L'anarchismo classico e i movimenti di liberazione nazionale

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Quest'articolo è stato estrapolato dal capitolo 8 del libro catalano Anarquisme i alliberament nacional («Anarchismo e liberazione nazionale»), edito da «El Llamp» nel 1987. Esiste una versione sintetica in castellano, realizzata ugualmente dai membri del «Colectivo Ikà ria», pubblicata con il titolo Por la independencia total y la anarquía sin límites (Per l'indipendenza totale e l'anarchia senza limiti). [1]

La posizione di Bakunin

Karl Marx

Bakunin difese sempre l'idea della rivoluzione sociale strettamente legata alla liberazione nazionale dei popoli oppressi, in particolare difese quella dei popoli slavi oppressi sotto il giogo dell'Impero russo, austriaco, prussiano e turco. Il suo panslavismo poggiava sulla distruzione dei quattro imperi e sulla federazione dei popoli slavi imperniata su una libertà e uguaglianza assoluta ed in opposizione all'egemonia russa. Alla stessa maniera che combatté il panslavismo russo e la creazione di uno grande Stato slavo oppressore delle nazioni slave, Bakunin combatté il pangermanesimo. «Come slavo, io chiederei l'emancipazione della razza slava dal giogo tedesco, invece, come patriota tedesco, Marx non ammette tuttavia il diritto degli slavi ad emanciparsi dal giogo dei tedeschi, pensando oggi come ieri che i tedeschi sono chiamati a civilizzarli, cioè, a germanizzarli per volontà o per forza» (1871).

Opposte sono le posizioni di Bakunin e quelle di Marx ed Engels sulla liberazione nazionale, in quanto entrambi i classici marxisti erano contro i movimenti indipendentisti o rivoluzionari nazionalisti, poiché essi credevano che il movimento rivoluzionario non potesse che svilupparsi nel contesto della produzione economica di cui solo la classe operaia può essere il motore, considerando per tanto che lo sviluppo delle forze produttive, così come l'estensione dell'interscambio economico - creati come necessità storica del socialismo - distruggono i particolarismi locali e nazionali e tendono a livellare lo sviluppo sociale.

In effetti, Marx, rispondendo a Bakunin, che difendeva l'indipendenza dei cechi, slavi, polacchi, bulgari, rumeni ecc., dichiarava al Neue Rheinische Zeitung, nel 1849: «Tutte queste piccole nazioni impotenti e fragili, devono in fin dei conti il riconoscimento a quelle che, secondo le necessità storiche, le integrano in alcuni imperi, permettendole così di partecipare allo sviluppo storico, al quale, se lasciati soli, non avrebbero in alcun modo preso parte. È evidente che questa cosa non si potrebbe realizzare senza schiacciare i "teneri germogli" (... ).»

In questo modo, al contrario di M. Bakunin, K. Marx negava che le lotte nazionali degli oppressi contro gli Stati oppressori stranieri nel XIX secolo furono un fattore di emancipazione anticapitalista.

Lo stesso Andreu Nin riconosce la correttezza della posizione di Bakunin rispetto a quella di Marx riguardo alla questione nazionale: «... E nonostante la nostra devozione a Marx ed Engels, dobbiamo confessare che se dovessimo giudicare dalle manifestazioni esteriori, senza tener conto delle circostanze di tempo e dei fattori psicologici, potremmo dire che le accuse di Bakunin contro Marx (alla questione nazionale è il riferimento) ed Engels erano più legittime che quelle di questi contro di lui». [2].

Bakunin, al nazionalismo statalista oppone sempre un nazionalismo rivoluzionario federalista, consacrando buona parte della sua vita alla liberazione delle patrie oppresse, come la Polonia; citazione dell'anarchico russo dal manifesto seguente:

«1.- L'ordine che regna oggi in Polonia, sotto il giogo straniero, si manifesta incessantemente, come altrove, con il dispotismo politico ed economico di una minoranza privilegiata sulle masse lavoratrici.

2.- Consideriamo tirannia la dominazione dell'uomo sull'uomo. Ugualmente non riconosciamo altro potere che l'organizzazione sociale del popolo, per mezzo di una libera federazione di associazioni operaie e comuni contadine libere. Dal momento che tutto il potere, anche quello che apparentemente è il più repubblicano e democratico, si basa sempre sul vantaggio di una minoranza privilegiata e la schiavitù del popolo.

3.- La conquista di una vera Libertà per il popolo polacco ha come condizione necessaria l'abolizione del regime attuale, tanto sul piano politico quanto su quello economico, giuridico e religioso.

4.- Potremmo conseguirla soltanto mediante un'insurrezione generale, per mezzo della rivoluzione sociale.

5.- La terra apparterrà alle comuni contadine nella misura in cui esse saranno capaci di lavorarla.

6.- Ugualmente, le fabbriche, i macchinari, gli edifici, gli strumenti, perfino i laboratori artigianali, saranno proprietà delle associazioni operaie.

7.- Nemici di tutto il potere statale, non riconosciamo nessuna categoria di diritti storici o politici. Per noi, la Polonia esiste là dove il popolo si riconosce come polacco: la Polonia cesserà di esistere ovunque queste stesse persone non vogliono più appartenere alla Federazione polacca e aderiranno liberamente ad un altro gruppo nazionale.

8.- Tendiamo una mano fraterna a tutti i nostri fratelli, a tutti gli slavi che, come noi, sono sotto il giogo del governo e che, come noi, odiano, in particolare, il governo moscovita, turco e tedesco. Questi popoli slavi hanno pieno diritto a rivendicare la loro indipendenza e integrità nazionale.

9.- Finalmente, estendiamo la nostra stessa mano fraterna a tutti gli altri popoli che aspirano alla libertà. Siamo disposti a servirci di tutti i mezzi a nostra disposizione per cercare di aiutarli a raggiungere l'obiettivo comune.

Viva la rivoluzione sociale!
Viva le Comuni Libere!
Viva la Polonia democratica e sociale!» [3].

Ugualmente Bakunin definisce il suo federalismo politico nel suo discorso del 1867 durante il congresso della Lega per la Pace e la Libertà:

«Ogni Stato centralista, per liberale che si presenti e non importa la forma repubblicana nella quale si manifesti, è necessariamente un oppressore, uno sfruttatore delle masse lavoratrici del popolo a vantaggio delle classi privilegiate. Esso necessita di un esercito per contenere queste masse entro certi limiti, e l'esistenza di questo potere armato conduce alla guerra. Per questo termino dicendo che la pace internazionale è impossibile fino a quando non venga accettato il seguente principio, con tutte le sue conseguenze: "Ogni nazione debole o forte, piccola o grande, ogni provincia, ogni comunità ha il diritto assoluto di essere libera, di esistere autonomamente, e in questo diritto tutte le comunità sono solidali nella misura in cui non è possibile violare questi principi relativamente al loro ambito senza mettere a rischio contemporaneamente tutti quelli degli altri».

D'altra parte, Bakunin differenzia nettamente la Nazione dallo Stato. Per lui, la nazione viene ad essere un fatto naturale, un fatto popolare. La patria e la nazionalità sono per lui come l'individualità, fatti naturali e sociali, fisiologici e storici.

«Lo Stato non è la Patria; è l'astrazione, la finzione metafisica, mistica, politica, giuridica della Patria; ma si tratta di un amore naturale, reale; il patriottismo del popolo non è un'idea, ma un fatto... Ed è per questo ch'io mi sento sempre e francamente il patriota di tutte le patrie oppresse.». [4]

Per Bakunin, la patria rappresenta il diritto inattaccabile e sacro di tutti gli uomini, di tutti i gruppi di uomini, associazioni, comunità, regioni e nazioni, di vivere, sentire, pensare e creare e agire a modo proprio, di modo che questa maniera di vivere e sentire sia sempre il risultato inconfutabile di un processo storico.

Tuttavia, per lui nazione e nazionalità non sono principi, per la semplice ragione che si può dare tale nome solo a ciò che è universale e comune a tutti gli uomini. Così dice:

«... Non c'è niente di più assurdo e a sua volta pregiudiziale e funesto per il popolo che sostenere i falsi principi di nazionalità come ideale di tutte le sue aspirazioni. La nazionalità non è un principio umano universale, è un fatto storico, locale, che come tutti i fatti reali e innocui, ha il diritto di esigere l'accettazione generale. Tutto il popolo, per minuscolo che sia, ha il suo carattere, il suo particolare modo di vivere, di parlare, sentire, pensare, agire, ed è in questa idiosincrasia che consiste la nazionalità, la quale deriva da tutta la vita storica e dalla sommatoria totale delle condizioni di vita di questo popolo». [5]

Per Bakunin, il vero patriottismo, il nazionalismo legittimo, è quello che non confonde l'amore verso la patria o la nazione con il servizio allo Stato o la subordinazione ad un governo e che non antepone la particolarità propria — quantunque questa sia naturale e valida — all'universalità dell'umano. Questo perché il percorso di liberazione nazionale non può essere separato dalla rivoluzione sociale, nè questa dalla federazione di comuni e imprese collettivizzate.

La posizione di Kropotkin

Dall'altra parte, Pëtr Kropotkin, un altro classico anarchico russo, scriveva a proposito della gravità della «questione irlandese» in una lettera indirizzata a Maria Korn, l'11 maggio 1897:

«Mi sembra che il carattere puramente nazionalista dei movimenti di emancipazione nazionale sia inesistente. Ci sono sempre motivazioni economiche, o meglio, è la libertà e il rispetto dell'individuo che bisogna salvaguardare. Il nostro compito dovrebbe essere quello di evidenziare i problemi economici. Penso anche che, dopo aver lungamente riflettuto, che il fallimento dei movimenti nazionali in Polonia, Finlandia, Irlanda ecc., risiedono nel problema economico. In Irlanda, la principale difficoltà deriva dal fatto che i capi del movimento, grandi proprietari terrieri, esattamente come quelli inglesi, svuotarono il movimento di liberazione nazionale del suo contenuto sociale. (...) Mi sembra che ciascuno di questi movimenti di liberazione nazionale ci riserva un compito importante: sollevare la questione nei loro aspetti economici e sociali, e questo parallelamente alla lotta contro l'oppressione straniera. (...) In tutti i luoghi in cui l'uomo si ribella all'oppressione individuale, economica, statale, religiosa e soprattutto nazionale, il nostro dovere è quello di stare al suo fianco ».

In questo testo è chiaramente manifesto l'atteggiamento di Kropotkin di fronte all'oppressione nazionale e ai movimenti di liberazione nazionale.

Kropotkin sapeva già allora che la lotta contro l'imperialismo si doveva esplicare in termini di liberazione nazionale e di lotta di classe, deducendo che solo la vittoria della classe operaia potrebbe risolvere la questione nazionale, nel senso degli interessi dei lavoratori. Kropotkin, come Bakunin, riconosceva il contenuto rivoluzionario delle lotte autonome di liberazione nazionale, alle quali i libertari dovrebbero partecipare attivamente enfatizzandone gli aspetti sociali, al fine di ottenere una vera e assoluta liberazione.

Macedonia, 1903: un'esperienza di rivoluzione sociale e di liberazione nazionale

Nuvola apps xmag.png Per approfondire, vedi Anarchismo in Bulgaria.

Già nel XIX secolo il libertari parteciparono alle lotte di liberazione nazionale, come quelle della Bosnia-Erzegovina, e soprattutto presero parte all'insurrezione bulgara del 1876, a cui diede il proprio contributo il celebre poeta libertario Boter. L'anno seguente, nel 1877, scoppiò la guerra tra la Russia e la Turchia, grazie alla quale la Bulgaria ottenne l'indipendenza, però a causa delle pressioni e degli interessi del capitalismo occidentale - principalmente dell'Inghilterra - una parte del territorio bulgaro, la Macedonia, fu restituita nuovamente alla Turchia, dando inizio ad una nuova lotta della Macedonia contro l'occupante turco e sollevando la "questione macedone" creata dalle potenze europee.

A partire dal 1893 in tutte le città si trovavano scuole bulgare e cominciarono così a formarsi le prime cellule della futura organizzazione rivoluzionaria dell'interno della Macedonia, costituita nel 1894-1895 sotto l'influenza libertaria: l'ORIMA (Organizzazione Rivoluzionaria Interna Macedone).

L'ORIMA costituì il suo Comitato Centrale a Salonicco, con una delegazione in esilio, a Sofia. I suoi principi erano uno spirito internazionalista e proponevano la liberazione nazionale dai turchi mediante la rivoluzione.

Rivoluzionari dell'ORIMA (Florina, 1903)

Fu anche importante l'adesione del Cenacolo di Ginevra, creato nel 1898 e costituito da vari gruppi anarchici, che produssero uno Statuto del Comitato Rivoluzionario Segreto Macedone e un organo propagandistico. Parteciparono al movimento rivoluzionario macedone anche numerosi gruppi libertari bulgari che svolsero un ruolo importantissimo nella lotta armata (più di 60 morti). La preparazione della rivoluzione durò una decina di anni, dando vita all'insurrezione della Tracia orientale e di Macedonia nell'agosto 1903. Le azioni armate cambiarono tattica con l'arrivo degli anarchici, perché invece di attaccare le autorità turche di occupazione come era stato fino ad allora, furono colpite principalmente tutte le società di capitali stranieri che sostenevano l'Impero Ottomano.

La rivoluzione fu preparata dettagliatamente rinforzando l'organizzazione attraverso la creazione di comitati e gruppi locali al fine di giungere alla costituzione di organismi in grado di creare una nuova società che sostituisse quella imposta dall'occupante turco. Inoltre si formarono nuovi gruppi di combattimento, si costruirono bombe e si recuperarono armi dall'interno e dall'estero; però fu specialmente la propaganda che assunse grandi dimensioni, coinvolgendo tutta la popolazione attraverso incontri quasi sempre pubblici, realizzati spesso dentro le chiese.

Guerdjikov, militante anarchico e uno dei tre leader eletti durante un congresso clandestino con l'obiettivo di guidare l'insurrezione, organizzò a partire dal 1902 gruppi di lotta denominati «Gruppi della Morte», che costituiranno i nuclei del futuro esercito rivoluzionario; inoltre pubblicò un giornale clandestino, Alle Armi, e partecipò attivamente anche alla propaganda orale che si svolgeva la notte nella regione della Tracia orientale.

L'Insurrezione scoppiata nell'agosto 1903 ebbe al tempo stesso carattere di lotta di liberazione nazionale contro i turchi e di rivoluzione sociale, durò circa 30 giorni: per la prima volta nella storia si manifestava un tentativo di liberazione nazionale con un chiaro orientamento di emancipazione sociale, che prese un carattere totalmente libertario grazie all'influenza esercitata dal pensiero di Bakunin.

Alla rivoluzione scoppiata in Macedonia e Tracia orientale presero parte solo in questa regione più di 4.000 guerriglieri, i quali affrontarono anche con successo un esercito dieci volte superiore.

Nonostante i pochi giorni di durata dell'esperienza rivoluzionaria, si ottenne una massiccia partecipazione della popolazione, la proprietà privata fu abolita e si procedette alla collettivizzazione, essendo le città e i paesi governati da assemblee popolari, in cui presero forma le varie commissioni incaricate dal governo locale.

Molto significativo, da sottolineare, fu il parere negativo dato dai comunisti (allora socialdemocratici) al movimento rivoluzionario che rovesciò la monarchia bulgara nel 1923, grazie anche al contributo anarchico e a cui essi però non presero parte.

Nonostante l'inevitabile sconfitta - che determinò più di 20.000 rifugiati in Bulgaria - visto la superiorità numerica e in armi dei Turchi, la lotta contro l'occupazione straniera continuò e l'influenza dei libertari nel movimento di indipendenza macedone fu sempre importante [6].

Note

  1. Los clásicos anarquistas y los movimientos de liberación nacional
  2. Andreu Nin: Els moviments d'emancipació nacional, pg. 104, Edicions Catalanes de Paris. Esiste una versione in castellano editata da Editorial Fontamara.
  3. Programa de la Asociación Polaca Social-Revolucionaria di Zurigo, 1863.
  4. Carta aperta agli amici d'Italia, 1871.
  5. Stato e Anarchia
  6. Guerdjikov partecipò alla guerra dei Balcani contro i turchi in una compagnia di guerriglieri anarchici, utilizzando metodi rivoluzionari e mantenendo un'indipendenza totale dall'esercito. Nel 1919 fonda la FACB (Federazione Anarco-Comunista Bulgara), e più tardi si rifiuta di collaborare con il regime comunista bulgaro, il quale gli offrirà tutti gli onori spettanti agli eroi nazionali, ma al quale egli rispose: «Non sono abituato a baciare i piedi dei tiranni».

Voci correlate