Guy Debord

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Guy Debord

Guy-Ernest Debord (Parigi, 28 dicembre 1931 – Champot/Bellevue-la-Montagne, 30 novembre 1994) scrittore, regista e filosofo francese, fu tra i fondatori dell'Internazionale Situazionista.

È noto soprattutto per la sua opera (da molti vista come profetica) La società dello spettacolo del 1967, in cui critica la società odierna basata sulle merci, sul consumo, sullo spettacolo e da cui in seguito trasse il film omonimo.

La vita e il pensiero

Malgrado il suo radicalismo, Guy Debord è spesso citato sia come contestatore che come grande pubblicitario. Le personalità dello spettacolo spesso lo omaggiano pubblicamente, nonostante egli sia stato in realtà uno dei loro più acerrimi nemici. Ma allora chi è stato Guy Debord? Non è stato un filosofo in senso stretto, benché alcuni lo definiscano un metafisico (es. il filosofo francese Phlippe Sollers). Il termine più appropriato per definirlo è quello di stratega [1]: «stratega della rivoluzione» o «stratega della sovversione», si può affermare senza ombra di dubbio che Guy Debord ha segnato la storia del XX secolo.

Guy Debord nasce il 28 dicembre 1931 a Parigi presso una famiglia di industriali caduti in rovina. Suo padre, Martial Debord, muore quando Guy aveva appena 4 anni. Sua madre, molto giovane al momento del parto, si disinteressa dell'educazione del figlio di cui si occuperà invece la nonna. Secondo molti sono proprio le difficoltà vissute nell'infanzia ad averlo segnato profondamente e ad avergli inculcato una filosofia incentrata sulla distruzione.

La sua opera più conosciuta è La società dello spettacolo, pubblicata per la prima volta nel 1967 a Parigi. L'idea centrale di questo testo è la trasformazione della vita in rappresentazione. Nella nostra società mercificata tutto è riconducibile alla trasformazione della merce in spettacolo, la quale ricopre la superficie del mondo e il suo immischiamento nei rapporti sociali più intimi, falsificando la percezione della realtà. Lo spettacolo permette la schiavitù e separa le masse dal reale. Guy Debord giunge a sostenere anche il contrario: «Nel mondo realmente rovesciato, il vero è un momento del falso». Debord riflette sul peso delle rappresentazioni, delle immagini, sul nostro modo di apprendere la realtà, che non può essere prevista nella nostra società dello spettacolo. Lo spettacolo è il regno delle immagini, tuttavia il pensiero situazionista non può essere limitato esclusivamente ad una critica del mondo dominato dalle immagini.

I fondatori dell'Internazionale Situazionista a Cosio di Arroscia, nell'aprile 1957. Da sinistra a destra: Pinot Gallizio, Piero Simondo, Elena Verrone, Michèle Bernstein, Guy Debord, Asger Jorn e Walter Olmo

In modo più ampio si può considerare che la società spettacolare è «l'ultima tappa del capitalismo sulla vita». Ultima tappa dopo aver alienato gli uomini, trasformando il loro “essere” in “avere”, lo spettacolo trasforma l'”avere” in “apparenza”. Questo libro è considerato come uno dei motori del Maggio 1968 e nel 1973 darà origine al suo quarto film.

Nel 1957, 10 anni prima, Guy Debord aveva fondato con altri autori (Michèle Bernstein, Giuseppe Pinot Gallizio, Piero Sismondo, Elena Verrone, Asger Jor e Walter Olmo) l'Internazionale Situazionista (IS), nata dalla fusione di diversi movimenti artistici: l'Internazionale Lettrista, CO.BR.A., il Comitato Psicogeografico di Londra e il Movimento Internazionale per una Bauhaus Immaginista. L'IS è l'incontro di diversi intellettuali che si prefiggono di sviluppare una critica della società capitalista in opposizione ai dogmi ideologici, ma per Debord si tratta di mettere «la rivoluzione al servizio della creazione e non l'inverso». L'IS nasce il 27 luglio 1957 nella piccola cittadina di Cosio D'Arroscia (Italia) con il programma ambizioso di divenire «il movimento d'avanguardia più attivo nel superamento dell'arte con una creatività generalizzata». Ben che impieghino una retorica marxista, i situazionisti rifiutano tanto il marxismo quanto l'anarchismo. È situazionista quello che non si rivendica come tale perché non ci sono dottrine d'interpretazione dei fatti esistenti, non ci sono ideologie. Ci sono delle situazioni, situazioni che possono essere costruite. Raoul Vaneigem parlerà della rivoluzione della vita quotidiana, agire e costruire dei momenti di vita piuttosto che annullarsi nella passività. Piuttosto che interpretare le situazioni che coinvolgono l'uomo, come hanno sempre fatto filosofi e artisti, i situazionisti propendono per la costruzione di situazioni. Ben che si allontanino da qualsiasi ideologia, queste idee possono essere assimilate all'esistenzialismo di Jean-Paul Sartre, che redigerà più opere a questo proposito a partire dal 1947. I situazionisti, malgrado il loro nome, non sono partigiani della situazione presente. Hanno un'importante coscienza del posto che ha un'idea nella storia delle idee e semplicemente nella storia. Così, dopo essere stati considerati degli estremisti, sia in campo politico che in quello artistico, nel 1972 decidono di sciogliere il movimento.

Debord continuerà a scrivere e a realizzare film fino al suo suicidio, avvenuto nel 1994.

La teoria del "détournement"

Una delle teorie situazioniste è quella del “détournement” elaborata da Guy Debord e Gil Wolman nel saggio “Metodi di Detournement” pubblicato per la prima volta nella rivista surrealista belga «Les levres nues», n. 8, Bruxelles, 1956.

Anche se letteralmente la traduzione in italiano del termine “détournement” sarebbe “deviamento”, "deviazione", in realtà il significato del termine è a metà strada tra l'idea di deviazione e l'atto del dirottamento. Una parola italiana con molte analogie è secondo alcuni depistaggio, secondo altri stravolgimento. Il détournement è strettamente collegato all'altra teoria situazionista della "decontestualizzazione" che comporta il cambiamento del contesto comunicativo dell'opera.

Il détournement rappresenta il diniego situazionista della proprietà intellettuale e consiste nella riappropriazione di frammenti discorsivi di altri autori, riconvertendoli, in modo anche deformato, in altri contesti di significato. Ha un valore “anti-arte” nella misura in cui, essendo l'arte alla base dello spettacolo, essa si contrappone alla vita, immobilizza e reifica, ostacolando la comunicazione diretta tra gli individui. Ed in questa visione, non può esistere un'arte situazionista ma solo un uso situazionista dell'arte.

Anche l'arte usa il détournement, ma c'è una differenza. Mentre il détournement artistico conduce alla creazione di una nuova opera d'arte, quello situazionista, facendo uso di una vera e propria azione "anti o no-copyright" nell'avvalersi delle suddette opere, conduce ad una negazione dell'arte, soprattutto per la connotazione di comunicazione immediata che contiene. Si tratta cioè di decontestualizzare la provenienza e di inserirla in un nuovo insieme di significati che attribuisca un nuovo valore ma totalmente slegato da tutte quelle caratteristiche che contraddistinguono le merci in un sistema capitalistico e con l'espressa rinuncia al diritto d'autore, si collocava l'opera nel Pubblico dominio. Raoul Vaneigem, ad esempio, che è stato uno dei partecipanti all'Internazionale Situazionista, includeva nelle sue opere la seguente premessa: «Poiché persistiamo nella nostra inimicizia verso le regole della proprietà, ancorché intellettuale, questo testo non è sottoposto ad alcun copyright, sicché è riproducibile ovunque, anche senza citare la fonte».

Scrivono testualmente Debord e Wolman nel loro saggio “Metodi di Detournement”:

«Nella fase di guerra civile in cui ci troviamo, l'arte e la creazione in generale dovrebbero servire esclusivamente motivi partigiani, e ciò è necessario per finirla con qualsiasi nozione di proprietà privata in queste aree. Detournement è la libera appropriazione delle creazioni altrui. Detournement è decontestualizzazione. Va da sé che uno non è limitato al correggere lavori esistenti o integrare diversi frammenti di lavori scaduti in una nuova opera: si può altresì alterare il significato di questi frammenti in qualunque modo, lasciando gli imbecilli al loro profuso mantenimento delle virgolette».

Il cinema di Debord

Il cinema di Debord (Debord non accettò mai alcuna catalogazione entro ambiti ristretti, di conseguenza nemmeno quella di regista) affonda le proprie radici nel suo rifiuto di ogni tipo di alienazione. Già nel 1951 un gruppo di lettristi costringe gli organizzatori del Festival di Cannes a proiettare il film Traité de bave et d'éternité, diretto dal loro leader Isidore Isou. L'anno successivo, il 30 giugno 1952, al cine club del Musée de l'Homme di Parigi, sarà invece l'opera prima di Debord, Hurlements en faveur de Sade, ad irrompere sulla scena. Si tratta di un film non-film o di un anti-film: niente immagini, niente trama: solo voci e pause alternate al bianco e nero dello schermo. Il film termina con 24 minuti di schermo nero. [2] [3] In questa maniera Debord intende affermare la sua volontà distruttiva di questa forma d'arte, poiché egli pensa che il cinema offra al pubblico nient'altro che vite sostitutive. [4]

Successivamente realizza altre opere utilizzando il cosiddetto détournement (si potrebbe tradurre in italiano con "depistaggio"), in cui brani di film o di testi vengono riassemblati con lo scopo di dar loro un nuovo significato (si pensi al programma televisivo Blob). Debord considerava il cinema come una macchina commerciale e uno strumento di pacificazione sociale. Per questo nei suoi film compaiono le sue idee rivoluzionarie, in cui le immagini sono considerate invasive, poiché ogni forma di rappresentazione spettacolare non è altro che un impoverimento rispetto alla complessità e intensità della vita. I suoi film (o non-film) sono quindi dei veri e propri manifesti della negazione della società.

Considerazioni sull'opera cinematografica di Debord

Considerazioni su Debord di un anonimo anarcopediano

Se riusciremo a venir fuori da questo imbroglio e a creare una società sana e liberata, le generazioni future si volgeranno a Guy Debord come a colui che avrà contribuito a questa liberazione più di chiunque altro nel xx secolo.

Guy Debord (1931-1994) è stato il personaggio più influente dell'Internazionale Situazionista, il noto gruppo che svolse un ruolo chiave catalizzando la rivolta del maggio 1968 in Francia. L'influenza dei suoi scritti è profonda, ed abbastanza evidente per quelli che sono capaci di andare oltre le apparenze superficiali. In compenso, i suoi film, altrettanto notevoli, sono molto meno conosciuti, almeno finora.

Ciò è dovuto al fatto che praticamente non sono stati accessibili. I primi tre film sono stati raramente presentati, benché il primo abbia causato qualche breve scandalo negli anni 50. Gli ultimi tre sono stati proiettati un po'più generosamente a Parigi negli anni 70 ed all'inizio degli anni 80, ma altrove poca gente ha avuto la possibilità di vederli. Poi, nel 1984, Gérard Lebovici, l'amico ed editore di Debord (che aveva anche finanziato i suoi ultimi tre film), fu assassinato. Irritato dall'atteggiamento della stampa francese, che propagava le voci sulle pretese “losche frequentazioni” di Lebovici e che in alcuni casi non temeva di insinuare che Debord stesso avrebbe potuto avere qualche relazione con l'omicidio del suo amico, Debord ritirò dalla circolazione tutte le sue pellicole. Eccetto alcune proiezioni private, nessuno non ne ha più visto nessuno fino al 1995, quando, poco dopo la morte di Debord, due film (e un video che aveva appena completato) furono mostrati su una rete via cavo francese. Da allora alcune copie video pirata di questi tre lavori sono circolate, ma i film sono rimasti inaccessibili fino al 2001, quando Alice Debord ha iniziato a renderli disponibili nuovamente.

Tecnicamente ed esteticamente, le pellicole di Debord sono fra le opere più brillanti e innovative della storia del cinema. Ma, effettivamente, non sono tanto “opere d'arte” quanto provocazioni sovversive. A mio parere sono i più importanti film radicali che siano mai stati fatti, non soltanto perché esprimono la più profonda prospettiva radicale del secolo scorso, ma perché non hanno avuto alcuna seria concorrenza cinematografica. Alcuni film hanno rivelato questo o quell'aspetto della società moderna, ma quelli di Debord sono i soli che presentano una critica coerente di tutto il sistema mondiale. Alcuni cineasti radicali hanno fatto riferimento, a parole, allo straniamento brechtiano, cioè ad incitare gli spettatori a pensare ed agire da sé stessi invece di spingerli all'identificazione passiva nell'eroe o nell'intreccio, ma Debord è praticamente il solo che abbia veramente realizzato quest'obiettivo. A parte alcuni lavori di livello nettamente inferiore e che sono stati influenzati da lui, i suoi film sono i soli che abbiano fatto un uso coerente della tattica situazionista del détournement degli elementi culturali esistenti per nuovi obiettivi sovversivi. Il deturnamento è stato spesso imitato, ma nella maggior parte dei casi soltanto in modo confuso e semicosciente, o per uno scopo puramente umoristico. Non si tratta soltanto di giustapporre a caso degli elementi incongrui, ma piuttosto (1) di creare una nuova unità coerente che (2) critica a sua volta il mondo esistente e la sua relazione con questo mondo. Alcuni artisti, cineasti ed anche pubblicitari hanno usato delle giustapposizioni simili superficialmente, ma la maggior parte di esse è lontana dal realizzare (1), per non dire di (2).

Le opere di Debord non sono né discorsi filosofici da torre d'avorio, né proteste militanti ed impulsive, ma degli esami implacabilmente lucidi delle tendenze e delle contraddizioni più fondamentali della società in cui viviamo. Ciò vuol dire che si deve rileggerle (o nel caso dei film, rivederli) numerose volte, ma ciò vuol dire anche che rimangono pertinenti come prima, mentre innumerevoli mode radicali o intellettuali sono apparse e scomparse. Come ha notato Debord nei Commentari sulla società dello spettacolo, nei decenni che sono seguiti alla pubblicazione della Società dello spettacolo (1967) lo spettacolo è diventato più pervasivo che mai, al punto di soffocare praticamente ogni coscienza della storia pre-spettacolare e ogni possibilità anti-spettacolare: «il dominio spettacolare è riuscito ad allevare una generazione piegata alle sue leggi».

Come risultato di questo nuovo sviluppo, quelle frasi di Debord che in precedenza erano respinte perché esagerate o incomprensibili sono ora respinte, con la stessa superficialità, perché ovvie e banali; e quelle persone che prima sostenevano che l'oscurità delle idee situazioniste dimostrava la loro insignificanza ora sostengono che la loro notorietà dimostra la loro obsolescenza. Ma coloro che pensano che i situazionisti siano stati recuperati perché alcuni frammenti delle loro opere sono stati esibiti nei musei, sezionati nelle università o discussi nei mass media non si sono probabilmente presi la briga di rileggerle recentemente.

«I nostri agitatori hanno fatto passare ovunque delle idee con le quali una società di classe non può vivere. Gli intellettuali al servizio del sistema, peraltro ancora più visibilmente in declino di esso, cercano oggi di maneggiare questi veleni per trovare degli antidoti; ma non vi riusciranno. Avevano fatto prima i più grandi sforzi per ignorarli, ma invano: tanto è grande la forza della parola detta a suo tempo... Che non si chieda ora quanto valevano le nostre armi: sono rimaste in gola al sistema delle menzogne dominanti.» [In girum...]

Oso dire che la stessa cosa si dimostrerà vera con i film di Debord, nonostante tutti gli sforzi per neutralizzarli.

Essendo il diagnosta più penetrante dell'epoca attuale, non è affatto sorprendente che la notorietà di Debord sia crescente, né che questa notorietà consista, in così gran parte, di voci ostili sulla sua vita privata e di ridicole idee errate sui suoi progetti e le sue prospettive. Fortunatamente, è capace di spiegarsi e di difendersi da sé stesso, così non credo che sia necessario per me cercare di farlo qui al posto suo.

Mi permetterò tuttavia di citarlo ancora una volta, per confutare una delle falsificazioni più grezze e più diffuse, che vorrebbe presentarlo come un artista o uno letterato attento solo allo stile che avrebbe attraversato una fase radicale ma che si sarebbe in seguito disilluso e rassegnato:

«Dal primo momento, ho trovato giusto dedicarmi al rovesciamento della società, ed ho agito di conseguenza. Ho preso questo partito in un momento in cui quasi tutti credevano che l'infamia esistente, nella sua versione borghese o nella sua versione burocratica, avesse il più roseo futuro. E da allora, non ho, come gli altri, mutato avviso una o più volte, con il cambiare dei tempi; sono piuttosto i tempi che sono cambiati secondo le mie idee. Vi è in questo di che dispiacere ai contemporanei.» [In girum...]

Anche coloro che si lagnano della “oscurità” di Debord devono essere capaci di comprendere queste parole senza difficoltà.

Citazioni

  • «Siamo degli artisti per quello che non siamo più artisti: noi veniamo a realizzare l'arte»
  • «Il dadaismo e il surrealismo sono le due correnti che hanno segnato la fine dell'arte moderna. Il dadaismo ha voluto sopprimere l'arte senza realizzarla; ed il surrealismo ha voluto realizzare l'arte senza sopprimerla. La posizione critica elaborata in seguito dai situazionisti ha mostrato che la soppressione e la realizzazione dell'arte sono gli aspetti inseparabili di un unico superamento dell'arte.» (in La società dello spettacolo, verso 191)
  • «Noi non possiamo costruire che sulle rovine dello spettacolo»
  • «Non ci sono più film. Il cinema è morto. Non ci possono essere più film. Passiamo, se voi volete, al dibattito»

Critiche

Generalmente osannato o ignorato, raramente Debord ha ricevuto critiche. È perciò notevole la critica al vetriolo di Luther Blissett nel suo Guy Debord è morto davvero. Ad esempio:

  • Guy The Bore (Guy "il noioso") è il doppio di Guy Debord, è Debord giunto a un tal grado di autocontemplazione da divenire pura immagine. A nostro parere la deboredom (la noia causata da Debord) ha preso pieno possesso del personaggio dopo il film "In girum imus nocte et consumimur igni" (1979), in cui l'autocontemplazione rispondeva ancora ad un'esigenza lirica, e non riusciva tediosa, (de)boring. Da allora in avanti, come spieghiamo più sotto, ogni testo di The Bore è stato troppo intriso di risentimento (di quel sentire che si ripiega su sé stesso, che si attorciglia e cortocircuisce).
  • "Situazionista" è divenuto un passepartout che apre ora la porta del dadaismo rimasticato ora quella del facile millenarismo tecnologico. In un mondo nichilista, tutto ciò che è reale è "situazionista".
  • Ma non è stato The Bore in persona a trasformare la propria reputazione in quella di una rancorosa Cassandra? Non è stato il suo atteggiamento a far sì che il suo più celebre saggio fosse considerato un Talmud?
  • Ci rimangono insomma dei testi sacri, e coi testi sacri si può agire in due sole maniere: o li si interpreta alla lettera, da fondamentalisti, o si fa dir loro ciò che si vuole, sovente senza neppure leggerli.

Note

  1. Considerazione di Truman Burbank: «La voce è tradotta dal francese, per cui non c'è un autore italiano. Comunque l'idea di Debord come stratega, fornita nella voce, mi lascia qualche dubbio. Uno stratega in greco antico è un generale, che quindi si suppone abbia a disposizione un esercito. Debord mi appare più un ideologo che uno stratega, il quale dirige coscientemente un esercito». Tale affermazione è stata però contestata da un altro utente (anonimo), il quale ritiene che Debord amasse definirsi anche stratega.
  2. La proiezione verrà interrotta dopo solo 20 minuti a causa dell'indignazione del pubblico
  3. Stralcio del film
  4. Successivamente Debord scriverà: «Quello che, nel mio lavoro, ha disturbato più a lungo, è senz'altro ciò che ho fatto nel 1952».

Opere

Cinema

  • Hurlements en faveur de Sade (Urla in favore di Sade), 1952
  • Sur le passage de quelques personnages à travers une assez courte unité de temps, 1959
  • Critique de la séparation, 1961
  • Société du spectacle (La società dello spettacolo), 1973
  • Réfutation de tous les jugements, 1975
  • In girum imus nocte et consumimur igni, 1978

Letteratura

  • Opere cinematografiche complete: 1952 -1978
  • Memorie", 1959
  • La società dello spettacolo, 1967
  • Contro il cinema, 1968
  • In girum imus nocte et consumimur igni, 1978
  • Considerazioni sull'assassinio di G. Lebovici, 1985
  • Panegirico, 1989
  • Questa cattiva reputazione, 1993

Voci correlate

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