Martin Buber: differenze tra le versioni

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Per Buber la comunità è la soluzione per il problema dell'uomo. Non si tratta tuttavia della comunità «naturale», i cui vincoli interni sono di sangue o di luogo e che quindi si forma automaticamente, cioè a prescindere dalla volontà e dall'impegno delle persone; e non è nemmeno la massa, in cui l'uomo galleggia sull'acqua in balia della corrente, senza effettiva autonomia. Per conseguenza non si tratta neanche di una realtà improntata al collettivismo. Vero è che l'essere umano si sente sorretto dalla collettività, che lo solleva dalla solitudine, dall'angoscia del mondo, dallo smarrimento, ma in realtà ciò limita l'inclinazione al rapporto personale, come se coloro che sono riuniti nel gruppo dovessero insieme essere rivolti principalmente solo all'opera del gruppo. In tutti questi modi di essere della società si hanno individui «impacchettati insieme», con l'illusione di condurre la propria esistenza, mentre si ha soltanto una vita «derivata» e spogliata di vera responsabilità.
Per Buber la comunità è la soluzione per il problema dell'uomo. Non si tratta tuttavia della comunità «naturale», i cui vincoli interni sono di sangue o di luogo e che quindi si forma automaticamente, cioè a prescindere dalla volontà e dall'impegno delle persone; e non è nemmeno la massa, in cui l'uomo galleggia sull'acqua in balia della corrente, senza effettiva autonomia. Per conseguenza non si tratta neanche di una realtà improntata al collettivismo. Vero è che l'essere umano si sente sorretto dalla collettività, che lo solleva dalla solitudine, dall'angoscia del mondo, dallo smarrimento, ma in realtà ciò limita l'inclinazione al rapporto personale, come se coloro che sono riuniti nel gruppo dovessero insieme essere rivolti principalmente solo all'opera del gruppo. In tutti questi modi di essere della società si hanno individui «impacchettati insieme», con l'illusione di condurre la propria esistenza, mentre si ha soltanto una vita «derivata» e spogliata di vera responsabilità.


La comunità è invece per Buber un sistema di relazioni interpersonali collegate con un centro, purché esistano due condizioni. La prima condizione richiede che si superi il mero fatto spaziale-materiale della vicinanza reciproca, per dare luogo all'essere uno presso l'altro di una molteplicità di persone che ovunque fa l'esperienza di una reciprocità, di un dinamico e reciproco «essere di fronte». Con questo Buber si oppone all'impersonalista concezione heideggeriana dell'essere comune, rivendicando l'essere in comune, implicante il pluralismo che deriva dal riconoscimento reciproco dei singoli componenti: «Il fondamento dell'essere uomo-con-l'uomo [consiste nel] desiderio di ogni uomo di essere confermato per ciò che è [...] e la capacità innata dell'uomo di confermare allo stesso modo gli uomini come lui» <ref>M. Buber, ''Distanza originaria e relazione'', in ''Il principio dialogico e altri saggi'', San Paolo, Cinisello Balsamo 1993, p. 288.</ref> Questa condizione viene meno quando non si evitano atteggiamenti suscettibili di incidere negativamente sul significato della dimensione pubblica per la loro carica massificatrice; si tratta dei momenti di entusiasmo storico in cui la trasfigurazione della massa è così abbagliante da oscurare ogni alterità e la persona, sopraffatta da un'estasi inebriante, scompare nel movimento della vita pubblica; e altresì si tratta della passività che porta all'omologazione, vale a dire quando capita di stare dalla parte dell'opinione pubblica. Tutti questi casi hanno il minimo comun denominatore dell'affidarsi ciecamente a qualcuno e non decidere da soli. '''Tutto il discorso filosofico di Buber, apparentemente solo antropologico e psicologico, in realtà si riverbera sulla sua intera concezione sociale e politica, è anzi la base del suo socialismo comunitarista anarchico.''' La sua visione della '''comunità''' come '''insieme di libere relazioni reciproche''' è una sorta di «noi collettivo» retto dalle relazioni fra una pluralità di «io-tu» e, sia pure con diversa motivazione, si apparenta al comunitarismo di [[Pëtr Kropotkin]], incentrato sul [[mutuo soccorso]] e sulla [[libertà]].
La comunità è invece per Buber un sistema di relazioni interpersonali collegate con un centro, purché esistano due condizioni. La prima condizione richiede che si superi il mero fatto spaziale-materiale della vicinanza reciproca, per dare luogo all'essere uno presso l'altro di una molteplicità di persone che ovunque fa l'esperienza di una reciprocità, di un dinamico e reciproco «essere di fronte». Con questo Buber si oppone all'impersonalista concezione heideggeriana dell'essere comune, rivendicando l'essere in comune, implicante il pluralismo che deriva dal riconoscimento reciproco dei singoli componenti: «Il fondamento dell'essere uomo-con-l'uomo [consiste nel] desiderio di ogni uomo di essere confermato per ciò che è [...] e la capacità innata dell'uomo di confermare allo stesso modo gli uomini come lui» <ref>M. Buber, ''Distanza originaria e relazione'', in ''Il principio dialogico e altri saggi'', San Paolo, Cinisello Balsamo 1993, p. 288.</ref> Questa condizione viene meno quando non si evitano atteggiamenti suscettibili di incidere negativamente sul significato della dimensione pubblica per la loro carica massificatrice; si tratta dei momenti di entusiasmo storico in cui la trasfigurazione della massa è così abbagliante da oscurare ogni alterità e la persona, sopraffatta da un'estasi inebriante, scompare nel movimento della vita pubblica; e altresì si tratta della passività che porta all'omologazione, vale a dire quando capita di stare dalla parte dell'opinione pubblica. Tutti questi casi hanno il minimo comun denominatore dell'affidarsi ciecamente a qualcuno e non decidere da soli. '''Tutto il discorso filosofico di Buber, apparentemente solo antropologico e psicologico, in realtà si riverbera sulla sua intera concezione sociale e politica, è anzi la base del suo socialismo comunitarista anarchico.''' La sua visione della '''comunità''' come '''insieme di libere relazioni reciproche''' è una sorta di «noi collettivo» retto dalle relazioni fra una pluralità di «io-tu» e, sia pure con diversa motivazione, si apparenta al comunitarismo di [[Pëtr Kropotkin]], incentrato sul [[Mutualismo|mutuo soccorso]] e sulla [[libertà]].


L'[[anarchismo]] di Buber <ref>[[Colin Ward]] parla di «[[socialismo libertario]]».</ref>, di cui ''Sentieri in Utopia'' è per vari aspetti la sintesi, si incardina nel filone della cultura ebraica ostile a ogni relazione umana (e sociale) improntata alla sottomissione, alla sudditanza e, quindi, avverso alla gerarchia e - a fortiori - alla repressione, in nome della libertà umana contro il dominio.
L'[[anarchismo]] di Buber <ref>[[Colin Ward]] parla di «[[socialismo libertario]]».</ref>, di cui ''Sentieri in Utopia'' è per vari aspetti la sintesi, si incardina nel filone della cultura ebraica ostile a ogni relazione umana (e sociale) improntata alla sottomissione, alla sudditanza e, quindi, avverso alla gerarchia e - a fortiori - alla repressione, in nome della libertà umana contro il dominio.
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