Traffico di droga

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Combattimenti a Guangzhou durante la seconda guerra dell'oppio.

Il traffico delle droghe (o narcotraffico) è un'industria illegale fondata sulla produzione, acquisto e vendita di sostanze stupefacenti illegali. Queste sono certamente una delle principali fonti di ricchezza e potere delle organizzazioni malavitose, ma sarebbe errato pensare che queste attività vengano osteggiate dalle autorità nazionali e sovranazionali, così come comunemente invece si pensa. Infatti, ci sono prove storiche incontrovertibili che attestano l'esistenza di rapporti diretti e indiretti, se non proprio costanti quantomeno saltuari, tra istituzioni e mafie di ogni tipo, allo scopo di controllare questo mercato e poterne così non solo lucrarne immense ricchezze ma anche utilizzarlo strumento di controllo sociale.

Breve storia del narcotraffico

Secondo molti storici, già nel IV secolo a.C. Alessandro Magno prese l'abitudine di diffondere l'oppio tra i suoi soldati affinché non sentissero la stanchezza della guerra e delle esercitazioni militari. Alessandro Magno avrebbe anche esportato l'oppio in India, mentre nel VII secolo d.C. sarebbero stati i mercanti arabi ad introdurre le sue coltivazioni in Estremo Oriente. In seguito, nel XVII secolo, fumare l'oppio divenne una cura adottata dagli spagnoli e dagli olandesi contro la malaria.

Manifesto greco del 1982 che recita «La polizia vende eroina». Firmato "Anarchici".

Con la penetrazione inglese in India, a partire dalla metà del XVIII secolo la Compagnia delle Indie Orientali s'impadronì del monopolio del commercio di oppio (sino ad allora controllato dai Gran Mogol), che così veniva coltivato dagli inglesi in India e venduto a tonnellate in Cina. Adam Smith, riferendosi ai rapporti tra la Compagnia Inglese delle Indie Orientali, scriveva che «non era insolito» che i funzionari della Compagnia, «quando il capo prevedeva che l'oppio avrebbe reso un maggiore profitto», facessero scassare «un fertile campo di riso o di grano... per sostituirlo con una piantagione di papaveri» [1].

Uno dei momenti storici più importanti per il traffico di droga, che dimostra innegabilmente come le istituzioni occidentali siano da sempre interessate a controllare il commercio degli stupefacenti, senza peraltro porsi alcuna remora morale, è stata la guerra dell'oppio tra la Cina e l'Inghilterra, che voleva perpetuare il libero commercio dell'oppio dopo che nel 1820 era stato proibito in Cina a caua del crescente dilagare della tossicodipendenza tra la popolazione. Gli inglesi non potevano accettare la fine di questi traffici, per cui trovò il modo di dichiarare guerra alla potenza europea.

Ci furono due conflitti. Il primo (1839-1842) vide la vittoria della Gran Bretagna e l'imposizione del libero commercio dell'oppio con basse tariffe doganali. Gli inglesi ebbero anche il controllo sulla città di Hong Kong. Il secondo conflitto (1856-1860), che costrinse la Cina a fronteggiare le azioni militari di Gran Bretagna e Francia (appoggiati diplomaticamente da Russia e Usa), comportò una nuova sconfitta della Cina. Una volta liquidata la Compagnia delle Indie orientali, a partire dal 1858, il commercio dell'oppio fu gestito direttamente dal governo britannico. Lentamente dai paesi asiatici la droga cominciò a diffondersi anche in Europa, specialmente tra artisti, scrittori e poeti.

La sconfitta dei cinesi costrinse il paese a tollerare il commercio dell'oppio ed a firmare con gli inglesi i trattati (svantaggiosi per i cinesi) di Nanchino e di Tientsin, che prevedevano l'apertura di nuovi porti al commercio e la cessione di Hong Kong al Regno Unito. La Gran Bretagna continuò il commercio massiccio di oppio con la Cina fino al 1920.

Il traffico di droga ebbe sino ad allora i paesi asiatici come centro nevralgico, ma in seguito, a partire dagli anni '30, furono le mafie siciliane, italiane ed italo-americane a controllare il narcotraffico. Nei primi anni settanta un'operazione poliziesca denominata French Connection, portò all'arresto di numerosi malavitosi corsi ed americani e alla scoperta di raffinerie di eroina nella zona di Marsiglia. Con French Connection si indicava l'insieme dei malavitosi francesi (principalmente corsi) specializzati nel traffico di eroina da Marsiglia agli Stati Uniti e la cui attività raggiunse l'apice negli anni cinquanta e sessanta. I francesi rifornirono la mafia italo-americana, in particolare la famiglia mafiosa Lucchese e il boss Lucky Luciano.

Negli anni '60, le zone in cui maggiormente si coltivava l'oppio era la zona asiatica dell'Indocina (Laos, Thailandia), in seguito sono diventate regioni importanti anche il Pakistan e l'Afghanistan. Attualmente, i cartelli della droga più importanti sono quelli sudamericani (colombiani prima e messicani poi), interessati soprattutto smerciare eroina e cocaina con gli Stati Uniti. Sempre nell'attualità, grande importanza ha oggi in Europa la zona dei Balcani e del Kosovo in particolare.

Traffici occulti

Legami tra istituzioni e organizzazioni criminali

In Italia su molti esponenti delle istituzioni e dei partiti, che sono stati anche al governo in tempi recenti e passati, sono da sempre esistiti pesanti indizi sui loro legami con la criminalità organizzata, quando non sono addirittura parte integrante delle cosche mafiose. Esistono testimonianze foto e filmati documentari e di repertorio (vedi il film "Forza Italia!"), dove si dimostra chiaramente come esponenti politici intrattengono o abbiano intrattenuto rapporti amichevoli con persone che in seguito saranno condannate per spaccio di droga.

L'ex-presidente del Consiglio italiano Silvio Berlusconi, tra il 1973 e il 1976 ha avuto alle sue dipendenze, come stalliere e factotum, il mafioso Vittorio Mangano, condannato per traffico di droga, estorsione e per l'esecuzione materiale di Giovambattista Romano. Mangano era legato a rapporti di amicizia sia con Berlusconi e sia con Dell'Utri. In un'intervista durante il programma Satyricon di Gabriele Luttazzi, il giornalista Marco Travaglio definì Dell'Utri come il braccio destro di Silvio Berlusconi, palermitano, luomo che nel 1974 quando Berlusconi ha bisogno di uno stalliere va a Palermo, prende un boss mafioso glielo porta a Milano e glielo mette in Villa per un anno e mezzo: si chiamava Mangano questo boss, è stato poi processato al maxiprocesso di Falcone e Borsellino e poi è stato condannato all'ergastolo per traffico di droga, mafia e omicidio, ed era in rapporto con Dell'Utri fino almeno al '93-'94». Proseguendo, Travaglio poi citò Ezio Cartotto, collaboratore di Dell'Utri e Berlusconi alla nascita di Forza Italia, secondo cui Berlusconi tra il 1992 e il 1993 si aggirava per le sue aziende dicendo «se non andiamo in politica ci accuseranno di essere mafiosi». Dell'Utri, subito dopo la morte di Mangano, lo definì pubblicamente «un eroe, a modo suo» in quanto «era ammalato di cancro quando è entrato in carcere ed è stato ripetutamente invitato a fare dichiarazioni contro di me e il presidente Berlusconi. Se lo avesse fatto, lo avrebbero scarcerato con lauti premi e si sarebbe salvato.» [2]

Una vicenda che ha rappresentato emblematicamente rapporti ambigui ed oscuri tra istituzioni e cartelli della droga e quello che ha visto coinvolto il generale dei carabinieri Paolo Ganzer (comandante dei ROS), che in primo grado (12 luglio 2010) è stato condannato a 14 anni di reclusione. I giudici, oltre a Ganzer, hanno condannato altre 13 persone (pene variabili dai 18 anni in giù), tra cui il generale Mauro Obinu e altri ex sottufficiali dell'Arma. Nelle motivazioni della sentenza si può leggere [3]:

«Il generale Gianpaolo Ganzer non si è fatto scrupolo di accordarsi con pericolosissimi trafficanti ai quali ha dato la possibilità di vendere in Italia decine di chili di droga garantendo loro l'assoluta impunità. Ganzer ha tradito per interesse lo Stato e tutti i suoi doveri tra cui quello di rispettare e fare rispettare la legge».

Risalendo all'indietro nel tempo, è certo che anche il fascismo ebbe rapporti con organizzazioni dedite allo spaccio: il boss Vito Genovese [4] era in Italia quando l'anarchico Carlo Tresca venne assassinato. Vi giunse dagli USA nel 1935 con il beneplacito del regime fascista, che lo salvò così da un arresto per omicidio. In seguito l'Oss (ex CIA), investigando su questi avvenimenti prese atto che la Casa del Fascio di Nola era stata costruita con un finanziamento proprio di Vito Genovese, che in questo modo intendeva ringraziare il "Duce" per la protezione ricevuta. Il Genovese, durante l'armistizio, "trafficava" droga sempre nel Nolano, insieme al suo "segretario" Mike Miranda e in combutta col suo socio d'affari Lucky Luciano. Già prima di questo periodo i fascisti non lo ostacolarono per nulla nello sviluppo dei suoi affari. Nel proseguo la moglie di Genovese descriverà i propri viaggi negli USA (commissione Kefauver, 1952), necessari per prelevare e rifornire di denaro il consorte, di cui qualche "briciola" fu anche utilizzata per la costruzione della casa del fascio di Nola.

Il problema ovviamente non è solo italiano, infatti, secondo The Politics of Heroin in Southeast Asia, uno studio del 1972 firmato da Alfred W. McCoy, i servizi segreti francesi finanziarono i guerriglieri Hmong nella Prima guerra d'Indocina prendendo il controllo del cosiddetto "Triangolo d'oro" e dando protezione economica ai pirati del fiume Mekong, che possedevano le piantagioni di oppio. Negli anni sessanta, sempre secondo la stessa fonte, la CIA sostenne economicamente il Kuomintang, cioè le forze fedeli al generale Chiang Kai-Shek che combattevano i comunisti cinesi, aiutando gli anticomunisti e alcuni criminali cinesi a contrabbandare l'oppio dalla Birmania e dalla Thailandia. Fu la stesa CIA a fornire aerei della Air America, la famosa compagnia aerea usata per operazioni segrete durante la guerra del Vietnam.

Secondo Noam Chomsky il governo americano ha da sempre avuto un ruolo importante nel traffico degli stupefacenti fin dalla Seconda guerra mondiale. In quell'epoca la preoccupazione principale della CIA era quella di impedire che la resistenza antifascista europea evolvesse verso la rivoluzione sociale:

«La Cia pertanto iniziò a indebolire ed a dividere il movimento operaio francese - con l'aiuto dei principali leader laburisti americani, i quali furono piuttosto orgogliosi del loro ruolo. Il compito della Cia richiedeva l'utilizzo di crumiri e di agenti provocatori. E chi li poteva procurare più facilmente se non la Mafia? Questa ovviamente non si accollò questa fatica solo per il gusto di farlo, ma volle un compenso per l'impegno profuso. E lo ottenne: fu autorizzata a ricostruire il racket dell'eroina, che era stato soppresso dai governi fascisti - ed ecco come nacque la famosa "French connection" che dominò il mercato della droga fino agli anni 60. Successivamente il centro del mercato della droga si spostò in Indocina, soprattutto in Laos e in Thailandia. Anche questo cambiamento fu un "effetto collaterale" di un'operazione della Cia: la "guerra segreta" combattuta in quei paesi durante la guerra del Vietnam da un esercito mercenario al soldo dell'intelligence americana. Anche costoro avevano preteso un compenso per il contributo prestato. Più tardi, quando la Cia spostò il proprio campo di attività in Pakistan e in Afghanistan, il racket della droga esplose anche lì. Allo stesso modo, la guerra clandestina contro il Nicaragua rappresentò l'asso nella manica per i narcotrafficanti della regione, quando i voli illegali allestiti dalla Cia per le forze mercenarie pagate dagli Usa offrirono una via facile e comoda, nel viaggio di ritorno, per spedire la droga in America: qualche volta addirittura, riferiscono i narcotrafficanti, istradata attraverso le basi dell'aviazione degli Stati Uniti. La stretta correlazione tra il racket della droga e il terrorismo internazionale (chiamato talora "contro-guerriglia", "conflitto a bassa intensità " o con qualche altro eufemismo) non sorprende. Le operazioni clandestine richiedono un'enorme quantità di denaro, alle cui origini è meglio che non si possa risalire. E richiedono anche manodopera criminale. Il resto viene da sé» [5].

I legami tra spaccio e istituzioni si consolidano spesso in periodi di forte conflitto sociale o in guerra, quando la droga oltre a finanziare i gruppi reazionari viene utilizzata anche in chiave repressiva.

Militarismo, imperialismo, guerre e traffico di droga

«La strategia militare intensifica la guerra contro la droga e la crisi bancaria, rafforza le relazioni con i trafficanti di droga» [6]

La guerra dell'oppio (XIX secolo) tra Cina e Inghilterra sono state l'esemplificazione di come dietro la guerra militare possa nascondersi il bieco obiettivo della diffusione e commercializzazione delle sostanze stupefacenti. Molto spesso, al contrario, gli interventi militari e le guerre vengono invece lo smercio illegale di droghe serve proprio per il finanziamento di queste operazioni.

Per esempio, durante l'amministrazione Reagan (20 gennaio 1981 - 20 gennaio 1989) e quella Bush (20 gennaio 1989 - 20 gennaio 1993), gli USA hanno appoggiato direttamente e indirettamente governi reazionari o gruppi paramilatari criminali del centro e sud-america, i quali spesso erano legati ad attività criminali che implicavano il traffico di droga, esseri umani, sfruttamento della prostituzione ecc. Un caso emblematico fu quello di Panama, che dal 1983 era sostanzialmente sotto il controllo di Manuel Noriega, un criminale spacciatore di droga al servizio della CIA e dello spionaggio americano. Nel suo I cortili dello zio Tom (cap. L'invasione di Panama), Noam Chomsky riporta che «nel 1983, una commissione del Senato americano concluse che Panama era uno dei principali centri per il riciclaggio dei proventi della droga, oltre che un crocevia per il suo smistamento ma i governi americani continuarono a giovarsi dei servizi di Noriega. Nel maggio del 1986 il direttore della Drug Enforcement Agency (l'agenzia federale antidroga degli Usa, NdT) elogiò Noriega per la sua "efficace politica anti-trafficanti". Un anno dopo, lo stesso direttore di compiaceva "della stretta collaborazione con Noriega", mentre il procuratore generale Edwin Meese bloccava un'indagine del Dipartimento di Giustizia Usa sulle attività criminali dell'uomo forte di Panama.»

Solo nel 1988 Noriega venne incriminato dalle autorità americane, ma la questione della droga e dei diritti umani fu solo un pretesto per coprire il loro reale interesse: invadere il paese e controllare il canale di Panama. Così, dopo un fallito golpe, gli yankee invasero il paese nel 1990. Subito dopo la destituzione di Noriega, il potere passò alla minoranza bianca panamense, gran parte dei quali erano dei banchieri. «Il narcotraffico da quelle parti è sempre stato svolto soprattutto dalle banche - il sistema bancario in pratica sfugge ad ogni regolamentazione e rappresenta quindi un o sbocco naturale per il denaro sporco.» [7]

Anche l'attenzionamento da parte dei militari USA verso El Salvador, Grenada, Panama, Honduras, Guatemala e Nicaragua [8] comportò il sostegno di gruppi paramilatari locali che presero ad attaccare i movimenti sociali che in quei luoghi, soprattutto tra gli anni '80 e i primi anni '90, presero a chiedere più democrazia e maggiori diritti per le classi più povere. Non solo questi paramilitari finanziavano le proprie atrocità attraverso lo spaccio, ma la "guerra alle droghe" fu presa a pretesto dal governo americano per giustificare l'invasione militare di questi paesi.

«Dal punto di vista internazionale, la "guerra alla droga" costituisce una copertura per l'ingerenza negli affari di altri paesi. All'interno, non ha molto a che vedere con il problema della droga, ma serve a distrarre la popolazione, ad aumentare la repressione nelle città, a costruire il consenso per l'attacco da sferrare contro le libertà civili [...] Allo stesso modo, la guerra clandestina contro il Nicaragua rappresentò l'asso nella manica per i narcotrafficanti della regione, quando i voli illegali allestiti dalla Cia per le forze mercenarie pagate dagli Usa offrirono una via facile e comoda, nel viaggio di ritorno, per spedire la droga in America: qualche volta addirittura, riferiscono i narcotrafficanti, istradata attraverso le basi dell'aviazione degli Stati Uniti. La stretta correlazione tra il racket della droga e il terrorismo internazionale (chiamato talora "contro-guerriglia", "conflitto a bassa intensità " o con qualche altro eufemismo) non sorprende. Le operazioni clandestine richiedono un'enorme quantità di denaro, alle cui origini è meglio che non si possa risalire. E richiedono anche manodopera criminale. Il resto viene da sé.» (Noam Chomsky, I cortili dello zio Tom (cap. La lotta contro (certe) droghe))

Chiarisce ancora Laura Carlsen in un articolo pubblicato su CounterPunch:

«La guerra alla droga è diventata il principale veicolo di militarizzazione dell'America Latina. Un veicolo finanziato e promosso dal governo degli Stati Uniti e alimentato da una combinazione di falsa morale, ipocrisia e molto timore profondo. La cosiddetta "guerra alla droga" è in realtà una guerra contro le persone, soprattutto contro i giovani, le donne, i popoli indigeni e i dissidenti. La guerra alla droga è diventata la strada principale del Pentagono per occupare e controllare i paesi a spese di intere società e molte, molte vite».

Inutile sottolineare che dopo la guerra molti di questi paesi furono socialmente distrutti, Grenada, per esempio, divenne uno dei principali centri di riciclaggio dei narcodollari. «Anche il Nicaragua, dopo la vittoria di Washington nelle elezioni del 1990, è diventato un crocevia per la droga diretta verso il mercato americano». Stesso schema è stato utilizzato anche in Somalia, che ha subito diverse e violente ingerenze militari occidentali (guidate dagli USA), tra cui la fallimentare missione militare pseudo-umanitaria denominata Operazione Restore Hope (3 dicembre 1992-4 maggio 1993), «dove le milizie filo-statunitensi, in questi giorni, hanno sostenuto una battaglia contro le milizie "islamiche" per disputarsi il controllo dell'aeroporto di Dainile a Mogadiscio, e quindi del traffico di droga che passa per quell'aeroporto». [9]

Molto interessanti furono anche le dichiarazioni del pentito di mafia Francesco Marino Mannoia, il quale dichiarò ai giudici americani che Cosa Nostra utilizzava la base Nato di Sigonella per spedire ingenti quantitativi di eroina dalla Sicilia verso gli Stati Uniti. Secondo il pentito, «tra il 1979 ed il 1980 furono spedite diverse "partite" di eroina, raffinata dallo stesso Marino Mannoia per conto della "famiglia" di Santa Maria di Gesù, che faceva capo ai fratelli Stefano e Giovanni Bontade, e di altri boss, come Antonino Grado e Francesco Mafara.» [10]

I due paragrafi seguenti trattano nello specifico altri due casi (Afghanistan e Kosovo) che mostrano ancora una volta le relazioni inequivocabili esistenti tra spaccio di droga e militarismo.

La CIA, Al Qaeda e l'Afghanistan

Secondo diverse ipotesi [11] [12], anche la stessa guerra in Afghanistan sarebbe stata messa in atto, tra le altre cose, per controllare la produzione di oppio. Secondo il sito web TheUnjustmedia, vicino alle posizioni talebani, riporta che «gli invasori terroristi [13] pattugliano i campi di oppio nella provincia dell'Helmand". "Si noti che mentre sotto l'Emirato Islamico le coltivazioni di oppio ebbero uno stop, sotto gli invasori americani, l'Afganistan è diventato il primo produttore mondiale, col 90% del totale".». Al di là delle posizioni di parte espresse da questo sito web, i dati parlano chiaro e dicono che con l'invasione della NATO la produzione di oppio è aumentata, così pure gli affari giganteschi che vi girano attorno.
...Tratto ed ispirato da Il Libro Nero della Polvere Bianca. Droga: trafficanti, Cia e stampa

Fine anno del 1979: i sovietici decisero di invadere l'Afghanistan. Prima che Osama e i Talebani diventassero “famosi”, il leader dei cosiddetti mujaheddin era Yunus Khalis. I mujaheddin non sono un gruppo unico, ma tanti. Khalis combatteva anche contro gli altri gruppi afgani: l'obbiettivo era il controllo dei campi di papavero, delle strade e dei sentieri che portavano ai suoi laboratori di eroina vicino al suo quartier generale, nella città di Ribat al Ali.

A Darra, la CIA vi aveva installato una fabbrica di armi per produrre copie delle armi sovietiche (in modo da eludere l'embargo sulle armi). La fabbrica era gestita, in appalto, dall'ISI (Inter-Service Intelligence pakistano). I guerriglieri afgani trasportavano l'oppio dall'Afghanistan al Pakistan, vendendolo al governatore pakistano del territorio nord-occidentale, il generale di corpo d'armata Fazle Haq. Trasformato l'oppio in eroina, i camion dell'esercito pakistano la portavano a Karachi, quindi spedita in Europa e USA.

Afghanistan: alcuni marines americani in un campo di oppio. Sotto occupazione NATO la produzione di oppio è in netto aumento.

Nella primavera del 1979, il «Washington Post» riferì che ai mujaheddin piaceva «torturare le loro vittime tagliando loro prima il naso, le orecchie e i genitali, quindi rimuovendo un pezzo di pelle dopo l'altro».

Gli agenti della DEA sapevano molto bene che una ditta usata dalla CIA per finanziare i mujaheddin, la Shakarchi Trading Company, era coinvolta nel traffico internazionale di droga. La DEA scoprì che uno dei principali clienti di questa ditta era Yasir Musullulu, arrestato in flagrante mentre tentava di vendere un carico di oppio grezzo afgano da 8,5 tonnellate a esponenti della “famiglia” Gambino di New York City.

Nel 1984, il vicepresidente George Bush si recò in Pakistan a visitare il generale del regime pakistano, Zia Ul-Haq. In quel periodo Bush era a capo del National Narcotics Border Interdiction System (Sistema nazionale di interdizione dei narcotici al confine). Investito di questa funzione, Bush incaricò la CIA delle operazioni antidroga, dell'uso e del controllo degli informatori. Nominò capo operativo l'ammiraglio in pensione Daniel J. Murphy. Questi chiese con insistenza l'accesso alle informazioni riservate sui cartelli dei narcotrafficanti (il popolo viene tenuto nell'ignoranza, ma a certi livelli del potere ognuno sa quel che c'è da sapere...). Ovviamente la CIA non gli diede nulla. Il vicepresidente tuonò sui quotidiani americani che «non sarebbe mai sceso a patti con i narcotrafficanti sul suolo statunitense, né su quello straniero». Lodò il regime di Ul-Haq «per il suo inflessibile sostegno alla “guerra alla droga” [14]» e trovò anche il tempo per far sottoscrivere ai pakistani un contratto per l'acquisto di 40 milioni di dollari di turbine a gas prodotte dalla General Electric.

Durante gli anni '80, l'amministrazione Reagan addossò la colpa del boom della produzione di eroina in Pakistan ai generali sovietici di stanza a Kabul. Invece il dipartimento di giustizia USA aveva ricostruito la storia delle importazioni di droga dal Pakistan almeno fino al 1982 (mercato controllato dai ribelli afgani e dai militari pakistani).

Nel 1982, l'Interpol aveva identificato Ul-Haq come pedina chiave nel traffico di oppio fra Afghanistan e Pakistan. Qualche tempo dopo, Zia Ul-Haq fu fatto saltare in aria con una bomba piazzata sul suo aereo presidenziale. Di conseguenza, Fazle Haq perse la preziosa protezione di Ul-Haq e fu arrestato per un omicidio di un religioso sciita (commesso qualche tempo prima).

Dopo aver destituito il primo ministro Benazir Bhutto (che sarà poi uccisa nel 2007), il sostituto Ishaq Khan fece scarcerare Fazle Haq (sarà ucciso qualche tempo dopo, forse per vendetta per la morte del religioso sciita).

La DEA americana venne in possesso di informazioni relative al marito della Bhutto, Asif Ali Zardari, per aver finanziato spedizioni di eroina dal Pakistan verso Gran Bretagna e USA. La DEA aveva affidato le indagini sul grande traffico internazionale di droga a John Banks, per lavorare sotto copertura in Pakistan. Banks era un agente esperto, aveva già lavorato per la DEA e pure per la Gran Bretagna. L'agente sotto copertura incontrò il marito della Bhutto, un generale dell'aviazione e un banchiere pakistano per discutere circa la logistica del trasporto, e gli dissero che «il Regno Unito era un'altra zona verso la quale avevano regolarmente spedito eroina e hashish». Un agente in pensione della polizia doganale britannica disse al «Financial Times» che tenevano sott'occhio Zardari, e che avevano informato i servizi segreti britannici. Anche Banks disse che la CIA bloccò le indagini della DEA su Zardari.

Si arriva al 1996: conquistano il potere a Kabul i vecchi “amici” della CIA, i Talebani (finanziati in passato dall'ISI e dalla CIA). Il loro leader, Mullah Omar, modificò tutte le leggi contrarie alla sharia islamica. Le donne dovevano portare il velo e stare a casa; non potevano entrare in ospedali, scuole e bagni pubblici. La CIA continuò a sostenere questi bastardi medioevali. L'italiana Emma Bonino, all'epoca Commissario dell'Unione Europea per gli Aiuti Umanitari, a proposito delle violazioni sulle donne afgane disse che i Talebani stavano commettendo un «genocidio di genere». Evidentemente non è stata abbastanza convincente...

Osama e i Talebani sono una “creatura” della CIA e dell'ISI, poi sfuggiti al controllo dei servizi segreti che li hanno finanziati e protetti per anni. L'odio di Bin Laden verso i suoi ex alleati americani comincia presto, come disse lui stesso: «Gli eventi che ebbero un'influenza diretta su di me si svolsero nel 1982, e poi successivamente, quando gli USA permisero a Israele di invadere il Libano con l'aiuto della stessa flotta americana. Cominciarono a bombardare, e tanti morirono, altri dovettero fuggire terrorizzati. Ancora ricordo quelle scene commoventi - sangue, corpi dilaniati, donne e bambini morti; case sventrate ovunque e interi palazzi che furono fatti crollare sui loro residenti... Tutto il mondo vide e sentì, ma non fece nulla. In quei momenti critici fui sopraffatto da idee che non posso neppure descrivere, ma esse svegliarono in me un impulso potente a ribellarmi all'ingiustizia, e fecero nascere in me la ferma determinazione a punire l'oppressore. Mi sono convinto che l'iniquità e l'assassinio premeditato di donne e di bambini è un principio americano consolidato, e che il terrore sia il vero volto della cosiddetta "libertà " e "democrazia", mentre chi combatte questo viene chiamato "terrorista".

Dal principio l'obbiettivo di Osama erano i regimi corrotti del Medioriente (l'Arabia Saudita per esempio), ma si resero conto che sarebbe morta la loro gente già martoriata dagli occidentali. Così scelsero USA ed Europa.

Il ruolo del Kosovo: nuovo epicentro europeo del traffico

Il Kosovo è un territorio serbo amministrato dall'Organizzazione delle Nazioni Unite che il 17 febbraio 2008 ha dichiarato unilateralmente la propria indipendenza dalla Serbia. Lo stesso giorno la Costarica ne ha riconosciuto l'indipendenza, il giorno dopo è stata la volta di USA e Albania.

91 dei 193 paesi dell'ONU (tra cui 22 dell'Unione Europea, Stati Uniti, Francia e Regno Unito, tutti membri permanenti del consiglio di sicurezza con diritto di veto) ne riconoscono l'indipendenza; al contrario, atri 51 stati membri (tra cui Russia e Cina, entrambi membri permanenti del consiglio di sicurezza con diritto di veto) si rifiutano accettarne la separazione dalla Serbia.

La storia recente del Kosovo è legata al conflitto del 1999, quando diverse forze internazionali (tra cui l'Italia) intervennero in armi per proteggere la componente albanese del Kosovo, che sarebbe stata presa di mira dal governo di Belgrado, e sostenere i guerriglieri dell'UCK (Esercito di liberazione del Kosovo). Ufficialmente la guerra fu un intervento umanitario, ma in realtà oggi è risaputo che «i leader di etnia albanese dell'Esercito di liberazione del Kosovo (Uck) erano responsabili dei traffici di organi umani alla fine degli anni novanta» [15]. Inoltre i boss della droga kosovari parteciparono attivamente alle trattative prima della guerra ed ai negoziati francesi di Rambouillet (febbraio 1999) fu delegato [16], in qualità di leader dei kosovari albanesi, colui che veniva definito dagli occidentali la «voce della ragione» all'interno del UÇK: Hashim Thaci. In realtà Thaci, diventato primo ministro del paese con le elezioni di fine 2007, è un personaggio ambiguo, accusato più volte di essere coinvolto in traffici di armi e droga:

«Il capo del governo del Kosovo - anticipano il Guardian e la Bbc - viene indicato come il boss di un racket che ha iniziato le sue attività criminali nel corso della guerra del Kosovo proseguendole nel decennio successivo. Il rapporto, che conclude due anni di indagini e cita fra le sue fonti l'Fbi e altri servizi di intelligence, scrive che Thaci ha esercitato un "controllo violento" nell'ultimo decennio sul commercio di eroina» [17].

Durante il periodo nel quale fu a capo dell'UÇK, egli è ritenuto responsabile - secondo quanto riporta il Washington Times - d'aver finanziato l'organizzazione attraverso il controllo di del traffico di eroina e cocaina verso l'Europa occidentale. [18] Un'inchiesta coordinata da Dick Marty per il Consiglio d'Europa e svoltasi tra il 2008 e il 2010, ha identificato nel primo ministro kosovaro un criminale implicato nel contrabbando di armi, auto rubate, petrolio ed esseri umani (prostituzione e traffico d'organi), accusandolo inoltre di essere in connessione con altre organizzazioni malavitose internazionali. [19]

Prima, durante e dopo la guerra (marzo-giugno 1999), il Kosovo ha goduto del totale sostegno, militare e politico della NATO, presentatasi come unica forza in grado di tutelare le varie etnie presenti nel paese e garantirne il rispetto dei diritti umani. Nonostante (o forse proprio per questo?) la sponsorizzazione della NATO e la presenza di varie missioni militari e civili (EULEX, UNMK e KFOR: queste dovrebbero garantire l'ordine e la stabilità del paese), il Kosovo è divenuto l'epicentro del traffico degli stupefacenti in Europa. Il reddito di questo traffico raggiunge i 3 miliardi di euro, cioè il doppio rispetto al bilancio del Kosovo. Non è un caso che nel piccolo paese dei Balcani ci siano una moltitudine di banche, le cui due più importanti, ProCredit Bank e Raffeisen Bank, hanno sostanzialmente il monopolio sul credito ed hanno colonizzato ogni cosa.

«Il neonato Stato balcanico, creatura della NATO, risulta noto ormai come Mafialand, un Paese in cui ci sono più banche che abitanti. Il proliferare di banche e di sportelli ha ovviamente una sola motivazione: riciclaggio.» [20]

Gli anarchici e l'antiproibizionismo

La posizione degli anarchici rispetto al proibizionismo è conosciuta a tutti ed è ben distante dall'antiproibizionismo del Partito Radicale, che auspica una "legalizzazione" delle droghe e non la "liberalizzazione", come invece voluto dagli anarchici. Liberalizzare la droga quindi perché si riconosce ad ogni individuo la facoltà di gestire la propria vita come gli aggrada, ma soprattutto perché ciò impedirebbe anche di sviluppare quel cancro formato dalle strettissime relazioni esistenti tra mafia, istituzioni politiche, capitalismo e neocolonialismo.

Esempio recente di questi rapporti è l'aggressione militare all'Afghanistan portata avanti dagli Stati Uniti a partire dal 2001. Secondo le dichiarazioni istituzionali statunitensi la guerra avrebbe dovuto combattere i narcotrafficanti talebani, i dati dimostrano però che da quando è iniziata l'occupazione militare del paese asiatico si è assistito ad un incremento della produzione e del commercio dell'oppio [21]: dal 2000 al 2008 si è passati dalle 3278 alle 7700 tonnellate di oppio, registrando un lieve calo rispetto al 2007 (8200) ma avendo un più che raddoppiamento della produzione da quando gli americani si sono insediati nel paese [22].

Ancor più inquietante è la strana coincidenza esistente tra il traficco degli stupefacenti e la presenza militare statunitense:

«Secondo le agenzie specializzate dell'ONU, la cocaina parte dalla Colombia (guarda caso, occupata dagli USA) ed arriva al porto di Napoli (casualmente controllato dagli USA). Allo stesso modo, l'oppio parte dall'Afghanistan, occupato dagli USA, e transita per il Kosovo, occupato dagli USA con una delle più grandi basi militari del mondo, Bondsteel. Da Bondsteel l'oppio raffinato approda poi a Napoli, che è la colonia militare statunitense per eccellenza dal 1943. Ovviamente sono soltanto coincidenze del tutto "casuali", tanto è vero che i rapporti ONU si guardano bene dal rilevare questa strana onnipresenza statunitense sui luoghi del delitto di narcotraffico» [23].

Tutti questi dati dimostrano anche l'ipocrisia che si nasconde dietro certe affermazioni della classe politica che a parole vorrebbe combattere la droga, ma nei fatti la avalla e la promuove in quanto "affare" economico e strumento di controllo delle masse.

Note

  1. Anno 501, la conquista continua. Capitolo I° di Noam Chomsky
  2. Dell'Utri: Mangano è un EROE, a modo suo... e la storia va riscritta
  3. "Ganzer si accordò con narcotrafficanti". Le accuse dei giudici al generale
  4. Foto di Vito Genovese con Salvatore Giuliano. Genovese è fotografato con la divisa dell'esercito americano,insieme a Salvatore Giuliano, responsabile dei fatti di Portella della Ginestra, ciò dimostra che i due si conoscevano, anzi Giuliano godeva della protezione di Genovese quando passò con i "liberatori".
  5. La lotta contro certe droghe di Noam Chomsky
  6. L'imperialismo in Messico
  7. Chomsky, "Year 501: World Orders, Old and New, part. 1", in Z; marzo 1992, pp. 24-36.
  8. Il Salvador, dal 1980 al 1992, con vari gradi intensità, fu sconvolto da una drammatica una guerra civile tra diversi movimenti sociali e forze reazionarie sostenute dagli USA; Grenada fu invasa nel 1983, Panama nel 1989; negli anni '80 gli USA appoggiarono governi illiberali locali che non si facevano scrupolo ad arrestare ed ammazzare i membri della sinistra hondurena. Durante il governo di Suazo Córdova gli Stati Uniti, attraverso la loro base di Palmerola, usarono il territorio honduregno come base dei controrivoluzionari nicaraguensi con il fine di deporre il governo comunista di Daniel Ortega in Nicaragua; dagli anni cinquanta agli anni novanta (con un periodo di pausa tra il 1977 e il 1982), il governo USA supportò direttamente l'esercito del Guatemala che non si fece scrupolo ad assassinare brutalmente migliaia di civili (Nel 1992 il premio Nobel per la pace venne assegnato a Rigoberta Menchú, un'attivista indigena per i diritti umani, grazie ai suoi sforzi per portare l'attenzione internazionale sul genocidio perpetrato dal governo nei confronti della popolazione indigena.); in Nicaragua gli USA appoggiarono lungamente la dittatura della famiglia Somoza, responsabile peraltro di innumerevoli massacri tra i ciivli, contro i rivoluzionari sandinisti. Fra il 1980 e il 1989 furono attivi i gruppi militari dei Contras, in Honduras ed El Salvador, in gran parte vecchi membri della Guardia Nacional fedele a Somoza. Questi furono finanziati illegalmente dagli Stati Uniti, cosa che innescò lo scandalo Iran-Contras (detto anche "Irangate"). La loro principale attività consisteva nel creare uno stato di agitazione nei confini, spesso uccidendo figure importanti del governo sandinista dando l'impressione alla stampa internazionale di una resistenza interna al governo.
  9. Articolo del Comidad
  10. Dalla Base Nato di Sigonella la mafia spediva droga in USA
  11. Afghanistan ed oppio
  12. Per Obama sarà l'oppio afghano a salvare l'economia
  13. Con il terimne "terroristi" ci si riferisce alla NATO
  14. War_on_Drugs
  15. "Traffico di organi umani". Bufera sul governo del Kosovo
  16. Nel suo La televisione va alla guerra (ed. RAI-ERI), Ennio Ramondino racconta che fu trovata una notevole quantità di "polvere bianca" nel bagaglio di uno dei delegati kosovari dell'UCK a Rambouillet.
  17. Kosovo, "premier Thaci boss mafioso"
  18. "KLA finances fight with heroin sales Terror group is linked to crime network"; Jerry Seper. Washington Times. Washington, D.C.: May 3, 1999. pg. A.1
  19. Articolo
  20. La NATO sponsor del crimine organizzato
  21. Alcuni dati sulla produzione di oppio in Afghanistan
  22. La produzione di oppio in Afghanistan
  23. Articolo del comidad.org

Bibliografia

  • Alexander Cockburn, Jeffrey St. Clair, Il Libro Nero della Polvere Bianca. Droga: trafficanti, Cia e stampa, Nuovi Mondi Media
  • Collettivi Comunisti Autonomi, Lotta e Informazione Contro l'Eroina, 1978

Voci correlate

Collegamenti esterni