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Intorno alla critica anarchica dello Stato
di Marco Cossutta
Marco Cossutta.

L'anarchismo appare quale l'unica corrente di pensiero politico (ad eccezione della prospettiva tradizionalistica), che, in epoca moderna, quindi post 1648, rifiuta in modo radicale la gestione dei rapporti politici attraverso lo Stato, tanto da richiederne l'immediata abolizione come condizione imprescindibile per la piena realizzazione della persona umana. L'emancipazione materiale e spirituale dell'essere umano, per l'anarchismo, non può prescindere dalla abolizione dello Stato. «In una parola, noi respingiamo ogni legislazione, ogni autorità ed ogni influenza privilegiata, patentata, ufficiale e legale, anche uscita dal suffragio universale, convinti che essa non potrebbe che ridondare a profitto di una minoranza dominante e governante, contro gl'interessi dell'immensa maggioranza asservita. Ecco in qual senso noi siamo realmente anarchici» (Bakunin). Anche in assenza di rapporti politici di natura statuale, l'emancipazione non si realizza in modo automatico – vedi la società per censi o quella feudale –, ma è certo per l'anarchismo che in presenza dello Stato questa emancipazione non può né svilupparsi, né, tanto meno, affermarsi.

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