Ivan Illich
Ivan Illich (Vienna, 4 settembre 1926 - Brema, Germania, 2 dicembre 2002), austriaco di nascita e messicano d'adozione, è stato non solo un anarchico, ma anche un sociologo, filosofo, linguista (conosceva una decina di lingue), teologo e storico delle istituzioni.
Biografia
Nato a Vienna da un padre cattolico di origine croata, Ivan Peter Illich, e dalla madre ebrea sefardita, Ellen Regenstreif-Ortlieb, Ivan Illich trascorre un'infanzia tranquilla grazie alle buone disponibilità economiche della famiglia. Poliglotta sin da ragazzo (l'italiano, lo spagnolo, il francese e il tedesco furono da lui appresi da bambino, in seguito imparò il croato, la lingua dei suoi nonni, il greco antico e il latino, oltre allo spagnolo, il portoghese, l'hindi, l'inglese ed altre lingue). [1]
Tra il 1936 e il 1941 vive principalmente a Vienna con la nonna materna, poi a causa delle leggi razziali naziste è costretto a lasciare l'Austria per recarsi a Firenze con la madre, dove contribuisce alla lotta partigiana. [2] In Toscana, nonostante non abbia mai avuto un buon rapporto con le istituzioni scolastiche e con la disciplina in genere, termina le scuole superiori e inizia l'Università. Proprio in questo periodo decide anche di farsi sacerdote: tra il 1942 e 1946 frequenta i corsi di teologia all'Università Gregoriana in Vaticano.
Viene ordinato sacerdote e, dopo aver rifiutato un incarico diplomatico nella Santa Sede, ottiene il suo primo incarico, quello cioè di gestire una parrocchia a Manhattan (New York), dove vi è un'altissima prevalenza di portoricani con gravi difficoltà economiche sulle spalle. Il contatto con gli emarginati lo aiuta a riflettere sulle ingiustizie sociali e sui meccanismi che controllano i principi dell'esclusione e dell'alienazione. Nello stesso periodo entra in contatto con il filosofo Jacques Maritain.
Nel 1956 diviene vice rettore dell'Università di Puerto Rico, ma nel 1960 decide di lasciare il paese a causa di gravi divergenze con la gerarchia ecclesiastica (Illich era per la Chiesa troppo attivo politicamente, inoltre era favorevole alla diffusione dei preservativi). [3] L'anno seguente fonda a Cuernavaca, in Messico, il Centro interculturale di documentazione (Cidoc) che ha il compito di preparare i preti e i volontari alle missioni in America Latina. Illich, pur fondando le proprie basi culturali nel cristianesimo, si oppone duramente alle politiche colonialiste americane, che condannano ad un eterna povertà milioni di uomini e donne, alla guerra, alle banche e alle multinazionali; questo suo impegno lo fa divenire sospetto alla CIA, al governo americano e al Vaticano (subì anche alcuni misteriosi attentati ai quali riuscì sempre a sfuggire).
Nel 1968 il Santo Uffizio gli intenta un procedimento, da cui esce prosciolto; Illich decide di abbandonare la veste sacerdotale, continuando la critica alle istituzioni ecclesiastiche e troncando ogni rapporto tra il Cidoc e la Chiesa.
Nel 1999 il «New York Times» pubblica una sua lettera in cui egli annuncia pubblicamente di voler rinunciare a titoli, benefici e servizi ecclesiastici, anche se non chiede, e non chiederà mai, la riduzione allo stato laico. Inizia a questo punto una fase molto intensa in cui diffonde il proprio pensiero: tiene conferenze, scrive articoli e saggi [4] ecc.
Nel 2002, il 2 dicembre, affetto da un tumore al volto da oramai quasi vent'anni, Illich muore improvvisamente, probabilmente per un arresto cardiaco.
Il pensiero
Alla base del pensiero di Ivan Illich vi è la sua formazione teologica, che tuttavia non gli ha impedito di esercitare la propria coscienza critica all'interno della Chiesa di Roma (egli dichiarò il proprio distacco a partire dal 1969, ma senza chiedere la riduzione allo stato laicale). Illich ha svolto un'indagine radicale sugli effetti perversi dello sviluppo tecnologico moderno, concentrandosi in particolare sull'inefficienza del sistema scolastico, sulla ipermedicalizzazione e sulla crisi dei trasporti con conseguenti problemi ecologici e di salute.
Illich sostiene che «quando un'attività umana esplicata mediante strumenti supera una certa soglia definita dalla sua scala specifica, dapprima si rivolge contro il proprio scopo, poi minaccia di distruggere l'intero corpo sociale. Occorre dunque determinare con chiarezza queste scale naturali e riconoscere le soglie che delimitano il campo della sopravvivenza umana». In sostanza, egli dice, che «la società, una volta raggiunto lo stadio avanzato della produzione di massa, produce la propria distruzione».
Illich può essere considerato, insieme al suo amico Jacques Ellul, come uno dei principali ispiratori dei concetti di “post-sviluppo” (diffuso soprattutto da autori che hanno lavorato con Illich come Majid Rahnema o Gustavo Esteva), di “semplicità volontaria” e più recentemente di “decrescita sostenibile”. Egli propone come modello una “società conviviale” in cui né i privati né lo Stato possiedano alcun monopolio (istruzione, medicina, trasporti ecc.), consentendo ad ognuno di esercitare la propria creatività senza limitare la libertà altrui.
L'ipermedicalizzazione
Vedi L'aumento delle cure genera nuove patologie (di I. Illich). |
Per Illich la scienza medica viene concepita come un'“impresa industriale” e come tale gestita e controllata da «produttori (medici, ospedali, laboratori farmaceutici) che incoraggiano la diffusione di procedimenti d'avanguardia costosi e complicati, e riducono così il malato e i suoi familiari allo stato di docili clienti». Il sistema medico incita quindi la popolazione «a lottare per ottenere una sempre maggiore quantità di cure, dispensate da professionisti in materia di igiene, prevenzione, anestesia o assistenza ai moribondi». Per Illich il male sta nella pretesa di voler gerarchizzare la medicina, impedendo l'autonomia degli individui e strutturandosi sul «monopolio di una gerarchia monolitica», la quale «si preoccupa di proteggere le sue frontiere incoraggiando la formazione di paraprofessionisti ai quali subappalta le cure che un tempo erano prestate dai familiari e amici del malato». Per l'anarchico austro-messicano la scienza medica ha creato un vero e proprio sistema feudale per difendere «il suo monopolio ortodosso dalla concorrenza sleale delle guarigioni ottenute con metodi eterodossi». Anche nel suo Nemesi medica, la critica è radicale riguardo all'esclusiva professionale che costringe la società alla dipendenza da una scienza monolitica ed eteronoma. La medicalizzazione della malattia, continua Illich, fa delle «istituzioni di cura» una «grande maschera sanitaria» per «una società distruttrice» e che in questa maniera prende anche il controllo del potere individuale dei suoi cittadini/e, caratteristica questa della stessa società industriale. Gli specialisti ricollegano esclusivamente i nostri bisogni al centro del sistema economico, che è costituito dai servizi professionali e dai beni di consumo.
In sostanza Illich pone la base della salute di ogni individuo nella sua autonomia personale, poiché egli è fortemente convinto che «in realtà, ogni giorno di più, il profano è in grado di curare il proprio prossimo e, in questo campo, solo una parte di ciò che occorre sapere è necessariamente materia d'insegnamento formale».
La descolarizzazione
Nel suo Descolarizzare la società Illich giunge alla conclusione non solo che l«'educazione universale mediante la scuola obbligatoria è impossibile», ma anche che nel sistema scolastico obbligatorio «si impara che tutto ciò che è prodotto da un'istituzione dominante vale e costa caro, anche quello che non si vede, come l'educazione o la salute. Si impara a valorizzare l'avanzamento gerarchico, la sottomissione e la passività, e persino la devianza-tipo che il maestro ama interpretare come sintomo di creatività». Lo Stato utilizza la scuola per condizionare le masse attraverso “l'educazione permanente” che, dal punto di vista morale, «è ancor meno accettabile della scuola di vecchio tipo», poiché è capace di «condizionamenti massicci ed efficaci, capaci di produrre in serie manodopera specializzata, consumatori di cultura docili e disciplinati, utenti rassegnati». Questi sistemi «celano una profonda distruttività», tendendo a demolire i valori più essenziali della società.
Per Illich il sistema educativo ideale è quello che mette insieme il «sapere proveniente da relazioni creative tra l'uomo e il suo ambiente naturale» e il «sapere reificato dell'uomo agito dal suo ambiente attrezzato». La prima tipologia di sapere è il risultato delle relazioni che si sviluppano naturalmente tra le persone (es. l'apprendimento della lingua materna), la seconda «discende da un addestramento intenzionale e programmato» (es. l'apprendimento della matematica).
Note
Le opere
- Celebrazione della consapevolezza (1970)
- Descolarizzare la società (1972)
- La convivialità (1973)
- Energia ed equità (1974)
- Nemesi medica (1976)
- Per una storia dei bisogni (1978)
- Disoccupazione creativa (1978)
- Lavoro ombra (1981)
- Il genere e il sesso (1982)
- H2O e le acque dell'oblio (1984)
- Nello specchio del passato (1992)
- Nella vigna del testo (1993)
Voci correlate
Collegamenti esterni
- Su Ivan Illich (contiene testi, interviste e considerazioni varie)
- Ivan Illich e i pericoli della modernità di Franco La Cecla