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[[File:Leo-Tolstoy.jpg|thumb|230px|[[Lev Tolstoj]] in un ritratto di [[Clifford Harper]].]]
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Alla fine degli anni '70 dell'Ottocento, cominciano in [[Tolstoj]] a manifestarsi i primi sintomi della sua crisi spirituale: studia i Vangeli canonici, scrive saggi religiosi e polemici contro la [[Chiesa]] Ortodossa. Questo tormento lo porterà a pubblicare diverse opere a carattere morale e religioso: ''Confessione'' ([[1882]]), ''Qual è la mia fede'' ([[1888]]), ''I Vangeli'' ([[1890]]), ''La Chiesa e lo Stato'' ([[1891]]), ''Il regno di Dio è in noi'' ([[1894]]).  
'''''Fabbrica, scuola di potere''''' è un articolo di [[Murray Bookchin]] in cui viene criticata l'[[scuola|istituzione soclastica]]. L'articolo è stato tratto da ''Interrogations'', n. 17/18, 1979.


«La fabbrica è una [[scuola]] [[gerarchica]], di obbedienza e di comando, non è [[rivoluzionaria]] e liberatoria. Riproduce in ogni momento, in ogni ora, il servilismo del proletariato, e non il suo slancio [[rivoluzionario]] di portata storica. Non impedisce certo che venga ridotto ad oggetto, ma anzi attenta alla sua individualità, alla sua capacità di trascendere i bisogni. Di conseguenza, visto che l'autodeterminazione, l'iniziativa autonoma e l'individualità sono l'essenza stessa della "dimensione della libertà", esse devono essere negate alla "base materiale" della [[società]], per trovare presumibilmente un'affermazione solo nelle sue "sovrastrutture" - almeno fino a quando la fabbrica e le tecniche della produzione [[capitalista]] saranno concepite esclusivamente dal punto di vista tecnico, come elementi connaturali alla produzione.
Nei primi anni '80 comincia a lavorare la terra perché vuol vivere come i suoi contadini, rinuncia almeno formalmente ai privilegi dell'agiatezza, un fatto che porterà alla nascita di interminabili conflitti familiari: la moglie riteneva folli le idee di Lev, mentre i figli si divisero: le figlie simpatizzeranno per le idee del padre, mentre i figli maschi difendevano la madre. [[Tolstoj]] in questa fase abbraccia totalmente l'idea [[Nonviolenza|non violenta]], diviene [[vegetariano|vegetariano]] (per compassione verso gli animali), si convince che il mondo non possa che cambiare pacificamente e solo attraverso il lavoro manuale ed individuale. Prende inoltre la decisione definitiva di rimanere per sempre a Jàsnaja Poljàna e dichiara: «Ho completamente rotto con la vita del mio ambiente».  
Dobbiamo presumere, poi, che questo regno disumanizzante dei bisogni - vagliato da un'"autorità imperiosa" - possa in qualche modo elevare e accrescere la coscienza di classe del lavoratore disumanizzato, trasformandola in una coscienza sociale universale; e che questo operaio, spogliato e privato di ogni individualità da una vita di quotidiano lavoro, possa in qualche modo recuperare l'impegno e la competenza sociali necessari ad un processo [[rivoluzionario]] su vasta scala e alla costruzione di una [[società]] veramente libera, fondata sull'autodeterminazione nel senso più vero del termine. Infine, dobbiamo pensare che questa [[società]] libera possa eliminare la [[gerarchia]] da una parte, mentre la conserva "imperiosa" da un'altra. Portato alla sua logica estrema, il paradosso assume proporzioni assurde. La [[gerarchia]], come una tuta da lavoro, diventa un indumento di cui ci si veste nel "regno della [[libertà]]" per tornare ad indossarlo nel "regno dei bisogni". Come un'altalena, la [[libertà]] oscilla nel punto in cui poniamo il fulcro sociale, magari al centro della tavola, in una determinata "fase" della storia, o più spostata verso l'una o l'altra estremità in un'altra "fase", ma sempre in modo che la misura sia sempre rapportabile alla "giornata lavorativa".


Questo fatale paradosso è comune al [[comunismo]] non meno che al [[sindacalismo]]. Ciò che redime quest'ultimo è l'implicita consapevolezza - assai esplicita, invece, nelle opere di [[Charles Fourier]] - della necessità di privare la tecnologia del suo carattere [[gerarchico]] e grigio, monotono, per poter creare una [[società]] libera. Nelle dottrine [[sindacaliste]], tuttavia, questa consapevolezza è spesso distorta dall'accettazione della fabbrica come infrastruttura della nuova società all'interno della vecchia, come paradigma dell'organizzazione della classe operaia e come scuola per l'umanizzazione del proletariato e per la sua mobilitazione come forza sociale rivoluzionaria». [...]
Trasferitosi con la famiglia a Mosca, nel gennaio del [[1882]] partecipa al censimento della popolazione con l'intento di rendere pubblici i disagi delle classi sociali più povere, sia delle città che delle campagne. L'esperienza vissuta in mezzo ai poveri lo ispireranno per la stesura del saggio ''Che fare?'' (o ''Che cosa dobbiamo fare?'') del [[1886]]. Nel suo ''Confessione'' ([[1882]]), [[Tolstoj]] descrive la propria conversione verso quella forma di cristianesimo che oggi viene definito [[Anarchismo cristiano|cristianesimo anarchico]].
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Versione attuale delle 11:02, 23 lug 2025

Tolstoj


Lev Tolstoj in un ritratto di Clifford Harper.

Alla fine degli anni '70 dell'Ottocento, cominciano in Tolstoj a manifestarsi i primi sintomi della sua crisi spirituale: studia i Vangeli canonici, scrive saggi religiosi e polemici contro la Chiesa Ortodossa. Questo tormento lo porterà a pubblicare diverse opere a carattere morale e religioso: Confessione (1882), Qual è la mia fede (1888), I Vangeli (1890), La Chiesa e lo Stato (1891), Il regno di Dio è in noi (1894).

Nei primi anni '80 comincia a lavorare la terra perché vuol vivere come i suoi contadini, rinuncia almeno formalmente ai privilegi dell'agiatezza, un fatto che porterà alla nascita di interminabili conflitti familiari: la moglie riteneva folli le idee di Lev, mentre i figli si divisero: le figlie simpatizzeranno per le idee del padre, mentre i figli maschi difendevano la madre. Tolstoj in questa fase abbraccia totalmente l'idea non violenta, diviene vegetariano (per compassione verso gli animali), si convince che il mondo non possa che cambiare pacificamente e solo attraverso il lavoro manuale ed individuale. Prende inoltre la decisione definitiva di rimanere per sempre a Jàsnaja Poljàna e dichiara: «Ho completamente rotto con la vita del mio ambiente».

Trasferitosi con la famiglia a Mosca, nel gennaio del 1882 partecipa al censimento della popolazione con l'intento di rendere pubblici i disagi delle classi sociali più povere, sia delle città che delle campagne. L'esperienza vissuta in mezzo ai poveri lo ispireranno per la stesura del saggio Che fare? (o Che cosa dobbiamo fare?) del 1886. Nel suo Confessione (1882), Tolstoj descrive la propria conversione verso quella forma di cristianesimo che oggi viene definito cristianesimo anarchico.