Anarcopedia:Archivio Vetrina

Da Anarcopedia.
Versione del 29 nov 2020 alle 19:06 di K2 (discussione | contributi) (Creata pagina con "{| style="background-color: #ffffff;" | style="vertical-align: top; width:100%; color=white" align="left" | == '''''«Vivere l'anarchia»''''' di Émile Armand == File:Viver...")
(diff) ← Versione meno recente | Versione attuale (diff) | Versione più recente → (diff)
Jump to navigation Jump to search

«Vivere l'anarchia» di Émile Armand

Vivere l'anarchia di Émile Armand, Autoproduzioni Cassa Anti-repressione Bruno Filippi, 2019.
Vai al testo o acquista una copia cartacea per sostenere l'antirepressione.

Émile Armand è generalmente presentato come uno degli esponenti principali dell'individualismo anarchico europeo. Ma le sue concezioni non vanno confuse con quelle dei sostenitori della pratica del «gesto esemplare», né con quelle dei cosiddetti antiorganizzatori, che praticavano l'individualismo in seno al movimento anarchico come metodo di condotta contro ogni possibile degenerazione burocratica ed autoritaria. I principi fondamentali, per costoro, restano sempre quelli socialisti e comunisti professati dal resto del movimento. L'individualismo di Armand, invece, può essere considerato come una completa «filosofia di vita»: l'anarchico é quell'individuo che esprime un'insofferenza esistenziale contro ogni forma di autorità, che lotta contro il potere prima di tutto perché esso lo opprime direttamente. Il singolo soggetto è l'alfa e l'omega di ogni riferimento giustificativo della prassi, la vera e unica certezza che dà valore agli scopi della lotta. La rivoluzione di Armand è una globale «rivoluzione di coscienza», un salto di qualità esistenziale, un modo radicalmente autentico di rapportarsi al mondo fisico e sociale. Coinvolgendo integralmente l'individuo, essa non ammette «scissioni» tra privato e pubblico, ma non nel senso marxiano di identificazione del singolo con la «società». Al contrario, è sempre e soltanto l'individuo a decidere e volere la propria coerenza tra privato e pubblico, senza mai renderne conto a nessuno. Il che non equivale a postulare un individualismo miope ed egoista, con ciascun uomo racchiuso nella corazza del «suo particolare». Significa piuttosto adombrare una concezione «pluralistica» dell'esistenza, vista come possibilità di realizzare un vissuto non monocorde ma ampiamente differenziato. L'idea di «libertà», per Armand, è strettamente intrecciata con quella di «felicità», col diritto di ogni persona ad attuarsi completamente.

«Il ministro anarchico» di Fulvio Abbate

Il ministro anarchico (Baldini Castoldi Dalai Editore, 2004), un libro di Fulvio Abbate.

Questo è il racconto dell'irripetibile avventura umana e politica di Juan García Oliver (1902-1980), ministro anarchico della giustizia nella Spagna della guerra civile. In realtà, l'uomo nella vita conobbe anche altri ruoli. Nell'ordine, seppe essere cameriere, cospiratore, detenuto, organizzatore delle milizie armate libertarie in Catalogna e, infine, giunto in esilio in Messico, rappresentante di coloranti per tessuti. Ma soprattutto, in un particolare momento della storia del Novecento, Juan García Oliver, l'amico del leggendario ribelle Buenaventura Durruti, divenne "l'idolo di Barcellona proletaria"; così infatti lo definì Carlo Rosselli. Il ministro anarchico custodisce descrizioni di personaggi, immagini, frammenti di documenti e discorsi, come furono scritti o pronunciati a voce da molti suoi protagonisti, sopralluoghi necessari alla narrazione: Barcellona, Madrid, Tolosa... Non una biografia, non un saggio storico, piuttosto un "documentario" dedicato alla memoria della rivoluzione spagnola. L'affresco di Fulvio Abbate non punta alla completezza, alla ricostruzione esaustiva degli eventi, gli è sufficiente tratteggiare una linea luminosa, l'unica in grado di indicare il perimetro ideale dell'utopia libertaria, nel modo in cui prese forma nel 1936 a Barcellona, quando gli autobus, i tram e i taxi furono verniciati di rosso e nero, i colori della bandiera anarco-sindacalista, la bandiera di Juan García Oliver.