uccisori di re sono spinti ad essere tali da un sentimento personale di indignazione suscitato dalle sofferenze del popolo in schiavitù di cui appaiono loro responsabili Alessandro, Carnot, Umberto o da un sentimento personale di offesa e vendetta, allora tali azioni per quanto ingiuste appaiono comprensibili; ma qual è l'organizzazione di questi uomini, anarchici come si dice ora, che hanno affidato a Bresci la missione di uccidere e hanno minacciato altri imperatori, di che organizzazione si tratta se non riesce ad immaginare per migliorare la situazione della gente niente altro che l'assassinio di persone dalla cui eliminazione non si può ricavare più utilità che dal tagliare la testa al mostro delle fiabe cui al posto di quella tagliata ne cresceva subito una nuova? I re e gli imperatori hanno da tempo creato intorno a sé un' organizzazione pari a quella di un fucile a ripetizione: non appena parte un colpo, subito ne compare un altro al suo posto. Le roi est mart, vive le roi! Allora a che pro ucciderli?». [9]

Il suo pensiero fortemente antimilitarista lo porta quindi a sostenere che «l'esempio della violenza viene dall'alto con le guerre, le parate, le rappresaglie, il culto dell'orrore e della gloria militare».

Anarchismo e pedagogia tolstojana

Tolstoj non si è mai riconosciuto all'interno di nessun movimento anarchico e mai si è ai dichiarato tale (anche Max Stirner mai si dichiarò anarchico), tuttavia molti suoi principi hanno perfettamente collimato con quelli dell'anarchismo (seppur caratterizzandolo con le sue peculiarità religiose esclusive).

La sua visione anarchico-religiosa è antidogmatica, fondata sulla ragione e contro ogni potere religioso e istituzionale (ogni autorità che si frappone tra l'individuo e Dio ostacolano la libertà dell'individuo), divenendo il capostipite della corrente anarchica denominata "anarchismo cristiano", diffusasi in Russia, verso la fine dell'ottocento, per merito dei suoi insegnamenti. [10]

Per mettere in atto la sua "verità ", Tolstoj ritenne di fondamentale importanze riformare la pedagogia secondo principi libertari. Sviluppò questo progetto in 2 fasi, dal 1859 alle prime settimane del 1863 (anche se in tutto il 1860 e parte del 1861 Tolstoj viaggiò per l'Europa alla ricerca di metodi pedagogici alternativi) e dal 1871 al 1875: fondò la rivista prevalentemente pedagogica Jàsnaja Poljàna, scrisse numerosi articoli e saggi, tra cui Osservazioni e materiali pedagogici (1860), Chi ha bisogno di imparare da chi: i ragazzi contadini da noi, o noi dai ragazzi contadini? (1862), l'Abbecedario (1871), Sull'istruzione pubblica (1874) e Grammatica per le scuole rurali (1874). Soprattutto però istituì nel 1859 la scuola libertaria di Jàsnaja Poljàna [11] (attiva sino all'inizio del 1863) in cui venivano istruiti ed educati, secondo principi fortemente antiautoritari [12], i figli e le figlie dei contadini che lavoravano nelle sue proprietà.

Principi della pedagogia tolstojana

A Jasnaja Polyana Tolstoj cercò di mettere in pratica il suo metodo educativo pedagogico, fondato sui seguenti principi:

  1. diritti dei bambini
  2. ascolto delle esigenze del discente
  3. assenza di gerarchia tra maestro e studenti
  4. nessuna coercizione
  5. assenza di programmi, orari, esami e obbligo scolastico
  6. nessuna divisione dei bambini in fasce d'età
  7. centralità dello studente rispetto all'insegnante, il quale deve tenere conto dei bisogni, ritmi e capacità di ogni singolo\a allievo\a
  8. l'insegnante deve suscitare l'interesse dello studente («maestro non è colui che sa, ma colui che ama ciò che fa con i suoi allievi») [13]

Tolstoj, la rivoluzione e il marxismo: la questione della terra e della proprietà privata

Il pensiero tolstojano è indubbiamente radicale, quantunque si discosti notevolmente dai rivoluzionari e dal marxismo - all'epoca aprticolarmente in voga in Russia - soprattutto riguardo all'uso della violenza (Tolstoj era un pacifista intransigente) e all'importanza data ai contadini rispetto a Marx che privilegiava invece la classe operaia (saranno gli operai, secondo il marxismo, ad instaurare la "dittatura del proletariato"). Tolstoj, citando anche alcune opere di Kropotkin (Campi, fabbriche e officine e La conquista del pane), attribuiva importanza decisiva all'abolizione della proprietà privata terriera (latifondo) e alla distribuzione della stessa ai contadini, perfettamente in linea con la tradizione populista russa (Nikolaj Gavrilovič Černyševskij, Aleksandr Herzen, Pëtr Lavrovič Lavrov ecc.), che comunque si distinse in modo notevole ed originale rispetto al filone occidentale populista, ovvero senza scadere in particolarismi provinciali o in aberrazioni nazionalistiche (Tolstoj rifiutava comunque l'uso della forza, che era invece accettata da parte dei populisti).

Esplicita il suo pensiero in molti scritti, tra cui Al popolo lavoratore (1902), probabilmente uno dei testi dove maggiormente affronta la questione della terra. Scrive Tolstoj:

«È inevitabile che la proprietà venga abolita giacché l'ingiustizia, l'insensatezza e la crudeltà di questa situazione sono divenute troppo evidenti. Il problema è solo come arrivare alla sua abolizione».

Egli, come detto, rifiuta la violenza rivoluzionaria, auspicando l'abolizione del latifondo attraverso la non-collaborazione con gli sfruttatori del popolo russo; sostenendo, inoltre, che per liberarsi dall'asservimento sia necessario «comprendere che la proprietà terriera è un crimine, e nel non esserne più complici, né come soldati d'un esercito che toglie terra ai lavoratori, né come braccianti che prestano l'opera loro sulle terre dei proprietari, né prendendo in affitto queste terre». Tolstoj credeva che il cambiamento sociale potesse realizzarsi solo ed esclusivamente partendo dall'animo dell'uomo e non certo attraverso attraverso le rivoluzioni sociali, che erano contrarie al principio di "non resistenza al male".

Nel suo Appello ai russi (1905), Tolstoj si rivolge al «popolo lavoratore e cristiano», intimandogli di non collaborare tanto con l'autocrazia russa («non prestar servizio nell'esercito, nella polizia, nella Guardia rurale, nella Guardia civica, nelle decurie, non prestar servizio in nessuna istituzione governativa») quanto con i rivoluzionari («non andare alle assemblee, alle riunioni dei lavoratori, non partecipare agli scioperi, non bruciare e non rovinare le case altrui»), proponendo la costituzione di una nuova organizzazione sociale, priva di governo e autorità:

«Dicono che sia difficile e addirittura impossibile vivere senza governo eppure voi, lavoratori russi, e specialmente i contadini, sapete bene che quando vivete nelle campagne la vostra vita pacifica, piena d'amore per il vostro lavoro, usufruendo della terra con eguali diritti e risolvendo le vostre questioni nel Mir, del governo non avete proprio nessun bisogno».

Queste sue posizioni anticapitalistiche furono oggetto di analisi da parte di molti marxisti, tra cui lo stesso Lenin, che da un lato elogiò lo scrittore russo per aver negato valore alla proprietà privata della terra, in mano ai grandi latifondisti, senza assecondare quella statale (detta nadel). Tuttavia Lenin individuò nella «non violenza tolstoiana» un grosso limite, soprattutto per la sua indeterminatezza scientifica e incapacità di fronteggiare la reazione della classe borghese di fronte alle minacce proletarie. [14]

Tolstoj e l'esperanto

Esperantista convinto, Tolstoj si dichiarò in favore di una lingua internazionale capace di unire tutti gli esseri umani. L'esperanto, a suo dire, faceva al caso in quanto era semplice e facile da imparare:

«Ho trovato il Volapük molto complicato e, al contrario, l'Esperanto molto semplice. Avendo ricevuto, sei anni fa, una grammatica, un dizionario e degli articoli di Esperanto, ho potuto facilmente imparare, dopo due sole ore, se non a scrivere, almeno a leggere fluentemente. [...] I sacrifici che ogni uomo del nostro mondo europeo farà, dedicando tempo al suo studio, sono talmente piccoli, ed i risultati ottenuti così immensi, che non possiamo rifiutare questo tentativo». [15]

Tolstoj e il vegetarianesimo

Nuvola apps xmag.png Per approfondire, vedi Il primo gradino.

Tolstoj ha adottato una dieta vegetariana sin dal 1885. Sostenne apertamente il "pacifismo vegetariano" e il rispetto per la vita in tutte le sue forme. Egli scrisse che uccidendo l'animale «l'uomo sopprime in sé stesso inutilmente la massima capacità spirituale - la simpatia e la pietà verso le creature viventi come lui - e che, violando i propri sentimenti, diventa crudele». [16] Ripeté tenacemente che «il consumo di carne animale è assolutamente immorale, in quanto implica un atto contrario al buon costume: uccisione». [17]

Critiche

Alcune critiche sono state rilevate, nei suoi confronti, a riguardo delle teorie sull'inferiorità femminile. Tolstoj pensa che la donna sia in qualche maniera inferiore all'uomo, soprattutto per via della sua presunta debolezza psicologica.

«Non ci sono mai state delle donne fondatrici di religioni, né di grandi sistemi filosofici. La loro psicologia è troppo fragile».

Tuttavia queste sue convinzioni, seppur deprecabili, non lo portano però a voler dominare la donna, per la quale nutre un sentimento di forte simpatia, piuttosto a rispettarla per la sua “natura”. Le sue teorie sull'universo femminile hanno ricevuto e ricevono tuttora dissenso da anarchici e non, ma le critiche non portano a giudicare il pensiero di Tolstoj come becero maschilismo, perché come egli stesso dice:

«[riferendosi all'”inferiorità” femminile...] Ma, questa non è una buona ragione per considerarle socialmente inferiori».

Nonostante queste giuste critiche, il pensiero tolstojano è ancora oggi un valido monito, per i giovani e i meno giovani, contro le ingiustizie di chi detiene il potere.

Scritti "minori"

Secondo l'idea sviluppatasi in molti ambienti della critica letteraria, ancora oggi abbastanza persistenti, bisognerebbe distinguere il “Tolstoj maggiore”, autore di romanzi e di veri e propri capolavori della letteratura mondiale, da il “Tolstoj minore”, scrittore di lettere, appelli e articoli vari (es. Il primo gradino, Il lupo e il cane, La mia religione, Lettera al clero ecc.) in cui traspare, soprattutto negli scritti posteriori al 1881, la sua radicale idea religiosa, politica e sociale, oltre alle pesantissime critiche alle gerarchie ecclesiastiche e istituzionali. [18]

Molti degli scritti ritenuti minori venivano stampati, spesso clandestinamente, in migliaia e migliaia di copie, contribuendo a far divenite Tolstoj una vera e propria icona mondiale, che evidentemente suscitava forti preoccupazione per i suoi attacchi al potere costituito.

Su cosa si basava (basa) questa concezione di un Tolstoj minore “parassita del maggiore”? Evidentemente su congetture montate ad arte: innanzitutto occorreva (occorre) non diffondere concetti "pericolosi" per lo status quo, tipici del pensiero tolstojano, quali l'antimilitarismo, la disobbedienza civile, l'attacco alle istituzioni, all'idea di patria, al colonialismo ecc.; poi, secondariamente, gli scritti tolstojani non narrativi non erano (non sono), secondo la critica letteraria, catalogabili nell'ambito dell'arte, cosa di per sé infondata in quanto egli ambiva ad un arte nuova, «l'arte dell'avvenire, il cui contenuto differirà totalmente da quello della nostra arte presente», in cui trovano posto anche i suoi scritti "minori".

Se inserite in questo contesto, questi scritti di Tolstoj non sono affatto minori, al contrario è la conferma dell'unicità del suo pensiero antiautoritario e che è del tutto arbitrario distinguere un Tolstoj maggiore da un Tolstoj minore.

Note

  1. Corrispondente al 28 agosto del calendario giuliano.
  2. Lev Tolstoj, Lettera a Bernard Bouvier (1905), in Contro la caccia e il mangiar carne, Isonomia Editrice, 1994, p. 19 (a cura di Gino Ditali).
  3. Diario (11 marzo 1855), in Igor Sibaldi, Cronologia, in Lev Tolstoj, Tutti i racconti, volume primo, Mondadori, 2005.
  4. Lev Tolstoj, Che fare?, Gabriele Mazzotta Editore, 1979, pp. 18-19 (traduzione di Luisa Capo).
  5. AA.VV., I giganti. Lev Tolstoj, Mondadori, 1970, pp. 11-19.
  6. 6,0 6,1 Cfr. Igor Sibaldi, Cronologia, in Lev Tolstoj, Tutti i racconti, volume primo, Mondadori, 2005.
  7. Tatiana Tolstoj, Anni con mio padre, Garzanti, 1976, p. 208 (traduzione di Roberto Rebora).
  8. Cfr. Pier Cesare Bori, Gianni Sofri, Gandhi e Tolstoj: un carteggio e dintorni, Il Mulino, 1985.
  9. Si veda Tolstoj, gli anarchici e la violenza di Piero Brunello.
  10. Si veda Anarchismo religioso: Tolstoj (tratto da La fiaccola dell'anarchia) e la voce sull'anarchismo cristiano.
  11. Si veda Jàsnaja Poljàna ed Educare alla libertà di Filippo Trasatti.
  12. Educazione e formazione culturale di Lev Tolstoj.
  13. Educare alla libertà di Filippo Trasatti.
  14. Lenin su Tolstoj.
  15. Tolstoï et l'espéranto
  16. Lev Tolstoj, The morals of diet, or, the first step, 1900.
  17. Lev Tolstoj, Writings on civil disobedience and nonviolence, 1987.
  18. Quest'idea comparve per la prima volta nel 1881 in Revue des Deux Monde (prefazione di Perché la gente si droga?, Mondadori, 2008).

Bibliografia

Opere filosofiche, pedagogiche e morali di Tolstoj

  • Articoli nella rivista sull'educazione Jasnaja Poljana (1861-1862)
  • Sull'importanza dell'istruzione popolare (1862)
  • Saggio di teologia dogmatica (1880)
  • Perché vivo? (1881)
  • La confessione (1882)
  • La mia fede (1884)
  • Che fare? (1886)
  • Della vita 1887-1888)
  • È tempo di recuperare! (1888)
  • Perché la gente si droga? (1891)
  • Il primo gradino 1892)
  • Il non agire (1893)
  • Il regno di Dio è in voi (1893)
  • Cristianesimo e patriottismo (1894)
  • Che cos'è l'arte? (1897)
  • Lettera ai liberali (1898)
  • La schiavitù del nostro tempo (1900)
  • L'educazione religiosa (1901)
  • Patriottismo e governo (1901)
  • Al clero (1902)
  • Che cos'è la religione e quale ne è l'essenza? (1902)
  • Contro la proprietà fondiaria (ai lavoratori) (1903)
  • Distruzione dell'inferno e sua restaurazione (1903)
  • Pensieri di saggi per ogni giorno (1903)
  • Denaro e lavoro (1903)
  • Il bastoncino verde (1905)
  • Guerra e rivoluzione (1906)
  • Per tutti i giorni (1906-1907)
  • La legge della violenza e la legge dell'amore (1908)
  • La schiavitù moderna (1908)
  • La via della vita (1910)

Opere su Tolstoj

  • Evel Gasparini, Il vigore di Tolstoj: 1860-1878, Milano, Montuoro, 1943
  • Isaiah Berlin, Tolstoj e la storia, Milano, Lerici, 1959
  • Victor Lebrun, Devoto a Tolstoj, Milano, Lerici, 1963
  • Henri Troyat, Tolstoj, Milano, Rizzoli, 1969
  • AA.VV., I giganti. Lev Tolstoj, Verona, Mondadori, 1970
  • Silvio Bernardini (a cura di), I diari di Lev Nikolaevic Tolstoj: 1847-1910, Milano, Longanesi, 1975
  • Enzo Biagi, Russia, Milano, Rizzoli, 1977
  • Lubomir Radoyce (a cura di), Le lettere di Lev Nikolaevic Tolstoj, Milano, Longanesi, 1977-1978
  • Tatiana Tolstoj, Anni con mio padre, traduzione dal francese di Roberto Rebora, Milano, Garzanti, 1978
  • Viktor Sklovskij, Tolstoj, Milano, Il Saggiatore, 1978
  • Pietro Citati, Tolstoj, Milano, Longanesi, 1983
  • Pier Cesare Bori, Gianni Sofri, Gandhi e Tolstoj: un carteggio e dintorni, Bologna, Il Mulino, 1985
  • Alberto Cavallari, La fuga di Tolstoj, Torino, Einaudi, 1986
  • Michail Michajlovič Bachtin, Tolstoj, Bologna, Il Mulino, 1986
  • Eraldo Affinati, Veglia d'armi: l'uomo di Tolstoj, Genova, Marietti Editore, 1992
  • Pier Cesare Bori, L'altro Tolstoj, Bologna, Il Mulino, 1995
  • Serena Vitale, Introduzione, in Lev Tolstoj, Resurrezione, Milano, Garzanti, 2002
  • Henry Gifford, Tolstoj, Bologna, Il Mulino, 2003
  • Igor Sibaldi, Introduzione e Cronologia, in Lev Tolstoj, Tutti i racconti, volume primo, Milano, Mondadori, 2005
  • George Steiner, Tolstoj o Dostoevskij, Milano, Garzanti, 2005
  • Paolo Mazzarello, Il genio e l'alienista: la strana visita di Lombroso a Tolstoj, Torino, Bollati Boringhieri, 2005
  • Anna Borgia, Nel cuore di Tolstoj. Ricerca della verità nei diari intimi, Firenze, Libreria Editrice Fiorentina, 2009
  • Barbara Alberti, Sonata a Tolstoj, Milano, Baldini Castoldi Dalai Editore, 2010
  • Alberto Cavallari, La fuga di Tolstoj, Milano, Skira, 2010

Voci correlate

Collegamenti esterni

Opere

Articoli