Anarco-capitalismo

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Bandiera anarco-capitalista. Nonostante il richiamo alla bandiera rosso e nera, gli anarco-capitalisti hanno poco in comune con l'anarchismo storico

L'anarco-capitalismo è una corrente pseudo-anarchica diffusa principalmente nel mondo anglosassone, sebbene non manchino oggi importanti esponenti anarco-capitalisti tedeschi, francesi, italiani e d'altra nazionalità.

Il principale riferimento intellettuale per l'anarco-capitalismo è il pensiero e le opere di Murray N. Rothbard, il quale propone l'instaurazione di una società basata esclusivamente sul libero mercato, libero appunto da ogni influenza dello Stato, intrinsecamente autoritario. Oltre a Rothbard, si possono citare Ayn Rand, Robert Nozick e David Friedman.

Nonostante la denominazione però, l'anarco-capitalismo non è anarchico nel senso tradizionale e socialista del termine, in quanto è ben lontano dai principi fondanti dell'anarchismo (sia esso comunista che individualista): mutualismo, socialismo, egualitarismo, anti-autoritarismo, anti-sessismo ecc. L'anarco-capitalismo affonda invece le proprie radici nella classica tradizione liberale e liberista, e per questo tutti gli anarchici collocano l'anarco-capitalismo al di fuori dell'anarchismo, ritenendo che il termine “anarco” accostato a capitalismo, perda il suo significato reale divenendo un sinonimo di individualismo egoistico.

Per gli anarchici (gli anarco-capitalisti sono pseudo-anarchici) l'anarco-capitalismo è solo l'estremizzazione dell'individualismo liberale e nulla ha a che vedere con l'anarco-individualismo, di cui al limite è una degenerazione.

Generalità ed origini

Apparsa sulla scena americana nel corso degli anni "Sessanta", questa teoria politica propone l'instaurazione di una società basata esclusivamente sul libero mercato e nella quale sia eliminato ogni ricorso alla coercizione attraverso il superamento dello Stato, intrinsecamente autoritario secondo gli anarco-capitalisti. Nella sua versione più stretta il libertarismo è anarchico, ed anzi si autodefinisce come l'unica possibilità di dare un contenuto realistico e coerente alla proposta di abolire lo Stato e la violenza che è insita in esso.

La nascita dell'anarco-capitalismo viene di solito ricondotta all'acutizzarsi delle tensioni che caratterizzarono gli orientamenti interni alla cosiddetta “Old Right” americana costituitasi tra le due guerre in reazione al "New Deal" di Franklin Roosevelt, considerato espressione di dirigismo. Dalla crisi della coalizione intellettuale repubblicana emerge un movimento di idee volto a radicalizzare il liberalismo di marca jeffersoniana, il quale adotta, per distinguersi e caratterizzarsi, la definizione di libertarianism. Questo fenomeno non è solamente partitico, anche se presto si accompagna negli Stati Uniti alla fondazione del "Libertarian Party" (Partito Libertario).

Le tendenze pseudo-anarchiche dell'anarco-capitalismo

La visione americana

Alcuni ritengono che la comparsa dell'anarco-capitalismo abbia rimesso in gioco le tradizionali categorie politiche statunitensi e che, in ragione delle loro idee, gli anarco-capitalisti sfuggano ad una classificazione fondata sull'usuale opposizione destra-sinistra.

Maddox e Lilie, adottando l'approccio al tema delle libertà individuali come criterio essenziale per descrivere le differenti posizioni politiche, e distinguendo tra temi economici (fisco, libertà di contratto ecc.) e civili (libertà sessuali e relativamente agli stili di vita, uso di droghe ecc.), definiscono "conservatives" tutti coloro che privilegiano le libertà economiche rispetto a quelle civili, ascrivendo invece tra i liberals quanti difendono le seconde e ritengono che le prime vadano regolamentate.

In questo schema, vengono dette populist le ideologie caratterizzate dalla tendenza ad una regolamentazione stretta sia delle libertà civili, sia di quelle economiche, mentre libertarian sarebbe la visione che propugna l'assenza di regolamentazioni sia per le une sia per le altre.

Opponendosi contemporaneamente a ciò che considerano l'autoritarismo dei populisti ed il liberalismo dei conservatori, da loro giudicato incoerente, i libertari propongono un generale ripensamento delle tradizionali categorie di analisi del dibattito politico contemporaneo. Nel contrapporre radicalmente i diritti dell'individuo al potere dello Stato, essi optano per i primi negando la necessità di qualunque intervento regolatore da parte dell'autorità, percepito come aggressione. Il pensiero libertario sostiene il capitalismo puro sugli interventi dello Stato in campo economico e sociale, ed avversa ogni politica proibizionista. Osteggia inoltre l'imperialismo, così come ogni ipotesi di Stato mondiale, ed appoggia in generale quel diritto alla libertà di azione e di predicazione di sette e piccole comunità che non metta in pericolo il godimento delle stesse libertà per gli altri.

L'ordine pubblico, tradizionalmente garantito dallo Stato, secondo il pensiero libertario va assicurato riconoscendo ai singoli il diritto a portare armi e mediante l'affidamento ad agenzie di protezione private in concorrenza tra loro.

Il libertarismo alla Rothbard

Il libertario percepisce sé stesso come un liberale coerente, rigoroso, nemico della coercizione, essendo convinto della necessità di affidarsi alla concorrenza per scongiurare l'instaurarsi di una società che operi violenza nei confronti dell'individuo e della sua proprietà.

In estrema sintesi, un libertario quale Rothbard ritiene che la libertà individuale rappresenti il bene politico supremo e che l'unica soluzione ragionevole per assicurarne un'adeguata protezione stia nella scelta di affidarla ad enti in competizione tra di loro; se il fine è la difesa dell'individuo da ogni aggressione, lo strumento per raggiungerlo sarebbe la libertà di mercato. Nella teoria libertaria le tradizionali istituzioni pubbliche lasciano il posto ad ordinamenti legali scelti dalle persone nel quadro di un mercato competitivo. In questo senso, la componente più radicale del libertarismo propone che anche i servizi della difesa, della giustizia e dell'ordine pubblico si trasformino nel prodotto di aziende private, impegnate a contendersi clienti attraverso il soddisfacimento al meglio delle loro esigenze.

Ciò porterebbe tra l'altro all'eliminazione della necessità di un'imposizione fiscale da parte dello Stato, che Rothbard contesta perché esso vivrebbe di tassazione per produrre regolamentazione, agendo illegittimamente ed aggredendo costantemente l'individuo nel suo diritto a disporre dei beni al fine di farne l'uso preferito. Se nel pensiero di Rothbard la regolamentazione equivale ad un'aggressione (o ad una minaccia), l'imposizione fiscale viene assimilata ad un furto, ed ogni entità statuale finisce con l'essere considerata come sostanzialmente illegittima, perché incapace di giustificare gli obblighi che questa fa ricadere sui cittadini.

Per gli autori del liberalismo classico, lo Stato ha il solo compito di tutelare la vita, la libertà e la proprietà degli individui, e per evitare che esso abbandoni questa missione è necessario definire alcune regole che limitino il potere dei governanti. Il libertarismo considera però falliti i tentativi del costituzionalismo liberale di garantire i diritti individuali nel quadro di un ordinamento statuale. Le classi politiche infatti, avendo a disposizione il monopolio legale della violenza, avrebbero immancabilmente abusato del potere loro conferito allo scopo di esercitare una mera funzione di tutela. In quest'ottica i libertari avrebbero al contrario la vocazione ad “immaginare” e “costruire” forme alternative di convivenza, liberate dalla violenza.

Né conservatori, né progressisti

Al fianco di un libertarismo imprenditoriale animato da associazioni, aziende, e singoli imprenditori l'ideologia libertaria sta progressivamente conquistando uno spazio nell'università e nelle riviste accademiche.

Interpretato secondo le categorie della politica europea, il "libertarismo americano" viene di solito visto come espressione di un conservatorismo estremo ed al contempo di un sostegno radicale alle libertà individuali. Ciò perché il libertario non intende collaborare (o scontrarsi) né con i progressisti né con i conservatori, ai suoi occhi statalisti nemici in ugual misura delle libertà individuali. Questa sarebbe la ragione per la quale il libertarismo viene criticato da praticamente ogni altro orientamento politico. Lo stesso economista austriaco Hayek, spesso presentato come teorico di un liberismo radicale, ha in realtà subito forti influssi socialisti, sostenendo la necessità che il potere statale mantenga una funzione regolatrice e limiti l'autonomia dei singoli e la loro libertà d'iniziativa.

Per gli anarco-capitalisti, invece, le funzioni oggi svolte dal Welfare State dovrebbe tornare alle libere associazioni, alle comunità volontarie e allo spirito filantropico.

In Italia

Bruno Leoni sin dall'inizio degli anni sessanta utilizza ampiamente taluni scritti di Murray N. Rothbard (soprattutto Man, Economy, and State, che però non può essere definito un testo anarco-capitalista in senso stretto) e introduce nel dibattito alcune importanti riflessioni dello studioso americano (a partire dall'analisi del monopolio: si veda in particolare il saggio "Mito e realtà dei monopoli", del 1965). Leoni, peraltro, influenza a sua volta Rothbard sul tema della produzione libertaria del diritto. Di tematiche anarco-capitaliste, o anarco liberiste, si parlerà in Italia solo nel 1979, quando Riccardo La Conca dà inizio alla rivista "Claustrofobia", che dura cinque numeri. Nella seconda metà degli "anni '80", La Conca pubblica il volume Democrazia, mercato e concorrenza, primo testo anarco-liberista italiano, influenzato dall'economia neoclassica e dalla scuola di Public Choice.

In seguito, il libertarismo italiano si arricchisce di altri studiosi; ossia dapprima Fabio Massimo Nicosia, avvocato e scrittore ("Il sovrano occulto", "Beati possidentes"), che via via assumerà posizioni sempre più critiche nei confronti del movimento libertario. Poi Luigi Marco Bassani, Nicola Iannello, Carlo Lottieri, Guglielmo Piombini, Paolo Zanotto e altri, accolgono altri influssi e in particolare temi provenienti dalla "Scuola Austriaca" (da Mises a Leoni), dal giusnaturalismo lockiano e dall'oggettivismo ateo di Ayn Rand, dall'elitismo, dalla tradizione cattolica e dal realismo politico. Riviste come Élites e Enclave diffondono in Italia i temi del pensiero anarco-capitalista, i cui testi principali sono pubblicati dalle "Edizioni Liberilibri" e dalla "Leonardo Facco Editore". Ora in Italia esiste anche un Movimento Libertario (guidato da Leonardo Facco) che si propone di tradurre la teoria libertaria e anarco-capitalista in concrete iniziative sociali, concentrando tuttavia la propria attenzione sugli aspetti strettamente economici, considerati prioritari rispetto a quelli di carattere civile.

Ma non tutti i libertari italiani hanno ritenuto di aderire al "Movimento Libertario". A causa di quella che reputano essere una tendenza al conservatorismo morale (basata sulla convinzione che una prospettiva libertaria non implichi necessariamente alcuna forma di relativismo etico), alcuni dissidenti (fra i quali Nicosia, Luigi Corvaglia e La Conca) hanno scelto di operare autonomamente, producendo un anarchismo liberale che definiscono "anarchismo analitico", che può essere considerato a metà strada tra l'anarchismo classico e l'anarco-capitalismo.

Attualità

Dopo essere stato a lungo un movimento eminentemente americano, nel corso degli ultimi decenni l'anarco-capitalismo è diventato un fenomeno globale e soprattutto in Europa sta trovando interpreti di primo livello. Autori come Anthony de Jasay, Hans-Hermann Hoppe (fondatore della società Property and Freedom), Bertrand Lemennicier, Gerard Radnitzsky, Gérard Bramoullé e Jesus Huerta de Soto sono oggi autori che esprimono una loro originale rilettura del pensiero libertario, certamente nutrita della lezione della Scuola austriaca, ma egualmente orientata a far crescere tale pensiero in varie direzioni: dalla teoria monetaria al revisionismo storico, dalla riscoperta del realismo filosofico classico alla critica del positivismo, dalla valorizzazione del diritto evolutivo alla riaffermazione dei diritti individuali.

Considerazioni critiche

Gli anarco-capitalisti non sono anarchici

Vignetta anarchica contro l'anarco-capitalismo: "Just for rich" ("Fatto per i ricchi").

Come si evince dalla lettura dei capitoli precedenti, gli anarco-capitalisti si definiscono anarchici solo perché auspicano l'abolizione dello Stato, ma ciò non solo è semplicistico ma è addirittura una definizione fuorviante. Gli anarco-capitalisti sono pseudo-anarchici.

Innanzitutto, dato che l'anarco-capitalismo sostiene la proprietà privata e la difesa della stessa mediante “forze dell'ordine” private, si finirebbe con l'avere uno Stato nella sua “anarchia” cioè, in pratica, uno "Stato privato". L'esistenza dello stesso viene negata dai suoi proponenti semplicemente perché si rifiutano di chiamarlo Stato, ma essi non possono negare che questo sistema non nega alcuna autorità e gerarchie su basi privatistiche.

Gli anarco-capitalisti considerando valido il concetto della proprietà privata, ritengono legittimo l'affitto, il profitto e l'interesse come redditi validi. Al contrario gli anarchici considerano il reddito derivato non da lavoro usura e rifiutano i diritti di proprietà a favore del possesso (incluso il frutto del proprio lavoro).

Da queste teorie economiche si deduce che gli anarco-capitalisti sono contro il principio stesso dell'eguaglianza, mentre gli anarchici rilevano invece che il lavoro salariato è un aspetto chiave della disuguaglianza e ritengono che il “liberismo” in circostanze diseguali incrementerà la disuguaglianza tra individui e classi, non la ridurrà.

L'appoggio al lavoro salariato e ai diritti di proprietà capitalisti indica che gli “anarco”capitalisti non sono anarchici perché non rigettano tutte le forme di "archia" (ovvero governo, dominio). Per esempio, sostengono la gerarchia tra capo e lavoratore (lavoro salariato) e tra padrone e inquilino, conseguentemente avallano un sistema gerarchico.

L'anarchismo, per definizione, è contro tutte le forme di "archia", compresa l'organizzazione gerarchica generata dalla proprietà capitalista. Ignorare l'ovvia "archia" associata alla proprietà capitalista è assolutamente illogico.

In sintesi

L'anarco-capitalismo non può essere considerato una corrente del pensiero anarchico.

Non basta essere contro lo Stato per definirsi anarchici: «mentre l'anarco-capitalista è contro lo Stato perché questo rappresenta e istituzionalizza la sfera pubblica, la dimensione collettiva, quella dei beni comuni e non appropriabili e dominabili privatamente, l'anarchico lo Stato rigetta perché questo è la forma più grave e violenta di dominio e di subalternità tra esseri umani. Detto altimenti, il dominio, per l'anarco-capitalista, si dà solo nella forma della collettività, della sfera pubblica rappresentata dallo Stato, mentre per l'anarchico si dà in infiniti modi, tra i quali di certo fondamentale è la forma statale, ma non di minor conto sono i modi delle relazioni proprietarie e commerciali». [1]

L'anarchismo è ben più della mera opposizione al governo: è opposizione al capitalismo, allo sfruttamento e alla proprietà privata capitalista, è antigerarchico, è antiautoritario, è anticlassista.

Citazioni

«L'anarcocapitalismo, secondo me, è un sistema dottrinale che, se mai implementato, porterebbe a forme di tirannia e oppressione che hanno pochi uguali nella storia dell'umanità. Non c'è la minima possibilità che le sue idee (a parer mio orrende) possano essere implementate, perché distruggerebbero rapidamente ogni società che avesse fatto questo errore colossale. L'idea di “libero contratto” tra il potente e i suoi soggetti affamati è una triste battuta, forse utile in un seminario accademico per esplorare le conseguenze di idee (per me, assurde), ma non in altri luoghi» (Noam Chomsky).
«Il "brutale individualismo" ha significato tutto l'individialismo per i padroni... nel cui nome la tirannia politica e l'oppressione sociale vengono difese e mantenute come virtù mentre ogni aspirazione e tentativo dell'uomo di guadagnare libertà [...] è denunciato come [...] male nel nome di quello stesso individualismo» (Emma Goldman).
«Pochi anarchici accetterebbero gli anarco-capitalisti nel campo anarchico dato che non condividono l'importanza per l'uguaglianza economica e la giustizia sociale» (Peter Marshall).

Note

  1. Massimo la Torre, Nostra legge è la libertà - Anarchismo dei moderni, DeriveApprodi, Roma, 2017, p. 231

Voci correlate

Collegamenti esterni