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{{Biblioteca/Titolo 2|nome=<big><span style="color:#C11B17">[[Franz Kafka]]</span></big>|autore=Franz Kafka|altro=}}
{{Biblioteca/Titolo 2|nome=<big><span style="color:#C11B17">[[Enrico Baj]]</span></big>|autore=Enrico Baj|altro=}}
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[[Image:Kafka2.gif|right|thumb|230px|[[Franz Kafka]] (Praga [[3 luglio]] [[1883]] - Kierling presso Vienna [[3 giugno]] [[1924]]) è stato uno scrittore boemo di lingua tedesca, considerato uno dei maggiori del XX secolo, nonché un simpatizzante dell'[[anarchismo]] in età giovanile e un autore profondamente influenzato dalle istanze più autenticamente [[libertarie]] in campo etico e filosofico.]]
[[Image:Baj Ubu.jpg|right|thumb|230px|[[Enrico Baj]] (Milano, [[31 ottobre]] [[1924]] - Vergiate, Varese, [[16 giugno]] [[2003]]) è stato un pittore, grafico, scultore e saggista [[libertario]] italiano. Nella foto: [[Baj]] davanti al suo Ubu Re.]]
'''''Davanti alla legge''''' (''Vor dem Gesetz'') è una storia contenuta nel romanzo ''Il Processo'' (''Der Prozess''): vi si racconta di un uomo che attende per tutta la vita davanti alla porta aperta della Legge, il cui ingresso gli è vietato dal guardiano con le parole «non ora», che lasciano intravedere un consenso futuro. Quando l'uomo giunge alal fine della sua resistenza e della sua vita, il guardiano gli rivela che quella porta era aperta solo per lui, e la richiude. Secondo alcuni interpreti, l'uomo si è fatto intimidire: non è la forza che gli impedisce di entrare, ma la paura, la mancanza di fiducia in se stesso, la falsa obbedienza all'[[autorità]], la sottomissione passiva. «È perduto perché non osa mettere la propria legge personale al di sopra dei tabù collettivi, la cui tirannia è rappresentata dal guardiano». <ref>Marthe Robert, ''Seul comme Franz Kafka'', Calmann Lévy, Parigi, [[1979]], p. 162.</ref> La ragione profonda per la quale l'uomo non varca la barriera verso la Legge e verso la vita è la paura, l'esitazione, la mancanza di ardimento. Il timore di colui che implora il diritto di entrare è ciò che al guardiano la forza di sbarragli la strada. <ref>Dagli ''Aforismi di Zürau'': «Le gioie di questa vita non sono le sue, ma la nostra paura di ascendere a una vita superiore; i tormenti di questa vita non sono i suoi, ma il tormento che ci procuriamo noi stessi per via di quella paura».</ref> La naturale conseguenza di questa sottomissione passiva è la schiavitù volontaria <ref>Dagli ''Aforismi di Zürau'': «Una volta accolto in noi, il male non chiede più che gli si creda».</ref> <ref>Si veda anche il ''[[Étienne_de_La_Boétie#Discorso_sulla_servitù_volontaria|Discorso sulla servitù volontaria]]'' di [[Étienne de La Boétie]].</ref>, motore della [[gerarchia]], tema che Kafka aveva certamente trovato nell'opera di uno scrittore che adorava: [[Fëdor Dostoevskij]]. <ref>Da ''Il sogno di un uomo ridicolo'': «Comparve la schiavitù, comparve perfino la schiavitù volontaria: i deboli si assoggettavano volentieri ai più forti, a patto solo che questi li proteggessero e li aiutassero a schiacciare quelli che erano ancor più deboli di loro».</ref>
«La Patafisica, come l'arte, difende il principio della libertà e della libertà esistenziale e raccomanda proprio l'immaginario della fantasia quale migliore arma di difesa per preservare almeno l'autonomia del nostro pensiero. La Patafisica è una forma di resistenza all'oppressione in quanto tale. Proprio perché vi è un'oppressione a livello di potere, vi è un'oppressione al livello anche culturale, è evidente che ormai l'industria e l'organizzazione culturale sono opprimenti ed è anche evidente che si svolgono solo secondo modelli che sono quelli che piacciono al Grande Fratello. Quindi noi vediamo che l'oppressione, che va dall'asservimento dell'individuo e dei suoi comportamenti ai media e alla diffusione estrema di un sistema di produzione e di consumo forzato, è presente ovunque (da '''''Che cos'è la Patafisica?'''''.
 
==Note==
<references/>


Baj, il "patapittore", come lo definì il poeta Jean-Clarence Lambert, è uno tra i più fervidi seguaci di Alfred Jarry e della sua Patafisica, sposa i contenuti di questa «scienza delle soluzioni immaginarie» portandoli a vessillo del proprio universo culturale. Baj matura negli anni una sua visione della Patafisica che proietta nella propria opera e che utilizza come arma contro le contraddizioni e le costrizioni del mondo e della società. L'irriverenza, l'ironia e il gusto del paradosso, propri di questa scienza, costituiscono per l'artista gli «anticorpi dell'uomo contemporaneo contro l'oppressione e la massificazione della burocrazia, dei codici fiscali, postali, telefonici, bancomatici, internettici eccetera». La Patafisica, che Baj riassume col motto «imago ergo sum», in opposizione alla razionalità matematica cartesiana, è nello stesso tempo musa e linfa vitale che rinnova e rinvigorisce la forza dell'immaginazione. Per Baj, infatti, il pittore, come il patafisico, rifiuta le spiegazioni scientifiche definitive, non riconoscendone alcuna valenza morale o estetica. Allo stesso modo egli azzera con la fantasia, facoltà «che può valicare le più alte vette e superare ogni difficoltà», la comune tensione a trovare una soluzione logica a ogni problema.
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Versione delle 14:29, 29 lug 2023

Enrico Baj


Enrico Baj (Milano, 31 ottobre 1924 - Vergiate, Varese, 16 giugno 2003) è stato un pittore, grafico, scultore e saggista libertario italiano. Nella foto: Baj davanti al suo Ubu Re.

«La Patafisica, come l'arte, difende il principio della libertà e della libertà esistenziale e raccomanda proprio l'immaginario della fantasia quale migliore arma di difesa per preservare almeno l'autonomia del nostro pensiero. La Patafisica è una forma di resistenza all'oppressione in quanto tale. Proprio perché vi è un'oppressione a livello di potere, vi è un'oppressione al livello anche culturale, è evidente che ormai l'industria e l'organizzazione culturale sono opprimenti ed è anche evidente che si svolgono solo secondo modelli che sono quelli che piacciono al Grande Fratello. Quindi noi vediamo che l'oppressione, che va dall'asservimento dell'individuo e dei suoi comportamenti ai media e alla diffusione estrema di un sistema di produzione e di consumo forzato, è presente ovunque (da Che cos'è la Patafisica?)».

Baj, il "patapittore", come lo definì il poeta Jean-Clarence Lambert, è uno tra i più fervidi seguaci di Alfred Jarry e della sua Patafisica, sposa i contenuti di questa «scienza delle soluzioni immaginarie» portandoli a vessillo del proprio universo culturale. Baj matura negli anni una sua visione della Patafisica che proietta nella propria opera e che utilizza come arma contro le contraddizioni e le costrizioni del mondo e della società. L'irriverenza, l'ironia e il gusto del paradosso, propri di questa scienza, costituiscono per l'artista gli «anticorpi dell'uomo contemporaneo contro l'oppressione e la massificazione della burocrazia, dei codici fiscali, postali, telefonici, bancomatici, internettici eccetera». La Patafisica, che Baj riassume col motto «imago ergo sum», in opposizione alla razionalità matematica cartesiana, è nello stesso tempo musa e linfa vitale che rinnova e rinvigorisce la forza dell'immaginazione. Per Baj, infatti, il pittore, come il patafisico, rifiuta le spiegazioni scientifiche definitive, non riconoscendone alcuna valenza morale o estetica. Allo stesso modo egli azzera con la fantasia, facoltà «che può valicare le più alte vette e superare ogni difficoltà», la comune tensione a trovare una soluzione logica a ogni problema.