Il marxismo come ideologia borghese (di Murray Bookchin): differenze tra le versioni

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Dobbiamo fermarci a considerare con attenzione tutte le implicazioni del fenomeno sopra descritto in quella che potremmo chiamare la "teoria della conoscenza" di Marx. Anche nella filosofia greca era presente un concetto di legge, ma più nel senso di "destino", di ''moira'', che di "necessità " come oggi la intendiamo. Nella ''moira'' era insito il concetto di "necessità " sorretta da un ''significato'', da un fine eticamente condizionato, stabilito dal "destino". La realizzazione pratica del "destino" era compito della giustizia, o ''dike'', che preservava l'ordine del mondo mantenendo tutti gli elementi del cosmo entro i confini assegnati. La natura mitica di questa concezione della "legge" non deve impedirci di coglierne i profondi contenuti etici. "Necessità " non significa semplicemente necessità, ma necessità morale, con un significato e uno scopo. Se la conoscenza umana ha il diritto di presumere che esista un ordine mondiale - presunzione che la scienza moderna condivide con la mitologia antica, al fine di rendere possibile la conoscenza - essa ha anche il diritto di presumere che quest'ordine possieda una sua intelligibilità o un significato, e che possa essere tradotto dal pensiero umano in una serie di rapporti finalizzati. Dal concetto di fine, di obiettivo, contenuto implicitamente nella nozione di ordine universale, i filosofi greci derivavano il diritto a parlare di "giustizia" e di "conflitto" nell'ordine cosmico, di "attrazione" e di "repulsione", di "ingiustizia" e di "compenso". Vista la necessità di giungere ad una filosofia della natura che renda possibile una visione ecologica più acuta e profonda nei rapporti contorti dell'uomo con il mondo naturale, esiste anche per noi il bisogno, meno mitico, di sviluppare una nuova sensibilità di tipo ellenico.
Dobbiamo fermarci a considerare con attenzione tutte le implicazioni del fenomeno sopra descritto in quella che potremmo chiamare la "teoria della conoscenza" di Marx. Anche nella filosofia greca era presente un concetto di legge, ma più nel senso di "destino", di ''moira'', che di "necessità " come oggi la intendiamo. Nella ''moira'' era insito il concetto di "necessità " sorretta da un ''significato'', da un fine eticamente condizionato, stabilito dal "destino". La realizzazione pratica del "destino" era compito della giustizia, o ''dike'', che preservava l'ordine del mondo mantenendo tutti gli elementi del cosmo entro i confini assegnati. La natura mitica di questa concezione della "legge" non deve impedirci di coglierne i profondi contenuti etici. "Necessità " non significa semplicemente necessità, ma necessità morale, con un significato e uno scopo. Se la conoscenza umana ha il diritto di presumere che esista un ordine mondiale - presunzione che la scienza moderna condivide con la mitologia antica, al fine di rendere possibile la conoscenza - essa ha anche il diritto di presumere che quest'ordine possieda una sua intelligibilità o un significato, e che possa essere tradotto dal pensiero umano in una serie di rapporti finalizzati. Dal concetto di fine, di obiettivo, contenuto implicitamente nella nozione di ordine universale, i filosofi greci derivavano il diritto a parlare di "giustizia" e di "conflitto" nell'ordine cosmico, di "attrazione" e di "repulsione", di "ingiustizia" e di "compenso". Vista la necessità di giungere ad una filosofia della natura che renda possibile una visione ecologica più acuta e profonda nei rapporti contorti dell'uomo con il mondo naturale, esiste anche per noi il bisogno, meno mitico, di sviluppare una nuova sensibilità di tipo ellenico.


L'illuminismo, svuotando il concetto di legge di ogni contenuto, ha prodotto il cosmo oggettivo, ordinato ma privo di significato. Laplace, il più grande astronomo di quel periodo, nella sua famosa risposta a Napoleone non solo eliminò del tutto Dio dalla descrizione del cosmo, ma soppresse anche l'ethos classico che reggeva l'universo. Tuttavia, l'Illuminismo lasciò all'ethos un campo d'azione - il campo sociale, nel quale l'ordine aveva ancora un significato e il cambiamento aveva uno scopo. Il pensiero illuminista mantenne la visione etica di una umanità morale che si poteva educare a vivere in una società morale. Questa visione, fortemente impregnata dei concetti di libertà, di uguaglianza e di razionalità, costituì il fertile terreno sul quale si svilupparono, nel secolo seguente, il pensiero socialista e anarchico.
L'illuminismo, svuotando il concetto di legge di ogni contenuto, ha prodotto il cosmo oggettivo, ordinato ma privo di significato. Laplace, il più grande astronomo di quel periodo, nella sua famosa risposta a Napoleone non solo eliminò del tutto Dio dalla descrizione del cosmo, ma soppresse anche l'ethos classico che reggeva l'universo. Tuttavia, l'Illuminismo lasciò all'ethos un campo d'azione - il campo sociale, nel quale l'ordine aveva ancora un significato e il cambiamento aveva uno scopo. Il pensiero illuminista mantenne la visione etica di una umanità morale che si poteva educare a vivere in una società morale. Questa visione, fortemente impregnata dei concetti di libertà, di uguaglianza e di razionalità, costituì il fertile terreno sul quale si svilupparono, nel secolo seguente, il pensiero [[socialista]] e anarchico.


Per colmo d'ironia, Marx completò il pensiero illuminista riportando nella società il cosmo di Laplace - non in modo rozzamente meccanicistico, ma certamente da scienziato, in aperta e violenta opposizione con ogni forma di utopia sociale. Assai più significativo dell'idea di Marx, secondo il quale egli avrebbe dato al socialismo una base scientifica, è il fatto, secondo il quale egli diede basi scientifiche al "destino" sociale. Di conseguenza, gli "uomini" erano da considerarsi (secondo le parole dello stesso Marx nella prefazione a ''Il capitale'') la "personificazione delle categorie economiche, i portatori di interessi di classe particolari", e non individui dotati di volontà e capaci di perseguire finalità etiche. L'umanità era divenuta l'oggetto di una legge sociale, una legge privata di ogni significato morale, come la legge cosmica di Laplace. La scienza non era più semplicemente un mezzo per descrivere la società, ma era divenuta il destino stesso della società.
Per colmo d'ironia, Marx completò il pensiero illuminista riportando nella società il cosmo di Laplace - non in modo rozzamente meccanicistico, ma certamente da scienziato, in aperta e violenta opposizione con ogni forma di utopia sociale. Assai più significativo dell'idea di Marx, secondo il quale egli avrebbe dato al socialismo una base scientifica, è il fatto, secondo il quale egli diede basi scientifiche al "destino" sociale. Di conseguenza, gli "uomini" erano da considerarsi (secondo le parole dello stesso Marx nella prefazione a ''Il capitale'') la "personificazione delle categorie economiche, i portatori di interessi di classe particolari", e non individui dotati di volontà e capaci di perseguire finalità etiche. L'umanità era divenuta l'oggetto di una legge sociale, una legge privata di ogni significato morale, come la legge cosmica di Laplace. La scienza non era più semplicemente un mezzo per descrivere la società, ma era divenuta il destino stesso della società.
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Alcuni brani degli scritti di Marx sembrano potersi contrapporre a questo quadro ripugnante del socialismo marxista. Nel suo "Discorso per l'anniversario del ''Giornale del Popolo''" (aprile 1856), ad esempio, Marx definisce "infame" la schiavitù dell'"uomo" nel tentativo di conquistare la natura. La "luce pura della scienza sembra poter brillare solo sullo sfondo di un'oscura ignoranza" e il nostro progresso tecnologico "sembra ottenere il risultato di conferire vita intellettuale alle forze materiali e di tramutare, avvilendola, la vita umana in una forza materiale". Queste valutazioni di tipo morale ricorrono negli scritti di Marx più come spiegazioni di uno sviluppo storico che come giustificazioni tali da dargli significato. Ma Alfred Schmidt, che le cita estesamente nel suo ''Il concetto di natura in Marx'', dimentica di dirci che Marx le considera spesso un segno di immaturità e di sentimentalismo. Il "discorso" si fa beffe di coloro che "piangono" sulle miserie che il progresso tecnologico e scientifico porta con sé. "Da parte nostra", dichiara Marx, "non sottovalutiamo l'acume di chi non cessa di sottolineare queste contraddizioni. Sappiamo che per fare funzionare al meglio le forze nuove e agguerrite delle società occorrono uomini agguerriti - e da tali uomini è formata la classe operaia". Il discorso, infatti, si conclude con un tributo all'industria moderna e in particolare al proletariato inglese, il "primogenito dell'industria moderna".
Alcuni brani degli scritti di Marx sembrano potersi contrapporre a questo quadro ripugnante del socialismo marxista. Nel suo "Discorso per l'anniversario del ''Giornale del Popolo''" (aprile 1856), ad esempio, Marx definisce "infame" la schiavitù dell'"uomo" nel tentativo di conquistare la natura. La "luce pura della scienza sembra poter brillare solo sullo sfondo di un'oscura ignoranza" e il nostro progresso tecnologico "sembra ottenere il risultato di conferire vita intellettuale alle forze materiali e di tramutare, avvilendola, la vita umana in una forza materiale". Queste valutazioni di tipo morale ricorrono negli scritti di Marx più come spiegazioni di uno sviluppo storico che come giustificazioni tali da dargli significato. Ma Alfred Schmidt, che le cita estesamente nel suo ''Il concetto di natura in Marx'', dimentica di dirci che Marx le considera spesso un segno di immaturità e di sentimentalismo. Il "discorso" si fa beffe di coloro che "piangono" sulle miserie che il progresso tecnologico e scientifico porta con sé. "Da parte nostra", dichiara Marx, "non sottovalutiamo l'acume di chi non cessa di sottolineare queste contraddizioni. Sappiamo che per fare funzionare al meglio le forze nuove e agguerrite delle società occorrono uomini agguerriti - e da tali uomini è formata la classe operaia". Il discorso, infatti, si conclude con un tributo all'industria moderna e in particolare al proletariato inglese, il "primogenito dell'industria moderna".


Anche se consideriamo autentiche le affermazioni di Marx, esse restano tuttavia marginali rispetto al contenuto dei suoi scritti. Il tentativo di redimere Marx e alcune parti della sua opera dalla logica che ispira il suo pensiero è puramente ideologico, perché impedisce di valutare con chiarezza il significato del marxismo nelle sue applicazioni pratiche e di comprendere in quale misura un'"analisi di classe" possa svelare le cause dell'oppressione. Eccoci dunque giunti al punto cruciale, al punto debole della teoria socialista in generale: i limiti dell'analisi di classe, la possibilità di interpretare la storia e le crisi dei giorni nostri per mezzo di una teoria basata sui rapporti di classe e di proprietà.
Anche se consideriamo autentiche le affermazioni di Marx, esse restano tuttavia marginali rispetto al contenuto dei suoi scritti. Il tentativo di redimere Marx e alcune parti della sua opera dalla logica che ispira il suo pensiero è puramente ideologico, perché impedisce di valutare con chiarezza il significato del marxismo nelle sue applicazioni pratiche e di comprendere in quale misura un'"analisi di classe" possa svelare le cause dell'oppressione. Eccoci dunque giunti al punto cruciale, al punto debole della teoria [[socialista]] in generale: i limiti dell'analisi di classe, la possibilità di interpretare la storia e le crisi dei giorni nostri per mezzo di una teoria basata sui rapporti di classe e di proprietà.


Il socialismo anti-autoritario - e, specificatamente, il comunismo anarchico - si fonda sul concetto secondo il quale la gerarchia e la dominazione non possono essere classificate nell'ambito del dominio di classe e dello sfruttamento economico, e secondo il quale questi due fenomeni rivestono un'importanza assai maggiore ai fini di una reale comprensione dell'ideale rivoluzionario. Prima che l'"uomo" iniziasse a sfruttare l'"uomo", cominciò a dominare la donna; e ancora prima, se accettiamo il parere di Paul Radin, i vecchi iniziarono ad esercitare il loro potere sui giovani attraverso la gerarchia dei gruppi di età, delle gerontocrazie, del culto degli antenati. La dominazione degli esseri umani su altri esseri umani è di molto antecedente ''la stessa formazione delle classi sociali e dei modi di oppressione economica''. Se "la storia di tutte le società finora esistite è la storia dei conflitti di classe", essa è preceduta da una fase storica più remota, e più importante: quella della dominazione sociale ad opera delle gerontocrazie, del patriarcato, e anche delle burocrazie. Indagare sulle origini della gerarchia e della dominazione non è, evidentemente, lo scopo di questo scritto. Ho esaminato a fondo il problema nel mio libro ''The Ecology of Freedom'' (''L'ecologia della libertà ''), di prossima pubblicazione. L'indagine ci porterebbe oltre i confini dell'economia politica, nella sfera dell'economia domestica e passeremmo dalla dimensione sociale a quella familiare, dal conflitto di classe a quello sessuale. Disporremmo così di una nuova serie di dati e di riferimenti psico-sociali, attraverso i quali interpretare il carattere e la natura dell'oppressione, e saremmo in grado di aprire un nuovo orizzonte e di attribuire un significato nuovo e diverso alla libertà. Dovremmo sicuramente accantonare la funzione che Marx assegna all'interesse e alla tecnica come fattori sociali determinanti - il che non significa negarne la funzione storica, ma semplicemente indagare anche nell'ambito di fattori non economici, quali lo status sociale, l'ordine, il riconoscimento, nell'ambito, cioè, di diritti e doveri che rappresentano forse persino un peso, dal punto di vista materiale, per gli strati dominanti della società. Una cosa, perlomeno, è chiara: non si potrà più sostenere che una società senza classi, senza sfruttamento materiale, sarà necessariamente una società liberata. Nulla fa pensare che la burocrazia sia incompatibile con una società senza classi, la dominazione della donna, i giovani, i gruppi etnici e persino le categorie dei professionisti.
Il socialismo anti-autoritario - e, specificatamente, il comunismo anarchico - si fonda sul concetto secondo il quale la gerarchia e la dominazione non possono essere classificate nell'ambito del dominio di classe e dello sfruttamento economico, e secondo il quale questi due fenomeni rivestono un'importanza assai maggiore ai fini di una reale comprensione dell'ideale rivoluzionario. Prima che l'"uomo" iniziasse a sfruttare l'"uomo", cominciò a dominare la donna; e ancora prima, se accettiamo il parere di Paul Radin, i vecchi iniziarono ad esercitare il loro potere sui giovani attraverso la gerarchia dei gruppi di età, delle gerontocrazie, del culto degli antenati. La dominazione degli esseri umani su altri esseri umani è di molto antecedente ''la stessa formazione delle classi sociali e dei modi di oppressione economica''. Se "la storia di tutte le società finora esistite è la storia dei conflitti di classe", essa è preceduta da una fase storica più remota, e più importante: quella della dominazione sociale ad opera delle gerontocrazie, del patriarcato, e anche delle burocrazie. Indagare sulle origini della gerarchia e della dominazione non è, evidentemente, lo scopo di questo scritto. Ho esaminato a fondo il problema nel mio libro ''The Ecology of Freedom'' (''L'ecologia della libertà ''), di prossima pubblicazione. L'indagine ci porterebbe oltre i confini dell'economia politica, nella sfera dell'economia domestica e passeremmo dalla dimensione sociale a quella familiare, dal conflitto di classe a quello sessuale. Disporremmo così di una nuova serie di dati e di riferimenti psico-sociali, attraverso i quali interpretare il carattere e la natura dell'oppressione, e saremmo in grado di aprire un nuovo orizzonte e di attribuire un significato nuovo e diverso alla libertà. Dovremmo sicuramente accantonare la funzione che Marx assegna all'interesse e alla tecnica come fattori sociali determinanti - il che non significa negarne la funzione storica, ma semplicemente indagare anche nell'ambito di fattori non economici, quali lo status sociale, l'ordine, il riconoscimento, nell'ambito, cioè, di diritti e doveri che rappresentano forse persino un peso, dal punto di vista materiale, per gli strati dominanti della società. Una cosa, perlomeno, è chiara: non si potrà più sostenere che una società senza classi, senza sfruttamento materiale, sarà necessariamente una società liberata. Nulla fa pensare che la burocrazia sia incompatibile con una società senza classi, la dominazione della donna, i giovani, i gruppi etnici e persino le categorie dei professionisti.
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