Albert Camus: differenze tra le versioni

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===Il secondo dopoguerra: dal comunismo all'anarchismo===
===Il secondo dopoguerra: dal comunismo all'anarchismo===
Finita la guerra, diviene redattore-capo di "Combat" e prosegue costantemente il suo impegno civile assumendo posizioni nette su tutti i grandi temi che scuotono il mondo: la bomba atomica, i movimenti di decolonizzazione, la pena di morte. La sua radicale contestazione della società  tuttavia non gli fa prendere posizioni [[dogmatismo|dogmatiche]] nei confronti di alcuna ideologia, criticando tutto quello che poteva allontanare l'uomo dalla sua dignità . Dopo l'entrata nell'ONU della [[franchismo|Spagna franchista]] per protesta lascia il posto all'UNESCO, così come è tra i pochi a criticare apertamente i metodi brutali dei comunisti in occasione della [[repressione]] di uno [[sciopero]] a Berlino Est.  
Finita la guerra, diviene redattore-capo di "Combat" e prosegue costantemente il suo impegno civile assumendo posizioni nette su tutti i grandi temi che scuotono il mondo: la bomba atomica, i movimenti di decolonizzazione, la pena di morte. La sua radicale contestazione della società  tuttavia non gli fa prendere posizioni [[dogmatismo|dogmatiche]] nei confronti di alcuna ideologia, criticando tutto quello che poteva allontanare l'uomo dalla sua dignità. Dopo l'entrata nell'ONU della [[franchismo|Spagna franchista]] per protesta lascia il posto all'UNESCO, così come è tra i pochi a criticare apertamente i metodi brutali dei comunisti in occasione della [[repressione]] di uno [[sciopero]] a Berlino Est.  
[[File:Prudhommeaux1.jpg|thumb|[[André Prudhommeaux]], sarà  lui ad introdurre Camus negli ambienti anarchici]]
[[File:Prudhommeaux1.jpg|thumb|[[André Prudhommeaux]], sarà  lui ad introdurre Camus negli ambienti anarchici]]
Nel [[1947]], con il romanzo, ''La peste'', Camus inizia un nuovo ciclo incentrato sul tema della [[rivolta]], dove l'umanità  è posta davanti al simbolo di un male insormontabile. Importantissimo sarà  il lavoro teatrale dell'autore, ''I giusti'', testo del [[1950]] che parla di terrorismo e [[rivolta]], contrapposizione fra rivolta libertaria e [[marxismo|ortodossia marxista]], tra l'essere contemporaneamente portatori di morte e di giustizia. Proprio questa fase segnerà  la sua definitiva rottura con il [[marxismo]], quantunque dal partito fosse uscito molti anni prima.
Nel [[1947]], con il romanzo, ''La peste'', Camus inizia un nuovo ciclo incentrato sul tema della [[rivolta]], dove l'umanità  è posta davanti al simbolo di un male insormontabile. Importantissimo sarà  il lavoro teatrale dell'autore, ''I giusti'', testo del [[1950]] che parla di terrorismo e [[rivolta]], contrapposizione fra rivolta libertaria e [[marxismo|ortodossia marxista]], tra l'essere contemporaneamente portatori di morte e di giustizia. Proprio questa fase segnerà  la sua definitiva rottura con il [[marxismo]], quantunque dal partito fosse uscito molti anni prima.
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Tutta la riflessione di Camus parte dal tema dell'assurdo e della [[rivolta]] (sia [[metafisica]] che storica). Inizialmente aderisce al partito comunista, ma ben presto se ne distacca constatandone l'autoritarismo centralista. In ''[[Lo straniero]]'' egli esprime il concetto di estraneità  che separa l'uomo dal mondo. La realtà  è incomprensibile perché non ha alcun senso logico. L'uomo non è in grado di coglierne il senso. Ne ''[[Il mito di Sisifo]]'' Camus ribadisce l'assurdità  della vita (essa appare come l'inutile fatica di Sisifo), tuttavia il suicidio non è la soluzione di alcunché. L'unica risposta vera di fronte all'assurdità, è la non-rassegnazione: '''la [[rivolta]]'''. Per Camus la rivolta può assumere infinite modalità : filosofica, storica, politica, poetica. Inoltre tra la schiavitù accettata e la violenza rivoluzionaria, la vera [[libertà ]] è la creazione.
Tutta la riflessione di Camus parte dal tema dell'assurdo e della [[rivolta]] (sia [[metafisica]] che storica). Inizialmente aderisce al partito comunista, ma ben presto se ne distacca constatandone l'autoritarismo centralista. In ''[[Lo straniero]]'' egli esprime il concetto di estraneità  che separa l'uomo dal mondo. La realtà  è incomprensibile perché non ha alcun senso logico. L'uomo non è in grado di coglierne il senso. Ne ''[[Il mito di Sisifo]]'' Camus ribadisce l'assurdità  della vita (essa appare come l'inutile fatica di Sisifo), tuttavia il suicidio non è la soluzione di alcunché. L'unica risposta vera di fronte all'assurdità, è la non-rassegnazione: '''la [[rivolta]]'''. Per Camus la rivolta può assumere infinite modalità : filosofica, storica, politica, poetica. Inoltre tra la schiavitù accettata e la violenza rivoluzionaria, la vera [[libertà ]] è la creazione.


In ''[[La peste]]'' descrive i flagelli dell'umanità, contestando l'[[individualismo]] assoluto e promovendo, in sua vece, la [[solidarietà ]] e la socialità  umana. E se ne ''[[Il mito di Sisifo]]'' il concetto di rivolta era trattato da un punto di vista metafisico e individuale, ne ''[[L'uomo in rivolta]]'' approda a un concetto di rivolta che dall'[[Individuo|individuo]] va verso la collettività . La rivolta viene vista come l'unico modo per combattere l'assurdità  e l'ingiustizia della vita. La rivolta dà  una nuova interpretazione all'essere umano: «'''mi rivolto, dunque siamo'''».
In ''[[La peste]]'' descrive i flagelli dell'umanità, contestando l'[[individualismo]] assoluto e promovendo, in sua vece, la [[solidarietà ]] e la socialità  umana. E se ne ''[[Il mito di Sisifo]]'' il concetto di rivolta era trattato da un punto di vista metafisico e individuale, ne ''[[L'uomo in rivolta]]'' approda a un concetto di rivolta che dall'[[Individuo|individuo]] va verso la collettività. La rivolta viene vista come l'unico modo per combattere l'assurdità  e l'ingiustizia della vita. La rivolta dà  una nuova interpretazione all'essere umano: «'''mi rivolto, dunque siamo'''».


A metà  del XX secolo Camus comincia ad aver la sensazione di non aver saputo indicare una vera saggezza, e di essere pervenuto soltanto ad una cattiva coscienza. Per questo le sue ultime opere evidenziano un pessimismo cupo e privo di vie d'uscita.
A metà  del XX secolo Camus comincia ad aver la sensazione di non aver saputo indicare una vera saggezza, e di essere pervenuto soltanto ad una cattiva coscienza. Per questo le sue ultime opere evidenziano un pessimismo cupo e privo di vie d'uscita.
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