Marxismo libertario

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Paul Mattick. Una delle più grandi figure del marxismo libertario del XX secolo. Operaio, militante spartachista, esponente di spicco del consiliarismo, teorico marxista
Rosa Luxemburg, fu fautrice dell'ala radicale rivoluzionaria durante la rivoluzione di gennaio 1919 che le costò la vita

Il Marxismo libertario si riferisce ad un vasto ambito di concezioni politiche, socio-economiche e filosofiche che accentuano gli aspetti antiautoritari del marxismo. Le prime correnti del marxismo libertario, conosciute dopo la Prima guerra mondiale anche come comunismo di sinistra, sono emerse in opposizione alla politica di liquidazione del marxismo in seno alle socialdemocrazie europee più potenti e, dopo la costituzione della III Internazionale comunista nel 1919, al leninismo e quindi alle varie metamorfosi di quest'ultimo concezione pseudo-marxista nel corso della storia e cioè all'autoritarismo stalinista, maoista, castrista, trotzkysta ecc.

Generalità

Il Marxismo libertario critica quindi le posizioni riformiste, come quelle socialdemocratiche e quelle autoritarie in generale (giacobinismo, blanquismo, lassallismo, leninismo), accomunate tutte dall'accusa di antidemocraticità e di sostitutismo burocratico negando una reale partecipazione delle masse ai processi decisionistici, atteggiamenti che sfociano unicamente ad una qualche forma di collaborazionismo con il sistema dominante su scala nazionale nel caso del riformismo e mondiale in quello del capitalismo di Stato di matrice bolscevico leninista.

Alcuni numeri della storica rivista Socialisme ou barbarie, pubblicato dall'omonimo gruppo.

Le correnti marxiste libertarie traggono ispirazione dalle opere e dalle attività politiche di Marx e Friedrich Engels; valorizzandole là dove esse hanno maggiormente evidenziato la loro reale convinzione che le classi lavoratrici siano in grado di guidare il proprio destino senza essere necessariamente sottoposte all'autorità e alla burocrazia gerarchica di un partito rivoluzionario o di un'avanguardia che si pone al di sopra delle masse. Fondamentale è quindi soprattutto la concezione del superamento di ogni forma organizzativa di natura statuale in qualunque modo essa sia aggettivata, ritenendo lo Stato nient'altro che un'entità parassitaria e volta unicamente all'oppressione al servizio di un'élite estranea alla democrazia sociale e politica.

Gli esponenti più critici e acuti del marxismo libertario non hanno mancato di rimproverare agli stessi padri fondatori del materialismo storico le ambiguità nei loro scritti e operato politico rispetto ad una corretta e coerente visione della loro concezione teorica, soprattutto in relazione alla questione dello Stato e delle organizzazioni politiche antisistema. Tematiche che accomunano il marxismo libertario all'anarchismo più conseguente e coerente.

In caso contrario infatti, al marxismo in quanto ideologia e non teoria critica, andrebbero giustamente imputati sia il collaborazionismo di tutte le organizzazioni politiche della II Internazionale con le relative aberrazioni ideologiche (culto del parlamentarismo, sostegno delle politiche colonialistiche, fiancheggiamento degli apparati statuali nazionali durante la Prima guerra mondiale ecc.); sia quelle ancora più gravi sorte con la III Internazionale prodotto diretto del colpo di Stato bolscevico e longa mano dell'entità totalitaria statuale nata in seguito ad esso.

Insieme all'anarchismo, il marxismo libertario è una delle correnti principali del socialismo libertario.

Il marxismo libertario include correnti come il comunismo dei consigli, le idee di socialismo o barbarie, il situazionismo e la nuova sinistra pre e post sessantottesta. Il marxismo libertario ha esercitato grandi influenze sull'anarchismo sociale.

Il più grande evento che ebbe una fortissima influenza sull'evoluzione politica e teorica di molte correnti antisistemiche del socialismo fu naturalmente rappresentato dai tragici avvenimenti della Comune di Parigi. Infatti mentre tutte le precedenti forme di governo non avevano messo l'accento che sulla repressione e lo sfruttamento, la Comune fu essenzialmente un governo della classe operaia, il prodotto della lotta della classe dei produttori contro la classe degli espropriatori, la forma politica finalmente scoperta che consentiva di realizzare l'emancipazione economica del lavoro attraverso la partecipazione attiva alle decisioni, e cioè l'autogoverno politico e l'auto-organizzazione socioeconomica delle classi lavoratrici.

Le personalità che maggiormente sono legate al marxismo libertario teorico o pratico politico (o perché hanno sviluppato questo pensiero o perché ne sono stati fortemente condizionati) vanno individuati nelle figure di Rosa Luxemburg, Karl Liebknecht, Anton Pannekoek, Raya Dunayevskaya,Herman Gorter, Cornelius Castoriadis, Paul Mattick, Maurice Brinton, Karl Korsch, Ernst Bloch, Daniel Guérin, Maximilien Rubel, Wilhelm Reich, Henri Lefebvre, Lucien Goldmann, Ernesto Screpanti ed anche i maggiori esponenti della Scuola di Francoforte ecc.

La difesa dello spirito critico e libertario del marxismo ai tempi della II Internazionale

Eduard Bernstein, politico tedesco che durante la II Internazionale propose le sue teorie revisioniste del marxismo

Il marxismo professato dai maggiori partiti della II Internazionale, a causa di complessi eventi a cui non furono del tutto estranei nemmeno Marx e soprattutto Engels, che sopravvisse al primo più di un decennio e che quindi lo rappresentò proprio nella fase sua fase storica di massima influenza teorica e politica, era scaduto nel corso del tempo in una scolastica democraticistica e oggettivamente filosistema del regime parlamentare identificato semplicisticamente come "democrazia".

Copertina di Offener Brief an Lenin (Prima edizione di Lettera aperta al compagno Lenin, 1920), celebre testo di Herman Gorter.
Herman Gorter, marxista libertario olandese

La storica controversia di ampia portata storica per il futuro del marxismo in quanto teoria critica e nota con il nome anodino di "dibattito sul revisionismo" rappresentò di fatto l'abbandono di ogni prospettiva di superamento del sistema capitalistico di cui i suoi teorici sottolineavano acriticamente, senza argomenti convincenti e fondati teoricamente e storicamente, l'assoluta validità del sistema elettoralistico identificato semplicisticamente come "democrazia", da perfezionare in modo indefinito e considerato in grado al momento opportuno, e cioè a seguito di un ipotetico "crollo del capitalismo" da verificarsi in un futuro nebuloso, di gestire il trapasso alla società senza classi.

Una serie di fattori interni ai movimenti socialisti, legati soprattutto al loro peculiare processo di formazione di partiti di massa a partire da precedenti formazioni spesso nemmeno socialiste, o professanti un socialismo molto indefinito e di natura prevalentemente corporativo; ed esterni ad essi, e concernenti i macro contesti dell'epoca, soprattutto le congiunture socio-economiche e politico-diplomatiche, che non mancarono di incidere tutte profondamente sul piano delle analisi teoriche e quelle pratico politiche.

Se l'epoca compresa tra la Comune di Parigi (1870-71) e la soppressione delle leggi antisocialiste nel 1890, in vigore sin dal 1878, a seguito della caduta in quell'anno del cancelliere che le aveva promosse cogliendo l'opportunità offertagli da due falliti attentati nei confronti dell'imperatore Guglielmo I, vide la formazione e l'ascesa di organizzazioni partitiche che si rifacevano al marxismo; quella successiva alla fine della grande depressione (1873-1895) ne vide invece la rapida affermazione in tutta Europa. È in questo contesto storico che si verificò la rapida formazione di una ideologia volta a revisionarne i principi. Il Partito socialdemocratico tedesco fu il centro di irraggiamento di questa svolta che conobbe delle variazioni a seconda delle tradizioni politiche dei paesi che l'accolsero più o meno positivamente e le cui reazioni a questa pretesa innovazione pratico teorica del marxismo ne determinarono in futuro significativi processi di recupero in senso antagonistico o una sua totale degenerazione o abbandono di fatto.

La conseguenza più importante di quest'abbandono dello spirito critico ed antagonistico del marxismo da parte delle organizzazioni che si erano proclamate loro sostenitrici fu sopratutto il costituirsi di correnti di opposizione al loro interno che ne denunciarono il cedimento ideologico e politico di fronte al sistema capitalistico dovuto ad un processo di integrazione sociale dell'apparato partitico così come anche di quelli dei sindacati e delle società cooperative legate ideologicamente ad esso nonché dei rappresentanti politici eletti nelle amministrazioni comunali come sindaci o consiglieri comunali, che erano così diventati espressione politica di rappresentanza di quegli strati di lavoratori che potevano usufruire, soprattutto in qualità di lavoratori specializzati, di lavori e salari migliori rispetto alla gran massa dei lavoratori generici.

Molto spesso queste correnti di sinistra all'interno dei partiti socialisti rappresentavano una maggioranza rispetto alla fazione revisionistica che in alcuni casi rischiarono persino l'espulsione dall'organizzazione politica. Il consolidamento però di un apparato partitico sempre più numeroso e a tempo pieno e stipendiato favorirono però resero progressivamente forte e numerosa la fazione revisionistica e quindi la sua linea e mentalità legalitaria e riformistica. Le occasioni di scontro politico e ideologico si ebbero in occasione di numerosi eventi sia nazionali sia internazionali e riguardarono soprattutto la questione del colonialismo, della questione agraria, la questione nazionale, dello sciopero generale ecc.

Le figure più famose dell'opposizione al revisionismo del marxismo nella II Internazionale furono quelle tedesche di Kautsky, Alexander Elphant e Rosa Luxemburg in Germania, Lenin in Russia e in Italia, dove i contrasti tra la frazione riformista e quella detta "integralista" domineranno il primo decennio del XX secolo sino all'affermazione della corrente di sinistra, quella di Benito Mussolini che, nel 1912 otterrà l'espulsione dal partito socialista dei principali leader riformisti durante il XIII Congresso (Bissolati, Cabrini, Podrecca, Canepa, Berenini) che si erano pronunciati per la partecipazione al governo ed avevano appoggiato la guerra dell'Italia contro la Turchia per la conquista della Libia.

Fu però soprattutto nella piccola Olanda che, per il marxismo libertario, si verificarono evoluzioni politiche originali ed insolite rispetto al resto d'Europa e che avrebbero segnato in modo profondo il futuro del marxismo inteso come concezione autenticamente anticapitalistica, internazionalista e critica dell'esistente.

Il caso particolare del socialismo olandese e l'opposizione marxista in Germania

Manifesto elettorale del Sociaal-Democratische Arbeiderspartij (1918)
Gabriel Miasnikov, operaio e "bolscevico di sinistra"

L'Olanda era verso gli ultimi decenni del XIX secolo divisa più da contrasti confessionali tra cattolici e protestanti che da ideologie sociali. Il paese era costituito soprattutto da ceti contadini e artigiani e in quanto piccola potenza coloniale dedita a traffici mercantili da secoli da un ceto che si occupava di traffici commerciali internazionali. La formazione politica prevalente era quella liberale.

Al contrario di molti paesi europei in cui le fazioni di destra revisioniste venivano criticate da quella che si riteneva essere ortodossa ideologicamente se non espulse dal partito, il socialismo olandese conobbe la formazione di una piccola ma agguerrita formazione politica espulsa dalla fazione revisionista guidata da Pieter Troelstra, capo del SDAP (Partito socialdemocratico dei lavoratori). Questo evento determinò in questo paese la formazione di un nucleo compatto e di altissimo livello intellettuale i cui membri erano sia uomini di scienza, letterati, artisti o organizzatori e dirigenti socialisti che si raccolsero intorno al settimanale De Tribune. Essi si interessavano in modo estremamente critico e coerente delle istanze autenticamente libertarie contenute nel marxismo ma poste in ultimo piano se non abbandonate da una prassi di puro collaborazionismo da parte dei suoi sedicenti rappresentanti ufficiali, questa opposizione marxista diede vita infine nel 1909 all'SDP (Partito socialdemocratico).

I nomi di Herman Gorter (1864-1927), Henriette Roland-Holst (1869-1952), Anton Pannekoek (1873-1960) furono quelli che ebbero una maggiore risonanza sia prima sia dopo la Prima guerra mondiale in relazione sia alla difesa dello spirito antisistema e libertario del marxismo sia nella lotta contro ogni forma di dogmatica ortodossia che ne facesse uso in senso esclusivamente ideologico e antisocialista e quindi sia contro le socialdemocrazie sia contro i partiti sedicenti comunisti affiliati alla III Internazionale e alla stessa III Internazionale. Accanto ad essi vanno anche tenuti in debita considerazione quegli elementi che fattivamente sia sul piano organizzativo sia su quello teorico si opponevano, come frazione di sinistra all'interno della socialdemocrazia tedesca, alla politica collaborazionistica ufficiale dell'SPD tedesco, che spesso erano naturalizzati tedeschi veri e propri come Rosa Luxemburg, Leo Jogiches, oppure lo erano come ad esempio Karl Liebknecht, Otto Rühle, Paul Levi, Franz Mehring, e che diedero vita allo scoppio della Prima guerra mondiale alla celebre Lega di Spartaco i cui membri si rifiutarono di votare i crediti di guerra.

A questa sinistra autenticamente antisistemica e coerente con i principi libertari del marxismo era collegato anche sul piano dell'opposizione all'adesione alla guerra da parte della II Internazionale e della sua politica esclusivamente parlamentare il partito bolscevico russo diretto da Lenin sin dal 1903 che sino alla Prima guerra mondiale non era preso in alcuna considerazione né dai socialdemocratici riformisti né dalle componenti ad essi critici al suo interno per la sua teoria del partito ritenuta essenzialmente un innesto del blanquismo sul marxismo. È soprattutto da queste realtà politiche oppositrici della socialdemocrazia ortodossa che emersero nel primo dopoguerra le maggiori spinte all'abbattimento del capitalismo in senso positivo tranne che dal leninismo che si sarebbe fatto con il suo colpo di Stato d'ottobre centro di un nuovo totalitarismo statuale in nome proprio del marxismo e che avrebbe avuto proprio in queste organizzazioni e figure marxiste libertarie i suoi primi e più accaniti oppositori.

La componente autenticamente marxista tedesca si oppose con ogni mezzo alla politica di adesione alla guerra del gruppo parlamentare della SDP e si costituì come frazione al suo interno in previsione di una imminente messa fuori legge dei membri del partito. Allo stesso tempo il gruppo dissidente marxista sollecitò attraverso telegrammi i membri parlamentari ad abbandonare la loro politica filomilitarista a cui aderì soltanto Clara Zetkin.

Dopo la Prima guerra mondiale: il marxismo libertario contro il totalitarismo bolscevico

La rivoluzione di febbraio nello Stato plurinazionale autocratico russo rimise all'ordine del giorno la necessità di superare l'ordine esistente in modo radicale contribuendo a porre in crisi anche i più solidi Stati occidentali dopo ben tre anni di guerra totale che aveva provocato milioni di morti e abbrutito in generale la cultura e la civiltà. Nel contesto russo fu il partito bolscevico, egemonizzato dalle teorie e dalla figura di Lenin, ad emergere potentemente come organizzazione solida e coesa tanto da riuscire a gestire un colpo di stato verso la fine del mese di ottobre malgrado l'opposizione e la defezione di alcuni dei suoi esponenti.

Il partito bolscevico dopo la sorpresa da parte del suo leader per il voto favorevole del partito socialdemocratico di Kautsky ai crediti di guerra, fu tra le prime organizzazioni a denunciare la II Internazionale di tradimento della causa della rivoluzione sociale e del marxismo autentico. Malgrado le polemiche avute anche con gli esponenti della sinistra socialdemocratica, soprattutto Rosa Luxemburg, a via delle concezioni blanquiste del leader russo sul partito e la rivoluzione, ai tempi dello scoppio della Prima guerra mondiale tutte le componenti di opposizione al conflitto si unirono in uno sforzo comune di denuncia del tradimento della II Internazionale e di opposizione alla guerra come guerra imperialista. Le due conferenze internazionali tenutesi in Svizzera a Zimmerwald nel settembre del 1915 e poi a Kienthal a fine aprile 1916 funsero da istanza di collegamento tra le varie frazioni socialiste europee ostili alla guerra e soprattutto diedero notorietà sia alla figura sia alle concezioni politico-teoriche di Lenin.

Manifesto dell'Internazionale Comunista

È per questo che la notizia della presa manu militare da parte dei bolscevichi del palazzo d'inverno a Pietroburgo e poco tempo dopo a Mosca venne salutata entusiasticamente in un'Europa stanca di guerra da tutte le frazioni marxiste ma non solo, in quanto vasta parte dell'opinione pubblica e soprattutto gli strati delle classi lavoratrici salariate mostrava oramai un'insofferenza crescente verso le dure condizioni materiali determinate dal conflitto e sempre più l'esigenza di farla finita con il sistema che aveva provocato una carneficina di quelle proporzioni.

La gestione del potere da parte del partito bolscevico e dei suoi vari alleati, soprattutto i socialrivoluzionari di sinistra i quali vennero ben presto estromessi dopo la loro utilizzazione, alienò ben presto le simpatie dei leader che prima della Prima guerra mondiale avevano difeso sul piano teorico e politico il marxismo come concezione compiutamente anticapitalista ed il suo spirito internazionalista. Purtroppo l'assassinio dei maggiori leader marxisti tedeschi come Rosa Luxemburg, Karl Liebknecht e Leo Jogiches limitarono pesantemente questo campo combattivo libertario e fortemente critico del loro prezioso apporto.

I contrasti tra i bolscevichi diventati forza statale e la sinistra comunista, ma anche di altre formazioni ideologiche e politiche e soprattutto quelle anarchiche, si manifestarono sin dalla creazione della III Internazionale creata a Mosca il 3 marzo del 1919 ed alla cui adesione ogni organizzazione che voleva aderirvi doveva sottoscrivere integralmente le 21 condizioni emanate durante il II Congresso dell'I. C. nel mese di luglio 1920 modellate unicamente sull'esperienza e le esigenze del partito-Stato bolscevico russo. La sinistra tedesca profondamente segnata dalle concezioni degli spartachisti; i cui leader e migliori militanti avevano perso la vita o erano stati incarcerati a seguito degli eventi rivoluzionari verificatisi in varie regioni della Germania dell'immediato dopoguerra, ed in cui avevano svolto un ruolo repressivo di primissimo piano i socialdemocratici al governo, non mancarono di far valere le loro critiche verso quella che presto ritennero essere diventato un nuovo centro di potere burocratico formatosi a spese degli strati dei lavoratori che si erano sollevati contro lo zarismo ed avevano espresso l'esigenza di costruire una società libera da ogni forma di sfruttamento e gestita dagli stessi lavoratori.

I contrasti dovuti al processo di bolscevizzazione da parte della I. C. furono all'origine delle varie opposizioni della sinistra comunista in molti paesi ed ebbe come momento culminante i contrasti tra essa e l'Esecutivo della III Internazionale durante il II congresso nel 1920 tenutosi a Mosca e per il quale Herman Gorter scrisse il suo famoso Risposta al compagno Lenin opera concepita da lui e dal movimento consiliarista olandese in risposta a quella di Lenin L'estremismo malattia infantile del comunismo, scritta proprio contro di loro. I consiliaristi accusarono senza mezzi termini il processo di bolscevizzazione delle varie organizzazioni europee anticapitalistiche, cioè l'utilizzazione in funzione del nuovo potere creatosi e concentratosi nelle mani del partito comunista russo, dell'imposizione di un programma politico riformistico a danni dei movimenti antisistemici occidentali che si trovavano ad agire in un contesto politico e sociale del tutto diverso da quello della Russia zarista.

Riunione del Partito bolscevico (Lenin è il primo a destra).
manifesto del MSB Spartakus (1973), organizzazione studentesca tedesca consiliarista (1971-1990).

Malgrado questi grandi centri di opposizioni politica e teorica diffusi in qualche modo in tutta europa nei confronti dell'apparato bolscevico leninista e poi staliniano; (anche se a dir il vero per i marxisti consiliaristi e libertari la differenza tra queste due concezioni e prassi che hanno fatto scorrere nei decenni successivi tanto inchiostro presso una fauna eterogenea di pseudo marxisti, non è mai stata di ordine qualitativo), il marxismo libertario conobbe un declino inevitabile di fronte alla potenza garantita dalle risorse materiali e ideologiche che uno Stato poteva offrire ai suoi sostenitori nei paesi sia capitalisti sia colonialisti.

La bolscevizzazione delle organizzazioni politiche che avendo rotto con il collaborazionismo filosistema della II Internazionale si erano trasformate nel nucleo primitivo dei futuri partiti comunisti, fu più o meno rapida a secondo della presenza di correnti consiliariste forti al loro interno le quali furono con il tempo o espulse dalle componenti filosovietiche o uscirono spontaneamente per costituire nuove organizzazioni di classe più coerentemente marxiste.

Rifiutando ogni forma di collaborazione con gli apparati statuali queste nuove organizzazioni in genere non partecipavano alle competizioni elettorali, denunciando anzi le organizzazioni sia socialdemocratiche sia comuniste di opportunismo e cedimento verso lo stato di cose costituito, fondandosi soprattutto su di una politica sistematica di denuncia del sistema capitalistico nazionale ed internazionale, delle politiche militaristiche e imperialistiche e si rimettevano piuttosto all'azione diretta e all'agitazione propagandistica confidando sull'azione delle masse coscienti dei loro diritti piuttosto che su quella dirigistica degli apparati partitici o sindacali basate sul carisma delle figure dei grandi capi.

Bibliografia

  • Paul Mattick, Critica dei neomarxisti, Dedalo, 1979
  • Paul Mattick, Crisi e teorie della crisi, Dedalo, 1979
  • Paul Mattick, Il marxismo ultimo rifugio della borghesia? Scritti scelti, S-quaderni, 2008
  • Enciclopedia della sinistra europea nel XX secolo, a cura di Aldo Agosti; Voci: Herman Gorter; Paesi Bassi.
  • George Douglas Howard Cole, Storia del pensiero socialista. La Seconda Internazionale, Vol. III t. 2, cap. XVII Olanda, pp. 161-174; Laterza, Bari, 1976.
  • Storia del socialismo, a cura di Jacques Droz, Vol. II, dal 1875 al 1918, I partiti socialisti di modello tedesco fino alla Prima guerra mondiale. Il socialismo olandese, pp. 150-155; Editori Riuniti, Roma, 1974.
  • Rosa Luxemburg, Lo sciopero generale, il partito e i sindacati, Milano, Libreria editrice Avanti!, 1919.
  • Rosa Luxemburg, Replica a Lenin a proposito di centralismo e democrazia. Il testo integrale del saggio "Questioni di organizzazione della socialdemocrazia russa" 1904, Milano, Ed. movimento Operaio, 1957.
  • Rosa Luxemburg, La rivoluzione russa e questioni di organizzazione della socialdemocrazia russa, Roma, Opere nuove, 1959.
  • Daniel Guérin, Per un marxismo libertario (Eretici e/o sovversivi), 2009

Voci correlate

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