Francesco Porcelli: differenze tra le versioni

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Francesco Porcelli nasce a Bari da Giuseppe e Stella Ximenes, cameriere, meccanico, elettricista, correttore tipografo, libraio, con un curriculum di studi classici non compiuti. Durante la sua permanenza a Bari è classificato come [[socialista]], ma non dà luogo a “rimarchi”. Aiuta il padre in trattoria, poi dopo la chiusura dell'esercizio familiare, si occupa come cameriere.  
Francesco Porcelli nasce a Bari da Giuseppe e Stella Ximenes, cameriere, meccanico, elettricista, correttore tipografo, libraio, con un curriculum di studi classici non compiuti. Durante la sua permanenza a Bari è classificato come [[socialista]], ma non dà luogo a “rimarchi”. Aiuta il padre in trattoria, poi dopo la chiusura dell'esercizio familiare, si occupa come cameriere.  


In seguito alla morte del padre è costretto ad emigrare in [[Svizzera]] nel febbraio [[1908]]. Risiede a Ginevra, dove lavora come meccanico e professa idee sindacaliste a tendenza [[anarchica]]. Nel settembre [[1909]] si dimette dal locale gruppo [[sindacalista]] per aderire al «Germinal» e nel [[1910]] inizia a collaborare a ''[[ Il Risveglio Socialista Anarchico]]'', con lo pseudonimo di “Bohémien”.  
In seguito alla morte del padre è costretto ad emigrare in [[Svizzera]] nel febbraio [[1908]]. Risiede a Ginevra, dove lavora come meccanico e professa idee sindacaliste a tendenza [[anarchica]]. Nel settembre [[1909]] si dimette dal locale gruppo [[sindacalista]] per aderire al «Germinal» e nel [[1910]] inizia a collaborare a ''[[Il Risveglio Socialista Anarchico]]'', con lo pseudonimo di “Bohémien”.  


Agli inizi del [[1912]] lascia Ginevra, pare per dissensi nel Circolo di Studi Sociali e per sottrarsi alla sorveglianza [[poliziesca]], e si stabilisce prima a Levallois-Perret (Seine) e poi a Parigi, dove lavora da elettricista. Nella capitale francese è segnalato come «l'anima delle riunioni del locale gruppo rivoluzionario italiano» e invia contributi a ''[[Le Libertaire]]'', firmandosi Ermete De Fiori.  
Agli inizi del [[1912]] lascia Ginevra, pare per dissensi nel Circolo di Studi Sociali e per sottrarsi alla sorveglianza [[poliziesca]], e si stabilisce prima a Levallois-Perret (Seine) e poi a Parigi, dove lavora da elettricista. Nella capitale francese è segnalato come «l'anima delle riunioni del locale gruppo rivoluzionario italiano» e invia contributi a ''[[Le Libertaire]]'', firmandosi Ermete De Fiori.  
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A seguito dello scoppio della guerra europea, ritorna a Ginevra nel dicembre [[1914]] e già a partire dal dicembre [[1917]], sulle colonne de ''[[Il Risveglio Comunista Anarchico]]'', inizia a criticare il governo bolscevico esprimendo la propria diffidenza dovuta alla «posizione mentale» degli [[anarchici]] nei confronti dell'[[autorità]]. <ref>Francesco Porcelli, ''Una discussione d'attualità'', 22 dicembre 1917, 5 gennaio 1918, 16 febbraio 1918.</ref> Contrario alle trattative russo-tedesche e al Trattato di Brest-Litovsk, nell'aprile successivo Porcelli, esempio isolato nell'ambito della pubblicistica [[anarchica]], condanna lo scioglimento dell'Assemblea costituente. <ref>Francesco Porcelli, ''I massimalisti e la tragedia russa'', 13 aprile 1918.</ref>
A seguito dello scoppio della guerra europea, ritorna a Ginevra nel dicembre [[1914]] e già a partire dal dicembre [[1917]], sulle colonne de ''[[Il Risveglio Comunista Anarchico]]'', inizia a criticare il governo bolscevico esprimendo la propria diffidenza dovuta alla «posizione mentale» degli [[anarchici]] nei confronti dell'[[autorità]]. <ref>Francesco Porcelli, ''Una discussione d'attualità'', 22 dicembre 1917, 5 gennaio 1918, 16 febbraio 1918.</ref> Contrario alle trattative russo-tedesche e al Trattato di Brest-Litovsk, nell'aprile successivo Porcelli, esempio isolato nell'ambito della pubblicistica [[anarchica]], condanna lo scioglimento dell'Assemblea costituente. <ref>Francesco Porcelli, ''I massimalisti e la tragedia russa'', 13 aprile 1918.</ref>


Nel dicembre [[1918]], a conflitto ormai terminato, Porcelli viene dichiarato disertore e denunciato al Tribunale di guerra. Agli inizi del [[1919]] è annoverato tra i caporioni del gruppo de ''[[Il Risveglio Anarchico]]'', tanto da sostituire [[Luigi Bertoni]], allora in carcere per l'affare delle “bombe di Zurigo”, alla direzione del giornale. Sua è una delle prime chiare prese di posizione sulla questione della dittatura del proletariato, considerata una «delegazione di potere a qualche individuo che deve agire nell’interesse del proletariato [...] una riconsacrazione della vecchia idea» dell'incapacità delle masse di «foggiarsi la propria esistenza». <ref>Francesco Porcelli, ''Anarchia e Dittatura'', 5 aprile 1919.</ref>
Nel dicembre [[1918]], a conflitto ormai terminato, Porcelli viene dichiarato disertore e denunciato al Tribunale di guerra. Agli inizi del [[1919]] è annoverato tra i caporioni del gruppo de ''[[Il Risveglio Comunista Anarchico]]'', tanto da sostituire [[Luigi Bertoni]], allora in carcere per l'affare delle “bombe di Zurigo”, alla direzione del giornale. Sua è una delle prime chiare prese di posizione sulla questione della dittatura del proletariato, considerata una «delegazione di potere a qualche individuo che deve agire nell’interesse del proletariato [...] una riconsacrazione della vecchia idea» dell'incapacità delle masse di «foggiarsi la propria esistenza». <ref>Francesco Porcelli, ''Anarchia e Dittatura'', 5 aprile 1919.</ref>


Paradossalmente, nel maggio [[1919]] è arrestato per «propaganda bolscevica» ed espulso. Essendosi rifiutato di rimpatriare, Porcelli viene internato nel giugno nella colonia penitenziaria di Orbe. Venuto a conoscenza dell'amnistia, chiede di rientrare in [[Italia]] per «regolarizzare la sua posizione militare». Nel novembre è a Legnano, ospite di Eugenio Montanari, segretario della locale Camera del Lavoro. A Milano partecipa alle agitazioni del "[[biennio rosso]]" e diventa redattore di ''[[Umanità Nova]]''. A metà ottobre viene arrestato, con l'intera redazione di ''[[Umanità Nova]]'' ([[Carlo Frigerio]] e [[Mario Orazio Perelli]]). Scarcerato il [[12 novembre]] per insufficienza di prove, viene successivamente coinvolto nell'istruttoria per «cospirazione contro i [[poteri]] dello [[Stato]]» che il giudice Carbone apre nel febbraio [[1921]] nei confronti dei redattori e dei principali collaboratori di ''[[Umanità Nova]]''. Assolto con tutti i coimputati il [[25 marzo]], all'indomani della [[strage del Diana]], si trasferisce a Roma con la redazione di ''[[Umanità Nova]]''.  
Paradossalmente, nel maggio [[1919]] è arrestato per «propaganda bolscevica» ed espulso. Essendosi rifiutato di rimpatriare, Porcelli viene internato nel giugno nella colonia penitenziaria di Orbe. Venuto a conoscenza dell'amnistia, chiede di rientrare in [[Italia]] per «regolarizzare la sua posizione militare». Nel novembre è a Legnano, ospite di Eugenio Montanari, segretario della locale Camera del Lavoro. A Milano partecipa alle agitazioni del "[[biennio rosso]]" e diventa redattore di ''[[Umanità Nova]]''. A metà ottobre viene arrestato, con l'intera redazione di ''[[Umanità Nova]]'' ([[Carlo Frigerio]] e [[Mario Orazio Perelli]]). Scarcerato il [[12 novembre]] per insufficienza di prove, viene successivamente coinvolto nell'istruttoria per «cospirazione contro i [[poteri]] dello [[Stato]]» che il giudice Carbone apre nel febbraio [[1921]] nei confronti dei redattori e dei principali collaboratori di ''[[Umanità Nova]]''. Assolto con tutti i coimputati il [[25 marzo]], all'indomani della [[strage del Diana]], si trasferisce a Roma con la redazione di ''[[Umanità Nova]]''.  
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