Spartaco il gladiatore

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Rappresentazione della sconfitta di Spartaco

Spartaco (Tracia, circa 109 a.C. – Lucania, 71 a.C.) è stato uno schiavo, originario della Tracia, che, nell'epoca romana, organizzò una rivolta, insieme a migliaia di altri schiavi e poveri dell'impero, che fece tremare le fondamenta autoritarie di Roma (73-71 a.c).

Contesto storico

La rivolta di Spartaco si sviluppa in un contesto, quello dell'antica Roma, strutturato in una rigida gerarchia in cui gli spazi di libertà erano fortemente limitati. All'ultimo gradino della gerarchia romana vi erano proprio gli schiavi, considerati poco più che bestie da lavoro.

Schiavismo e ribellioni nell'impero romano

Nuvola apps xmag.png Per approfondire, vedi Schiavismo.

La ricchezza, a Roma, era soprattutto agraria e la manodopera impiegata era costituita essenzialmente da schiavi.

Gli schiavi erano pur'essi strutturati gerarchicamente: al vertice c'era il villicus (uno schiavo che godeva della fiducia del padrone e aveva compiti di amministrazione e coordinazione degli altri schiavi); i monitores (erano scelti dal villicus ed erano addetti al mantenimento dell'ordine) infine vi erano nell'ordine: gli schiavi pastori, gli schiavi non incatenati ("soluti") e gli schiavi incatenati ("vinciti").

Le rivolte degli schiavi

In una società come quella romana, fortemente iniqua e priva dei minimi spazi di libertà, le ribellioni, soprattutto tra gli schiavi, non potevano che essere frequentissime. I romani, in particolare i ceti privilegiati, erano letteralmente terrorizzati dagli schiavi (il solito ed eterno problema dell'ordine pubblico!), per questo vi erano leggi estremamente severe che li punivano, spesso con la morte, nel caso di reati compiuti contro i cittadini liberi.

Nonostante gli schiavi fossero letteralmente disprezzati, anche dai ceti meno abbienti, di tanto in tanto i cittadini romani liberi solidarizzarono con loro, anche se ciò, a onor del vero, accadeva assai raramente. Per esempio nel 57 d.c, 400 schiavi furono condannati a morte per ritorsione dell'uccisione di un cittadino libero, colpito da uno schiavo. I cittadini liberi però si ribellarono e cercarono di impedire questo massacro, anche se tutto fu inutile.

L'episodio descritto fu un'eccezione piuttosto che la regola, infatti la lotta di classe si sviluppava, nell'antica Roma, tra cittadini liberi e altri cittadini liberi, gli schiavi erano considerati poco più che bestie, quindi in linea di massima lasciati al loro destino. Le autorità romane erano abilissime nello spezzare la solidarietà tra gli sfruttati, poiché ciò li agevolava nel mantenimento del potere e nell'esclusione della maggior parte dei cittadini dalla vita pubblica.

Tuttavia gli schiavi, nonostante il loro isolamento sociale, riuscirono a scuotere, più volte, il mondo romano, con numerose rivolte; due volte, in particolare, la ribellione fu ampia e partecipativa: la prima in Sicilia (dal 139 al 132 a.c migliaia di schiavi fuggirono, lasciandosi andare a numerose violenze, soprattutto per vendetta); la seconda fu quella di "Spartaco il gladiatore".

Spartaco il gladiatore

Secondo alcuni antichi storici romani Spartaco prestò servizio presso una legione, dopodiché fu fatto prigioniero di guerra e poi venduto come schiavo. Si può altresì supporre che fu arruolato come ausiliare e che in un secondo momento disertò, probabilmente sia a causa della dura disciplina a cui era sottoposto e sia per i numerosi episodi di discriminazione a sfondo razziale che dovette sopportare. Successivamente fu arrestato, giudicato un traditore, e condannato prima alla schiavitù e in seguito, intorno al 75 a.C., destinato a fare il gladiatore.

Una volta fatto prigioniero è certo che Spartaco si ribellò nella scuola dei gladiatori di Capua, a cui era stato destinato, e che fuggì, insieme ad altri 200 compagni, verso le pendici del Vesuvio. Poichè era un uomo di grande abilità e dal grande carisma, riuscì ad attirarsi le simpatie non solo degli schiavi ma anche di altri cittadini e dei pastori (in sostanza egli fu consapevole della necessità di unire le lotte dei subordinati, allargando la lotta di classe a tutti gli sfruttati, cosa non facile, come già sottolineato nel precedente capitolo, in quel periodo a Roma), formando delle truppe che respinsero efficacemente le poche unità romane inviate a reprimere la rivolta. Bisogna però considerare il fatto che il concetto di lotta di classe non è da intendersi come il concetto moderno che ne abbiamo ora; di fatto Spartaco non aveva l'idea di creare uno stato in cui fosse abolita la schiavitù, ma il desiderio di ritornare nella sua patria, in Tracia, come uomo libero.

Le vittorie portarono all'estensione della rivolta e del fronte di solidarietà tra gli sfruttati. Molti poveri e contadini, oltre ad altri schiavi, si unirono alle truppe di Spartaco, arrivando a contare anche 150.000 uomini.

Mentre Crixio (alleato di Spartaco ed ex comandante celta che aderì alla rivolta) fu battuto e ucciso dopo un primo scontro, Spartaco decise di spostarsi verso Nord, dove sconfisse, le une dopo le altre, tutte le truppe inviate contro di lui. La vendetta dei ribelli fu terribile: trecento soldati romani, fatti prigionieri, furono costretti a combattere tra loro per vendicare la morte del gladiatore Crixio.

A questo punto l'idea di Spartaco fu quella di cercare la fuga oltre le Alpi, recuperare la libertà, arrivare sino in Gallia, ove poter sfruttare, in chiave rivoluzionaria, il malcontento della popolazione locale che già da tempo mostrava una certa insofferenza verso la dominazione romana (Spartaco era quindi consapevole che le rivoluzioni, per essere vittoriose, non dovevano rinchiudersi entro i confini locali o nazionali, ma dovevano essere estese il più possibile). Tuttavia una buona parte dei rivoltosi (soprattutto i contadini e i poveri meridionali) preferirono restare in Italia e provare ad approfittare della debolezza momentanea dell'esercito romano. Nonostante Spartaco non fosse pienamente convinto di quella decisione, la accettò e decise di ripiegare nuovamente verso l'Italia meridionale.

Nel dicembre nel 72 a.C il Senato romano, preoccupato dell'estendersi della rivolta, che avrebbe potuto "minare" la loro autorità, diede a Marco Licinio Crasso l'incarico di reprimere la rivolta. Crasso, forte di una schiacciante superiorità numerica, ordinò la creazione di un grande blocco militare volto a impedire i rifornimenti alle truppe ribelli.

Spartaco, preso in controtempo da questa decisione, decise allora di sbarcare in Sicilia in modo tale da unirsi a una rivolta di schiavi, indipendente alla sua (citata nel precedente capitolo), ma fu costretto a rimanere fermo forse a causa di alcuni tradimenti. Crasso allora lo attaccò alle spalle, ma, nonostante ciò, i ribelli riuscirono a sconfiggerlo nella battaglia di Petilia.

Nonostante queste vittorie, forse a causa della stanchezza dei rivoltosi, Spartaco non riuscì ad impedire la saldatura tra le truppe di Gneo Pompeo (spedito ad aiutare le altre legioni e che già una volta era stato sconfitto dagli spartachisti) e quelle di Crasso: la soverchiante superiorità numerica lo costrinse alla fuga verso Brindisi e poi successivamente alla ritirata, verso la Lucania.

Nei dintorni del fiume Sele si svolse la battaglia finale: 60.000 schiavi (tra i quali Spartaco, di cui però non si trovò mai il corpo) e 1.000 uomini romani morirono in battaglia. Altri 6.000 schiavi furono fatti prigionieri e crocifissi lungo la via Appia, la strada che conduce da Capua a Roma (altri 5.000 ribelli tentarono la fuga verso nord ma vennero raggiunti e annientati da Pompeo).

Il mito di Spartaco

La figura di Spartaco ispirò diversi saggi, romanzi, case editrici [1], film [2], e alcuni rivoluzionari quali Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht che, nel 1914, fondarono la Lega di Spartaco dando luogo in seguito alla rivoluzione spartachista (i rivoltosi furono appunto definiti "spartachisti").

La figura di Spartaco ha ispirato la fondazione delle Edizioni Spartaco, casa editrice indipendente fondata nel 1995.

Bibliografia

  • M. Dogliani, Spartaco: la ribellione degli schiavi, Baldini & Castoldi, Milano, 1997.
  • Daniele Foraboschi, La rivolta di Spartaco, in AA. VV., Storia di Roma, II, Einaudi, Torino, 1990.
  • Roberto Orena, Rivolta e rivoluzione: il bellum di Spartaco nella crisi della repubblica e la riflessione storiografica moderna, Giuffrè, Milano, 1984.

Note

  1. Edizioni Spartcao
  2. Il film più celebre è Spartacus di Stanley Kubrick del 1960, tratto dall'omonimo romanzo di Howard Fast (1952). Numerosi sono stati però gli adattamenti cinematografici

Voci correlate