Dante Carnesecchi

Da Anarcopedia.
Jump to navigation Jump to search

Dante Carnesecchi (Vezzano Ligure, 12 marzo 1892 - La Spezia 27 marzo 1921) è stato un anarchico italiano e anarco-futurista assassinato in un agguato poliziesco. Alla sua epoca fu un personaggio quasi leggendario, bollato come malfattore solamente per aver semplicemente vissuto la sua breve esistenza come tutti avrebbero il diritto di fare: dignitosamente e seguendo le proprie inclinazioni individuali.

Biografia

Nativo di Arcola (SP), è personaggio di rilievo nel movimento anarchico spezzino: uomo audacissimo, il più temibile sovversivo di un gruppo, di cui fanno parte Abele Ricieri Ferrari ("Renzo Novatore"), Tintino Persio Rasi ("Auro D'Arcola") e Sante Pollastro. Accusato di aver partecipato all'assalto della Polveriera di Vallegrande il 4 giugno 1920, Carnesecchi viene tratto in arresto nel settembre successivo, dopo l'occupazione delle fabbriche. Il giornale "Il Libertario" della Spezia racconta che la stampa conservatrice sta facendo «un gran can can per l'arresto del terribile pregiudicato Carnesecchi, sul quale pendevano 4 mandati di cattura, che fu uno degli assalitori della Polveriera e che aveva la casa piena d'armi d'ogni genere. E se non ridi, di che rider suoli? Il Carnesecchi non è mai stato ricercato, tanto vero che tutti lo hanno veduto fino al giorno dei suo arresto passeggiare tranquillamente in città e dintorni e perfino in Pretura ed in Tribunale. E nientemeno aveva 4 mandati di cattura! O perché non lo hanno preso prima? Mistero!». [1]

L'adolescenza e le prime esperienze anarchiche

Dante Carnesecchi nasce a Vezzano Ligure il 12 marzo 1892, suo padre, Biagio Giuseppe, figlio di poveri contadini, abbandonata la natìa toscana muore a Vezzano Ligure (Sp) nel 1901, lasciando però la famiglia (la moglie Lucia Fontana e i figli Dante, Isolina, Lidia Enrichetta) in buone condizioni finanziarie: alcune case in campagna e molti terreni sulla collina [2].

Probabilmente Dante inizia precocemente a lavorare ed anche a frequentare gli ambienti anarchici, visto che al tempo ad Arcola e dintorni pullulavano di anarchici. Era coetaneo di Abele Ricieri Ferrari (conosciuto come Renzo Novatore) e di Tintino Persio Rasi (detto Auro D'Arcola), che definirà Carnesecchi come « un gigante dell'azione», con cui peraltro nel 1919 formerà lo zoccolo duro degli anarchici individualisti e futuristi spezzini.

Non si possono giudicare le vicende della sua vita se non circostanziandole nel clima in cui esse si estrinsecarono. Dopo secoli di ottundimento, la cultura italiana rialzava la testa e lanciava messaggi all'Europa, il paese era attraversato da idealismi diversi che muovevano per la prima volta nella sua storia le moltitudini.

Erano tempi difficili e di grandi ingiustizie sociali. In quei primi anni del novecento le masse erano miserabili e senza diritti. Il contesto in cui si agitava la classe operaia era violento: una violenza che aveva imparato nelle trincee convivendo giorno dopo giorno con la morte. Per lunghi anni lo Stato aveva addestrato questi uomini psicologicamente e fisicamente ad uccidere. Per lunghi anni lo Stato aveva dato a questi uomini l'illusione che le cose dopo la guerra sarebbero cambiate, che alla fine sarebbe stato riconosciuto il giusto indennizzo al sangue dei miserabili versato per la patria. Erano questi i tempi in cui i miserabili pretendevano l'indennizzo promesso.

Nonostante la probabile prematura militanza anarchica, prima del 1919 le cronache locali non parlano di lui. Questo silenzio può essere legato alla scomparsa della relativa documentazione [3] ma anche alla personalità del personaggio estremamente cauto, diffidente e restio a confidare a chiunque le sue azioni.

Il primo documento che ci parla di lui è del 1912: il foglio matricolare che descrive la visita di leva. Nel 1913, a ventun anni, forse in attesa di imbarcarsi per gli Stati Uniti, Dante soggiorna in Francia. Qui lascia la prima traccia della sua militanza: frequenta gli ambienti anarchici, così infatti viene schedato dalla polizia francese.

La personalità di Carnesecchi è ben complessa e difficilmente inquadrabile in un ristretto ambito. In parte la si può comprendere leggendo uno stralcio dell'articolo I nostri caduti: Dante Carnesecchi, pubblicato su «L'Adunata dei Refrattari» nel 1929 (si noti il linguaggio tipico dei futuristi) a firma del suo amico Tintino Persio Rasi (Auro D'Arcola):

«Tra quella nidiata d'aquilotti libertari che dai colli arcolani, dominanti a mezzogiorno la conca azzurra del golfo di Spezia e a tramontana la vallata del Magra, spiccavano il volo verso tanti quotidiani ardimenti, si distingueva sopratutti Dante Carnesecchi. Alto, atletico, volto energico, parco di parole, rapido nel gesto, tagliente lo sguardo: una giovinezza creata per l'azione, e nell'azione interamente spesa.Se il tipo assoluto d'Ibsen qualcuno può mai averlo realizzato, questi fu Dante Carnesecchi. Egli era realmente una di quelle eccezionali individualità che bastano a se stesse.Gran parte delle sue gesta rimarranno per sempre ignorate, poiché, fu solo a compierle e ne portò il segreto nella tomba.Non aveva amici, non ne ricercava: non affetti, mollezze, piaceri. In seno alla stessa famiglia viveva senza vincoli. Verso la madre, come verso le sorelle che lo adoravano, si comportava con la freddezza di un estraneo. Egli, a cui pur non difettavano i mezzi, coricava sul duro letto senza materasso, onde evitare di provare dell'attaccamento agli agi di casa. Un individuo simile non era fatto per essere amato. E dell'amore non conobbe né le estasi sublimi, né le dedizioni mortificanti.Strana natura. Perfino verso noi, tra i più vicini, il suo animo insofferente elevava un'ultima barriera isolatrice, come a sottrarsi ed a proteggersi dalle possibilità d'ogni intima comunione. Certo, egli era il più odiato dai nemici nostri, il più temuto dagl'indifferenti, il più ammirato dai compagni e dagli spiriti liberi: ma era anche colui che non si lasciava amare, che non fu amato.Nessuno poteva esercitare un qualsiasi ascendente su di lui. Refrattario ad ogni influenza esteriore, egli era all'altezza delle sue azioni, che mandava in piena consapevolezza ad effetto, fidando solo sulle sue forze.Ogni progetto, riduceva alle proporzioni di un'operazione aritmetica, accomunando ad un'estrema audacia un'estrema prudenza, una piena sicurezza in sé, ed una risolutezza tacita quanto irriducibile. Nello sport quotidiano allenava il corpo alla resistenza, all'agilità, all'acrobazia, alla velocità, e il polso alla fermezza; nella temperanza scrupolosa conservava la pienezza del suo vigore fisico e della sua lucidità mentale; nella musica ricercava le intime sensazioni per ricrearsi liberamente lo spirito.Perciò egli era boxeur, lottatore, ciclista, automobilista, corridore, acrobata, tiratore impareggiabile; suonatore e compositore di un virtuosismo piuttosto arido e cerebrale; ottimo poliglotta».

L'esperienza negli Stati Uniti: 1913-1915

È probabile che la chiave di volta di tutta la vicenda di Dante debba ricercarsi in quei quasi tre anni passati negli Stati Uniti, a contatto colla più avanzata esperienza capitalista e col bieco e disumano sfruttamento perpetuato sui minatori americani. Il 17 maggio 1913 si imbarca da Le Havre sulla nave Rochambeau e nove giorni dopo sbarca a New York insieme a Giovanni Lombardi, di Vezzano Ligure. Allo sbarco i due dichiarano di essere diretti a Pueblo, da Cesare Vegnuti, cugino del Lombardi [4]. Da questo momento in poi si perdono le tracce di Dante e del suo compagno, anche se è certo che nell'ottobre del 1913 Cesare Vegnuti muore nella grande tragedia mineraria di Dawson. [5]

Ma dov'era stato Dante fino a quel momento? È un mistero irrisolto. È assai probabile che abbia partecipato alle rivolte del Colorado.
La sua ritrosia a parlare di sé stesso non ci lascia memoria (ricordando l'articolo I nostri caduti: Dante Carnesecchi: «... Gran parte delle sue gesta rimarranno per sempre ignorate, poiché, fu solo a compierle e ne portò il segreto alla tomba».) [6]

Intanto, nelle miniere intorno a Pueblo, proprio in quel periodo scoppia una grande rivolta con scioperi e scontri a fuoco tra minatori (molti ispanici e italiani) e vigilantes, affiancati dalla Guardia Nazionale, al servizio del padronato.

Il massacro di Dawson

Monumento dedicato al Massacro di Ludlow

Scioperi e scontri si fanno sempre più violenti in particolare nelle miniere controllate da Rockefeller (The Colorado Coalfield War, 1913-1914) [7] [8], trovando un tragico epilogo a Ludlow (Colorado), il 20 aprile 1914.

Quel giorno, dopo una lunga giornata di lotta tra scioperanti e la Guardia Nazionale del Colorado, due donne, undici ragazzini, sei minatori sindacalisti locali e uno nazionale vengono trucidati dalle forze al servizio del padronato. In risposta, i minatori armati decidono di attaccare decine di miniere, dando vita a diversi scontri con la Guardia Nazionale del Colorado.

Lo sciopero era stato organizzato dalla United Mine Workers of America (UMWA) contro le società di estrazione di carbone del Colorado. Le tre maggiori società minerarie erano proprietà dei Rockefeller: Colorado Fuel & Iron Company, RMF e Victor-Fuel Company (VAF). Ludlow, situato a circa 19 km a nord-ovest di Trinidad, in Colorado, è ormai una città fantasma. Il posto del massacro è sotto il "controllo" della UMWA, che eresse un monumento in granito, in memoria dei minatori e delle loro famiglie e dei caduti in quel tragico giorno.

Il rientro in Italia

Dopo l'ingresso dell'Italia nella Grande Guerra (maggio 2015), Dante viene richiamato alle armi nel giugno 1915. È sicuramente contrario al conflitto, ma rientra in Italia nell'ottobre-novembre dello stesso anno portando con sé due oggetti emblema del suo pensiero: un modernissimo fucile automatico ed una chitarra [9]. Nel novembre 1915 si presenta al distretto reduce dall'estero ed è inviato immediatamente al fronte. Ma Dante non ha alcuna intenzione di partecipare a questo macello ed è per questo che simula a più riprese attacchi epilettici, riuscendo incredibilmente a farsi riformare. Il 29 aprile 1916 viene congedato dal'Ospedale militare di Ravenna.

La Spezia, città in cui da ora in poi ruoterà la vita di Dante Carnesecchi, all'inizio del secolo era una delle più importanti roccaforti militari. Caratterizzata dalla presenza dell'Arsenale militare e di alcune delle più importanti industrie belliche italiane, era circondata da una serie di forti e polveriere che ne dominavano il golfo.

Dante inizia a lavorare nella Vickers Terni, una fabbrica che durante la guerra produceva armi da guerra, ma i cui operai era di predominanza anarchica. Nell'ottobre del 1917 lo scoppio della rivoluzione bolscevica in Russia suscita emozioni e speranze anche tra i proletari in Italia. Speranze che si accentueranno nel novembre del 1918, al momento della fine della Grande Guerra. In quel momento nella classe operaia comincia per davvero a serpeggiare l'idea che occorra fare come in Russia ed effettivamente a molti la rivoluzione appare un frutto maturo che aspetta solo di esser colto.

Anno 1919: moti operai ed un tragico comizio a Santo Stefano Magra

Nel 1919 Dante nasconde nei suoi boschi Renzo Novatore, ricercato per diserzione dalle autorità italiane, e sempre nello stesso anno partecipa in prima linea ai moti operai alla Spezia e ai disordini contro il carovita.
Il 13 giugno il suo nome compare per la prima volta nelle cronache giudiziarie: a Santo Stefano Magra gli anarchici locali chiamano i compagni spezzini per tenere un comizio rivoluzionario, si presentano Dante Carnesecchi, Tintino Rasi (Auro D'Arcola), Luigi Picchioni e Pasquale Bellotti.
Il maresciallo dei carabinieri vieta il comizio, ma Carnesecchi ha una reazione violentissima, così riportata negli atti processuali:

«... Mentre il Carnesecchi avanzatosi verso il Blanc minacciosamente gesticolando gli gridava: "Ma chi è Lei un prefetto, un viceprefetto? Lei è nulla, vada via. Autorità più non ve ne sono, comandiamo noi. Vogliamo fare quello che abbiamo fatto a Spezia", trovasi al fianco sinistro del vicebrigadiere il Picchioni ed a fianco del carabiniere Vannini il Bellotti, echeggiarono quasi contemporaneamente quattro colpi di rivoltella ed i due militi caddero mortalmente feriti... ».

I quattro anarchici fuggono e l'anarchico, sfuggito alla cattura, si dà alla latitanza. Da allora in poi gli avvenimenti si susseguono in una sequenza frenetica e il suo nome compare sempre più spesso nei ritagli dei giornali, sebbene nel gennaio 1920 venga assolto totalmente dall'accusa di omicidio.

Renzo Novatore, amico di Dante Carnesecchi

L'assalto alla polveriera

Ritrovata la piena libertà, Dante Carnesecchi continua la sua attività di ribelle antiautoritario alla Spezia, una città che a causa del contesto sociale fortemente condizionato dal ribellismo anarchico e dall'insofferenza all'autoritarismo delle truppe di mare potrebbe esplodere da un momento all'altro in una grande rivolta.

In questo contesto l'assalto alla polveriera di Vallegrande del 4 giugno 1920 fa probabilmente parte di un piano anarchico molto più vasto. Dante Carnesecchi dà il suo contributo a quello che è un vero e proprio atto insurrezionale, che avrebbe potuto anche sfociare in una rivoluzione e la cui portata ancora oggi non è stata appieno compresa dagli storici del mondo accademico. (Probabilmente essi ritengono e ritennero che non esistessero le premesse per un atto rivoluzionario di ampie proporzioni. Si potrebbe obiettare sostenendo che molte rivoluzioni esplosero senza che ci fossero apparentemente sufficienti premesse per poter riuscire).

La divisione dei partiti operai frammenta però l'unità della classe operaia, risultando di ostacolo all'attuazione del piano rivoluzionario. Le condizioni sociali però erano mature e solo dopo tre mesi, il 31 agosto, inizia l'occupazione delle fabbriche da parte delle maestranze in lotta. I marinai fanno sventolare per molti giorni la bandiera dei Soviet sulla caserma Duca degli Abruzzi. Carnesecchi, latitante, perché ricercato per l'assalto alla polveriera, partecipa attivamente all'organizzazione dell'occupazione.

Terminata l'occupazione in maniera non felice, Carnesecchi in modo rocambolesco viene tratto in arresto il 28 settembre.

La morte

Rimesso in libertà, dopo sei mesi di carcere preventivo, per mancanza di qualunque indizio, l'anarchico è vittima di un agguato ordito da sette carabinieri, ben noti in zona per aver provocato e arrestato altri sovversivi. «Si trattava - scriverà Auro D'Arcola - di una caserma speciale, fuori classe, a cui erano stati chiamati, mediante concorso volontario, una dozzina di militi scelti tra i più brutali e i più sanguinari dell'arma».

Dante Carnesecchi viene assassinato a Termo d'Arcola la sera del 27 marzo 1921, a pochi passi da casa sua. Secondo la versione delle “forze dell'ordine” egli aveva cercato di aggredire dei carabinieri, provocando la conseguente reazione degli stessi, ma tale versione sarà smentita in seguito dalla madre di Dante e dai suoi amici e compagni.

Di Dante Carnesecchi alla Spezia attualmente non esiste più né la tomba né il ricordo delle sue gesta e del suo pensiero.

Scritti e testimonianze del periodo

Attraverso una serie di scritti, articoli e testimonianze è possibile ripercorrere la vita di Carnesecchi e delinearne i tratti salienti della sua personalità.

L'assalto alla polveriera di Vallegrande, l'occupazione delle fabbriche e la cattura

  • Scritto estratto dal sito dell'Arma dei Carabinieri:

«Il 4 giugno 1920 un gruppo di 60 facinorosi tenta un colpo di mano contro i forti e l'arsenale della Spezia. La grande quantità di armi custodita rende la zona un bersaglio interessante per chiunque voglia fomentare i disordini. In silenzio e con la precisione di un buon reparto paramilitare, i 60 piombano sul corpo di guardia N della polveriera di Vallegrande. Le armi delle nove guardie passano di mano. Poco dopo viene neutralizzato il corpo di guardia G e la via è libera verso il recinto dei depositi con le sue tonnellate di armi e munizioni. Un giovane carabiniere emiliano, Leone Carmana, riesce invece a non perdere la testa. Fa sbarrare la porta d'accesso e si apposta con il suo fedele moschetto. Non c'è tempo per i consueti rituali ("Alto là, chi va là, fermo o sparo"): Carmana spiana con calma l'arma come se fosse al poligono ed infila una cartuccia dietro l'altra. A nulla vale il rabbioso fuoco degli assalitori, nemmeno una ferita al piede arresta il milite finché i rinforzi non chiudono la partita.» [10]

Mentre da un rapporto rilasciato a Migliarina [vicino alla Spezia], delle ore 5 del 5 giugno 1920, da un maresciallo dell'arma dei carabinieri si estrae questo significativo stralcio:

«Il predetto maresciallo di Fossamastra, che assicura la banda essere in maggioranza composta di abitanti del Limone e del Termo capitanata dal Carnesecchi e dal Ferrari Abele, che il detto graduato vide e non arrestò... ».

  • Lettera del viceprefetto dopo l'assalto alla polveriera di Vallegrande:

«I fatti di Spezia appaiono ben più gravi per l'ispirazione rivoluzionaria e per il contenuto evidentemente politico: essi senza dubbio fanno parte di una preparazione diretta a sovvertire l'ordinamento statale sono il frutto della propaganda e di una concezione anarchica che ha in questa circoscrizione lunghe e profonde radici. Fin dai primi momenti in cui io assunsi qui le mie funzioni ebbi sentore delle mene anarchiche e del proposito in parte deliberato degli estremisti di tentare qualche colpo di mano.
Ben compreso della... necessità di sventare simili trame criminose dedicai tutta la mia attività a questo scopo. Con rapporto del 18 aprile io ebbi ad informare la S.V. d'un primo complotto organizzato dagli anarchici col supposto consenso parziale o colla tacita adesione delle truppe specialmente di mare. Si sperava allora sull'ammutinamento di un equipaggio di una nave ancorata in questo porto e sull'azione concomitante e violenta degli anarchici non solo del circondario ma anche della provincia vicina. Il complotto non poté avere per varie circostanze...
Però fallito il colpo non desistettero gli organizzatori nei loro progetti d'azione diretta: che anzi in diverse riunioni ripresero le fila per un momento spezzate, e rinnovavano la fede di riuscire in un nuovo attentato che a breve scadenza si sarebbe deciso di eseguire. I disordini di Viareggio, poi quelli di Sarzana, l'agitazione stessa che si diffondeva alla Spezia sotto il pretesto del caro-viveri sembravano forse agli estremisti locali favorevoli all'attuazione dei loro propositi.
Un'ultima visita fatta qui nella settimana scorsa da Errico Malatesta, parve infondere vigore al proposito e senza dubbio sospinse all'azione che fu stabilita per i primi giorni del giugno corrente. Il piano, a quanto riferivano i confidenti, era basato sempre sull'appoggio del personale di marina ed aveva per fine di impadronirsi della polveriera e dei forti, dell'arsenale, degli stabilimenti industriali, dei punti principali della città e degli edifici pubblici.
Il piano doveva avere esecuzione in diverse parti contemporaneamente. Certo si trattava di un vasto disegno concepito follemente, senza alcuna visione pratica della sua difficile possibilità. La frase tipica con cui si vuole venisse deliberato: "Da cosa nasce cosa". Questa frase illumina le finalità del tentativo. Si faceva altresì molto affidamento nella partecipazione al movimento, una volta iniziato, della massa operaia, in ispecie in quella iscritta nell'unione sindacale. Se però il piano era troppo vasto ed audace per riuscire era tuttavia tale da destare le più serie preoccupazioni di fronte alle conseguenze gravissime che ne sarebbero scaturite se fosse stato anche in minima parte effettuato. Ed io non mancai di apprestare i mezzi di resistenza e fui ben sollecito di preavvisarne S. E. il Comandante in Capo della Piazza con ripetute e frequenti conferenze personali di cui l'ultima risale al pomeriggio di giovedì 3 corrente mese...
Senza l'intervento e la condotta ammirevole del carabiniere Carmana il tentativo criminoso avrebbe avuto ben diverso risultato I rivoltosi procedevano in silenzio sarebbero riusciti ad occupare la polveriera ove si contenevano ingenti quantità di esplosivi con quale pericolo è facile immaginare. Il carabiniere va premiato con un'alta ricompensa al valore... ».

  • Articolo da «IL SECOLO XIX» del 29 settembre 1920 intitolato Il famoso "Carnesecca:

«Il pregiudicato Dante Carnesecchi, colpito di ben quattro mandati di cattura per omicidio nella persona di un carabiniere, per attentato alla polveriera di Vallegrande, per reati contro la proprietà, è stato assicurato alla giustizia in una brillante operazione dei reali Carabinieri al Termo d'Arcola.
Al momento dell'arresto s'era nascosto in un armadio ed aveva accanto una rivoltella carica. La sua casetta come quella di un brigante degli antichi tempi era un vero arsenale di rivoltelle e di fucili con parecchie riserve di polvere pirica... ».

«Dante Carnesecchi è una delle più belle figure dell'individualismo anarchico. Alto, vigoroso, pallido e bruno. Occhi taglienti e penetranti di ribelle e di dominatore. Ha l'agilità di un acrobata ed è dotato di una forza erculea. Ha ventotto anni.

È un solitario ed ha pochissimi amici. L'indipendenza è il suo carattere. La volontà è la sua anima. Nelle conversazioni è un vulcano impetuoso di critica corrodente. È sarcastico, ironico, sprezzante... Sembra un paradossale ed è un logico. Le sue verità bruciano. La sua anima misteriosa e complicata è un mare sempre agitato da furiose tempeste dello spirito. Non ha mai scritto nulla ma ha pensato molto... E il suo pensiero non si aggira nel piccolo cerchio vizioso dei luoghi comuni. Va oltre... Le figure come la sua sono rarissime.
Parlarne troppo a lungo si corre sempre il rischio di guastarle. È un anarchico veramente individualista. Ecco tutto... Ora nel primo rastrellamento di delinquenti sociali fatto nei dintorni di Spezia, per ordine di Giolitti, Olivetti, e D'Aragona, è stato arrestato anche lui. "In una brillante operazione" fatta da cento e più carabinieri del re guidati da un loro ufficiale hanno invaso la sua casa e lo hanno catturato. La stampa merdosa della borghesia idiota e democratica, liberale e monarchica, ne ha dato l'annuncio trionfale ricamandolo di particolari talmente foschi da fare invidia ad uno di quei ripugnanti romanzi che solo quella carogna di Carolina Invernizio, buon' anima, sapeva scrivere. Naturalmente tutto ciò che si è scritto su di lui è falso come è falsa e bugiarda l'anima fangosa e putrida d'ogni miserabile giornalista venduto. Per amore della verità dobbiamo dire (a costo di disonorarlo) che non è pur vero che sia pregiudicato.
È giovane. Ama intensamente la libertà e la vita. Lo vogliamo fuori!
Anarchici individualisti A Noi!» [11]

Il rilascio, la premeditazione e la raccapricciante morte

  • Testimonianza di Auro d'Arcola:

«Durante il periodo dell'immediato dopoguerra, il territorio del circondario di Spezia fu particolare teatro d'una serie incessante di attentati anarchici contro le proprietà, le polveriere, le caserme, le autorità, le reti ferroviarie e telegrafiche. Ingenti patrimoni appartenenti allo Stato ed ai privati andarono distrutti; numerosi carabinieri ed agenti della forza pubblica perirono sotto la folgore della rivolta; il prestigio dell'autorità affogava nel ridicolo; i rivoltosi rimanevano ignoti, malgrado i numerosi arresti a casaccio. Il sospetto dell'autorità ' cadeva sul gruppo d'audaci che scuoteva le basi dell'ordine e della sicurezza borghese. E più del sospetto avevano la certezza che il Carnesecchi fosse tra questi, se non l'anima certamente il più temibile. Ma egli era un giovane senza precedenti giudiziari: un incensurato che non lasciava traccia delle sue colpe. Si tentò, tuttavia, più volte d'incolparlo. Invano. La polizia si accaniva ad arrestarlo. La magistratura mancava d'ogni prova perfino indiziaria per procedere. E non tardava a rilasciarlo in libertà. Non rimaneva che sopprimerlo» (Auro D'Arcola).

  • Articolo tratto da «Il Libertario» [12] dal titolo "I funerali di Dante Carnesecchi" del 7 aprile 1921:

«... con tutto ciò egli era lo spauracchio, il babau, lo spettro incubante dell'autorità, solo perché era un anarchico ed una figura fisicamente atletica ed energica. Un insieme di ombre, di esagerazioni iperboliche, di vociferazioni fantastiche valse a creare nell'autorità uno stato d'animo tenebrosamente odioso da indurle, dopo esperita ogni altra via, alla soppressione del nostro amico. Mercoledi, quando il giornale andava in macchina, ebbero luogo i funerali del caro indimenticabile compagno nostro Dante Carnesecchi assassinato dai carabinieri della stazione del Limone. La questura fece del suo meglio per applicare l'ostruzionismo e la censura ai manifesti degli anarchici e della Camera del Lavoro Sindacale. Soltanto alle ore 14,30 poterono essere affissi, vale a dire soltanto due ore e mezzo prima dei funerali... Malgrado questi miserevoli espedienti migliaia di compagni e di lavoratori intervennero ai funerali che riuscirono seri, imponenti, commoventi. Il carro era coperto di corone e la bara era avvolta da un labaro rosso, su cui era scritto in nero: Giù le armi! Vi erano i vessilli degli anarchici, dei comunisti, dei socialisti e delle organizzazioni aderenti alla Camera Sindacale e a quella Confederale. Senza che nessuno l'avesse chiesto spontaneamente nell'ora dei funerali lungo il percorso del corteo, dall'Ospedale Civile per via Provinciale al Cimitero dei Boschetti, tutti i negozi in segno di lutto erano chiusi e tutti salutavano commossi la salma del compagno nostro. Quando il corteo giunse sullo spiazzale della camera mortuaria del Cimitero vi si erano già riversati tutti gli abitanti del Limone, Termo d'Arcola e paesi vicini, accorsi tutti ad attestare la stima e l'affetto al povero assassinato e la protesta contro i suoi assassini. Dissero commoventi ed inspirate parole per gli anarchici il compagno Pasquale Binazzi ed Ennio Mattias per la Camera Sindacale».

  • Articolo da «IL SECOLO XIX» del 30 marzo 1921 intitolato Conflitto mortale con i carabinieri:

«Dante Carnesecchi di anni 29 noto anarchico, era da tempo ricercato dai carabinieri, quale sospetto colpevole della uccisione di un milite dell'arma. La notte scorsa i carabinieri lo trovarono al Termo d'Arcola insieme a due suoi compagni e lo fermarono. Il Carnesecchi estratto rapidamente il pugnale tentò di colpire e liberarsi: al suo tentativo rispose un colpo di rivoltella che lo ferì a morte. I suoi due compagni si dileguarono rapidamente nella oscurità inseguiti da altri colpi di rivoltella che pare abbiano raggiunto il segno e colpito uno dei fuggenti, perché sono state trovate sulla direzione della loro fuga, larghe tracce di sangue. Dal luogo del conflitto venne chiamata telefonicamente la P.A. che accorse rapida, come è consuetudine sua, e raccolse il Carnesecchi agonizzante. Infatti costui mentre la lettiga giunse all'ospedale spirò». [1]

  • Testimonianza dei compagni e della madre:

Gli anarchici denunciano apertamente i militi e li accusano di avere «proditoriamente e selvaggiamente assassinato» il loro compagno di ideali: il 27 marzo i carabinieri del "Limone", racconta «Il Libertario», «sono sortiti dalla caserma come "cannibali ebbri ed armati", al comando di un "nefasto brigadiere", e si sono recati "al canto provocatore di Bandiera rossa ed altri inni sovversivi in ricerca della preda designata al Termo d'Arcola". Qui hanno schiamazzato, bevuto e costretto, con la violenza, la gente a rincasare, poi sono piombati su C., che usciva di casa con lo zio Azeglio e l'amico Franceschini portando con sé una chitarra, e hanno brutalmente colpito Azeglio con una frusta e sparato a Franceschini, senza ferirlo. Quanto a Carnesecchi, egli è stato schiaffeggiato dal brigadiere e investito dai militi con "una briaca, tempestosa sfuriata di nervate", prima di essere abbattuto da una fucilata alla schiena e colpito da numerose rivoltellate e pugnalate, mentre i carabinieri urlavano "Vigliacco! Voglio spezzarti il cuore con una revolverata!" e il brigadiere ordinava "Prendi il pugnale, spaccagli il cuore!"».

Il 29 marzo 1921 la mamma di Carnesecchi smentisce la versione dell'accaduto, diffusa da "Il Tirreno" e da altri giornali conservatori, puntualizzando che il 27 marzo i carabinieri hanno ingiunto al figlio e ai suoi due compagni di fermarsi e di alzare le braccia: «Mio figlio e gli altri obbedirono chiedendo a quei sette [...] chi fossero. Rispose il brigadiere qualificandosi e mio figlio declinò allora il suo nome. A questo punto il brigadiere, saputo che davanti aveva mio figlio, gli vibrò uno schiaffo e tutti i carabinieri incominciarono a colpire con nerbate e pugnalate i tre disgraziati, i quali tentarono di salvarsi con la fuga. Mio figlio venne travolto e gettato a terra dove fu colpito da vari colpi di rivoltella e dì fucile. [...] È pure falso che mio figlio fosse colpito da mandato di cattura».

«La sera del 27 marzo, alla stazione di Termo d'Arcola, una squadra di carabinieri vestiti in borghese, usciti fuori dalla nuova caserma messa alla vicina Limone non sappiamo il perché... [13] partirono in numero di dieci, bene armati di fucili americani e di pugnali, e bene innaffiati di vino, al canto di "Bandiera rossa" s'avviarono in cerca della vittima da tempo predestinata: Dante Carnesecchi, l'anarchico spauracchio, uscito da pochi giorni dalle carceri di Sarzana ove era stato parecchi mesi in attesa del processo che poi non venne... Egli stava in quell'ora, in casa sua, suonando la chitarra in compagnia di uno zio violoncellista. Accostatisi a casa sua i dieci manigoldi vi s'appiattarono e al momento opportuno, cioè quando il buon Dante uscito da casa sua s'accingeva ad accompagnare lo zio all'abitazione di lui, sbucarono fuori con i fucili spianati e perquisirono quelle loro due prede. Vistele disarmate incominciarono "la funzione". Terribili colpi di nervo colpirono il nostro compagno alla faccia; egli si difese come poté colla chitarra che teneva in mano, ma questa ben presto andò in frantumi ed egli con un gesto disperato (aveva la faccia letteralmente spaccata dai nervi ferrati) riuscì a divincolarsi e a fuggire. Non aveva fatto ancora dieci passi che una raffica di colpi l'atterrò. Appena a terra gli furono sopra e gli vibrarono trenta pugnalate. Poi col calcio dei fucili gli spaccarono la testa. L'assassinio fu compiuto con tanta malvagità e tanta brutalità impossibili a concepirsi. Lo derubarono di tutto e poscia minacciarono di morte (vigliacchi, ormai egli era già in agonia!) anche i militi della Pubblica Assistenza che andarono per portarlo via. Un milite piangente nel caricarlo sulla barella gli disse: "Coraggio Dante". Ed egli, col filo di voce che ancora gli rimaneva: "Sono episodi della vita... Non è niente... Datemi dell'acqua... Muoio". Il brigadiere sempre col pugnale in mano urlò infuriato: "Ah vigliacco! Vivi sempre. Sei più duro d'un bue". E gli sputò ancora addosso... ».

Note

  1. 1,0 1,1 F. Bucci, R. Bugiani, M. Lenzerini, Dante Carnesecchi Dizionario biografico degli anarchici italiani, Tomo I, Pisa, BFS, 2003, pp. 325-326
  2. Nonostante non nasca in una famiglia ricchissima, probabilmente Dante discende dalla nobile famiglia dei Carnesecchi, che ebbe anche una lunga tradizione progressista. Approfondimenti: Cenni sulla discendenza
  3. La documentazione sul Carnesecchi è molto scarsa: manca anche la busta nel CPC
  4. Abitante in Pueblo, Box Elder street 823
  5. da Emigrati.it
  6. Un esperienza cosi intensa e drammatica giustificherebbe la fredda determinazione dimostrata in seguito in ogni sua azione.
  7. Per una conoscenza più ampia dei fatti di Dawson: I Fantasmi italiani di Dawson
  8. History Colorado Coalfield War
  9. Come una sorta di novello Joe Hill italiano, che Dante potrebbe aver conosciuto negli USA. Non era comunque propriamente nella norma che un emigrante tornasse dagli U.S.A. con un fucile automatico
  10. Associazione Nazionale Carabinieri
  11. Si noti come il saluto, popolarmente conosciuto come fascista, fosse in realtà utilizzato prima di Mussolini dagli antiautoritari e antifascisti (frange della sinistra, formazioni paramilitari antifasciste quali il Fronte Unito Arditi del Popolo, legionari fiumani ecc.), scaturito casualmente dopo un assalto degli Arditi Assaltatori e pronunciato da un capitano di questi con il probabile intento di incoraggiare la sfida all'avversario.
    Quando il fascismo ebbe fra le mani il potere, il cosidetto duce si affrettò ad eliminare tale saluto, che poteva risultare troppo egualitario, e sostituirlo con un ben più "coerente": «Al duce», onde far ben comprendere che i più o meno reali proponimenti "di sinistra" del primo fascismo, erano definitivamente riposti.
  12. Storica rivista diretta da Pasquale_Binazzi
  13. Si adombra la premeditazione dell'omicidio, dimostrata dalla creazione di una nuova caserma vicina al luogo dove abitava il Carnesecchi, formata da militi particolarmente motivati in chiave repressiva.

Bibliografia

  • F. Bucci, R. Bugiani, M. Lenzerini, Dante Carnesecchi Dizionario biografico degli anarchici italiani, Tomo I, Pisa, BFS, 2003, pp. 325-326

Voci correlate

Collegamenti esterni