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L'uomo in rivolta
(di Albert Camus)
L'uomo in rivolta (L'Homme révolté), un libro di Albert Camus (1951).

L'uomo in rivolta è un saggio di Albert Camus che riflette sulla differenza fra rivolta e rivoluzione. Camus approda a un concetto di rivolta che dall'individuo va verso la collettività. La rivolta dà una nuova interpretazione all'essere umano: «mi rivolto, dunque siamo». Ma se si ammette una realtà e un pensiero senza mediazioni, si tradisce la realtà in nome della dismisura assolutistica e totalitaristica (declinata come rivoluzione e nichilismo). La realtà, invece, è multiforme e dotata di mille sfumature, che non si possono semplificare e banalizzare in visioni assolute. Al contrario, il "pensiero meridiano" (la pensée de midi) a cui giunge l'intellettuale francese si fonda sul concetto di misura greco (l'armonia, la proporzione e il limite erano infatti alla base dell'estetica e dell'etica greche e la giustizia, nel pensiero arcaico, era legata all'idea di equilibrio e μέτρον [mètron]): in questo pensiero si coniugano, equilibrandosi, la ragione e il sapere visionario dell'immaginazione creativa. È proprio la coscienza di vivere all'interno del limite ciò che, secondo Camus, abbiamo smarrito e che dovremmo ritrovare («la rivolta è essa stessa misura»): ideali come la giustizia e la libertà sono realizzabili a condizione di perdere il loro carattere assoluto, trovando un limite nel confronto dell'una con l'altra. Libero da pregiudizi e ideologie, Camus intende la libertà politica come legata alla rivolta contro ogni forma di conformismo e alla necessità di spirito critico nei confronti di ogni sistema politico. Qualsiasi attività umana, anche una politica che abbia di mira l'eguaglianza sociale, non può risolversi totalmente in prassi, ma deve essere sempre accompagnata dalla riflessione e dalla contemplazione. Solo recuperando il momento della riflessione l'uomo può perdere l'aspirazione al potere assoluto, riconciliandosi con il mondo circostante e riconquistando la dignità nella sua interezza.