Biblioteca Anarchica

Biblioteca Anarchica
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La Biblioteca Anarchica contiene articoli, libri, bibliografie, opuscoli, video, audio, multimedia e manifesti anarchici. Nella Biblioteca sono presenti i libri classici dell'anarchismo (da scaricare), ma anche articoli ed opuscoli recenti, divisi per argomento, e pubblicazioni che hanno una relazione o un'influenza sul movimento anarchico e che possono anche essere scritte anche da chi non è formalmente anarchico. L'obiettivo della Biblioteca Anarchica è quello di facilitare l'accesso delle persone alla letteratura anarchica e consentire così una più profonda comprensione dell'anarchismo e delle sue motivazioni.
Categorie Novità 
  • Testi divisi per autore (elenco di e-books scaricabili dal web)
  • Testi divisi per argomento (elenco di titoli, in parte scaricabili dal web):

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Qui di seguito sono elencate le opere scaricabili recentemente inserite nella Biblioteca:

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Un testo consigliato Un autore consigliato
Perché la bandiera nera anarchica?
di Emma Goldman

La bandiera nera è il simbolo dell'Anarchia. Essa provoca reazioni che vanno dall'orrore alla delizia tra quelli che la riconoscono. Cercate di capire cosa significa e preparatevi a vederla sempre più spesso in pubblico... Gli Anarchici sono contro tutti i governi perché credono che la libera ed informata volontà dell'individuo sia la vera forza dei gruppi e della stessa società.

Gli Anarchici credono nell'iniziativa e nella responsabilità individuali e nella completa cooperazione dei gruppi composti di liberi individui. I governi sono l'opposto di questi ideali, dato che si fondano sulla forza bruta e la frode deliberata per imporre il controllo dei pochi sui molti. Che questo processo crudele e fraudolento sia giustificato da concetti come il diritto divino, elezioni democratiche, o un governo rivoluzionario del popolo conta poco per gli Anarchici. Noi rigettiamo l'intero concetto stesso di governo e ci affidiamo in modo radicale alla capacità di risoluzione dei problemi propria di ogni uomo libero.

Perché la bandiera nera? Il nero è il colore della negazione. La bandiera nera è la negazione di tutte le bandiere. È la negazione dell'idea di nazione che mette la razza umana contro se stessa e nega l'unità di tutta l'umanità. Il colore nero è il colore del sentimento di rabbia e indignazione nei confronti di tutti i crimini compiuti nel nome dell'appartenenza allo stato. È la rabbia e l'indignazione contro l'insulto all'intelligenza umana insito nelle pretese, ipocrisie e bassi sotterfugi dei governi...

Il nero è anche il colore del lutto; la bandiera nera che cancella le nazioni è anche simbolo di lutto per le loro vittime, i milioni assassinati nelle guerre, esterne ed interne, a maggior gloria e stabilità di qualche maledetto stato. È a lutto per quei milioni il cui lavoro è derubato (tassato) per pagare le stragi e l'oppressione di altri esseri umani. È a lutto non solo per la morte del corpo, ma anche per l'annullamento dello spirito sotto sistemi autoritari e gerarchici. È a lutto per i milioni di cellule grigie spente senza dar loro la possibilità di illuminare il mondo. È il colore di una tristezza inconsolabile... Ma il nero è anche meraviglioso. È il colore della determinazione, della risoluzione, della forza, un colore che definisce e chiarifica tutti gli altri. Il colore nero è il mistero che circonda la germinazione, la fertilità, il suolo fertile che nutre nuova vita che continuamente si evolve, rinnova, rinfresca, e si riproduce nel buio. Il seme nascosto nella terra, lo strano viaggio dello sperma, la crescita segreta dell'embrione nel grembo materno - il colore nero circonda e protegge tutte queste cose...

Così il colore nero è negazione, rabbia, indignazione, lutto, bellezza, speranza, è il nutrimento e il riparo per nuove forme di vita e di relazioni sulla e con la terra. La bandiera nera significa tutte queste cose. Noi siamo orgogliosi di portarla, addolorati di doverlo fare, e speriamo nel giorno nel quale questo simbolo non sarà più necessario.

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Tolstoj


Lev Tolstoj in un ritratto di Clifford Harper.

Alla fine degli anni '70 dell'Ottocento, cominciano in Tolstoj a manifestarsi i primi sintomi della sua crisi spirituale: studia i Vangeli canonici, scrive saggi religiosi e polemici contro la Chiesa Ortodossa. Questo tormento lo porterà a pubblicare diverse opere a carattere morale e religioso: Confessione (1882), Qual è la mia fede (1888), I Vangeli (1890), La Chiesa e lo Stato (1891), Il regno di Dio è in noi (1894).

Nei primi anni '80 comincia a lavorare la terra perché vuol vivere come i suoi contadini, rinuncia almeno formalmente ai privilegi dell'agiatezza, un fatto che porterà alla nascita di interminabili conflitti familiari: la moglie riteneva folli le idee di Lev, mentre i figli si divisero: le figlie simpatizzeranno per le idee del padre, mentre i figli maschi difendevano la madre. Tolstoj in questa fase abbraccia totalmente l'idea non violenta, diviene vegetariano (per compassione verso gli animali), si convince che il mondo non possa che cambiare pacificamente e solo attraverso il lavoro manuale ed individuale. Prende inoltre la decisione definitiva di rimanere per sempre a Jàsnaja Poljàna e dichiara: «Ho completamente rotto con la vita del mio ambiente».

Trasferitosi con la famiglia a Mosca, nel gennaio del 1882 partecipa al censimento della popolazione con l'intento di rendere pubblici i disagi delle classi sociali più povere, sia delle città che delle campagne. L'esperienza vissuta in mezzo ai poveri lo ispireranno per la stesura del saggio Che fare? (o Che cosa dobbiamo fare?) del 1886. Nel suo Confessione (1882), Tolstoj descrive la propria conversione verso quella forma di cristianesimo che oggi viene definito cristianesimo anarchico.

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Un articolo esterno consigliato Un libro consigliato
Efficienza ed equità dell'anarchia e di altri sistemi sociali storici:
un semplice modello esplorativo

di Guido Candela e Roberto Cellini

Abbiamo proposto una modellizzazione (invero molto semplice) del funzionamento del sistema economico secondo scuole di pensiero anarchiche. Abbiamo confrontato i risultati con le realizzazioni associabili ad altri due sistemi sociali storici, il capitalismo e il comunismo. Abbiamo mostrato che un sistema anarchico “di base” porta a un livello di produzione inefficiente, poiché difetta di coordinamento nella produzione e nella valorizzazione dei beni, a causa dell'eccessiva frammentazione dei diritti di proprietà. Al contrario, il capitalismo e il comunismo realizzano un sistema più efficiente (ed ugualmente efficiente fra loro, sulla carta), in termini sia del prodotto reale sia del prodotto monetario: il primo, per l’intervento dell'impresa privata del capitalista, il secondo in virtù del coordinamento del ministro della produzione. Tuttavia, comunismo e capitalismo introducono entrambi elementi di disparità sociale, anche sul piano teorico. Infatti, nel comunismo, uno degli agenti oltre a conferire la sua risorsa (ad esempio, il lavoro) è anche ministro della produzione, assumendo così istituzionalmente il potere di dettare la distribuzione della produzione, del reddito, e dei consumi; la deriva burocratico-predatoria è quindi l'esito scontato. Nel capitalismo, uno degli agenti oltre a conferire la sua risorsa ha anche il diritto privato sul prodotto e quindi sul profitto dell'impresa. Proprio nella distribuzione, allora, questi due sistemi manifestano i loro maggiori problemi sociali, perché il primo può deviare verso un comunismo predatorio, mentre il secondo comporta che la distribuzione sia dettata esogenamente e lasci quindi campo aperto ad una conflittualità sociale. I due sistemi teoricamente più efficienti, comunismo e capitalismo, sono equi solo nei casi estremi del comunismo anarchico e del capitalismo perfettamente concorrenziale: il primo perché è fondato su una distribuzione bilanciata dei poteri (delle proprietà costituzionali) che realizza un comunismo attuato tramite soluzioni contrattuali; il secondo perché verifica un equilibrio di lungo periodo che lascia un profitto nullo all'impresa capitalistica. La “storia” ha mostrato che il comunismo è risultato di fatto meno efficiente e meno equo del capitalismo. Meno efficiente, perché il ministro della produzione non è stato abile quanto il mercato nell'organizzare la produzione. Meno equo, per due motivi: dal lato del comunismo, perché esso si è sistematicamente risolto in un comunismo predatorio; dal lato del capitalismo, perché il capitalismo sindacale ha usato l'esogenità distributiva per contenere la disparità dei redditi del capitalismo puro. Tuttavia, è necessario ricordare che la storia non ha ancora verificato i due sistemi che la teoria indica efficienti ed equi, “dimenticando” e lasciando “sui libri” il comunismo anarchico ed il capitalismo perfettamente concorrenziale. Infine, per ciò che riguarda l'anarchia, la sua posizione è davvero strana poiché perde in termini di efficienza, ma ha la sua rivincita sul piano dell'equità. Essa potrebbe quindi presentarsi come una soluzione di second best, qualora, per mancanza di verifica nei presupposti sociali di fatto richiesti, la realtà sfoci in un comunismo predatorio o in un capitalismo di monopolio “garantito” dal governo stesso. Ma, se ci volgiamo alla storia, dobbiamo concludere che non sappiamo ancora quale sia il volto effettivo dell'anarchia, né quali istituzioni (intese come “comportamenti consolidati”) debbano essere introdotte o possano sorgere endogenamente per limitarne l'inefficienza allocativa.

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In segno di sfida
di Giorgio Pratolongo


Copertina di In segno di sfida di Giorgio Pratolongo.

«La felicità che mi era sempre stata negata, avevo il diritto di viverla»: avvolte nella leggenda, le parole di Jules Bonnot hanno attraversato un secolo di storia, facendosi manifesto di ribellione e rifiuto senza compromesso di qualunque ingiustizia commessa in ogni tempo, a ogni latitudine.

Perché la Banda Bonnot non fu solamente il primo gruppo di espropriatori a utilizzare l'automobile per compiere le rapine ai danni di banche e ricchi possidenti.

Le azioni della Banda, infatti, avvenivano sempre di giorno, alla luce del sole, per amplificare il loro reale scopo: spaventare i detentori dell'ordine costituito e irridere i suoi custodi, affinché fosse chiaro come nulla è immutabile, tantomeno ciò che di brutto regola da sempre il mondo che viviamo.

Ma chi era veramente Jules Bonnot? E cosa pensavano, come vivevano e cosa fu a spingere lui e i suoi sodali, tutti figli di operai, osti e ciabattini, a rifiutare il proprio destino sociale per passare all'azione?

Le matite di Giorgio Pratolongo cercano la risposta nei bassifondi di Parigi, insieme a gente come Raymond "La Science" Callemin, Octave Garnier, Édouard Carouy, André Soudy, Eugène Dieudonné, René Valet, Étienne Monier... i bandits tragiques protagonisti della grande epopea della Banda Bonnot: una vicenda la cui sorte ha senz'altro beffato i giudici e la polizia, restando libera per sempre.

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