Utopia (concetto): differenze tra le versioni

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L'utopia è «un ordine nuovo che si contrappone al presente disordine, come alternativa globale. Quanto più si accentua la valenza operativa dell'utopia, tanto più precisa si delinea la sua pretesa di costituire un'alternativa globale del presente, immediatamente identificato col negativo, con ciò che deve essere totalmente rifiutato e soppresso». <ref>Francesco Gentile, ''Intelligenza politica e ragion di stato'', Milano, 1983, p. 111</ref> Una prospettiva utopica non accetta pertanto alcun accomodamento parziale, non mira a riformare la realtà in quanto non accetta compromessi con l'esistente, il suo compito è quello di rivoluzionarlo; la prospettiva utopica non si pone il problema del miglioramento dell'esistente, esige il bene assoluto. In questo senso, «l'utopista rifiuta la possibilità di una riforma, perché non riconosce alternative parziali». <ref>Francesco Gentile, ''Intelligenza politica e ragion di stato'', Milano, 1983, p. 112</ref>
L'utopia è «un ordine nuovo che si contrappone al presente disordine, come alternativa globale. Quanto più si accentua la valenza operativa dell'utopia, tanto più precisa si delinea la sua pretesa di costituire un'alternativa globale del presente, immediatamente identificato col negativo, con ciò che deve essere totalmente rifiutato e soppresso». <ref>Francesco Gentile, ''Intelligenza politica e ragion di stato'', Milano, 1983, p. 111</ref> Una prospettiva utopica non accetta pertanto alcun accomodamento parziale, non mira a riformare la realtà in quanto non accetta compromessi con l'esistente, il suo compito è quello di rivoluzionarlo; la prospettiva utopica non si pone il problema del miglioramento dell'esistente, esige il bene assoluto. In questo senso, «l'utopista rifiuta la possibilità di una riforma, perché non riconosce alternative parziali». <ref>Francesco Gentile, ''Intelligenza politica e ragion di stato'', Milano, 1983, p. 112</ref>
A differenza della prospettiva ideologica, l'utopia nel suo irriducibile moto di negazione non sottopone, a ben vedere, a critica la realtà esistente; si limita, per l'appunto, a negarla nella sua interezza, perorando la causa di una realtà totalmente altra e nuova rispetto all'esistente; un'utopia in cui l'ordine preconizzato regnerà nella sua assoluta perfezione. La struttura utopica preconizza lo speculare rovesciamento dell'esistente nell'auspicio che in tale radicale cambiamento il disordine si tramuti in ordine.  
A differenza della prospettiva ideologica, l'utopia nel suo irriducibile moto di negazione non sottopone, a ben vedere, a critica la realtà esistente; si limita, per l'appunto, a negarla nella sua interezza, perorando la causa di una realtà totalmente altra e nuova rispetto all'esistente; un'utopia in cui l'ordine preconizzato regnerà nella sua assoluta perfezione. '''La struttura utopica preconizza lo speculare rovesciamento dell'esistente nell'auspicio che in tale radicale cambiamento il disordine si tramuti in ordine'''.
 
Se fosse privo di una riflessione intorno ad una intelaiatura giuridica non autoritaria (ma così non è: vedi '''[[anarchismo e diritto]]'''), l'[[anarchismo]] si potrebbe strutturare soltanto come una sorta di ideologia dagli esiti utopistici, che presupporrebbe ed attenderebbe, quale protagonista delle proprie vicende, un uomo nuovo sorto dalle ceneri della società oppressiva, che veleggia verso lidi contrassegnati, una volta approdato nel "paese della cuccagna" <ref>«Se nasce l'anarchia / un bel pranzo s'ha da fa' / tutto vitello e manzo / se duvimo da magna'»: canto anarchico dei Castelli romani, così riportato in L. Settimelli – L. Falavolti, ''Canti anarchici'', p. 83</ref>, dalla assoluta libertà e dalla altrettanta assoluta uguaglianza.
 
Tale rappresentazione in chiave miracolistica dell'[[anarchismo]] va pertanto, per un verso, demistificata, per altro, nettamente rigettata, al fine non soltanto di favorire l'emergere di una immagine dell'[[anarchismo]] depurata da tali fantasie, ma anche, e soprattutto, di riconoscere nell'[[anarchismo]] un genuino (in quanto dialettico) '''approccio critico alle realtà sociale'''.


In questo quadro, l'utopica società anarchica appare l'auto-proclamato luogo del bene assoluto ('''ευ τοπος'''), che è tratteggiabile solo attraverso lo speculare rovesciamento di ogni male sociale esistente; ma, in quanto puro rovesciamento, è, nel contempo, anche un non luogo ('''ου τοπος'''), in quanto la sua realizzazione non solo presuppone bensì necessita l'assunzione (e l'avverarsi) dell'ipotesi indimostrabile per la quale l'essere umano liberato dal dominio sviluppa immediatamente intrinseche capacità autoregolamentative in assenza di ogni istituzione coercitiva. In tal modo, la struttura utopica si lega a quella ideologica, non potendo l'una sorreggersi in assenza dell'altra; infatti, al di fuori di questa ipotesi antropologica (ed in assenza della totale negazione dell'esistente) la società anarchica non potrebbe né precognizzarsi, né, tanto meno, realizzarsi e, quindi, sia pure in altre forme, si perpetuerebbe il dominio dell'uomo sull'uomo.
In questo quadro, l'utopica società anarchica appare l'auto-proclamato luogo del bene assoluto ('''ευ τοπος'''), che è tratteggiabile solo attraverso lo speculare rovesciamento di ogni male sociale esistente; ma, in quanto puro rovesciamento, è, nel contempo, anche un non luogo ('''ου τοπος'''), in quanto la sua realizzazione non solo presuppone bensì necessita l'assunzione (e l'avverarsi) dell'ipotesi indimostrabile per la quale l'essere umano liberato dal dominio sviluppa immediatamente intrinseche capacità autoregolamentative in assenza di ogni istituzione coercitiva. In tal modo, la struttura utopica si lega a quella ideologica, non potendo l'una sorreggersi in assenza dell'altra; infatti, al di fuori di questa ipotesi antropologica (ed in assenza della totale negazione dell'esistente) la società anarchica non potrebbe né precognizzarsi, né, tanto meno, realizzarsi e, quindi, sia pure in altre forme, si perpetuerebbe il dominio dell'uomo sull'uomo.


È stato sottolineato come «Malatesta sintetizza la forma mentis dell’argomentare utopico che, anteponendo sempre il dover essere all’essere, si sottrae al confronto immediato col presente, in quanto critica questo non in rapporto alle sue possibilità reali, ma rispetto ad un ipotetico futuro, cioè con il criterio di un stato di cose totalmente diverso. In altri termini, non privilegia la trasformazione delle possibilità insite nella realtà data, ma le virtualità di un modello teorico così come comanda il dover essere». <ref> Giampietro Berti, ''Il pensiero anarchico dal Settecento al Novecento'', Manduria-Bari-Roma, 1998, p. 437</ref> Pare invece che proprio [[Malatesta]] riesca a cogliere – sia pur parzialmente, ma su questo oltre – l'aporia di un pensare utopico sul quale poggiare la prassi sociale. Infatti, come sopra richiamato, pur animato da una forte tensione morale (il dover essere), egli rifugge dall'idea dello speculare rovesciamento dell’esistente, ma cerca invece di intervenire su questo ritenendo che sia assurdo ed impossibile abbandonare tutto ciò che ha caratterizzato la vita in una società sostanzialmente autoritaria per approdare mondi nella società anarchica. In questo senso, su una parte non irrilevante dell'essere va effettuato un intervento sì critico, ma non per questo distruttivo. Per certi versi, si possono, quindi, intravvedere fra le righe malatestiane intenti dialettici
È stato sottolineato come lo stesso «Malatesta sintetizza la forma mentis dell'argomentare utopico che, anteponendo sempre il dover essere all'essere, si sottrae al confronto immediato col presente, in quanto critica questo non in rapporto alle sue possibilità reali, ma rispetto ad un ipotetico futuro, cioè con il criterio di un stato di cose totalmente diverso. In altri termini, non privilegia la trasformazione delle possibilità insite nella realtà data, ma le virtualità di un modello teorico così come comanda il dover essere». <ref> Giampietro Berti, ''Il pensiero anarchico dal Settecento al Novecento'', Manduria-Bari-Roma, 1998, p. 437</ref> Pare, invece, che proprio [[Malatesta]] riesca a cogliere – sia pur parzialmente, ma su questo oltre – l'aporia di un pensare utopico sul quale poggiare la prassi sociale. Infatti, come sopra richiamato, pur animato da una forte tensione morale (il dover essere), egli rifugge dall'idea dello speculare rovesciamento dell'esistente, ma cerca invece di intervenire su questo ritenendo che sia assurdo ed impossibile abbandonare tutto ciò che ha caratterizzato la vita in una società sostanzialmente autoritaria per approdare mondi nella società anarchica. In questo senso, '''su una parte non irrilevante dell'essere va effettuato un intervento sì critico, ma non per questo distruttivo'''. Per certi versi, si possono, quindi, intravedere fra le righe malatestiane intenti dialettici rispetto all'esistente e non, cosa in vero rigettata dal nostro, una (vana) speranza di automatico accomodamento delle cose quotidiane nella società liberata.
rispetto all'esistente e non, cosa in vero rigettata dal nostro, una (vana) speranza di automatico accomodamento delle cose quotidiane nella società liberata.


Nonostante il pensiero comune l'[[anarchia]] non è un'utopia (nell'accezione di progetto irrealizzabile). Innanzitutto, per gran parte della sua storia l'umanità è vissuta senza alcuna '''archia''' (inteso come “potere”, “dominio”), poi, anche in epoche successive, vi sono state numerose esperienze anarchiche (vedi, per esempio, [[Ucraina libertaria]] e [[la Rivoluzione spagnola (1936-39)|Rivoluzione spagnola]]), infine, l'anarchico può vivere immediatamente, seppur con i limiti e le contraddizioni che naturalmente si ingenerano in un [[capitalismo|sistema capitalistico]], il suo [[Anarchia#Anarchia e anarchismo| essere anarchico]].
Nonostante il pensiero comune l'[[anarchia]] non è un'utopia (nell'accezione di progetto irrealizzabile). Innanzitutto, per gran parte della sua storia l'umanità è vissuta senza alcuna '''archia''' (inteso come “potere”, “dominio”), poi, anche in epoche successive, vi sono state numerose esperienze anarchiche (vedi, per esempio, [[Ucraina libertaria]] e [[la Rivoluzione spagnola (1936-39)|Rivoluzione spagnola]]), infine, l'anarchico può vivere immediatamente, seppur con i limiti e le contraddizioni che naturalmente si ingenerano in un [[capitalismo|sistema capitalistico]], il suo [[Anarchia#Anarchia e anarchismo| essere anarchico]].
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