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Osservatelo quando ruggisce. Gli abusi vi sono denunciati con forza, è un vento che soffia e sradica i pregiudizi più solidi. Panurge, questo buon Panurge, così umano e così vicino al popolo si drizza e con uno scoppio di riso fantastico vocifera contro le iniquità sociali. Che cosa importa che egli sia non solo superbo e nobile, ma qualche volta osceno, dal momento che egli protesta contro l'ingiustizia delle leggi? Abel Faure ne ''L'individu et l'Esprit d'autoritè'', opera meravigliosa in cui parla dell'educazione francese in rapporto all'[[individualismo]] e allo spirito d'[[autorità]], mostra sotto quella doppia evoluzione questi due principi che si oppongono continuamente nella storia, fa rilevare da questo combattimento omerico quel principio vitale che chiama in vita le forze latenti, l'[[individualismo]] da cui sgorga la linfa che feconda l'attività umana, contro l'altro principio malefico che impone all'individuo le sue leggi, ed arresta tutto, canalizzando e mettendo dighe all'uomo vivo, ostacolando la libera espansione della natura per fabbricare l'uomo-automa che si piega sotto l'arbitrio del giogo. Ricordando il XVI secolo, '''Abel Faure''' scrive: '''«Questo secolo fu grandissimo, il più grande della nostra storia, per il coraggio e la ostinata energia che mostrarono i grandi individualisti, più fecondo in risultati felici del XVIII secolo che noi mostreremo infestato da certi elementi corrotti della filosofia sensualista. Questo secolo vide Rabelais, Montaigne, Ramus, la Riforma. Questi nomi sintetizzano, caratterizzano tutti gli individualismi: filosofico, umanistico, teologico: libertà di religione, libertà di pensiero, libertà estetica. [[Individualismo]] che tenta di liberare gli uomini, ciascuno alla propria maniera, con l'educazione... ciò che li distingue è la loro volontà di essere degli educatori. Non lo sono più istintivamente come prima ma essi pongono chiaramente e decisamente il problema dell'educazione. Noi vedremo questi diversi elementi di [[libertà]] alle prese con il principio d'[[autorità]] del secolo»'''. Certo, Rabelais è sensuale e violento, ma ha lo spirito aperto al culto del bello e del bene, mescolato alla franca gioia puramente animale. Rabelais si fa amare per quello che egli ha di sensibile e di intellettuale. La nostra struttura mentale è capace di comprendere i colpi che il Nostro, nascosto e protetto dalla buffoneria e dall'enormità, assesterà ai pedanti ed ai teologi. È il trionfo del libero esame. Lo scetticismo ha conquistato certi cervelli. Rabelais è veramente un uomo, se non con la ragione, almeno di temperamento. '''«Il libro di Rabelais è dunque venuto a tempo; nato dalle circostanze, prodotto dall'ambiente. Cinquant'anni dopo, gli uomini sarebbero stati troppo spirituali; cinquant'anni prima troppo volgari e materialisti»'''. Rabelais ha impresso alla sua opera un sentimento che caratterizza tutti i suoi scritti: la [[solidarietà]] umana. Può darsi che certuni, leggendolo, non vi trovino affatto quel genere di solidarietà che si manifestò più tardi nella filosofia contemporanea che la forza dell'assioma ha falsamente sviluppata. Rabelais è più semplice e la sua solidarietà non s'allontana dalle frontiere del buon senso e del buon umore. Se egli denuncia con veemenza la ambizione dei signori e dei principi che per un sì o per un no dichiarano la guerra ai loro vicini, egli ammira con non meno forza lo spirito di coloro che si sforzano di conservare la pace tra gli uomini di buona volontà. | Osservatelo quando ruggisce. Gli abusi vi sono denunciati con forza, è un vento che soffia e sradica i pregiudizi più solidi. Panurge, questo buon Panurge, così umano e così vicino al popolo si drizza e con uno scoppio di riso fantastico vocifera contro le iniquità sociali. Che cosa importa che egli sia non solo superbo e nobile, ma qualche volta osceno, dal momento che egli protesta contro l'ingiustizia delle leggi? Abel Faure ne ''L'individu et l'Esprit d'autoritè'', opera meravigliosa in cui parla dell'educazione francese in rapporto all'[[individualismo]] e allo spirito d'[[autorità]], mostra sotto quella doppia evoluzione questi due principi che si oppongono continuamente nella storia, fa rilevare da questo combattimento omerico quel principio vitale che chiama in vita le forze latenti, l'[[individualismo]] da cui sgorga la linfa che feconda l'attività umana, contro l'altro principio malefico che impone all'individuo le sue leggi, ed arresta tutto, canalizzando e mettendo dighe all'uomo vivo, ostacolando la libera espansione della natura per fabbricare l'uomo-automa che si piega sotto l'arbitrio del giogo. Ricordando il XVI secolo, '''Abel Faure''' scrive: '''«Questo secolo fu grandissimo, il più grande della nostra storia, per il coraggio e la ostinata energia che mostrarono i grandi individualisti, più fecondo in risultati felici del XVIII secolo che noi mostreremo infestato da certi elementi corrotti della filosofia sensualista. Questo secolo vide Rabelais, Montaigne, Ramus, la Riforma. Questi nomi sintetizzano, caratterizzano tutti gli individualismi: filosofico, umanistico, teologico: libertà di religione, libertà di pensiero, libertà estetica. [[Individualismo]] che tenta di liberare gli uomini, ciascuno alla propria maniera, con l'educazione... ciò che li distingue è la loro volontà di essere degli educatori. Non lo sono più istintivamente come prima ma essi pongono chiaramente e decisamente il problema dell'educazione. Noi vedremo questi diversi elementi di [[libertà]] alle prese con il principio d'[[autorità]] del secolo»'''. Certo, Rabelais è sensuale e violento, ma ha lo spirito aperto al culto del bello e del bene, mescolato alla franca gioia puramente animale. Rabelais si fa amare per quello che egli ha di sensibile e di intellettuale. La nostra struttura mentale è capace di comprendere i colpi che il Nostro, nascosto e protetto dalla buffoneria e dall'enormità, assesterà ai pedanti ed ai teologi. È il trionfo del libero esame. Lo scetticismo ha conquistato certi cervelli. Rabelais è veramente un uomo, se non con la ragione, almeno di temperamento. '''«Il libro di Rabelais è dunque venuto a tempo; nato dalle circostanze, prodotto dall'ambiente. Cinquant'anni dopo, gli uomini sarebbero stati troppo spirituali; cinquant'anni prima troppo volgari e materialisti»'''. Rabelais ha impresso alla sua opera un sentimento che caratterizza tutti i suoi scritti: la [[solidarietà]] umana. Può darsi che certuni, leggendolo, non vi trovino affatto quel genere di solidarietà che si manifestò più tardi nella filosofia contemporanea che la forza dell'assioma ha falsamente sviluppata. Rabelais è più semplice e la sua solidarietà non s'allontana dalle frontiere del buon senso e del buon umore. Se egli denuncia con veemenza la ambizione dei signori e dei principi che per un sì o per un no dichiarano la guerra ai loro vicini, egli ammira con non meno forza lo spirito di coloro che si sforzano di conservare la pace tra gli uomini di buona volontà. | ||
«Immaginare ferite e colpi è una cosa troppo semplicista e troppo grave perché non ci si sforzi di portarvi rimedio. Chi si sforza per evitare che altri soffra o si rovini, agisce con un sentimento di [[solidarietà]] che lo onora». In Rabelais non c'è spirito litigioso. Brontola con la sua verve sarcastica contro coloro che si compiacciono di processi lunghi e rovinosi. Sono degli egoisti, degli esseri malefici che bisogna denunciare con forza, se vogliono sperare che trionfi quella dolcezza dell'anima che Rabelais oppone con grandezza. Questa bontà attiva non ha niente dell'abdicazione: al contrario essa si confonde nello spirito con quella [[solidarietà]] benefica che apre il cammino alla vittoria del buon senso e della ragione. È Panurge che canterà le lodi della [[solidarietà]] umana e pronuncerà la più bella difesa in favore dell'aiuto reciproco. Certi autori hanno tentato l'accostamento di Rabelais con il nostro '''[[Proudhon]]''': in certi punti il riavvicinamento è spontaneo e sensato: '''«Per quanto imperfetta sia questa analisi, ci accorgiamo facilmente che Rabelais aveva sulle cose in generale e sull'uomo in particolare – l'uomo considerato in se stesso o in [[società]] – idee sagge, adeguate e pratiche più di quelle correnti tra di noi e anche tra gli stessi governatori. Non è lui che si sarebbe sognato di fare dell'[[individuo]] e della [[società]] due entità indipendenti, contrastanti l'una all'altra; che avrebbe commesso l'errore di imprigionare lo spirito umano nel dilemma [[individualismo]] o [[socialismo]], contro cui ogni giorno si scontrano i nostri uomini politici... Quanto umana e vera la dottrina di Rabelais, la cui formula è stata trovata ai nostri tempi da Pierre Leroux: l'[[individuo]] completo in una [[società]] completa»'''. Dallo studio sullo spirito [[libertario]] del XVI secolo, pubblicato dal mio amico '''Gérard de Lacaze-Duthiers''', prendo questa corta citazione su Rabelais, che egli classifica tra '''«gli stimolatori del pensiero, tra i creatori e i realizzatori del bello»''', di quello stupendo XVI secolo in cui troviamo Erasmo, Jean Bodin, Michel de Montaigne, [[Étienne de La Boétie]]. '''«Rabelais è uno spirito [[libertario]], nemico dello spirito [[autoritario]], nel pensiero e nell'azione. Rabelais è un [[libertario]], un predecessore di [[Stirner]] e [[Thoreau]]. Egli afferma che l'[[individuo]] ha il diritto di essere se stesso, poiché, come lo proclamavano i greci, è la misura di ogni cosa e non conosce altre costrizioni che quelle che egli esercita su se stesso, altra autorità ed altre leggi che le sue; onesto, egli si astiene dall'agire in bruttezza e evolve sempre più verso l'armonia universale. Egli proclama il diritto per ciascuno di noi di vivere a suo modo, senza statuti, senza regolamenti, senza gendarmi, secondo la propria fantasia ed il proprio capriccio»'''. | «Immaginare ferite e colpi è una cosa troppo semplicista e troppo grave perché non ci si sforzi di portarvi rimedio. Chi si sforza per evitare che altri soffra o si rovini, agisce con un sentimento di [[solidarietà]] che lo onora». In Rabelais non c'è spirito litigioso. Brontola con la sua verve sarcastica contro coloro che si compiacciono di processi lunghi e rovinosi. Sono degli egoisti, degli esseri malefici che bisogna denunciare con forza, se vogliono sperare che trionfi quella dolcezza dell'anima che Rabelais oppone con grandezza. Questa bontà attiva non ha niente dell'abdicazione: al contrario essa si confonde nello spirito con quella [[solidarietà]] benefica che apre il cammino alla vittoria del buon senso e della ragione. È Panurge che canterà le lodi della [[solidarietà]] umana e pronuncerà la più bella difesa in favore dell'aiuto reciproco. Certi autori hanno tentato l'accostamento di Rabelais con il nostro '''[[Proudhon]]''': in certi punti il riavvicinamento è spontaneo e sensato: '''«Per quanto imperfetta sia questa analisi, ci accorgiamo facilmente che Rabelais aveva sulle cose in generale e sull'uomo in particolare – l'uomo considerato in se stesso o in [[società]] – idee sagge, adeguate e pratiche più di quelle correnti tra di noi e anche tra gli stessi governatori. Non è lui che si sarebbe sognato di fare dell'[[individuo]] e della [[società]] due entità indipendenti, contrastanti l'una all'altra; che avrebbe commesso l'errore di imprigionare lo spirito umano nel dilemma [[individualismo]] o [[socialismo]], contro cui ogni giorno si scontrano i nostri uomini politici... Quanto umana e vera la dottrina di Rabelais, la cui formula è stata trovata ai nostri tempi da Pierre Leroux: l'[[individuo]] completo in una [[società]] completa»'''. Dallo studio sullo spirito [[libertario]] del XVI secolo, pubblicato dal mio amico '''Gérard de Lacaze-Duthiers''', prendo questa corta citazione su Rabelais, che egli classifica tra '''«gli stimolatori del pensiero, tra i creatori e i realizzatori del bello»''', di quello stupendo XVI secolo in cui troviamo Erasmo, Jean Bodin, Michel de Montaigne, [[Étienne de La Boétie]]. '''«Rabelais è uno spirito [[libertario]], nemico dello spirito [[autoritario]], nel pensiero e nell'azione. Rabelais è un [[libertario]], un predecessore di [[Stirner]] e [[Thoreau]]. Egli afferma che l'[[individuo]] ha il diritto di essere se stesso, poiché, come lo proclamavano i greci, è la misura di ogni cosa e non conosce altre costrizioni che quelle che egli esercita su se stesso, altra autorità ed altre leggi che le sue; onesto, egli si astiene dall'agire in bruttezza e evolve sempre più verso l'armonia universale. Egli proclama il diritto per ciascuno di noi di vivere a suo modo, senza statuti, senza regolamenti, senza gendarmi, secondo la propria fantasia ed il proprio capriccio»'''. | ||
Così, dopo [[Max Nettlau|Nettlau]], [[Kropotkin]], [[Eliseo Reclus]], G. Lacaze-Duthiers afferma con pertinenza l'[[individualismo]] umanista e [[libertario]] di Rabelais. Rabelais ha osato, ed è quello che è più notevole in lui, ergersi contro i grandi, contro la Chiesa così potente a quell'epoca. Egli dava prova di un forte coraggio. Bisogna ricordarsi che all'epoca in cui Rabelais si esprimeva, l'inquisizione prendeva radice e drizzava i roghi contro coloro che si permettevano qualche libertà di espressione. Bisogna ricordarsi che Étienne Dolet fu impiccato e bruciato sulla piazza Maubert nel [[1546]], che Louis Berque lo fu nel [[1530]] e che Jean Catarce, reggente dell'università di Tolosa, subì la stessa fine nella sua città nel [[1532]]. «Se Rabelais non fosse stato un pensatore, se fosse stato solo un narratore di facezie dove sarebbe la sua grandezza?» conclude Paul Souday, dando un resoconto di qualche opera pubblicata su Rabelais. Condivido pienamente questo giudizio sull'opera di questo grande uomo, il più grande del secolo sedicesimo. Con Rabelais il principio di autorità è fortemente scosso, il principio di [[libertà]] è prodigiosamente esaltato. | Così, dopo [[Max Nettlau|Nettlau]], [[Kropotkin]], [[Eliseo Reclus]], G. Lacaze-Duthiers afferma con pertinenza l'[[individualismo]] umanista e [[libertario]] di Rabelais. Rabelais ha osato, ed è quello che è più notevole in lui, ergersi contro i grandi, contro la Chiesa così potente a quell'epoca. Egli dava prova di un forte coraggio. Bisogna ricordarsi che all'epoca in cui Rabelais si esprimeva, l'inquisizione prendeva radice e drizzava i roghi contro coloro che si permettevano qualche libertà di espressione. Bisogna ricordarsi che Étienne Dolet fu impiccato e bruciato sulla piazza Maubert nel [[1546]], che Louis Berque lo fu nel [[1530]] e che Jean Catarce, reggente dell'università di Tolosa, subì la stessa fine nella sua città nel [[1532]]. '''«Se Rabelais non fosse stato un pensatore, se fosse stato solo un narratore di facezie dove sarebbe la sua grandezza?»''' conclude '''Paul Souday''', dando un resoconto di qualche opera pubblicata su Rabelais. Condivido pienamente questo giudizio sull'opera di questo grande uomo, il più grande del secolo sedicesimo. Con Rabelais il principio di autorità è fortemente scosso, il principio di [[libertà]] è prodigiosamente esaltato. | ||
Una dannata energia ed un coraggio straordinario lo caratterizzavano. Ed il Nostro se ne è servito contro la scolastica che tentava di impadronirsi dell'[[individuo]] attraverso l'educazione. È la lotta che doveva portare al trionfo dell'azione e della natura contro la reazione del tempo. Il conflitto tra la [[libertà]] e i principi d'[[autorità]] del secolo era profondo, e merito di Rabelais è di esser stato all'avanguardia in quella lotta per il trionfo del buon senso e della verità, senza cui gli uomini non possono sperare di diventare liberi e felici. Quattro secoli di scosse sociali aiutano più di tutte le parole a commentare l'opera di Rabelais. Ma Rabelais ha strappato l'uomo del suo tempo alle tenebre ed ha incitato i giovani a nutrirsi di piatti sostanziosi: «a sufficienza hai mangiato erba e fieno, lascia le vecchie cose e va!». | Una dannata energia ed un coraggio straordinario lo caratterizzavano. Ed il Nostro se ne è servito contro la scolastica che tentava di impadronirsi dell'[[individuo]] attraverso l'educazione. È la lotta che doveva portare al trionfo dell'azione e della natura contro la reazione del tempo. Il conflitto tra la [[libertà]] e i principi d'[[autorità]] del secolo era profondo, e merito di Rabelais è di esser stato all'avanguardia in quella lotta per il trionfo del buon senso e della verità, senza cui gli uomini non possono sperare di diventare liberi e felici. Quattro secoli di scosse sociali aiutano più di tutte le parole a commentare l'opera di Rabelais. Ma Rabelais ha strappato l'uomo del suo tempo alle tenebre ed ha incitato i giovani a nutrirsi di piatti sostanziosi: «a sufficienza hai mangiato erba e fieno, lascia le vecchie cose e va!». | ||