Antispecismo

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Antispecismo: simbolo di unità tra umani e non umani

L'Antispecismo (anti deriva dal greco antì, "contro" e da "specismo", ovvero quel pensiero atto alla discriminazione degli esseri viventi in base alla specie di appartenenza) è il movimento culturale nato per contrastare lo specismo. Questo movimento sostiene che le idee di superiorità di specie limitino, o addirittura impediscano, la possibilità dell'essere umano di vivere in armonia con la natura, gli altri animali, i propri simili e perfino con sé stesso. [1]

Definizione

« Non esistono animali superiori e inferiori, così come non esistono razze umane superiori e inferiori, ma esistono esseri viventi dotati di peculiarità uniche e come tali rispettabili e inviolabili. Il problema non è "possono ragionare?" né "possono parlare?", ma "possono soffrire?". »

~ Jeremy Bentham

L'antispecismo è il pensiero filosofico, politico e culturale che lotta contro lo specismo, l'antropocentrismo e l'ideologia del dominio che rappresentano le fondamenta della società umana moderna. Come l'antirazzismo rifiuta la discriminazione arbitraria basata sulla presunzione dell'esistenza di razze umane e l'antisessismo respinge la discriminazione basata sul sesso, così l'antispecismo respinge quella basata sulla specie e sostiene che l'appartenenza biologica alla specie umana non giustifica moralmente o eticamente il diritto di disporre della vita, della libertà e e del corpo di un essere senziente di un'altra specie.

Le persone umane antispeciste lottano affinché le esigenze primarie degli Animali siano considerate fondamentali tanto quanto quelli degli Umani, cercando di destrutturare e ricostruire la società umana in base a criteri sensiocentrici, biocentrici ed ecocentrici con l’intento di non causare sofferenze e danni evitabili agli individui delle altre specie viventi e al pianeta. L'approccio antispecista ritiene (considerando tutte le dovute differenze e peculiarità) che:

1) le capacità di sentire (ad esempio di provare dolore), di interagire con l’esterno, di manifestare una volontà, sono prerogative di tutti gli Animali, caratterizzandoli come esseri senzienti con propri interessi da perseguire che devono essere rispettati. In base a questi criteri l’antispecismo può essere considerato anche una filosofia sensiocentrica e painista;2

2) l’esistenza di tali capacità negli Animali comporti un cambiamento essenziale del loro status morale, facendoli divenire persone non umane, o conferendo loro uno status equivalente, qualora il concetto di persona non risultasse pienamente utilizzabile oppure opportuno. In base a ciò l’antispecismo può essere considerato anche una filosofia individualista (perché focalizzata sull’individuo animale, sul suo valore intrinseco e non sulla specie)3 e anti-antropocentrica;

3) da ciò debba conseguire una trasformazione profonda dei rapporti tra persone umane e persone non umane, che prefiguri un radicale ripensamento e conseguente cambiamento della società umana per il raggiungimento della liberazione animale. Fondamentali per tale trasformazione sono il senso di giustizia interspecifica, il rispetto dell’alterità, la nonviolenza, l’autocontrollo, l’empatia e la compassione. [2]

Considerazioni sulla definizione

L'antispecismo è un movimento filosofico, politico e culturale, pertanto chi abbraccia la visione antispecista si adopera per la sua diffusione nella società. L'attivista antispecista si propone di assumere atteggiamenti e comportamenti tali da poter influenzare la società umana (visione politica dell'antispecismo) e quindi si attiva tramite iniziative culturali, sociali e personali per il raggiungimento di uno scopo ultimo: la creazione di una nuova società umana più giusta, solidale, orizzontale, libera e compassionevole, che si potrebbe definire aspecista (senza distinzioni e discriminazioni di specie) o, meglio ancora, società umana libera. L'attivista antispecista non può quindi considerarsi apolitica/o, rivendica anzi un suo ruolo politico nella società, in quanto l'azione pubblica e politica è una delle attività fondamentali utili al cambiamento socio-culturale.

Protesta contro l'industria delle pellicce in Italia

L'antispecismo si oppone allo specismo inteso come pensiero unico dominante nell'attuale società umana, concepita come verticale e gerarchica, basata sulla legge del “diritto del più forte” e sulla repressione del più debole, orientata alla difesa dell'interesse particolare e del patrimonio a discapito dei diritti, dell'uguaglianza e della solidarietà nei confronti dei più deboli tra gli animali e anche degli umani. L'antispecismo, pertanto, non è un movimento che intende semplicemente riformare la società umana, ma si prefigge come obiettivo quello di cambiarla radicalmente, eliminandone le spinte discriminatorie, liberticide, violente nei confronti dei più deboli, antidemocratiche, autoritarie e antropocentriche. In una sola parola: rivoluzionarla attraverso l'abbattimento dell'ideologia del dominio che la contraddistingue.

Manifestazione contro un allevamento di animali "da pelliccia" (Fossoli, gennaio 2011)

Come l'antirazzismo rifiuta la discriminazione arbitraria basata sulla presunzione dell'esistenza di razze umane e l'antisessismo respinge la discriminazione basata sul sesso, l'antispecismo respinge quella basata sul concetto di specie. Le radici culturali, morali, filosofiche e politiche dell'antispecismo sono una naturale evoluzione delle lotte sociali per l'affrancamento dei più deboli tra gli umani e il riconoscimento dei loro diritti fondamentali. L'antispecista, pertanto, non solo si batte per l'eliminazione delle discriminazioni dovute alle fittizie e strumentali barriere di specie innalzate dall'umano, per sottrarsi ai suoi doveri nei confronti della natura e delle altre specie, ma assume come elementi base il riconoscimento dei pieni diritti dell'umano a prescindere da sesso, orientamento sessuale, identità di genere, condizioni fisiche e mentali, ceto, etnia, nazionalitàecc. L'antispecismo deve essere considerato quindi una naturale evoluzione del pensiero antirazzista, antisessista, antimilitarista (e non una derivazione in quanto tali pensieri sono da ritenersi antropocentrici) e, pertanto, si trova in assoluta antitesi con visioni xenofobe, discriminatorie e, più in generale, con il fascismo, l'autoritarismo e i totalitarismi di qualunque orientamento politico o natura, perché veicoli dell'ideologia del dominio, dell'oppressione e della repressione. L'ottica antispecista, pur essendo mutuata anche da quella della lotta per i diritti civili umani, presenta peculiarità e caratteristiche diverse e sostanziali, che la distinguono da qualsiasi altra lotta sociale: essa, infatti, non prevede concessioni ad altre/i (allargamento della sfera dei diritti, della sfera morale, della polis), ma richiama al controllo delle attività proprie e della propria specie sulla base di principi di responsabilità, equità, giustizia, nonviolenza e solidarietà nei riguardi degli altri animali. L'antispecismo propone un ripensamento delle attività della specie umana in base ai doveri morali nei confronti delle altre specie senzienti e viventi in generale, non più considerate inferiori, ma semplicemente altre: persone non umane, nel caso dei viventi senzienti, e pertanto popolazioni di persone non umane. L'apertura all'altro, il riconoscimento dell'alterità comportano che l'azione antispecista si ponga come obiettivo primario il rispetto e la tutela degli interessi degli animali (perché soggetti privati di diritti elementari e naturali e di status privilegiati) e, al contempo, anche il pieno riconoscimento dei diritti dei più deboli e svantaggiati tra gli umani. L'attivista antispecista è moralmente tenuta/o a impegnarsi nel quotidiano contro ogni tipo d'ingiustizia e di prevaricazione nei confronti dei più deboli o svantaggiati, partendo dagli animali. Le attenzioni verso gli umani, verso l'ambiente e la Terra sono da considerarsi parte integrante della lotta per la liberazione degli animali, e viceversa. L'antispecismo, quindi, non può essere considerato abolizionista: non si avanzano richieste di modifiche di leggi, norme e regolamenti, bensì liberazionista, ossia si aspira alla liberazione animale nell'accezione più ampia del termine.

L'attivista antispecista pone molta importanza alla pratica personale e alla coerenza; conseguenza diretta di ciò è il tentativo di applicare i principi antispecisti alla propria vita quotidiana, soprattutto attraverso le pratiche del veganismo etico, del consumo critico (inteso come metodo utile all'allontanamento definitivo dal consumismo), del boicottaggio, riciclo, riuso e riutilizzo di merci, beni e servizi, nonché tutte le altre pratiche necessarie al raggiungimento del minor impatto possibile sugli altri animali, sugli umani e sull'ambiente.

La pratica del veganismo etico è da considerarsi attualmente fondamentale per perseguire il fine ultimo dell'antispecismo: una nuova società umana liberata e aspecista capace di rispettare e di vivere in armonia con le altre specie viventi. La pratica vegana etica, quindi, non è né un fine, né uno stile di vita da seguire, bensì una filosofia di vita che interessa e permea ogni attività quotidiana di chi la adotta, giungendo a modificare ogni rapporto sociale. Il raggiungimento di una società umana liberata sarà possibile solo attraverso la lotta per la liberazione. Ogni visione riformista, conservatrice, gerarchica, reazionaria, repressiva o tesa alla tutela della conservazione dello status quo della società umana basata sui privilegi dell'antropocentrismo, è da ritenersi aliena e antitetica alla visione antispecista. Ogni dottrina, filosofia, politica, religione, ideologia fondata sullo specismo e l'antropocentrismo, è rifiutata e combattuta dalla nuova visione antispecista. [3]

Storia dell'antispecismo

Nuvola apps xmag.png Per approfondire, vedi specismo.
Peter Singer, filosofo antispecista utilitarista

Inizialmente gli antispecisti (anche se forse sarebbe più corretto definirli "animalisti" [4]) non erano organizzati in un movimento, bensì agivano singolarmente, per lo più con scritti discorsi, dibattiti ecc.

Tra questi, per lo più filosofi, possiamo citare (in ordine sparso): Platone, Seneca, Ovidio, Plutarco, Leonardo da Vinci, Voltaire, Jeremy Bentham ecc.

La "filosofia antispecista" (con relativa distinzione tra animalismo e antispecismo) moderna si è potuta sviluppare, in questi ultimi decenni, grazie all'impegno di filosofi animalisti come Kenneth Goodpaster, Christopher Stone e soprattutto Tom Regan e Peter Singer.

Singer e Regan: la questione dei diritti

Secondo il principio di «uguale considerazione degli interessi» introdotto da Singer, gli interessi degli animali, seppur diversi da quelli dei non umani, devono essere rispettati come gli interessi degli umani. Peter Singer, in Liberazione Animale, si era limitato a parlare di interessi animali, non si riferiva esplicitamente a diritti. La morale del “diritto animale” ha avuto un'evoluzione progressiva che può essere schematicamente divisa in questo modo.

Morale della simpatia

Questa morale, sostenuta da David Hume, si basa sul presupposto che le azioni che procurano gioia sono degne di approvazione, mentre quelle che provocano dolore sono degne di disapprovazione; gli animali sono esseri sensibili, dunque le azioni che noi compiamo nei loro confronti non sono indifferenti dal punto di vista morale. Tale dottrina fonda sul principio della “compassione”, pertanto comporta il rischio della soggettività e del relativismo umanitario.

Morale dell'utilitarismo

Tom Regan, filosofo antispecista

Il padre della filosofia utilitaristica fu Jeremy Bentham. Egli sosteneva che fosse necessario limitare la sofferenza al minor numero possibile di individui, considerava quindi lecito un esperimento che comportasse la sofferenza di pochi per il vantaggio di molti. Queste due dottrine contemplano la questione del diritto da una prospettiva ancora antropocentrica, infatti, concentrano l'attenzione sui doveri dell'uomo verso gli animali (limitarne la sofferenza), piuttosto che sui diritti degli animali stessi.

Morale del valore

Si tratta della morale sostenuta da Tom Regan, che introdusse il concetto di "diritto animale". Secondo Regan i diritti si fondano sul valore intrinseco dell'essere. Tutti gli esseri dotati di sensibilità hanno interessi, in particolare hanno l'interesse a vivere la vita migliore possibile e a limitare la propria sofferenza. Da tale interesse deriva il diritto, per ogni essere senziente, ad avere una vita che risenta il meno possibile della sofferenza ingiustificata inflitta da altri.

Regan osserva che se tutti gli animali, umani e non, hanno dei diritti in quanto esseri senzienti, questi diritti sono diversi. Gli animali hanno un diritto fondamentale: quello di ricevere un trattamento rispettoso e non essere danneggiati. Per questo motivo Regan condanna l'uccisione, la caccia, la sperimentazione, e sostiene l'obbligo - per tutti coloro che hanno a cuore i «diritti dei non umani» - del vegetarismo. Sulla base della filosofia di Peter Singer e Tom Regan, nasce il movimento antispecista moderno.

Breve storia del movimento animalista

Exquisite-kfind.png Vedi Animalismo.
Barry Horne, anarchico e antispecista
Logo dell'ALF

La prima legge in difesa degli animali fu emanata in Inghilterra nel 1822, ed è ancora in vigore con il nome di Animal Act. Nello stesso anno, sempre in Inghilterra nacque la SPCA (Society for the Prevention of Cruelty to Animals).

In Italia, Giuseppe Garibaldi, sebbene fosse un cacciatore, fu tra i promotori della società animalista, che in seguito assumera la denominazione di ENPA. Nel 1961 nasce il WWF e in Italia sorge la "Lega Nazionale contro la Distruzione degli uccelli", che in seguito diventerà la LIPU. In seguito a queste, fioriscono in tutto il mondo associazioni per la difesa degli animali, alcuna delle quali attive ancora oggi. La vera svolta si ebbe però negli anni '70, con il diffondersi dell'animalismo forte di Peter Singer e Tom Regan.

Prima di loro le varie associazioni che si erano formate erano animate dal sentimento di compassione, contemplato nelle morali precedenti a Regan. Si assiste invece da questo momento a un vero cambiamento ideologico alla base della scelta per la protezione degli animali. Non è più la semplice compassione per la sofferenza animale a spingere gli animalisti a intervenire, ma la convinzione che gli animali abbiano dei diritti che devono essere loro riconosciuti. Così nei primi anni '80 nascono associazioni come la "LAV", la "LAN", la "LAC", la "LIDA", "Animal Amnesty", l'"OIPA". Sempre in Inghilterra, negli anni '70, si costituisce un gruppo radicale animalista: Animal Liberation Front (ALF). L'ALF si prefigge l'obiettivo di contrastare lo sfruttamenti animale (allevamento di animali, pellicce, vivisezione e maltrattamenti in genere), prevalentemente con l'azione diretta e con le liberazioni degli animali.

L'ALF comincia a diffondersi anche negli USA e poi in tutto il mondo, per cui da movimento inglese si trasforma in movimento internazionale. Negli anni '90 l'ALF inizia a diffondersi anche in Italia.

Il principale teorico dell'ALF si chiamava Barry Horne, un uomo che decise di dedicare la propria vita alla liberazione dei più deboli e dei più indifesi. Catturato e condannato a 20 anni di carcere per “terrorismo”, muore in seguito ai ripetuti scioperi della fame a cui si sottopone per richiamare l'attenzione di Tony Blair sulle condizioni degli animali nei laboratori e negli allevamenti.

Nel tempo nascono anche altri gruppi che sentono l'esigenza di agire radicalmente, sull'esempio dell'ALF.

La frammentazione che si può notare all'interno del movimento animalista dipende dalle diverse metodologie adottate dagli animalisti (azioni diretta, interventi sul piano legislativo, sensibilizzazioni di massa... ) e dai diversi fini che le associazioni si propongono (prevenzione, tutela, soccorso... ).

Anarchici e antispecismo

Élisée Reclus, anarchico e vegetariano
Simbolo del vegananarchism, che unisce la A cerchiata, simbolo anarchico, con l'iniziale della parola vegan, la lettera "V".

Tra i primi anarchici ad esprimere disappunto per le sofferenze animali si possono citare i vegetariani Lev Tolstoj [5] ed Élisée Reclus. Anche H. D. Thoreau, seppur con qualche ambiguità (era carnivoro), esprime pensieri fortemente "anti-antropocentrici": «non ho dubbio che appartenga al destino umano, nel suo graduale miglioramento, smettere di mangiare carne allo stesso moodo che le tribù selvagge hanno smesso di mangiarsi l'un l'altra quando vennero in contatto con quelle civili».

L'antispecismo non è patrimonio esclusivo degli anarchici, ma sono scelte più diffuse fra essi rispetto a persone di qualsiasi altro orientamento politico perché si basano sul rifiuto di qualsivoglia discriminazione e gerarchia: non solo tra esseri umani, ma anche nei confronti degli altri esseri senzienti, senza discriminazioni fra le specie animali.

Tra gli anarchici (Barry Horne, Harold Thompson ecc.), questa prerogativa è particolarmente diffusa nell'ambito individualista. Essi estendono l'egualitarismo a tutto l'universo e a tutte le specie animali, poiché si ritiene che vi sia un diretto rapporto tra lo sfruttamento umano, quello animale non-umano e quello ambientale, che sono per lo più conseguenza del capitalismo.

I libertari antispecisti hanno sempre ritenuto, e ritengono ancora, che non si debba separare e parcellizzare lo sfruttamento animale da quello umano o ambientale, bensì che sia necessario estirpare qualsiasi tipologia di dominio dell'uomo sull'uomo e dell'uomo sugli animali (e sulla natura), poiché ognuno è conseguenza dell'altro e in quanto, come più volte ha scritto Murray Bookchin, non basta eliminare le classi sociali e lo sfruttamento economico per eliminare la gerarchia e il dominio, perché questi si possono riformare su basi razziali, sessuali e anche speciste.

Note

  1. Il testo italiano di questo articolo è stato tratto in parte da Lo specismo, come nasce, come si manifesta, come si combatte
  2. Adriano Fragano, Manifesto antispecista. Teoria, strategie, etica e utopia per una nuova società libera, Edizioni Veganzetta, 2022, ISBN: 9791221372465
  3. Adriano Fragano, Proposte per un Manifesto antispecista. Teoria, strategie, etica e utopia per una nuova società libera, Rimini, Edizioni NFC, 2015, pp. 15-19
  4. Il termine animalismo non dev'essere confuso con quello di antispecismo, anche se spesso vengono utilizzati come sinonimi. Il primo presuppone l'amore empatico per gli animali non umani, ma non necessariamente il riconoscimento dell'eguaglianza di tutti gli appartenenti alla stessa specie. Il termine antispecismo indica invece la volontà di porre fine ad ogni discriminazione entro le diverse specie animali.
  5. Si legga Il primo gradino

Bibliografia

Exquisite-kfind.png Vedi Testi: antispecismo.

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