Gli anarchici e la resistenza antifascista
Sin dall'inizio della dittatura fascista gli anarchici furono protagonisti di varie forme di resistenza al fascismo, che dall'8 settembre 1943 sfociarono in quella che la storiografia definisce ufficialmente la Resistenza antifascista vera e propria. Anche a quest'ultimo evento gli anarchici diedero il loro notevole contributo, nonostante si tenda a minimizzarlo o addirittura a nasconderlo, partecipando attivamente ad un momento cruciale della storia d'Italia e di quella movimento anarchico italiano.
Premessa
- Già contributo di Claudio Silingardi della Commissione Crescita Politica della sezione O.R.A. di Modena, nel notiziario «Crescita Politica» a cura dell'Organizzazione Rivoluzionaria Anarchica, n°1, Bari, aprile 1978:
Da sempre, la storiografia "ufficiale", nei confronti del movimento anarchico ha operato nel cancellare, mistificare e denigrare quello che è stato il ruolo, l'incisività del movimento nelle battaglie, nelle lotte dei proletari e nei sacrifici dei martiri della Resistenza.
Ma quando si va a parlare di quel periodo che va dalla fine della guerra di Spagna alla Liberazione, il movimento anarchico viene cancellato completamente (e con lui altri movimenti di matrice antistalinista) per lasciare il posto al partito della Resistenza, il PCI.
Ora, noi dobbiamo rivendicare la nostra partecipazione alle lotte di quegli anni, al confino, alla galera, alla resistenza, all'insurrezione popolare contro il fascismo.
Questo intervento vuole dare un minimo di conoscenza di quella che è stata, di come si è caratterizzata questa partecipazione. [1]
Il confino
Fin dal lontano novembre 1926 (ed anche prima), giorno in cui furono istituiti il "Tribunale speciale per la difesa dello Stato" e «le commissioni provinciali per l'assegnazione del confino di polizia», gli anarchici furono sempre ospiti graditi di quelle graziose isolette del Mediterraneo (Ustica, Ventotene, Tremiti) adibite a tale scopo. Al confino gli anarchici furono sempre il nucleo più compatto, sempre pronti a ribellarsi alle autorità del confino, mai rassegnati e sempre pronti a polemizzare con gli altri confinati.
In particolare furono molto tesi i rapporti con i comunisti, specie quando giunsero notizie dalla Spagna degli scontri tra anarchici e comunisti.
Alla caduta del fascismo i confini vennero "smobilitati" e, a questo riguardo, è indicativo il modo in cui venne smobilitata Ventotene.
Il "caso" Ventotene
Il caso di Ventotene è sintomatico delle discriminazioni di cui furono vittime gli anarchici. Alla caduta del fascismo i prigionieri furono così liberati: Giustizia e Libertà, cattolici, repubblicani e Testimoni di Geova; rimasero perciò reclusi comunisti, socialisti e anarchici.
Pietro Badoglio vuole portare al governo il comunista Roveda ed il socialista Buozzi, che immediatamente però impongono la liberazione dei loro compagni dal confino, lasciando al loro destino gli anarchici e gli antifascisti sloveni, presenti pure loro a Ventotene. E qui si incrina il vincolo di solidarietà antifascista che aveva tenuto legate tra loro le varie frange politiche detenute, indipendentemente dalle diatribe politiche che si sviluppavano. È vero che alcuni militanti di sinistra rifiutarono di andarsene senza gli anarchici, ma altri invece, la maggioranza, abbandonarono il luogo di confino.
Poco tempo dopo la partenza degli altri antifascisti, gli anarchici di Ventotene vengono indirizzati verso il campo di concentramento di Renicci d'Anghiari, vicino ad Arezzo. Durante il viaggio di trasferimento in molti tentano la fuga ma solo uno vi riesce poiché la scorta fatta loro dai poliziotti e carabinieri è feroce, d'altronde molti di questi si comportavano da aguzzini durante il regime fascista e tali restarono a fascismo caduto, a parte alcune eccezioni.
Arrivati al campo di concentramento di Renicci d'Anghiari inizia immediatamente lo scontro fra gli anarchici e le "guardie" del "campo", per cui, tanto per cominciare, due anarchici (Marcello Bianconi e Arturo Messinese) vengono segregati, dando inizio ad una violenta protesta che vede tra gli organizzatori Alfonso Failla. Iniziati gli scontri, molti anarchici riescono a fuggire e a ritirarsi in montagna, dove si aggregano alla lotta partigiana presente nell'aretino. In seguito, l'arrivo dei nazifascisti i guardiani del campo fuggono in quanto non si fidano più dei loro "alleati" o ex "alleati", visto il periodo, il campo rimane quindi incustodito e gli anarchici restanti possono raggiungere finalmente la agognata libertà. [2]
Dal confino alla resistenza: gli anarchici e le lotte operaie
Nell'imminenza della caduta del fascismo, gli anarchici al confino discutono sul cosa fare, in particolar modo rispetto all'azione nelle masse proletarie.
A Ventotene, gli anarchici confinati approvano una risoluzione che invita i compagni:
- «ad iscriversi nei sindacati di mestiere e di professione, per avere uno stretto contatto con le masse lavoratrici, indirizzando queste nella lotta veramente rivoluzionaria, per la conquista delle rivendicazioni proletarie, propagandando l'ordinamento libertario per la costituzione dei Consigli di Fabbrica, di azienda, d'industria nel campo produttivo»
Quindi una posizione consiliare, di reale presenza nella classe, che sfocerà, dopo la resistenza, nella presenza degli anarchici nella Confederazione Generale del Lavoro (CGdL) a Carrara nel sindacato minatori con Sassi e nella Camera del Lavoro con la segreteria Meschi, a Genova nel sindacato facchini del porto con Bianconi, nonché in altre località (Sestri Ponente, Lavagna, Torino, Bologna ecc.) dove un gran numero di compagni lavoratori partecipava alla vita del sindacato.
Dopo la scissione del 1948 (CISL) e del 1950 (UIL), gli anarchici parteciparono alle elezioni delle Commissioni Interne con proprie liste dei Comitati di Difesa Sindacale (CDS). Nell'attribuzione di percentuali rappresentative concordate, alla corrente anarchica toccarono piccole percentuali che però consentirono l'inserimento nel Comitato Direttivo Nazionale della CGIL di tre rappresentanti dei CDS: Bianconi, Marzocchi e Parodi.
Nel Comitato Centrale della FIOM entrarono alcuni compagni: Gervasio di Milano, Scattoni di Roma, Parodi di Genova, mentre in altri sindacati di settore viene registrata la presenza dei compagni: Marzocchi negli Enti Locali a Savona, Vinazza nel sindacato edili di Sestri Ponente, Wanda Lizzani nell'INCA di Genova, Vignale nel sindacato tessili a Lavagna, Matteuzzi nel sindacato FIOM a Bologna, Giacomelli nel sindacato FIOM a Bolzano, Baglioni e Cervetto nel sindacato FIOM a Savona, Demi nella FIOM-FIAT a Torino, Menella nel sindacato marittimi a Napoli, Pedone segretario del sindacato marittimi a Torre del Greco.
Una presenza limitata, disorganica, se da una parte perché nei fatti il "Patto di Roma" (9.6.1944) aveva ratificato l'egemonia delle grandi componenti (PCI, DC, PSIUP) e tagliò fuori le componenti di minoranza, dall'altra parte per la continua opera di distruzione e di disorientamento operata da quella sedicente componente del Movimento Anarchico, facente capo agli "americani" de «L'Adunata dei Refrattari» [3].
Nella resistenza
Decisa è la partecipazione degli anarchici alla resistenza, soprattutto se consideriamo che in quegli anni gli anarchici erano divisi tra carcere, confino ed esilio. Nonostante questo, in tutto il nord Italia la presenza degli anarchici nella lotta partigiana fu un fatto qualificante ed innegabile, anche se si espresse in maggior parte come contributo individuale e solo in alcune zone come fatto organizzato.
Quindi è chiaro che questa partecipazione si espresse principalmente in quelle zone dove vi era una grossa tradizione libertaria e, dato non indifferente, anche attraverso altre formazioni partigiane, come le Brigate Garibaldi (comunisti), le Brigate Matteotti (socialisti) e quelle di Giustizia e Libertà (GL).
Di conseguenza è difficile stabilire con precisione il numero degli anarchici partigiani, anche se qualcuno ha tentato, valutando questa partecipazione nel numero di 18.000-20.000 unità.
È da sottolineare che una parte del movimento anarchico, seppur minoritaria, dopo l'8 settembre del 1943 non partecipò alla lotta di resistenza partigiana, sia perché di matrice non violenta e sia perché si rifiutarono di prendere parte ad un conflitto che, secondo loro, mostrava caratteri imperialistici. [4] [5].
Lombardia
Milano
A Milano forte era la presenza degli anarchici e reale la loro incidenza nella classe. Quindi fu uno dei primi luoghi in cui gli anarchici si organizzarono in formazioni proprie. Gli anarchici milanesi ebbero una figura di primo piano in Pietro Bruzzi, torturato e poi fucilato dai fascisti. Dopo la sua morte, gli anarchici costituirono le Brigate Bruzzi e Malatesta che, secondo uno storico della resistenza, socialista, contavano non meno di 1.300 uomini.
Le due brigate avevano la sede del loro comando nello stabilimento Carlo Erba ed erano presenti nel quartiere di Porta Ticinese. Il giorno dell'insurrezione, il 25 aprile, ebbero un ruolo molto importante: disarmarono una colonna tedesca vicino ad Affiori, così poterono di fatto controllare tutta la zona industriale.
Il 26 occuparono le scuole di Via Maciochini e controllarono le arterie che conducono al Sempione e a Porta Garibaldi. Fu conquistata e controllata la caserma Mussolini e la centrale elettrica. La caserma della Xª MAS fu espugnata da gruppi anarchici e lo stesso avviene per altre caserme. Le Brigate Malatesta occuparono lo stabilimento Triplex, la radio (assieme ad altre formazioni) delle ferrovie del Sempione, del Comune di Pero, di posti di polizia.
Dopo qualche giorno, iniziarono da parte delle Brigate le requisizioni di viveri, indumenti e l'immediata distribuzione alla popolazione. Prese corpo anche la trasformazione di fabbriche e officine appartenenti ai fascisti in cooperative, inizia l'eliminazione di fascisti e spie.
Pavia, Como, Brescia e Lomellina
A Como agì la Banda "Amilcare Cipriani" comandata da Tarcisio Robbiati; nella zona di Pavia le Brigate Bruzzi e Malatesta, nello specifico la 2a Brigata "Errico Malatesta", furono al comando di Antonio Pietropaolo; a Brescia l'ala anarchica (Bortolo Ballarini e Ettore Bonometti tra gli altri) confluì in una formazione mista Giustizia e Libertà e Garibaldina.
Piemonte
Torino
A Torino gli anarchici furono in prima fila nella lotta insurrezionale. La loro roccaforte si trovava alle Ferriere FIAT e in genere in tutta la zona della Barriera Milano, dove operava il 33° Battaglione S.A.P. Pietro Ferrero (in onore e in ricordo di Pietro Ferrero). Tra gli antifascisti anarchici che persero la vita vanno segnalati Dario Cagno e Ilio Baroni. Altri compagni anarchici furono presenti nell'astigiano, in particolare Taraglino, che partecipò ai moti spartachisti del 1919 in Germania.
Toscana
Carrara
A Carrara e in tutto l'Appennino ligure-tosco-emiliano gli anarchici operarono con 3 formazioni ed una divisione, oltre che decine di altri gruppetti.
La prima a formarsi fu il Battaglione Gino Lucetti (in onore e in ricordo di Gino Lucetti), comandata da Ugo Mazzucchelli; in zona inoltre operarono la "Michele Schirru", la divisione "Garibaldi Lunense" [6] e la formazione "Elio Wochiechewich", in cui militarono anche Belgrado Pedrini e Giovanni Mariga (a quest'ultimo, dopo la fine della guerra, venne assegnata la medaglia d'oro al valor militare, che fu da lui rifiutata per coerenza con i suoi valori anarchici).
Altri gruppi che operarono nella zona furono: Elio, Sap R.Macchiarini, Sap-Fai.
La Resistenza anarchica fu particolarmente sviluppata in queste zone, sia perché luoghi dalle solide tradizioni libertarie e sia perché vennero perpetrati massacri immondi da parte dei nazifascisti come quello di Sant'Anna di Stazzena (560 morti), di Vinca (173 morti) e di San Terenzo Monti (163 morti), tutti fatti dell'agosto 1944, che in pratica incrementarono l'odio nei confronti dei fascisti [7]. Di fatto in queste zone furono gli anarchici a guidare l'insurrezione popolare contro il fascismo, e questo provocò non pochi scontri con le formazioni del Partito Comunista, scontri che furono messi a tacere in nome dell'unità tra i partigiani.
Pistoia e Lucca
A Pistoia le prime formazioni partigiane furono formate da anarchici e da militanti del Partito Comunista Libertario (nato nel 1939). Tra queste sono da segnalare le Squadre Franche Libertarie [8] e la formazione che alla morte del loro comandante prese il nome di "Silvano Fedi", formata da 53 elementi. La brigata si costituì come nucleo ad opera di Egisto Gori e Minos Gori [9], Tito Eschini e Mario Eschini, Tiziano Palandri e Silvano Fedi.
La "Fedi" a Purvica, non si preoccupò solo della lotta armata, ma anche di organizzare la vita sociale della popolazione: convinsero i contadini a battere il grano che essi avrebbero lasciato marcire per la mancanza di mercato, impiantarono un forno in cui lavorano fissi 2 compagni anarchici e distribuirono il pane gratuitamente alla popolazione. Fu anarchica la prima formazione partigiana ad entrare in Pistoia, comandata dal compagno Artese Benesperi. Alle 5 della mattina, la bandiera rossa e nera sventolava sul campanile del duomo, alle 10 però fu sostituita da quella tricolore.
A Lucca e nella Garfagnana agì la brigata autonoma Manrico Ducceschi, formata in buona parte da anarchici, che riuscì a catturare circa 8000 nazifascisti, anche se al prezzo di 300 perdite umane [10].
Livorno, Pisa e Grosseto
A Livorno gli anarchici si impossessarono per primi delle armi custodite nelle caserme della città e nei locali dell'accademia navale di Antignano; molti anarchici finirono poi inquadrati nei Gap e nelle Brigate d'assalto Garibaldi. Altre zone a forte influenza anarchica ci furono a Pisa e nella Maremma.
Nomi particolarmente conosciuti sono: Virgilio Antonelli, confinato ed incarcerato dai fascisti dal 1926 al 1941 e Giovanni Biagini. A Grosseto si ricorda Pietro Bianconi (Piombino 1924 - 1992), partecipò alla Resistenza prima come gappista nelle file del Partito d'Azione, poi nella III Brigata Garibaldi sui monti del grossetano. Un tribunale repubblichino lo condannò a morte nel '44; membro del Direttivo nazionale della CGIL fino al '59, collaboratore a giornali e riviste della sinistra extraparlamentare ed anarchiche, condannato più volte dal '68 al '72, imprigionato per la sua attività di scrittore antimilitarista anarchico [11].
Firenze
A Firenze il Partito Comunista formò una Banda partigiana sul Monte Morello, comandata da Lanciotto Ballerini. Lanciotto, che morirà in combattimento, affrontò da solo i fascisti, permettendo la salvezza a molti suoi compagni e riuscendo ad infliggere grosse perdite ai nazifascisti.
Veneto
A Verona l'anarchico Giovanni Domaschi fondò ed organizzò il CLN operante in zona, dal 1922 al 1943 aveva subito 11 anni di carcere fascista e 9 di confino con all'attivo 2 evasioni [12], dopo l'ultima delle quali fu portato a Dachau, ove morì.
Friuli
Una parte di anarchici operò all'interno di formazioni comuniste, ad esempio nella divisione "Garibaldi-Friuli", mentre a Trieste Giovanni Bidoli coordinò il lavoro delle squadre autonome anarchiche con i partigiani di altra estrazione politica. Bidoli verrà deportato nei campi di concentramento tedeschi, da cui non tornerà mai più, così come Carlo Benussi. Nicola Turcinovich, già miliziano della "Colonna Francisco Ascaso" (comandata per un certo periodo da Carlo Rosselli, di cui nel seguito porterà il nome), da Trieste va a Genova combatté con le squadre anarchiche locali. Fra questi i partigiani anarchici della zona si ricorda Italo Cristofoli caduto durante un attacco alla caserma dell'esercito tedesco a Sappada.
Carnia
Sin dall'8 settembre si costituirono dei piccoli gruppi locali che iniziano a raccogliere i soldati della divisione Julia e ad inviarli nelle montagne a combattere. In Carnia i partigiani anarchici costituirono una zona libera autogestita, sul tipo repubblica partigiana, iniziando inoltre un'opera sistematica di "esproprio" delle armi dalle caserme fasciste. Guidava le operazioni l'operaio anarchico Italo Cristolfi (detto Aso). Gli anarchici successivamente si inseriscono nei quadri della divisione Garibaldi-Friuli, dando prova di grande valore (Aso fu ucciso nell'assalto ad una caserma tedesca).
Liguria
Genova
Per approfondire, vedi Anarchici e Resistenza a Sestri Ponente. |
Uno dei primi momenti di rivolta contro i nazifascisti a Genova fu messo in atto da Eugenio Maggi, anarchico di Sestri Ponente, dove era presente un forte sentimento antifascista e il ricordo della Difesa della Camera del lavoro di Sestri Ponente ad opera degli Arditi del Popolo.
A Genova operarono squadre di azione anarchiche nella zona di Genova-Arenzano e squadre di azione della Federazione Comunista Libertaria a Genova-Sestri (a cui deve aggiungersi la Brigata Pisacane). Tra gli anarchici più attivi nella resistenza genovese si ricordano Bianconi (membro del CNL di Pontedecimo), Grassini (della "formazione Malatesta"), Caviglia, Sardini, Pittaluga ecc..
Quest'ultimo nelle ultime fasi della lotta per la liberazione della città, circondato dai tedeschi asserragliati nell'albergo Eden, all'invito di arrendersi risponde con il lancio di una bomba a mano, cadendo poi ucciso dai fascisti. Oltre a queste zone, dove gli anarchici ebbero un peso determinante, sono da segnalare delle presenze interessanti anche in altre zone: a Trieste ed in Istria operano numerosi anarchici anche se non costituiscono formazioni proprie, ma lavorano assieme alle formazioni comuniste.
La Spezia, Sarzana
Nella zona della Spezia e Sarzana operarono diverse formazioni partigiane in stretto rapporto con quelle di Carrara e della Lunigiana. Due consistenti gruppi erano comandati da due anarchici, Fernando Contri e Del Carpio; nella zona caddero in scontri a fuoco coi nazifascisti altri due partigiani anarchici assai conosciuti: Renato Olivieri, che aveva già subito 23 anni di carcere fascista, e Renato Perini.
Emilia Romagna
Ravenna
A Ravenna, numerosi furono gli anarchici che parteciparono alla lotta nella 26^ Brigata Garibaldi. Fra i più attivi: Guglielmo Bartolini e Pirro Bartolazzi del CNL provinciale, Merli anche lui del CNL, Melandri, Bosi, Gatta, Galvani. Si ricordano ancora, Pasquale Orselli comandante della prima squadra partigiana che giunge a Ravenna per la Liberazione, Fabio Melandri, responsabile settore sostentamento e munizioni che verrà ucciso con la figlia dai nazifascisti.
Bologna, Modena, Reggio Emilia
Nelle zone di Bologna e Modena sono da ricordare per numero ed importanza di azioni militari Primo Bassi di Imola, Vindice Rabitti, Ulisse Merli, Aladino Benetti, Attilio Diolaiti che fu fucilato nel 1944 alla Certosa; questo è di particolare rilievo in quanto aveva partecipato ed organizzato le prime brigate partigiane di Imola, militando nella formazione "Bianconcini" e fu presente anche a Bologna con la formazione "fratelli Bandiera" e la 7a Gap.
A Reggio Emilia la 26a brigata d'assalto "Garibaldi" prese il nome di Enrico Zambonini [13], anarchico fucilato su ordine del Tribunale speciale e poi catturato con gli uomini della squadra di Don Pasquino Borghi [14], partigiano combattente in contatto con i fratelli Cervi e fucilato con Don Pasquino Borghi a Villa Minozzo, nella cui piazza comunale è ora presente una lapide che ricorda il suo «Viva l'Anarchia» urlato in faccia al plotone di esecuzione.
Piacenza
A Piacenza, operarono due anarchici molto stimati e conosciuti, Savino Fornasari [15] e Emilio Canzi. Quest'ultimo divenne comandante di tre divisioni e di 22 brigate, per un totale di 11.000 uomini. Partecipò attivamente alla ricostruzione del movimento comunista anarchico fino alla sua morte, in un incidente alquanto strano, nel novembre 1945.
Marche
Nelle Marche operarono alcune formazioni anarchiche non autonome, che tuttavia confluirono in diverse Brigate Partigiane ad Ancona, Fermo e Sassoferrato. A Macerata morì Alfonso Pettinari, vittima della repressione fascista (aveva subito molti anni di confino) e commissario politico di una brigata Garibaldi.
Lazio
È da segnalare la presenza di bande partigiane libertarie a Roma, delle quali facevano parte tre militanti libertari che furono uccisi nell'eccidio delle Fosse Ardeatine. A Roma gli anarchici operarono in diverse formazioni partigiane, a parte il gruppo autonomo di operai a comando di Riziero Fantini [16].
Le formazioni partigiane in cui erano presenti anarchici furono: Bandiera Rossa Roma, in cui militarono Raffaele De Luca [17] ed Umberto Scattoni [18], ma principalmente nelle formazioni di Giustizia e Libertà comandate da Vincenzo Baldazzi, amico di Aldo Eluisi [19], azionista ma molto vicino ideologicamente al movimento anarchico. I due legati da antica e profonda amicizia furono fra i fondatori degli Arditi del Popolo, provenendo entrambi dalle fila degli Arditi, Baldazzi aveva avuto come maestro Errico Malatesta. Altro partigiano anarchico molto conosciuto fu Ettore Dore miliziano antifascista in Spagna nella Colonna Ascaso.
Sud Italia
Solo in Sardegna e in Puglia le Forze Armate italiane riuscirono da sole a sconfiggere i nazifascisti, nel resto del meridione ci furono molte rivolte e sollevazioni popolari, soprattutto nelle campagne, ma non solo (a Napoli tutta la popolazione si rivoltò per scacciare i nazisti). A Cosenza, nel 1943, l'anarchico ferroviere Nino Malara fu tra i protagonisti della sollevazione antifascista e tra i fondatori del "Comitato di Liberazione per il Fronte Unico" [20].
Cercando di concludere...
I fatti sopra esposti, pur mancando di un necessario approfondimento, danno però la possibilità di comprendere come la nostra partecipazione alla resistenza non fu "irrilevante".
Una partecipazione però limitata, con un'incidenza nelle lotte proletarie "limitata" rispetto alle possibilità e poco produttiva nei termini di organizzazione e di coscienza.
Questo per numerosi fattori, sia interni che esterni al movimento anarchico. Rispetto ai fattori interni, incise molto la mancanza di un partito che raccogliesse i compagni su posizione di classe e che riuscisse a darsi un minimo di strategia adeguata al momento, e l'operato di "forze" che lavoravano in senso opposto, cercando di trasformare il Movimento Anarchico in un movimento di opinione, isolato dalle lotte proletarie: cioè gli "americani" (L'Adunata dei Refrattari" e gli individualisti e antiorganizzatori vari).
Nonostante questo, in alcune realtà il movimento riuscì a darsi un minimo di organizzazione. A Milano operava la Federazione Comunista Libertaria milanese (4000 iscritti) che fu promotrice di quel convegno delle federazioni comuniste libertarie alta Italia che si tenne a Milano nel 1945.
Ecco alcuni punti dall'ordine del giorno:
- 1) postulati del comunismo libertario, sul terreno politico, economico e sociale
- 2) organizzazione sindacale e nostra posizione rispetto al funzionamento delle commissioni di fabbrica, rispetto alla gestione, alla produzione, al consumo
- 3) rapporto con i partiti sul terreno politico, sindacale e militare"
Per dare la dimensione di questa maturità politica raggiunta e dell'articolazione tattica e strategica delle mozioni conclusive, ecco alcune conclusioni:
- Organizzazione sindacale:
- «Il convegno delle federazioni comuniste libertarie dell'alta Italia, riconosciuta la necessità contingente dell'unità sindacale;riconosciuta pure la necessità della nostra partecipazione al movimento sindacale; invita tutti i compagni d'Italia ad interessarsi attivamente al movimento stesso, partecipando ai consigli di fabbrica, alle commissioni interne ecc. allo scopo di poter imprimere alle masse operaie le nostre direttive e di divulgare tra le stesse i nostri principi libertari.»
- Rapporti col Comitato di Liberazione Nazionale (CLN)
- «Il convegno (...) considerando che nel periodo cospirativo la presenza dei comunisti libertari, sia nelle formazioni partigiane di montagna che di città che al CLN, ha impresso all'opera degli stessi un andamento più democratico e rivoluzionario... Incarica il consiglio della FCL Alta Italia di entrare in contatto con CLN Alta Italia, affinché sia assicurato il diritto ai nostri compagni di entrare in tutti quei comitati ove il nostro impresso sia ritenuto necessario ed utile ai fini del controllo e della preparazione rivoluzionaria".» [21]
Note
- ↑ Premessa interamente estratta dal foglio della sezione della FdCA di Fano/Pesaro
- ↑ Capitolo in parte estratto dal foglio della sezione della FdCA di Fano/Pesaro
- ↑ Capitolo interamente estratto dal foglio della sezione della FdCA di Fano/Pesaro
- ↑ Capitolo interamente estratto dal foglio della sezione della FdCA di Fano/Pesaro e da Brigate Anarchiche operanti nella Resistenza
- ↑ Il post scriptum non è parte integrante del foglio, da cui è stato estrapolato l'articolo, ma sono annotazioni storiche riportate dai redattori dell'articolo
- ↑ Archivio della resistenza
- ↑ Nel 1944, Gino Menconi, ex confinato politico e figura di riferimento dell'antifascismo e della Resistenza carrarese, muore nel parmense a Bosco di Corniglio, classico luogo di ritrovo delle figure più influenti della lotta partigiana e sede del Comando Unico parmense, circondato e attaccato da alcuni reparti tedeschi. Intanto, a Forno, il CLN di Apuania riconosce alla Divisione Lunense il ruolo di Comando Unico e coordinamento della Resistenza apuo-lunigianese
- ↑ Resistenza e Rivoluzione, il sogno di Silvano Fedi di Onofrio Gori
- ↑ Egisto e Minos Gori
- ↑ Dal sito dedicato a Manrico Ducceschi
- ↑ Si veda inoltre: Gli anarchici italiani nella lotta contro il fascismo, edizioni Archivio Famiglia Berneri
- ↑ Circolo Rosselli Milano le evasioni di Domaschi
- ↑ Biografia ANPI di Enrico Zambonini
- ↑ Biografia ANPI di Pasquino Borghi
- ↑ Savino Fornasari, ferroviere, nacque a Mortizza in provincia di Piacenza nel 1882. Fu il massimo esponente del fiorente movimento anarchico sviluppatosi nel piacentino immediatamente dopo il primo dopoguerra. È stato il fondatore dell'Unione Comunista Anarchica, sezione di Piacenza, e anche un esponente della Camera del lavoro. Espatria a causa dell'avvento del regime fascista e lavora all'organizzazione dei libertari contribuendo, a Parigi, alla formazione del comitato pro-Spagna. Dopo varie vicissitudini viene confinato a Ventotene, dopo l'8 settembre riesce a tornare a Piacenza ma non prende parte alla Resistenza armata dato che ormai è ultrasettantenne e non in buona salute ma partecipa attivamente alla riorganizzazione del movimento libertario locale e muore a Piacenza investito da un automezzo degli alleati come Emilio Canzi dopo la Liberazione. Dossier Savino Fornasari
- ↑ Fantini, inizialmente comunista, nel 1910 emigrò negli USA, divenne anarchico e conobbe Sacco e Vanzetti; nel 1921 fu in Italia per costituire comitati in favore di Sacco e Vanzetti. Si veda Biografia ANPI di Riziero Fantini
- ↑ Biografia ANPI di Raffaele De Luca
- ↑ Biografia ANPI di Umberto Scattoni
- ↑ Storia del Circolo Giustizia e Libertà di Roma
- ↑ da FdCA
- ↑ Conclusioni interamente estratte dal foglio della sezione della FdCA di Fano/Pesaro
Bibliografia
- L'antifascismo rivoluzionario, BFS, Pisa, 1993
- La resistenza sconosciuta, Zero in Condotta, Milano, 1995
- Pietro Bianconi, La resistenza libertaria, TraccEdizioni, Piombino, 1984
- Paola Feri, Il movimento anarchico in Italia (1944-1950), dalla resistenza alla ricostruzione, FIAP, Roma, 1978
- Gaetano Manfredonia, La Resistenza sconosciuta: gli anarchici e la lotta contro il fascismo, 1995
- Roberto Gremmo, L'ultima Resistenza: le ribellioni partigiane in Piemonte
- Atti della giornata di studi su L'Antifascismo rivoluzionario. Tra passato e presente, Pisa, 25 aprile 1992, BFS, 1993
- Giornali anarchici della Resistenza 1943-'45 / Gli anarchici e la lotta contro il fascismo in Italia, Ediz. Zero in Condotta, Milano, 1995
- Adriana Dada', L'anarchismo in Italia: fra movimento e partito. Storia e documenti dell'anarchismo italiano, Teti, Milano, 1984
- I. Rossi, La ripresa del movimento anarchico italiano e la propaganda orale dal 1943 al 1950, RL, Pistoia, 1981
- Pietro Bianconi, Gli anarchici nella lotta contro il fascismo, Ediz. Archivio Famiglia Camillo Berneri, Pistoia, 1988
- G. Cerrito, con Adriana Dadà e Maria Pacini, Gli anarchici nella resistenza apuana, Fazzi Editore, Lucca, 1984
- M. Rossi, Avanti siam ribelli..." Appunti per una storia del movimento anarchico nella Resistenza, BFS, Pisa, 1985
- M. Lampronti, L'Altra Resistenza. L'Altra Opposizione (comunisti dissidenti dal 1943 al 1951), Antonio Lalli, Firenze, 1984
- C. Venza, Umberto Tommasini. L'anarchico triestino, edizioni Antistato, Milano, 1984
- L. Cavalli, C. Strada, Nel nome di Matteotti. Materiali per una storia delle Brigate Matteotti in Lombardia, 1943-1945, FrancoAngeli, Milano, 1982
- G. Manfredonia, Les Anarchistes italiens en France dans la lutte antifasciste, in "Collection de l'Ecole francaise de Rome", Roma, n. 94/1986
- M. R. Bianco, Les anarchistes dans la Resistance", vol. 2, Témoignages 1930-1945, in "Bulletin" C.I.R.A. Marsiglia, n. 23/25 del 1985
- I. Tognarini, Guerra di sterminio e Resistenza. La provincia di Arezzo 1943-1944, E.S.I., Napoli, 1990
- L. Bettini, Bibliografia dell'anarchismo, vol. 1, tomi I e II, C. P. editrice, Firenze, 1972-1976
- Giorgio Sacchetti, Resistenza e guerra sociale. Il movimento anarchico e la lotta di liberazione 1943-1945, in «Rivista Storica dell'Anarchismo», Pisa, a. II, n. 1/1995
- Giorgio Sacchetti, Gli anarchici contro il fascismo, 'Sempre Avanti', Livorno, 1995 in "Almanacco Socialista", Milano, ed. Avanti! 1962, "A - Rivista Anarchica", Milano, n. 4/1973 Gli anarchici contro il fascismo
- Gaetano Perillo, Gibelli Camillo Storia della Camera del lavoro di Genova: Dalle origini alla Seconda guerra mondiale, 1980
- Cesare Bermani anarchici e socialisti a Milano nº2 del dicembre 2009 di L'impegno Rivista di Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nelle provincie di Biella e Vercelli Cino Moscatelli
Voci correlate
- Testimonianza sul campo di concentramento di Renicci d'Anghiari (tratto da socialismo libertario)
- Anarchici e Resistenza
- La resistenza anarchica nella Germania nazista
Collegamenti esterni
Articoli
- Gli anarchici contro il fascismo: 1943 - 45Achtung Banditen!, articolo tratto da «Umanità Nova»
- Gli anarchici e la resistenza al fascismo
- Gli anarchici contro il fascismo di A.A.V.V. (20 aprile 1973), articolo tratto da A-Rivista Anarchica
- Documento su anarchici e resistenza, da Circolo anarchico Ponte della Ghisolfa.
- Gli anarchici a Carrara
Video
- Gli anarchici nella resistenza (NGV video) oppure
- Gli anarchici nella resistenza: I parte, II parte, III parte