Apologia del plagio

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Apologia del plagio é uno scritto di Pino Bertelli [1], anarchico, scrittore, fotografo, regista, critico cinematografico e utente anarchopediano.

Apologia del plagio

«Fin che l’uomo sfrutterà  l’uomo, fin che l’umanità  sarà  divisa in padroni e servi, non ci sarà  né normalità  né pace. La ragione di tutto il male del nostro tempo è qui» (Pier Paolo Pasolini)

Elogio del plagio

L’arte, tutta l’arte, è una puttana che non sorride. Seduce. Artisti e padroni dell’arte stanno al giogo. La critica d’arte si fa nei salotti della “buona borghesia” o nei supermercati e i popoli impoveriti sono raffigurati in margine al mercato globale dell’ovvio e dell’ottuso. I galleristi vendono tutto e tutto finisce in merce di consumo di massa. Nei sotterranei delle banche si celano i “capolavori” firmati dagli artisti, anche i più dannati, recuperati al consenso e sacralizzati da critici, storici, galleristi… che fanno i furbi in cambio di una manciata di dollari… tutti sanno che l’arte non esiste e tutti sanno che l’arte è il plagio di un plagio… ciascuno fa finta di nulla e tutto muore nell’immaginario irriverente dell’arte che strappa la maschera ai potentati della simulazione e dell’impostura.

I talenti davvero naturali sanno che la loro opera più autentica è la firma sugli assegni che ricevono in cambio di una compassata “verità ” dell’arte. La citazione rubata, la frase détournata, l’immagine decontestualizzata e resa altra dall’artista, dal poeta o dal messaggero delle stelle… mostra che il plagio è necessario per una ritrovata bellezza. La diversità  è bellezza. L’omologazione è la morte di ogni forma d’arte e di vita. «Le mie citazioni — scriveva Walter Benjamin — balzano fuori d’improvviso e come predoni strappano l’assenso al lettore ozioso». E questo vale per tutto quanto si smercia come arte. Debord aggiusta la mira: “Le idee migliorano. Il senso delle parole [delle immagini, dei suoni, dei sogni…] vi partecipa. Il plagio è necessario. Il progresso lo implica. Esso stringe da presso la frase di un autore, si serve delle sue espressioni, cancella un’idea falsa, la sostituisce con l’idea giusta”. Solo la negazione reale della cultura (come totalità  del segno) ne conserva il senso.

La cultura della viltà  ha radici millenarie. Infelice la terra cui occorrono artisti, eroi o martiri… per attuare la riproduzione di dogmi culturali o politici o religiosi e rendere gli uomini miserabili e schiavi. Si può avere il florilegio di un’opera d’arte solo là  dove si afferma l’eguaglianza nel sociale, forse. Niente può essere arte se non parla del dolore di sé e degli altri. Quando gli uomini — tutti — si accorgeranno della fame di bellezza che c’è nelle stanze del cuore (anche dell’arte), ci sarà  la rivoluzione dell’intelligenza nelle strade della terra. Tutto qui. Elogio del plagio: chi conosce la forca non sempre sa fare dell’arte e chi scrive dell’arte non sempre conosce la forca, anche se qualche volta lo meriterebbe.

Sull’arte, la politica e la chiesa

Il miglior fondamento per la nascita di una buona politica, una buona morale e un’arte in forma di poesia… è fare fuori l’opportunismo, la convenienza e la mediocrità … il politico, il criminale o l’artista sono stati creati a immagine e somiglianza di Dio, del Padrone o del Boia (che è sempre un buon cristiano)… la loro eliminazione è necessaria per ragioni morali. Delitti inequivocabili richiedono castighi inequivocabili! Le prediche politiche, i sermoni religiosi o l’arte per il popolo… non possono essere soggetti a nessuna clemenza… l’esecuzione imposta dalla piazza va incoraggiata e non c’è niente di più appropriato che ogni domenica che cade in terra... impiccare ai pubblici orologi Capi di Stato, Papi, Generali o Artisti di genio… gli sbagli peggiori sono quelli commessi nella leggerezza delle esecuzioni in tempi per-rivoluzionari, dove l’amore e la libertà  non vogliono catene!

Per quanto riguarda gli imbecilli, i feroci, gli incoscienti, i pavidi, i servi, gli schiavi (gli ipocriti, i bravacci e gli idioti della sinistra, specialmente)… insomma tutta la peggiore umanità  asservita ai poteri dominati… non sarebbe male riaccendere una serena disquisizione sulle loro sorti… la bellezza dell’impiccagione non li riguarda e lo slogamento del collo non è l’ideale a cui si deve aspirare per ritrovare negli uomini, nelle donne e nei bambini una sana allegrezza popolare andata perduta con la scomparsa delle lucciole… forse, occorrerebbe comprendere che il destino non si eredita e ogni mutamento profondo della società  è nelle mani e nella testa degli individui. «Un damerino londinese una volta gettò una moneta a un ragazzo che gli aveva tenuto il cavallo fuori dal teatro. Offeso da questo modo arrogante di dare, il ragazzo decise di elevare la sua attività . Scrisse l’Amleto» (Charles Duff). Un medico argentino col sigaro in bocca scelse di stare dalla parte dei poveri e andò a morire nella giungla boliviana con il fucile in mano e gli occhi aperti contro il cielo del potere e la comunità  che viene. Lazarillo de Tormes era un ragazzino con i piedi scalzi nel sole di Spagna, impugnò una torcia e accese il fuoco sotto il culo dei potenti per illuminare la libertà  e la giustizia nel mondo.

Si ottiene molto di più da un prete, un padrone o un artista celebrato prendendolo a calci in culo che baciandogli la mano… è deplorevole per l’educazione della gioventù che ciò che è giusto e ciò che è sbagliato sia sempre stato deciso da gente che la furia popolare (nemmeno quella del ’68) non ha deleggittimato… l’imbecillità  dei talenti politici, religiosi o artistici… non è mai stata bruciata a dovere… e nelle osterie malfamate di ogni porto non si brinda più al massacro dei ricchi, dei preti e dei generali… gli infrequentabili, gli indesiderabili, i “quasi adatti” della terra… saranno veramente felici solo quando con le budella dell’ultimo prete sarà  impiccato l’ultimo artista e l’ultimo padrone padrone. Gran Ducato di Utopia, settantasette volte sette, dell’anno dell’Angelo del non-dove.

Note

  1. Pino Bertelli è dottore in Utopia (“battezzato” — con un pollo arrosto — cavaliere errante della luna patafisica da Enrico Baj negli anni ’80 sotto la Mole Antonelliana a Torino).... si occupa di antropologia dei piaceri, dell’ascesa al cielo degli Angeli del nondove (o della sovversione non sospetta dell’immaginario) e insegna cartografia delle passioni nel bordello senza muri dell’intelligenza ritrovata nell’osteria di Buenaventura Durruti, in via Bakunin, ultima stella a sinistra della via Lattea… all’incrocio con via Kropotkin e via Pier Paolo Pasolini, di fronte a piazza Guy Debord, dove una delle Petroleuses della Comune (Louise Michel) aveva chiesto la sua parte di piombo sulle barricate… per conquistare una vita più giusta e più umana per tutti… le sue tracce finiscono qui… sappiamo però che è l’inventore del calambour, della flânerie e della disinvoltura applicati alla teoria situazionista in lingua rovescia.