Giuseppe Pinelli: differenze tra le versioni

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La sera del [[15 dicembre|15]] dopo 3 giorni di continui interrogatori muore, volando dal 4° piano della questura, Giuseppe Pinelli. Aldo Palumbo, cronista dell'«Unità», mentre cammina sul piazzale della questura sente un tonfo poi altri 2 ed è un corpo che cade dall'alto, che batte sul primo cornicione del muro, rimbalza su quello sottostante e infine si schianta al suolo per metà  sul selciato del cortile per metà  sulla terra soffice dell'aiuola.
La sera del [[15 dicembre|15]] dopo 3 giorni di continui interrogatori muore, volando dal 4° piano della questura, Giuseppe Pinelli. Aldo Palumbo, cronista dell'«Unità», mentre cammina sul piazzale della questura sente un tonfo poi altri 2 ed è un corpo che cade dall'alto, che batte sul primo cornicione del muro, rimbalza su quello sottostante e infine si schianta al suolo per metà  sul selciato del cortile per metà  sulla terra soffice dell'aiuola.


Nella stanza dell'interrogatorio sono presenti il commissario Luigi Calabresi, i brigadieri Panessa, Mucilli, Mainardi, Caracutta e il tenente dei carabinieri Lograno che saranno tutti per "meriti" elevati di grado. Il questore [[Marcello Guida]], nel [[1942]] uomo di fiducia di [[Benito Mussolini]] e direttore del confino politico di Ventotene, già  20 minuti dopo, durante una conferenza a cui partecipano anche il dott. Antonino Allegra (responsabile dell'ufficio politico della questura) e il Commissario Calabresi, dichiara che Pinelli «improvvisamente il Pinelli ha compiuto un balzo felino verso la finestra che per il caldo era stata lasciata socchiusa e si è lanciato nel vuoto» <ref>[http://www.ecn.org/ponte/doss12/pinelli/pinellicorriere.html Colpo di scena: un fermato si uccide in questura.], Corriere della Sera, 16 dicembre 1969</ref>. Secondo alcune fonti della polizia il ferroviere anarchico si sarebbe suicidato dopo aver gridato l'ormai celebre frase: «È la fine dell'anarchia!», di fatto ammettendo di fatto una propria responsabilità  che l'avrebbe portato al suicidio perchè «l'alibi era crollato».  
Nella stanza dell'interrogatorio sono presenti il commissario Luigi Calabresi, i brigadieri Panessa, Mucilli, Mainardi, Caracutta e il tenente dei carabinieri Lograno che saranno tutti per "meriti" elevati di grado. Il questore [[Marcello Guida]], nel [[1942]] uomo di fiducia di [[Benito Mussolini]] e direttore del confino politico di Ventotene, già  20 minuti dopo, durante una conferenza a cui partecipano anche il dott. Antonino Allegra (responsabile dell'ufficio politico della questura) e il Commissario Calabresi, dichiara che Pinelli «improvvisamente il Pinelli ha compiuto un balzo felino verso la finestra che per il caldo era stata lasciata socchiusa e si è lanciato nel vuoto» <ref>[http://www.ecn.org/ponte/doss12/pinelli/pinellicorriere.html Colpo di scena: un fermato si uccide in questura.], Corriere della Sera, 16 dicembre 1969</ref>. Secondo alcune fonti della polizia il ferroviere anarchico si sarebbe suicidato dopo aver gridato l'ormai celebre frase: «È la fine dell'anarchia!», di fatto ammettendo di fatto una propria responsabilità  che l'avrebbe portato al suicidio perché «l'alibi era crollato».  


L'ultimo compagno ad aver visto Pinelli in vita, nonché unico testimone, è [[Pasquale Valitutti]], anch'egli presente in Questura in attesa di essere interrogato. Valitutti in sede processuale dichiara che il commissario Calabresi era presente nella stanza da dove cadde Pinelli:
L'ultimo compagno ad aver visto Pinelli in vita, nonché unico testimone, è [[Pasquale Valitutti]], anch'egli presente in Questura in attesa di essere interrogato. Valitutti in sede processuale dichiara che il commissario Calabresi era presente nella stanza da dove cadde Pinelli:
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