Comunità «Maria Luisa Berneri»: differenze tra le versioni

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=== La prima esperienza: la Casa Serena «Maria Luisa Berneri» ===
=== La prima esperienza: la Casa Serena «Maria Luisa Berneri» ===
[[File:Giovanna caleffi.jpg|thumb|400px|[[Giovanna Caleffi]] con le figlie [[Maria Luisa Berneri|Maria Luisa]] (alla sua destra) e [[Giliana Berneri|Giliana]].]]
[[File:Giovanna caleffi.jpg|thumb|400px|[[Giovanna Caleffi]] con le figlie [[Maria Luisa Berneri|Maria Luisa]] (alla sua destra) e [[Giliana Berneri|Giliana]].]]
[[Giovanna Caleffi|Giovanna]] riprende il modello de ''L'Adunata dei Refrattari'' e vi apporta miglioramenti, organizzando un nuovo tipo di colonia, priva delle caratteristiche proibitive e militaresche proprie delle colonie spagnole <ref>Nell'estate del [[1948]] e in quella del [[1949]], [[Giovanna Caleffi]], col valido concorso dei compagni Sabino Sabini di Ancona e Giuseppe Brtozzi di Rimini, aveva concretizzato l'idea di assicurare le vacanze a bambini di famiglie di compagni del sud presso famiglie di compagni del nord.</ref>: dal [[1951]], in ricordo della figlia [[Maria Luisa Berneri|Maria Luisa]], che credeva fermamente nel ruolo della [[pedagogia libertaria]] ma che, prematuramente scomparsa all'età di 31 anni, non aveva avuto il tempo di dedicarsi a sperimentazioni, [[Giovanna Caleffi]] organizza a Paino di Sorrento (Napoli) una colonia estiva per i bambini/e figli di anarchici e anarchiche di tutte le nazionalità grazie alla casa privata messa a disposizione da [[Cesare Zaccaria]] (negli anni precedenti era fallito il tenativo di far sorgere la colonia a Cesenatico). Il progetto educativo è redatto con il contributo di Lamberto Borghi, Margherita Zoebeli e Riccardo Bauer. La conduzione dela colonia si ispira a una pratica di vita sociale libera, laica, basata sull'uguaglianza. L'intenzione di [[Giovanna Caleffi|Giovanna]] è quella di proporre ai bambini un'esperienza in un contesto privo di gerarchie e senza intenti di adesione a precise visioni del mondo, come spiega in questo breve passo, nel quale appare evidente la sua grande coerenza di pensiero:
[[Giovanna Caleffi|Giovanna]] riprende il modello de ''L'Adunata dei Refrattari'' e vi apporta miglioramenti, organizzando un nuovo tipo di colonia, priva delle caratteristiche proibitive e militaresche proprie delle colonie spagnole <ref>Nell'estate del [[1948]] e in quella del [[1949]], [[Giovanna Caleffi]], col valido concorso dei compagni Sabino Sabini di Ancona e Giuseppe Brtozzi di Rimini, aveva concretizzato l'idea di assicurare le vacanze a bambini di famiglie di compagni del Sud presso famiglie di compagni del Nord.</ref>: dal [[1951]], in ricordo della figlia [[Maria Luisa Berneri|Maria Luisa]], che credeva fermamente nel ruolo della [[pedagogia libertaria]] ma che, prematuramente scomparsa all'età di 31 anni, non aveva avuto il tempo di dedicarsi a sperimentazioni, [[Giovanna Caleffi]] organizza a Paino di Sorrento (Napoli) una colonia estiva per i bambini/e figli di anarchici e anarchiche di tutte le nazionalità grazie alla casa privata messa a disposizione da [[Cesare Zaccaria]] (negli anni precedenti era fallito il tenativo di far sorgere la colonia a Cesenatico). Il progetto educativo è redatto con il contributo di Lamberto Borghi, Margherita Zoebeli e Riccardo Bauer. La conduzione dela colonia si ispira a una pratica di vita sociale libera, laica, basata sull'uguaglianza. L'intenzione di [[Giovanna Caleffi|Giovanna]] è quella di proporre ai bambini un'esperienza in un contesto privo di gerarchie e senza intenti di adesione a precise visioni del mondo, come spiega in questo breve passo, nel quale appare evidente la sua grande coerenza di pensiero:
::''Non vogliamo in nessun modo catechizzare i ragazzi, anche se sappiamo che essi sono catechizzati nelle scuole o in altri luoghi. O si ha fiducia nella libertà e la si mette in atto con tutti i rischi che essa presenta o non si ha fiducia ed allora bisogna restringerla o darla con il contagocce ed allora hanno ragione tutti coloro che credono nell'autorità.'' <ref>Lettera a Carmelo Cimino (Napoli, 28 aprile 1954), in Carte di Giovanna Caleffi Berneri, [[Archivio Famiglia Berneri - Aurelio Chessa]], Fondo Serge Senninger.</ref>
::''Non vogliamo in nessun modo catechizzare i ragazzi, anche se sappiamo che essi sono catechizzati nelle scuole o in altri luoghi. O si ha fiducia nella libertà e la si mette in atto con tutti i rischi che essa presenta o non si ha fiducia ed allora bisogna restringerla o darla con il contagocce ed allora hanno ragione tutti coloro che credono nell'autorità.'' <ref>Lettera a Carmelo Cimino (Napoli, 28 aprile 1954), in Carte di Giovanna Caleffi Berneri, [[Archivio Famiglia Berneri - Aurelio Chessa]], Fondo Serge Senninger.</ref>


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=== La nuova colonia: la Comunità «Maria Luisa Berneri» ===
=== La nuova colonia: la Comunità «Maria Luisa Berneri» ===
Nonostante tutto, [[Giovanna Caleffi|Giovanna]] vuole proseguire l'esperienza della colonia e creare «una scuola laica permanente [...] un centro comunitario pedagogico».  
Nonostante tutto, [[Giovanna Caleffi|Giovanna]] vuole proseguire l'esperienza della colonia e creare «una scuola laica permanente [...] un centro comunitario pedagogico».  
Così [[Giovanna Caleffi|Giovanna]] si attiva per trovare dei finanziatori. Dopo vari tentativi riesce ad acquistare una casa (in via San Domenichino 9, oggi civico 77) e una parte di pineta nella frazione di Poveromo (Massa), a circa 1.200 metri dal mare, che le permette di far nascere la Comunità «Maria Luisa Berneri». <ref>A metà degli anni '50 [[Giovanna Caleffi|Giovanna]] aveva ricevuto una donazione da parte di un compagno pugliese consistente in un appartamento a Milano e in una somma di danaro; a tale donazione aveva unito i frutti di una sottoscrizione a livello nazionale ed internazionale: al sostegno degli anarchici della zona si era aggiunto quello dei compagni emigrati in America (significativi i sostegni della folta comunità anarchica italiana residente negli [[Stati Uniti]] e in [[Canada]]), i quali mandavano ciò che potevano, raccogliendo fondi tramite iniziative collettive.</ref> <ref>Il progetto voleva dare concretezza a una delle aspirazioni che più premevano a [[Maria Luisa Berneri]], quello di un'educazione [[libertaria]]. A diciassette anni aveva esplicitato così il suo luogo ideale in una lettera a [[Vernon Richards]]: Vorrei avere una scuola [...] ma non una scuola dove i bambini vengono cinque o sei ore al giorno, no, vorrei crear un vero ambiente. Adesso ridi un po'! In mezzo a una grande foresta, si farebbe la scuola. Le classi sarebbero (come certe scuole socialiste in Germania) di diversi colori, i bambini vestiti dello stesso colore della loro classe. Le classi sarebbero grandi, ridenti, con tanti fiori. I bambini farebbero loro stessi la pulizia. Sarebbero completamente liberi. Non ci sarebbe bisogno di sorveglianti, i piccoli sarebbero curati dai grandi. I grandi farebbero più presto possibile un lavoro manuale, per essere presto indipendenti. Ci sarebbero delle sarte che vestirebbero tutti, dei muratori che farebbero le riparazioni necessarie, dei giardinieri per coltivare il giardino. Così cercheremmo di mantenerci noi stessi con il nostro proprio lavoro. Non avremmo che poche cose da comperare al di fuori poiché avremmo di già legumi, frutta, legna ecc. Per i grandi ho pensato anche che sarebbe bene dar loro delle lezioni di educazione sessuale, che permetterebbe di lasciarli liberi di unirsi quando lo vorrebbero e ne proverebbero il bisogno. Se nascesse un bambino? Un compagno in più e basta. Così tutti sarebbero contenti, niente malati, niente nevrastenici. "Tout serait bien, dans le meilleur des mondes" (lettera di Maria Luisa Berneri a Vernon Richards, Parigi, 28 giugno 1935).</ref> <ref>[https://www.bibliotecaginobianco.it/flip/VOL/VOL12-0600/62/ ''La colonia M.L. Berneri continuerà''], in ''[[Volontà]]'', anno XII, n° 6, giugno 1959.</ref>
Così [[Giovanna Caleffi|Giovanna]] si attiva per trovare dei finanziatori. Dopo vari tentativi riesce ad acquistare una casa (in via San Domenichino 9, oggi civico 77) e una parte di pineta nella frazione di Poveromo (Massa), a circa 1.200 metri dal mare, che le permette di far nascere la Comunità «Maria Luisa Berneri». <ref>A metà degli anni '50 [[Giovanna Caleffi|Giovanna]] aveva ricevuto una donazione da parte di un compagno pugliese consistente in un appartamento a Milano e in una somma di danaro; a tale donazione aveva unito i frutti di una sottoscrizione a livello nazionale ed internazionale: al sostegno degli anarchici della zona si era aggiunto quello dei compagni emigrati in America (significativi i sostegni della folta comunità anarchica italiana residente negli [[Stati Uniti]] e in Canada), i quali mandavano ciò che potevano, raccogliendo fondi tramite iniziative collettive.</ref> <ref>Il progetto voleva dare concretezza a una delle aspirazioni che più premevano a [[Maria Luisa Berneri]], quello di un'educazione [[libertaria]]. A diciassette anni aveva esplicitato così il suo luogo ideale in una lettera a [[Vernon Richards]]: Vorrei avere una scuola [...] ma non una scuola dove i bambini vengono cinque o sei ore al giorno, no, vorrei crear un vero ambiente. Adesso ridi un po'! In mezzo a una grande foresta, si farebbe la scuola. Le classi sarebbero (come certe scuole socialiste in Germania) di diversi colori, i bambini vestiti dello stesso colore della loro classe. Le classi sarebbero grandi, ridenti, con tanti fiori. I bambini farebbero loro stessi la pulizia. Sarebbero completamente liberi. Non ci sarebbe bisogno di sorveglianti, i piccoli sarebbero curati dai grandi. I grandi farebbero più presto possibile un lavoro manuale, per essere presto indipendenti. Ci sarebbero delle sarte che vestirebbero tutti, dei muratori che farebbero le riparazioni necessarie, dei giardinieri per coltivare il giardino. Così cercheremmo di mantenerci noi stessi con il nostro proprio lavoro. Non avremmo che poche cose da comperare al di fuori poiché avremmo di già legumi, frutta, legna ecc. Per i grandi ho pensato anche che sarebbe bene dar loro delle lezioni di educazione sessuale, che permetterebbe di lasciarli liberi di unirsi quando lo vorrebbero e ne proverebbero il bisogno. Se nascesse un bambino? Un compagno in più e basta. Così tutti sarebbero contenti, niente malati, niente nevrastenici. "Tout serait bien, dans le meilleur des mondes" (lettera di Maria Luisa Berneri a Vernon Richards, Parigi, 28 giugno 1935).</ref> <ref>[https://www.bibliotecaginobianco.it/flip/VOL/VOL12-0600/62/ ''La colonia M.L. Berneri continuerà''], in ''[[Volontà]]'', anno XII, n° 6, giugno 1959.</ref>


Nell'estate del [[1960]] vengono accolti i primi gruppi di bambini, mentre [[Giovanna Caleffi|Giovanna]] è impegnata nella complicata ricerca di assistenti ed educatori: «Il problema "assistenti" è sempre stato uno dei più spinosi anche quando la colonia era a Sorrento. Tra i nostri compagni, poi, è quasi impossibile trovarne dei preparati per svolgere questo lavoro».
Nell'estate del [[1960]] vengono accolti i primi gruppi di bambini, mentre [[Giovanna Caleffi|Giovanna]] è impegnata nella complicata ricerca di assistenti ed educatori: «Il problema "assistenti" è sempre stato uno dei più spinosi anche quando la colonia era a Sorrento. Tra i nostri compagni, poi, è quasi impossibile trovarne dei preparati per svolgere questo lavoro».


=== La scomparsa di Giovanna e la fine della comunità===
=== La scomparsa di Giovanna e la fine della comunità===
[[Giovanna Caleffi|Giovanna]] si dedica intensamente alla comunità fino alla sua morte, avvenuta il [[14 marzo]] [[1962]]. La figlia [[Giliana Berneri|Giliana]], unica sopravvissuta della famiglia Berneri, profondamente segnata dalla scomparsa della madre, decide di abbandonare l'attività anarchica. Grazie a quattro compagni ([[Aurelio Chessa]], [[Ugo Mazzucchelli]], [[Pio Turroni]] e [[Stefano Vatteroni]]), che costituiscono un nuovo gruppo gestionale, la colonia sopravvive fino al [[1964]]. <ref>Alla morte di [[Giovanna Caleffi|Giovanna]] la colonia fu presa in mano da [[Ugo Mazzucchelli]] (si veda il contratto di locazione del 12 gennaio 1963 in cui [[Ugo Mazzucchelli]] compare come conduttore [in [[Centro Studi Libertari / Archivio Giuseppe Pinelli]], Fondo Pio Turroni]), ma la gestione diventò assai difficoltosa.</ref> Con la successiva vendita dell'immobile ([[1973]]) gli anarchici finanzieranno la ristampa ([[1975]]), presso la [[La Cooperativa Tipolitografica|tipografia di Carrara ''Il Seme'']], delle opere complete di [[Errico Malatesta]] ([[1919]]-[[1932]]). <ref>[https://www.arivista.org/?nr=338&pag=62.htm ''9 cartoline da l'anarchia''] di [[Paolo Finzi]].</ref>
[[Giovanna Caleffi|Giovanna]] si dedica intensamente alla comunità fino alla sua morte, avvenuta il [[14 marzo]] [[1962]]. La figlia [[Giliana Berneri|Giliana]], unica sopravvissuta della famiglia Berneri, profondamente segnata dalla scomparsa della madre, decide di abbandonare l'attività anarchica. Grazie a quattro compagni ([[Aurelio Chessa]], [[Ugo Mazzucchelli]], [[Pio Turroni]] e [[Stefano Vatteroni]]), che costituiscono un nuovo gruppo gestionale, la colonia sopravvive fino al [[1964]]. <ref>Alla morte di [[Giovanna Caleffi|Giovanna]] la colonia fu presa in mano da [[Ugo Mazzucchelli]] (si veda il contratto di locazione del 12 gennaio 1963 in cui [[Ugo Mazzucchelli]] compare come conduttore [in [[Centro Studi Libertari / Archivio Giuseppe Pinelli]], Fondo Pio Turroni]), ma la gestione diventò assai difficoltosa.</ref> Con la successiva vendita dell'immobile ([[1973]]) gli anarchici finanzieranno la ristampa ([[1975]]), presso la [[La Cooperativa Tipolitografica|tipografia di Carrara ''Il Seme'']], delle opere complete di [[Errico Malatesta]] ([[1919]]-[[1932]]) <ref>[https://www.arivista.org/?nr=338&pag=62.htm ''9 cartoline da l'anarchia''] di [[Paolo Finzi]].</ref>, nonché la pubblicazione in lingua italiana di ''Journey through Utopia'' (''Viaggio attraverso Utopia'') di [[Maria Luisa Berneri]] ([[1981]]).


Negli anni seguenti, esperimenti simili saranno ripetuti in altre località italiane, non riuscendo, però, ad eguagliarne i risultati della Comunità «Maria Luisa Berneri».
Negli anni seguenti, esperimenti simili saranno ripetuti in altre località italiane, non riuscendo, però, ad eguagliare i risultati della Comunità «Maria Luisa Berneri».
 
=== Gli attriti con la FAI circa il progetto===
Nel febbraio del [[1966]] [[Aurelio Chessa]] e [[Pio Turroni]] pubblicano un opuscolo intitolato ''Sulla "Comunità M.L. Berneri"''. Il tema portante sono alcune decisioni del Congresso di Carrara del [[1965]] (dopo il quale i due anarchici  avevano abbandonato la [[FAI]] per dare vita ai [[GIA]]) riguardanti la comunità <ref>«Il Congresso, esaminata la situazione dell'iniziativa, così come emersa dai documentati interventi di numerosi compagni, rigetta ogni qualsiasi rivalsa privatistica sulla proprietà della Comunità. Dà mandato agli attuali incaricati di assicurare, d'intesa con la C.di C., il rispetto della gestione collegiale, nell'interesse morale e materiale dela F.A.I. e di tutti gli anarchici. Pertanto i compagni [[Ugo Mazzucchelli]], Alfredo Mazzucchelli, Virgilo Antonelli e Lilla Vatteroni si metteranno in contatto con i compagni [[Aurelio Chessa]] e [[Pio Turroni]] al fine di dare soluzione al problema nel senso indicato dal Congresso».</ref>, decisioni che i curatori dell'opuscolo considerano inaccettabili. In particolare, le pretese di rivendicazione della proprietà dell'iniziativa in nome della [[FAI]], contenute nella lettera di Primo Bassi e Wiera Simoncelli, illustrata al congresso da Maria Crudeli, vengono ritenute erronee ed assurde. <ref>''Sulla "Comunità M.L. Berneri"'', pp. 5-6.</ref> Ripercorrendo la storia della comunità, i due anarchici intendono dimostrare, con documenti, lettere ed articoli, che il progetto è sempre stato estraneo alla [[FAI]]. Infatti, malgrado la proposta ([[1950]]), da parte di Wiera e Vincenzo Simoncelli, della creazione di una colonia per bambini a Cesenatico con conseguente costituzione di un comitato (composto da Maria Crudeli, Wiera Caimmi Simoncelli, Ugo Gobbi, Eduardo Cialdai, [[Giovanna Caleffi]] e Ludovico Rossi), la comunità, secondo [[Aurelio Chessa|Chessa]] e [[Pio Turroni|Turroni]], non ha tratto origini né da Cesenatico (luogo in cui la colonia mai ha visto la luce) né da decisioni dei congressi della [[FAI]], mai menzionata nelle carte. <ref>''Sulla "Comunità M.L. Berneri"'', pp. 11-12.</ref>
 
I contrasti tra [[FAI]] e [[GIA]] andranno avanti anche negli anni successivi relativamente alla destinazione dei fondi della colonia. <ref name="XIII">Nel [[1977]] il XIII Congresso della [[FAI]], in relazione alla destinazione dei fondi della colonia, darà mandato alla Commissione di Corrispondenza della [[FAI]] di indire, in accordo con la Commissione di Corrispondenza dei [[GIA]], un convegno apposito delle due federazioni per portare alla conclusione l'annosa vicenda ([[Ugo Fedeli]] e Giorgio Sacchetti [a caura di], [https://bibliotecaborghi.org/wp/wp-content/uploads/2016/02/Congressi-e-convegni-della-FAI.pdf ''Congressi e convegni della Federazione Anarchica Italiana''], Centro Studi Libertari Camillo Di Sciullo, Chieti, 2003, p. 353). I [[GIA]] declineranno però l'invito: «Non abbiamo mai accettato l'intervento degli organismi anarchici esistenti a decidere di e su quello che non è loro. Quindi i [[GIA]] non saranno presenti a questo vostro convegno» (dalla lettera della C.d.C. dei [[GIA]] del 6 marzo 1978 alla C.d.C. della [[FAI]]).</ref>


== Attività della comunità <ref name="FP"></ref>==
== Attività della comunità <ref name="FP"></ref>==
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=== La testimonianza di Fenisia Cimoli ===  
=== La testimonianza di Fenisia Cimoli ===  
Fenisia Cimoli, istruttrice della comunità, ricorda di aver incontrato [[Giovanna Caleffi]] attraverso la conoscenza comune del dott. Gualtiero Figaia, partecipante anch'egli all'esperienza della colonia; aggiunge che proprio [[Giovanna Caleffi|Giovanna]] la spinse a seguire un corso sulla [[pedagogia]] ed educazione attiva presso il CEMEA (Centro Esercitazione Metodo Educazione Attiva): il centro forniva agli studenti una corretta formazione per adempiere al ruolo di istruttore pedagogico. Grazie a questo percorso Fenisia, che sarà sempre grata a [[Giovanna Caleffi|Giovanna]], acquisì la giusta preparazione ed esperienza per poi inserirsi nella colonia. Fenisia racconta poi una giornata tipo alla colonia: «L'idea, non era quella di trasmettere messaggi anarchici, la politica non c'entra nulla con la pedagogia. Il nostro era un metodo basato sull'educazione attiva, il cui compito era di insegnare ai ragazzi un corretto comportamento e farli divertire con esperienze o al mare o in montagna. Innanzitutto si dividevano i ragazzi per categoria: vi erano i grandi, i medi e i più piccoli. Ad ogni istruttore era affidato un gruppetto di dieci ragazzi. I maschi e le femmine partecipavano assieme nelle escursioni, ma trascorrevano la notte in camere separate. Durante le uscite in spiaggia era compito degli istruttori progettare dei giochi di intrattenimento per tutti i ragazzi. I più piccoli giocavano a fare costruzioni con la sabbia, mentre per le uscite in montagna, che si effettuavano molto di rado, si usciva la mattina presto e si intraprendevano percorsi programmati, che culminavano con l'ora di pranzo, quando si mangiava all'aperto. Vi erano poi quelle giornate in cui il tempo non permetteva le uscite e allora si intrattenevano i ragazzi con giochi collettivi in colonia». Fenisia conclude: «È stata davvero una bella esperienza, anche perché per me è stata la prima, ma soprattutto perché ho incontrato tanta brava gente».
Fenisia Cimoli, istruttrice della comunità, ricorda di aver incontrato [[Giovanna Caleffi]] attraverso la conoscenza comune del dott. Gualtiero Figaia, partecipante anch'egli all'esperienza della colonia; aggiunge che proprio [[Giovanna Caleffi|Giovanna]] la spinse a seguire un corso sulla [[pedagogia]] ed educazione attiva presso il CEMEA (Centro Esercitazione Metodo Educazione Attiva): il centro forniva agli studenti una corretta formazione per adempiere al ruolo di istruttore pedagogico. Grazie a questo percorso Fenisia, che sarà sempre grata a [[Giovanna Caleffi|Giovanna]], acquisì la giusta preparazione ed esperienza per poi inserirsi nella colonia. Fenisia racconta poi una giornata tipo alla colonia: «L'idea, non era quella di trasmettere messaggi anarchici, la politica non c'entra nulla con la pedagogia. Il nostro era un metodo basato sull'educazione attiva, il cui compito era di insegnare ai ragazzi un corretto comportamento e farli divertire con esperienze o al mare o in montagna. Innanzitutto si dividevano i ragazzi per categoria: vi erano i grandi, i medi e i più piccoli. Ad ogni istruttore era affidato un gruppetto di dieci ragazzi. I maschi e le femmine partecipavano assieme nelle escursioni, ma trascorrevano la notte in camere separate. Durante le uscite in spiaggia era compito degli istruttori progettare dei giochi di intrattenimento per tutti i ragazzi. I più piccoli giocavano a fare costruzioni con la sabbia, mentre per le uscite in montagna, che si effettuavano molto di rado, si usciva la mattina presto e si intraprendevano percorsi programmati, che culminavano con l'ora di pranzo, quando si mangiava all'aperto. Vi erano poi quelle giornate in cui il tempo non permetteva le uscite e allora si intrattenevano i ragazzi con giochi collettivi in colonia». Fenisia conclude: «È stata davvero una bella esperienza, anche perché per me è stata la prima, ma soprattutto perché ho incontrato tanta brava gente».
== Gli attriti con la FAI ==
Nel febbraio del [[1966]] [[Aurelio Chessa]] e [[Pio Turroni]] pubblicano un opuscolo intitolato ''Sulla "Comunità M.L. Berneri"''. Il tema portante sono alcune decisioni del Congresso di Carrara del [[1965]] (nello stesso anno i due anarchici avevano abbandonato la [[FAI]] per dare vita ai [[GIA]]) riguardanti la Comunità, <ref>«Il Congresso, esaminata la situazione dell'iniziativa, così come emersa dai documentati interventi di numerosi compagni, rigetta ogni qualsiasi rivalsa privatistica sulla proprietà della Comunità. Dà mandato agli attuali incaricati di assicurare , d'intesa con la C.di C., il rispetto della gestione collegiale, nell'interesse morale e materiale dela F.A.I. e di tutti gli anarchici. Pertanto i compagni Ugo Mazzucchelli, Alfredo Mazzucchelli, Virgilo Antonelli e Lilla Vatteroni si metteranno in contatto con i compagni Aurelio Chessa e Pio Turroni al fine di dare soluzione al problema nel senso indicato dal Congresso».</ref> decisioni che i curatori dell'opuscolo considerano inaccettabili. In particolare, le pretese di rivendicazione della proprietà dell'iniziativa in nome della [[FAI]], contenute nella lettera di Primo Bassi e Wiera Simoncelli, illustrata al Congresso da Maria Crudeli, vengono ritenute erronee ed assurde. <ref>''Sulla "Comunità M.L. Berneri"'' pp. 5-6</ref> Ripercorrendo la storia della Comunità, i due anarchici intendono dimostrare, con documenti, lettere ed articoli, che il progetto è sempre stato estraneo alla [[FAI]]. Infatti, sebbene Wiera e Vincenzo Simoncelli proposero la creazione di una colonia di bimbi a Cesenatico e sebbene fu costituito un comitato per la colonia (composto da Maria Crudeli, Wiera Caimmi Simoncelli, Ugo Gobbi, Eduardo Cialdai, [[Giovanna Caleffi]] e Ludovico Rossi), la comunità, secondo Chessa e Turroni non ha tratto origini da Cesenatico e da decisioni dei congressi della [[FAI]].


==Note==
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