Consigli ed occupazioni di fabbrica in Italia (1919-20): differenze tra le versioni

Jump to navigation Jump to search
m
Sostituzione testo - "i<ref>" con "i <ref>"
m (Sostituzione testo - ".<ref>" con ". <ref>")
m (Sostituzione testo - "i<ref>" con "i <ref>")
Riga 86: Riga 86:
L'atteggiamento del governo, suscitò le ire tanto dei capitalisti che dei rivoluzionari, ma il presidente del consiglio continuò imperterrito nella sua strada facendo leve sui moderati dei due campi contrapposti. L'accordo tra il governo e riformisti della CGL fu interpretato dagli [[anarco-sindacalismo|anarco-sindacalisti]], dai comunisti e dai massimalisti come un modo per porre fine all'occupazione e castrare ogni velleità  rivoluzionaria. Non di meno, essi considerarono il referendum operaio sugli accordi sindacali.  
L'atteggiamento del governo, suscitò le ire tanto dei capitalisti che dei rivoluzionari, ma il presidente del consiglio continuò imperterrito nella sua strada facendo leve sui moderati dei due campi contrapposti. L'accordo tra il governo e riformisti della CGL fu interpretato dagli [[anarco-sindacalismo|anarco-sindacalisti]], dai comunisti e dai massimalisti come un modo per porre fine all'occupazione e castrare ogni velleità  rivoluzionaria. Non di meno, essi considerarono il referendum operaio sugli accordi sindacali.  


Dall'altro versante, la sfiducia verso Giolitti era tale che il direttore del «Corriere della Sera», Luigi Albertini<ref>[http://www.treccani.it/enciclopedia/luigi-albertini_%28Enciclopedia_Italiana%29/ Luigi Albertini]</ref>, auspicò la sostituzione di Giolitti al governo con i socialisti moderati, quale ostacolo definitivo alla prosecuzione del progetto sovietista. Il direttore del «Corriere» arrivò addirittura ad organizzare un incontro con Turati (presumibilmente intorno al [[21 settembre|21]]-[[23 settembre]]), nel corso del quale gli esponeva il suo progetto per portare i socialisti moderati al governo e marginalizzare così gli estremisti. Nel [[1923]] il direttore del scriverà  che meglio sarebbe stato avere Turati e D'Aragona al governo piuttosto che la prosecuzione di un regime che a causa della sua inettitudine avrebbe portato il paese verso il [[comunismo]]. <ref>Si veda Paolo Spriano, ''L'occupazione delle fabbriche'', Einaudi, pag. 139-141)</ref>. Sempre a Torino, contro gli accordi, si dimise il presidente dela sezione locale della Lega Industriale.
Dall'altro versante, la sfiducia verso Giolitti era tale che il direttore del «Corriere della Sera», Luigi Albertini <ref>[http://www.treccani.it/enciclopedia/luigi-albertini_%28Enciclopedia_Italiana%29/ Luigi Albertini]</ref>, auspicò la sostituzione di Giolitti al governo con i socialisti moderati, quale ostacolo definitivo alla prosecuzione del progetto sovietista. Il direttore del «Corriere» arrivò addirittura ad organizzare un incontro con Turati (presumibilmente intorno al [[21 settembre|21]]-[[23 settembre]]), nel corso del quale gli esponeva il suo progetto per portare i socialisti moderati al governo e marginalizzare così gli estremisti. Nel [[1923]] il direttore del scriverà  che meglio sarebbe stato avere Turati e D'Aragona al governo piuttosto che la prosecuzione di un regime che a causa della sua inettitudine avrebbe portato il paese verso il [[comunismo]]. <ref>Si veda Paolo Spriano, ''L'occupazione delle fabbriche'', Einaudi, pag. 139-141)</ref>. Sempre a Torino, contro gli accordi, si dimise il presidente dela sezione locale della Lega Industriale.
=== Il dramma socialista: scissione e nascita del PCI ===
=== Il dramma socialista: scissione e nascita del PCI ===
Il [[27 settembre]] «L'Avanti» pubblicò un editoriale in cui, oltre ad ammettere la sconfitta degli operai accusò di ciò la dirigenza [[riformista]] del Partito socialista <ref>Battista Santhià, ''Con Gramsci all'Ordine Nuovo'', Firenze, Editori Riuniti, giugno 1956, p. 128: «Il 27 l'Avanti pubblicò un comunicato in cui apertamente si riconosceva che la lotta era finita con la sconfitta degli operai per colpa dei dirigenti riformisti.»</ref>. L'editoriale non fece altro che rettificare la spaccatura ormai insanabile tra i riformisti e i rivoluzionari del PSI. Quest'ultimi erano allineati alle posizioni ufficiali della [[III Internazionale]] (Comintern), che durante il suo II° Congresso tenutosi tra tra luglio e agosto del [[1920]] decise che tutti i suoi membri avrebbero dovuto sottoscrivere 21 condizioni che tra le altre cose prevedevano l'espulsione di ogni riformista e il cambiamento del nome dei partiti in "Partito Comunista". Il [[27 agosto]], al termine del Congresso, il il presidente del Comintern Zinov'ev, Bucharin e Lenin inviarono al Psi e a «tutto il proletariato rivoluzionario» italiano l'invito a discutere al più presto in un Congresso le 21 condizioni. L'appello sarà  pubblicato in Italia solo il [[30 ottobre]] su ''L'Ordine Nuovo'', quindicinale socialista torinese diretto da [[Antonio Gramsci]].
Il [[27 settembre]] «L'Avanti» pubblicò un editoriale in cui, oltre ad ammettere la sconfitta degli operai accusò di ciò la dirigenza [[riformista]] del Partito socialista <ref>Battista Santhià, ''Con Gramsci all'Ordine Nuovo'', Firenze, Editori Riuniti, giugno 1956, p. 128: «Il 27 l'Avanti pubblicò un comunicato in cui apertamente si riconosceva che la lotta era finita con la sconfitta degli operai per colpa dei dirigenti riformisti.»</ref>. L'editoriale non fece altro che rettificare la spaccatura ormai insanabile tra i riformisti e i rivoluzionari del PSI. Quest'ultimi erano allineati alle posizioni ufficiali della [[III Internazionale]] (Comintern), che durante il suo II° Congresso tenutosi tra tra luglio e agosto del [[1920]] decise che tutti i suoi membri avrebbero dovuto sottoscrivere 21 condizioni che tra le altre cose prevedevano l'espulsione di ogni riformista e il cambiamento del nome dei partiti in "Partito Comunista". Il [[27 agosto]], al termine del Congresso, il il presidente del Comintern Zinov'ev, Bucharin e Lenin inviarono al Psi e a «tutto il proletariato rivoluzionario» italiano l'invito a discutere al più presto in un Congresso le 21 condizioni. L'appello sarà  pubblicato in Italia solo il [[30 ottobre]] su ''L'Ordine Nuovo'', quindicinale socialista torinese diretto da [[Antonio Gramsci]].


La vittoria della fazione riformista dei socialisti<ref>All'interno del PSI convivevano diverse fazioni: «Il PSI, che all'Internazionale Comunista aveva aderito fin dal proprio precedente congresso dell'ottobre 1919, giunse a Livorno diviso in cinque frazioni: '''l'ala destra''' era quella dei concentrazionisti, vicini alle posizioni del gradualismo riformista di Filippo Turati; '''al centro''' si collocava gran parte dei massimalisti (i comunisti unitari) di Giacinto Menotti Serrati, e tra gli uni e gli altri i cosiddetti rivoluzionari intransigenti di Costantino Lazzari; '''a sinistra''' i comunisti puri di Amadeo Bordiga, affiancati dal gruppo della circolare di Antonio Graziadei»[http://it.wikipedia.org/wiki/XVII_Congresso_del_Partito_Socialista_Italiano Leggi tutto].</ref>, considerata da anarchici e comunisti un vero e proprio [[sabotaggio]] della [[rivoluzione]], accelerò il distacco tra le due correnti. Durante il congresso di Milano ([[15 ottobre]] [[1920]]) dei socialisti allineati alla [[III Internazionale]] approvò il manifesto, dal titolo ''Ai Compagni e alle Sezioni del Partito Socialista Italiano'', che si concludeva con una proposta sintetizzata in 10 punti firmata da Gramsci, Bordiga, Fortichiari, Misiano, Terracini e il segretario della Federazione Giovanile Socialista Italiana, Luigi Polano. Nacque in questo modo la frazione comunista del PSI, che si trasformò in partito ([[Partito Comunista d'Italia]]) al termine del XVII Congresso del Partito Socialista ([[15 gennaio|15]]-[[21 gennaio]]) con l'abbandono dei lavori da parte dei comunisti di Gramsci e Bordiga. <ref>[https://rottaproletaria.wordpress.com/breve-storia-della-nascita-del-p-c-i/ Breve storia della nascita del P.C.I.]</ref>
La vittoria della fazione riformista dei socialisti <ref>All'interno del PSI convivevano diverse fazioni: «Il PSI, che all'Internazionale Comunista aveva aderito fin dal proprio precedente congresso dell'ottobre 1919, giunse a Livorno diviso in cinque frazioni: '''l'ala destra''' era quella dei concentrazionisti, vicini alle posizioni del gradualismo riformista di Filippo Turati; '''al centro''' si collocava gran parte dei massimalisti (i comunisti unitari) di Giacinto Menotti Serrati, e tra gli uni e gli altri i cosiddetti rivoluzionari intransigenti di Costantino Lazzari; '''a sinistra''' i comunisti puri di Amadeo Bordiga, affiancati dal gruppo della circolare di Antonio Graziadei»[http://it.wikipedia.org/wiki/XVII_Congresso_del_Partito_Socialista_Italiano Leggi tutto].</ref>, considerata da anarchici e comunisti un vero e proprio [[sabotaggio]] della [[rivoluzione]], accelerò il distacco tra le due correnti. Durante il congresso di Milano ([[15 ottobre]] [[1920]]) dei socialisti allineati alla [[III Internazionale]] approvò il manifesto, dal titolo ''Ai Compagni e alle Sezioni del Partito Socialista Italiano'', che si concludeva con una proposta sintetizzata in 10 punti firmata da Gramsci, Bordiga, Fortichiari, Misiano, Terracini e il segretario della Federazione Giovanile Socialista Italiana, Luigi Polano. Nacque in questo modo la frazione comunista del PSI, che si trasformò in partito ([[Partito Comunista d'Italia]]) al termine del XVII Congresso del Partito Socialista ([[15 gennaio|15]]-[[21 gennaio]]) con l'abbandono dei lavori da parte dei comunisti di Gramsci e Bordiga. <ref>[https://rottaproletaria.wordpress.com/breve-storia-della-nascita-del-p-c-i/ Breve storia della nascita del P.C.I.]</ref>
: « Come classe, gli operai italiani che occuparono le fabbriche si dimostrarono all'altezza dei loro compiti e delle loro funzioni. Tutti i problemi che le necessità  del movimento posero loro da risolvere furono brillantemente risolti. Non poterono risolvere i problemi dei rifornimenti e delle comunicazioni perché non furono occupate le ferrovie e la flotta. Non poterono risolvere i problemi finanziari perché non furono occupati gli istituti di credito e le aziende commerciali. Non poterono risolvere i grandi problemi nazionali e internazionali, perché non conquistarono il potere di Stato. Questi problemi avrebbero dovuto essere affrontati dal Partito socialista e dai sindacati che invece capitolarono vergognosamente, pretestando l'immaturità  delle masse; in realtà  i dirigenti erano immaturi e incapaci, non la classe. Perciò avvenne la rottura di Livorno e si creò un nuovo partito, il Partito comunista. »[[File:Benito Mussolini and Adolf Hitler.jpg|right|thumb|160 px|[[Mussolini]] e [[Hitler]]: il fascismo fu una reazione borghese alle istanze rivoluzionarie proletarie.]]
: « Come classe, gli operai italiani che occuparono le fabbriche si dimostrarono all'altezza dei loro compiti e delle loro funzioni. Tutti i problemi che le necessità  del movimento posero loro da risolvere furono brillantemente risolti. Non poterono risolvere i problemi dei rifornimenti e delle comunicazioni perché non furono occupate le ferrovie e la flotta. Non poterono risolvere i problemi finanziari perché non furono occupati gli istituti di credito e le aziende commerciali. Non poterono risolvere i grandi problemi nazionali e internazionali, perché non conquistarono il potere di Stato. Questi problemi avrebbero dovuto essere affrontati dal Partito socialista e dai sindacati che invece capitolarono vergognosamente, pretestando l'immaturità  delle masse; in realtà  i dirigenti erano immaturi e incapaci, non la classe. Perciò avvenne la rottura di Livorno e si creò un nuovo partito, il Partito comunista. »[[File:Benito Mussolini and Adolf Hitler.jpg|right|thumb|160 px|[[Mussolini]] e [[Hitler]]: il fascismo fu una reazione borghese alle istanze rivoluzionarie proletarie.]]
(Antonio Gramsci<ref>Antonio Gramsci, ''Ancora delle capacità  organiche della classe operaia'' (articolo non firmato) in "l'Unità ", 1º ottobre 1926; ora in Id., ''La costruzione del Partito comunista'', 1923-1926, Einaudi, Torino 1971, pp. 347-8.</ref>)
(Antonio Gramsci <ref>Antonio Gramsci, ''Ancora delle capacità  organiche della classe operaia'' (articolo non firmato) in "l'Unità ", 1º ottobre 1926; ora in Id., ''La costruzione del Partito comunista'', 1923-1926, Einaudi, Torino 1971, pp. 347-8.</ref>)
=== La reazione borghese e l'avvento del fascismo ===
=== La reazione borghese e l'avvento del fascismo ===
Terminata l'occupazione, la [[borghesia]] colse al volo l'occasione di vendicarsi, innanzitutto seppellendo i precedenti accordi sindacali a causa della crisi economica del [[1921]] e poi con l'avvento delle prime squadracce fasciste, spesso in combutta con le forze di [[polizia]], che anticiparono l'avvento del regime guidato da [[Benito Mussolini]]. La [[repressione]] dei moti popolari fu particolarmente violenta nelle campagne. L'episodio più cruento fu quello di Canneto Sabino (Rieti), dove uccisi undici braccianti in [[sciopero]], tra cui due donne, furono uccisi dai carabinieri.
Terminata l'occupazione, la [[borghesia]] colse al volo l'occasione di vendicarsi, innanzitutto seppellendo i precedenti accordi sindacali a causa della crisi economica del [[1921]] e poi con l'avvento delle prime squadracce fasciste, spesso in combutta con le forze di [[polizia]], che anticiparono l'avvento del regime guidato da [[Benito Mussolini]]. La [[repressione]] dei moti popolari fu particolarmente violenta nelle campagne. L'episodio più cruento fu quello di Canneto Sabino (Rieti), dove uccisi undici braccianti in [[sciopero]], tra cui due donne, furono uccisi dai carabinieri.
64 364

contributi

I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi. Utilizzando i nostri servizi, accetti il nostro utilizzo dei cookie.

Menu di navigazione