Pietro Valpreda

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Pietro Valpreda

Pietro Valpreda (Milano, 29 agosto 1933 - Milano, 6 luglio 2002), è stato un anarchico italiano. Militante del circolo "22 marzo", fu ingiustamente accusato della strage di piazza Fontana del 12 dicembre 1969.

Biografia

Pietro Valpreda nasce a Milano il 29 agosto 1933 da Emilo ed Ele Lovati. Trascorre la gioventù in un quartiere popolare, in cui sopravvive anche con piccole attività  illegali che gli costano due condanne: nel 1956, quattro anni per rapina a mano armata, nel 1958, per contrabbando.

L'anarchia e il circolo 22 Marzo

Inizialmente frequenta soprattutto i circoli anarchici lombardi, ma la sua professione di ballerino lo porta a conoscere in giro per l'Italia diverse realtà  del movimento anarchico italiano. In particolare entra in buooni rapporti con gli ambienti romani.

A Milano,a partire dal 1963, frequenta il circolo la Gioventù Libertaria, di cui Giuseppe Pinelli è uno dei fondatori, poi dal 1965 il "Sacco e Vanzetti" di via Murillo, da cui gli anarchici saranno sfrattati due anni dopo a causa di alcuni dissapori con i "provo" italiani. Nasce così il circolo Ponte della Ghisolfa, in cui Valpreda si inserisce pienamente, anche se non disdegna di rapportarsi con le aree più marginali del movimento organizzato. A Roma, nel 1969, frequenta il circolo Bakunin, dove è in atto un conflitto tra una parte più "moderata" e una più "arrabbiata". Valpreda si schiera con quest'ultimi. Il suo gruppo, secondo la testimonianza di Paolo Finzi (peraltro contestata dagli amici e compagni di Valpreda), si caratterizza per numerose azioni ritenute sconsiderate e provocatorie, e per questo sarà  inviso a buona parte degli anarchici italiani: nel 1969, durante un corteo a Milano, si distinguono per il coro urlato a squarciagola: «Bombe, sangue e anarchia!» [1]; negli stessi mesi, questa volta a Roma, scrivono un volantino molto cruento, mettendo quale indirizzo della propria sede quello della redazione romana di «Umanità  Nova»; nel marzo 1969 Valpreda ed altri due giovani compagni pubblicano Terra e libertà  in cui elogiano Ravachol e l’azione diretta violenta [2].

Come detto, Enrico Di Cola, ex militante del circolo anarchico 22 Marzo ed amico di Pietro, sostiene la totale inattendibilità  di questi fatti imputati a Valpreda e compagni da Paolo Finzi [3]:

«I testi da voi citati [si riferisce ad Anarchopedia, N.d.R] non suffragano quanto da voi sostenuto. Gli slogan dei cosidetti "arrabiati" del "Bakunin" a Milano non ci possono essere MAI STATI, si confonde uno sloogan gridato eventualmente da Valpreda quando questi viveva ancora a Milano (assieme a qualche altro elemento del movimento milanese) con il Bakunin di Roma. Quindi di quali "azioni considerate scriteriate" si parla? Il volantino di Roma (fatto molti mesi dopo l'avvenimento di Milano) non era affatto "cruento" a meno che non possa definirsi cruento un testo contro la guerra e contro il fascismo! A parte questo, l'indirizzo riportato nel volantino era quello del circolo Bakunin e non di Umanità  Nova!!! Per finire, quest'ultimo volantino, venne si diffuso ma dopo che noi stessi provvedemmo a tagliare via la parte recante l'indirizzo. Che altri, anche di sinistra, scrivano cose inesatte o false su di noi non mi preoccupa molto, ma se a scrivere inesattezze sono degli anarchici allora la cosa non mi garba affatto. Grazie.» (Enrico Di Cola, ex circolo 22 Marzo)

In ogni caso l'estremismo di Valpreda, in realtà , ha valore di pura provocazione intellettuale: non si esplicita, attraverso fatti precisi, ma si limita a rimanere sul terreno delle parole. Secondo il ballerino milanese può servire a scuotere le coscienze e a diffondere la necessità  a prendere parte a una protesta che si va gonfiando a dismisura.[4]

Al di là  delle polemiche, nel novembre 1969, Valpreda si distacca dal circolo Bakunin per fondare, insieme a Mario Merlino e ad alti compagni più giovani, un gruppo dalle idee radicali: il circolo anarchico 22 Marzo. Valpreda a questo punto non è più gradito tanto al circolo milanese Ponte della Ghisolfa quanto ai compagni della FAI di Roma, anche perché la strutturazione del 22 marzo si prestava facilmente alle infiltrazioni di ogni tipo. Infatti, più tardi si scoprirà  che nel circolo si erano infiltrati anche il poliziotto Salvatore Ippolito e il neo fascista Mario Merlino.

Strage di Piazza Fontana e conseguenze

Il 12 dicembre 1969, esplode a Milano, in Piazza Fontana, una bomba che provoca 16 morti e 88 feriti, mentre altre tre vengono programmate a Roma (vedi strage di Piazza fontana). Quel giorno Valpreda è a casa della zia Rachele Torri, ma ciò non impedisce a “qualcuno” di accusarlo di essere l'autore materiale della strage (insieme a Valpreda verranno accusati altri anarchici, tra questi Giuseppe Pinelli che morì in “circostanze misteriose”... ma non troppo… ). Il 15 dicembre, mentre si sta recando in tribunale con il suo avvocato per risolvere alcune vecchie pendenze, è arrestato con l'accusa di essere l'esecutore materiale della strage. Il 17 dicembre presso il circolo Ponte della Ghisolfa inizia una grande campagna di controinformazione a favore di Valpreda e degli anarchici, sottoposti ad una durissima campagna mediatica diffamatoria, nonostante sia sempre più evidente che si tratti di una vera e propria montatura orchestrata dall'"alto": «Valpreda è innocente. Pinelli è stato assassinato. La strage di Stato», sarà  il leit motiv della campagna pro-Valpreda.

Nel 1972 fallisce il tentativo di tirarlo fuori dal carcere attraverso l'escamotage della candidatura nelle liste elettorali de Il Manifesto. Nello stesso anno, grazie alla promulgazione di una legge ad hoc (la cosiddetta "legge Valpreda"), che cancella l'obbligatorietà  della detenzione per gli imputati di strage, l'anarchico milanese può finalmente lasciare la prigione.

L'assoluzione e l'ultimo periodo della sua vita

I processi si susseguono per molti anni, con alterne vicende e sentenze, sino a quando il 1° agosto 1985 la Corte d'Assise d'appello di Bari lo assolve per insufficienza di prove. Questa sentenza sarà  successivamente confermata dalla Corte di Cassazione.

Nel frattempo Pietro partecipa a convegni e manifestazioni, apre un locale (“La Barricata”) nel popolare quartiere di Milano, vende libri per Einaudi, scrive tre noir insieme all'amico Piero Colaprico: Quattro gocce di acqua piovana, La nevicata dell'85 e La primavera dei maimorti.

Divenuto padre di Tupac Libero Emiliano, inesorabilmente la malattia che lo affligge alle gambe (il morbo di Buerger) peggiora sempre più e aggrava considerevolmente le sue condizioni di salute.

Pietro Valpreda muore il 6 luglio 2002 a Milano. I funerali, organizzati dal circolo anarchico Ponte della Ghisolfa, si sono svolti l'8 luglio e la salma, successivamente cremata, è stata accompagnata da un corteo di 3000 persone.

Il caso Valpreda nella stampa

Appena arrestato Valpreda è vittima del linciaggio della stampa:

«Il crimine ha oramai una fisionomia precisa: il criminale ha un volto (…). Il Valpreda ha, nonostante i 37 anni, un aspetto da giovane piuttosto beat, che si accorda del resto con l'attività  di ballerino; ma la sua salute è insidiata da un’infermità  grave, il morbo di Burger. La menomazione che lo impedisce, lui ballerino, nelle gambe, potrebbe avere contribuito a scatenare una forsennata e irrazionale avversione per l’umanità  intera.» (Mario Cervi in La propaganda del terrore, «Corriere della Sera» del 17-12-1969)
«Dai sospetti di oggi sembra che gli attentati siano opera di un gruppo di giovani anarchici individualisti staccatisi dai superstiti, orami innocui, del vecchio anarchismo. Delitti quindi maturati da un lucido, ancorché mostruoso, piano politico. Nemmeno sembra probabile che siano stati voluti da forze occulte. Meglio così.» (Carlo Casalegno in E adesso luce, «La Stampa» del 17-12-1969)

Quando comincia a delinearsi la sua innocenza, i giornali cambiano atteggiamento:

«Noi crediamo che il modo migliore per celebrare una festa d'amore e di fratellanza, come è il Natale, sia quello di denunciare tutti gli arbitri e gli abusi che stabiliscono tra gli italiani una discriminazione ugualmente ingiusta, ma forse ancora più odiosa, di quella che sussiste fra ricchi e poveri: la discriminazione tra chi comanda e chi subisce (…) È scandaloso che Pietro Valpreda debba trascorrere in carcere il suo quarto Natale consecutivo.» (L'arroganza del potere, «Corriere della Sera» del 24-12-1972)

Bibliografia

  • Pietro Valpreda, Lettera dal "carcere del sistema", Roma, 1972
  • Pietro Valpreda, Poesia dal carcere, Roma, 1972
  • Pietro Valpreda, È lui. diario dalla galera, Milano, 1974
  • Le bombe di Milano. testimonianza di G. Pansa [et al.], parma, 1970
  • Croce Nera Anarchica, Le bombe dei padroni, Catania, 1970 (2 ed. 1989)
  • Eduardo M. Di Giovanni, Marco Ligini, Edgardo Pellegrini. La strage di Stato. Controinchiesta. Odradek, 2006 (edizione originale: Samonà  e Savelli, 1970).
  • Camilla Cederna, Pinelli. Una finestra sulla strage, Il Saggiatore, 2004 (edizione originale 1971), •
  • Corrado Stajano, Pier Carlo Masini, Amedeo Bertolo, Pinelli. La diciassettesima vittima, BFS edizioni, 2007.
  • Dizionario biografico degli anarchici italiani, Pisa, 2004, Tomo II, pag 647-648

Voci correlate

Collegamenti esterni

Articoli

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Note

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