Cronologia delle rivolte e dei morti dalla caduta del fascismo ai giorni nostri: differenze tra le versioni

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Addirittura, provocatoriamente, i [[neofascisti]] del MSI decidono di fare il loro 5° congresso a Genova, città medaglia d'oro della [[Gli anarchici e la resistenza antifascista|Resistenza]] e da cui partì l'insurrezione del [[25 aprile]], invitando a partecipare al congresso anche il famigerato Carlo Emanuele Basile <ref>In un decreto Basile scriveva: «Agli operai un ultimo avviso [...] Vi avverto che qualora crediate che uno [[sciopero]] bianco possa essere preso dall'[[autorità|Autorità]] come qualcosa di perdonabile, vi sbagliate, questa volta. Sia che incrociate le braccia per poche ore, sia che disertiate il lavoro, in tutte e due i casi un certo numero di voi tratti a sorteggio verrà immediatamente [...] inviato, non in [[Germania]], dove il lavoratore italiano è trattato alla medesima stregua del lavoratore di quella Nazione nostra alleata, ma nei campi di concentramento dell'estremo Nord, a meditare sul danno arrecato alla causa della Vittoria» ([http://web.tiscalinet.it/ilribelle/comunicati.htm decreto del prefetto]).</ref>, prefetto repubblichino della città <ref>Nicola Tranfaglia, ''L'Italia repubblicana'', in ''La storia'', Mondadori, p. 307</ref>, tristemente noto per i suoi "editti", che causarono la deportazione di almeno 2.000 operai rei di "[[sciopero]] bianco" <ref>[https://ifg.uniurb.it/static/lavori-fine-corso-2004/difrancescantonio/prigionia.html ''Così li facevo ridere nel lager''], tesimonianza di Mario Magonio</ref>.  
Addirittura, provocatoriamente, i [[neofascisti]] del MSI decidono di fare il loro 5° congresso a Genova, città medaglia d'oro della [[Gli anarchici e la resistenza antifascista|Resistenza]] e da cui partì l'insurrezione del [[25 aprile]], invitando a partecipare al congresso anche il famigerato Carlo Emanuele Basile <ref>In un decreto Basile scriveva: «Agli operai un ultimo avviso [...] Vi avverto che qualora crediate che uno [[sciopero]] bianco possa essere preso dall'[[autorità|Autorità]] come qualcosa di perdonabile, vi sbagliate, questa volta. Sia che incrociate le braccia per poche ore, sia che disertiate il lavoro, in tutte e due i casi un certo numero di voi tratti a sorteggio verrà immediatamente [...] inviato, non in [[Germania]], dove il lavoratore italiano è trattato alla medesima stregua del lavoratore di quella Nazione nostra alleata, ma nei campi di concentramento dell'estremo Nord, a meditare sul danno arrecato alla causa della Vittoria» ([http://web.tiscalinet.it/ilribelle/comunicati.htm decreto del prefetto]).</ref>, prefetto repubblichino della città <ref>Nicola Tranfaglia, ''L'Italia repubblicana'', in ''La storia'', Mondadori, p. 307</ref>, tristemente noto per i suoi "editti", che causarono la deportazione di almeno 2.000 operai rei di "[[sciopero]] bianco" <ref>[https://ifg.uniurb.it/static/lavori-fine-corso-2004/difrancescantonio/prigionia.html ''Così li facevo ridere nel lager''], tesimonianza di Mario Magonio</ref>.  


Il [[6 giugno]] i rappresentanti locali dei partiti della sinistra e gli [[antifascismo|antifascisti]] fanno stampare un manifesto dove esprimono «il disprezzo del popolo genovese nei confronti degli eredi del [[fascismo]]» <ref>Indro Montanelli, ''L'Italia dei due Giovanni'', Rizzoli Editore, Milano, 1989, p. 130</ref>. Il [[25 giugno]], durante un corteo di protesta, iniziano gli scontri con i [[poliziotti]]; il [[28 giugno]] il futuro presidente della repubblica, Sandro Pertini, affermando la sua opposizione al congresso, dichiara: «Le [[autorità]] romane sono particolarmente interessate e impegnate a trovare coloro che esse ritengono i sobillatori, gli iniziatori, i capi di queste manifestazioni di [[antifascismo]]. Ma non fa bisogno che quelle [[autorità]] si affannino molto, ve lo dirò io, signori, chi sono i nostri sobillatori: eccoli qui, eccoli accanto alla nostra bandiera, sono i fucilati del Turchino, della Benedicta, dell'Olivetta e di Cravasco, sono i torturati della Casa dello Studente, che risuona ancora delle urla strazianti delle vittime, delle grida e delle risate sadiche dei torturatori» <ref>[https://archive.ph/SLY8 Discorso di Sandro Pertini a Genova, piazza della Vittoria, prima dei gravi fatti del 30 giugno]</ref>.
Il [[6 giugno]] i rappresentanti locali dei partiti della sinistra e gli [[antifascismo|antifascisti]] fanno stampare un manifesto dove esprimono «il disprezzo del popolo genovese nei confronti degli eredi del [[fascismo]]» <ref>Indro Montanelli, ''L'Italia dei due Giovanni'', Rizzoli Editore, Milano, 1989, p. 130</ref>. Il [[25 giugno]], durante un corteo di protesta, iniziano gli scontri con i [[poliziotti]]; il [[28 giugno]] il futuro presidente della repubblica, Sandro Pertini, affermando la sua opposizione al congresso, dichiara: «Le [[autorità]] romane sono particolarmente interessate e impegnate a trovare coloro che esse ritengono i sobillatori, gli iniziatori, i capi di queste manifestazioni di [[antifascismo]]. Ma non fa bisogno che quelle [[autorità]] si affannino molto, ve lo dirò io, signori, chi sono i nostri sobillatori: eccoli qui, eccoli accanto alla nostra bandiera, sono i fucilati del Turchino, della Benedicta, dell'Olivetta e di Cravasco, sono i torturati della Casa dello Studente, che risuona ancora delle urla strazianti delle vittime, delle grida e delle risate sadiche dei torturatori» <ref>[https://archive.is/SLY8 Discorso di Sandro Pertini a Genova, piazza della Vittoria, prima dei gravi fatti del 30 giugno]</ref>.


Il [[30 giugno]] è indetto lo [[sciopero generale]] dalle 14 alle 20, con corteo e manifestazione [[antifascismo|antifascista]]. Durante la manifestazione politici e comandanti partigiani sfilano preceduti dai gonfaloni della città. Gli organi di [[repressione]] dello [[Stato]] vengono sconfitti in piazza De Ferrari e costretti alla fuga dalla enorme folla dei manifestanti, guidata da un gruppo di 5.000 fra operai metalmeccanici e portuali, che funge da "ariete", arrivando a disruggere i nidi di mitragliatrici ubicati dai [[poliziotti]] presso il cinema Augustus di via XX settembre. La [[polizia]] ed i carabinieri debbono lasciare la città in mano agli insorti, che prendono anche la prefettura, portandandosi dietro moltissimi feriti non da arma da fuoco ma da "arma" da lavoro <ref>Foto della manifestazione e degli scontri: [https://www.bisceglia.eu/2021/06/29/30-giugno-1960-le-giornate-di-genova-antifascista/ ''30 giugno 1960: le giornate di Genova antifascista''], [https://immaginidelnovecento.fondazionegramsci.org/photo/detail/IT-GRAMSCI-FT0001-0000196/i-fatti-genova-del-30-giugno-1960-7 ''I fatti di Genova del 30 giugno 1960'']</ref>.
Il [[30 giugno]] è indetto lo [[sciopero generale]] dalle 14 alle 20, con corteo e manifestazione [[antifascismo|antifascista]]. Durante la manifestazione politici e comandanti partigiani sfilano preceduti dai gonfaloni della città. Gli organi di [[repressione]] dello [[Stato]] vengono sconfitti in piazza De Ferrari e costretti alla fuga dalla enorme folla dei manifestanti, guidata da un gruppo di 5.000 fra operai metalmeccanici e portuali, che funge da "ariete", arrivando a disruggere i nidi di mitragliatrici ubicati dai [[poliziotti]] presso il cinema Augustus di via XX settembre. La [[polizia]] ed i carabinieri debbono lasciare la città in mano agli insorti, che prendono anche la prefettura, portandandosi dietro moltissimi feriti non da arma da fuoco ma da "arma" da lavoro <ref>Foto della manifestazione e degli scontri: [https://www.bisceglia.eu/2021/06/29/30-giugno-1960-le-giornate-di-genova-antifascista/ ''30 giugno 1960: le giornate di Genova antifascista''], [https://immaginidelnovecento.fondazionegramsci.org/photo/detail/IT-GRAMSCI-FT0001-0000196/i-fatti-genova-del-30-giugno-1960-7 ''I fatti di Genova del 30 giugno 1960'']</ref>.
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*[[18 giugno]]
*[[18 giugno]]
Ad Orgosolo (Nuoro) la popolazione si oppone ai reparti dell'[[esercito]] che hanno occupato un'area del territorio comunale, adibita a pascolo libero, con l'intenzione di creare un nuovo poligono di addestramento. Secondo quanto riportato dal "contogiornale" degli studenti <ref>[https://archive.ph/KXdp ''Storie di Sardegna: I fatti di Pratobello'']</ref>, «nella piazza Pateri si svolge un'assemblea cui partecipa tutta la popolazione. All'unanimità viene presa la decisione di recarsi in massa, l'indomani mattina, nei pascoli di Pratobello per manifestare il dissenso di tutti i cittadini all'inizio delle esercitazioni [[militari]] e di impedirle con la presenza fisica di tutti gli orgolesi». Il [[19 giugno]] ''La Nuova Sardegna'' scrive: «Oltre duemila orgolesi marciano su Pratobello. Nessun incidente, anche per il prudente intervento di autorità ed esponenti politici». La lotta degli orgolesi durerà circa una settimana, al termine della quale l'[[esercito]] si ritirerà.
Ad Orgosolo (Nuoro) la popolazione si oppone ai reparti dell'[[esercito]] che hanno occupato un'area del territorio comunale, adibita a pascolo libero, con l'intenzione di creare un nuovo poligono di addestramento. Secondo quanto riportato dal "contogiornale" degli studenti <ref>[https://archive.is/KXdp ''Storie di Sardegna: I fatti di Pratobello'']</ref>, «nella piazza Pateri si svolge un'assemblea cui partecipa tutta la popolazione. All'unanimità viene presa la decisione di recarsi in massa, l'indomani mattina, nei pascoli di Pratobello per manifestare il dissenso di tutti i cittadini all'inizio delle esercitazioni [[militari]] e di impedirle con la presenza fisica di tutti gli orgolesi». Il [[19 giugno]] ''La Nuova Sardegna'' scrive: «Oltre duemila orgolesi marciano su Pratobello. Nessun incidente, anche per il prudente intervento di autorità ed esponenti politici». La lotta degli orgolesi durerà circa una settimana, al termine della quale l'[[esercito]] si ritirerà.


*[[14 luglio]]
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*[[20 luglio|20]]-[[21 luglio]]  
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A Genova, in una città blindata in occasione del vertice dei G8, continuano le dimostrazioni iniziate il giorno precedente con il "corteo dei migranti", mentre la città è affollata di giovani e non, che hanno risposto all'appello, lanciato dal ''Genoa Social Forum'', dalle ''Tute Bianche'', da Rifondazione Comunista, da ''Campo Antimperialista'' e da altri gruppi antiglobalizzazione, per contestare lo strapotere dei grandi [[Stati]]. Il [[20 luglio]], nel giorno della "[[disobbedienza civile]]", le ''Tute Bianche'' inscenano lo sfondamento della rete che protegge la "zona rossa". Da una camionetta di carabinieri, circondata da alcuni ragazzi armati di soli oggetti contundenti, parte un proiettile che colpisce alla testa [[Carlo Giuliani]], 23 anni. Per inscenare l'incidente, non sapendosi filmati, i carabinieri innescano la retromarcia e la camionetta passa sul corpo del ragazzo, già caduto a terra in una pozza di sangue. Il giorno seguente 200.000 persone accorrono per la dimostrazione finale unitaria e per protestare contro l'uccisione del ragazzo. Le forze di [[polizia]] prendono a pretesto l'azione di alcuni gruppi di giovani, che effrangono le vetrine di alcune banche e bruciano macchine di lusso, e caricano con lanci di lacrimogeni e pestaggi indiscriminati la folla di manifestanti, per la gran parte indifesi e privi di servizi d'ordine. Diverse testimonianze parlano di infiltrati. La giornata si chiude con un altro violentissimo pestaggio [[poliziesco]] alla scuola Diaz, messa a disposizione dal comune per accogliere i giovani: le forze dell'ordine operano decine di arresti e provvedono altresì ad effrangere, nella scuola adibita a sede del ''Genoa Social Forum'', i computer e ad asportare il materiale fotografico e video che gli organizzatori avevano raccolto per documentare le [[violenze]] della [[polizia]]. Le persone fermate ed arrestate (circa 500) durante i giorni della manifestazione vengono in gran parte condotte nella caserma di Genova Bolzaneto, dove molti di loro subiscono veri e propri atti di tortura fisica e piscologia. ''Amnesty International'' ha definito i fatti accaduti alla scuola Diaz e alla caserma Bolzaneto «la più grave sospensione dei diritti democratici in un Paese occidentale dopo la Seconda guerra mondiale» <ref>[https://archive.ph/sNbyu Proposta d'inchiesta parlamentare sulle vicende relative ai fatti accaduti a Genova nel luglio 2001] (relazione alla camera dei deputati del 24 luglio 2007)</ref>.
A Genova, in una città blindata in occasione del vertice dei G8, continuano le dimostrazioni iniziate il giorno precedente con il "corteo dei migranti", mentre la città è affollata di giovani e non, che hanno risposto all'appello, lanciato dal ''Genoa Social Forum'', dalle ''Tute Bianche'', da Rifondazione Comunista, da ''Campo Antimperialista'' e da altri gruppi antiglobalizzazione, per contestare lo strapotere dei grandi [[Stati]]. Il [[20 luglio]], nel giorno della "[[disobbedienza civile]]", le ''Tute Bianche'' inscenano lo sfondamento della rete che protegge la "zona rossa". Da una camionetta di carabinieri, circondata da alcuni ragazzi armati di soli oggetti contundenti, parte un proiettile che colpisce alla testa [[Carlo Giuliani]], 23 anni. Per inscenare l'incidente, non sapendosi filmati, i carabinieri innescano la retromarcia e la camionetta passa sul corpo del ragazzo, già caduto a terra in una pozza di sangue. Il giorno seguente 200.000 persone accorrono per la dimostrazione finale unitaria e per protestare contro l'uccisione del ragazzo. Le forze di [[polizia]] prendono a pretesto l'azione di alcuni gruppi di giovani, che effrangono le vetrine di alcune banche e bruciano macchine di lusso, e caricano con lanci di lacrimogeni e pestaggi indiscriminati la folla di manifestanti, per la gran parte indifesi e privi di servizi d'ordine. Diverse testimonianze parlano di infiltrati. La giornata si chiude con un altro violentissimo pestaggio [[poliziesco]] alla scuola Diaz, messa a disposizione dal comune per accogliere i giovani: le forze dell'ordine operano decine di arresti e provvedono altresì ad effrangere, nella scuola adibita a sede del ''Genoa Social Forum'', i computer e ad asportare il materiale fotografico e video che gli organizzatori avevano raccolto per documentare le [[violenze]] della [[polizia]]. Le persone fermate ed arrestate (circa 500) durante i giorni della manifestazione vengono in gran parte condotte nella caserma di Genova Bolzaneto, dove molti di loro subiscono veri e propri atti di tortura fisica e piscologia. ''Amnesty International'' ha definito i fatti accaduti alla scuola Diaz e alla caserma Bolzaneto «la più grave sospensione dei diritti democratici in un Paese occidentale dopo la Seconda guerra mondiale» <ref>[https://archive.is/sNbyu Proposta d'inchiesta parlamentare sulle vicende relative ai fatti accaduti a Genova nel luglio 2001] (relazione alla camera dei deputati del 24 luglio 2007)</ref>.


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