La sanzione penale e il conflitto sociale (di Pio Marconi): differenze tra le versioni

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[[File:Proudhon-children.jpg|thumb|300px|Pierre-Joseph Proudhon e i suoi figli]]Quest'articolo di Pio Marconi <ref>Tratto da: Pio Marconi, ''Libertà Selvaggia - Stato e punizione nel pensiero Libertario'', edizioni Marsiglio, 1979</ref>, essendo stato pubblicato da un sito anarchico non più attivo ('''anarcotico.net'''), è stato recuperato da [https://web.archive.org/web/20041112004157/http://www.anarcotico.net/index.php?module=pagesetter&func=viewpub&tid=8&pid=27 web.archive.org] e nuovamente postato su [[Anarcopedia]].
[[File:Proudhon-children.jpg|thumb|300px|Pierre-Joseph Proudhon e i suoi figli]]Quest'articolo di Pio Marconi <ref>Tratto da: Pio Marconi, ''Libertà Selvaggia - Stato e punizione nel pensiero Libertario'', edizioni Marsiglio, 1979</ref>, essendo stato pubblicato da un sito anarchico non più attivo ('''anarcotico.net'''), è stato recuperato da [https://web.archive.org/web/20041112004157/http://www.anarcotico.net/index.php?module=pagesetter&func=viewpub&tid=8&pid=27 web.archive.org] e nuovamente postato su [[Anarcopedia]].


== La prima fase del pensiero penale di Proudon ==
== La prima fase del pensiero penale di Proudhon ==
 


Diversa da quella di [[William Godwin|Godwin]] e da quella di [[Max Stirner|Stirner]], è la posizione di Proudhon sul problema della pena. Non soltanto perché nella prima fase del suo pensiero lo scrittore francese sostiene la necessità di una espansione del sistema repressivo (egli parla della necessìtà di una « inquisizione generale ») e afferma, in contrasto con uno dei temi tipici della [[filosofia]] del progresso e dell'umanesimo penale, che le pene devono diventare più dure di pari passo con la crescita morale e con lo sviluppo della società. Ma anche perché, in una seconda fase, pur contestando alla società (così come fanno Godwin e Stirner) il diritto di punire, progetta un sistema di garanzie per l'osservanza del diritto fondato su sanzioni istituzionalizzate (non nel senso di irrogate da un'[[autorità]] specializzata ma di tassativamente determinate) e giuridicamente regolate per quel che riguarda la loro applicazione, svincolate soprattutto da valutazioni di tipo morale. Proudhon, nel secondo periodo della sua produzione, non propone insomma di sostituire alla pena- afflizione fisica il trattamento morale progettato da [[William Godwin|Godwin]], né propone di sostituire l'autodifesa dipinta da [[Max Stirner|Stirner]], ma un sistema di sanzioni che retribuiscano la violazione senza pretendere di rappresentare una censura morale ufficialmente rivolta dalla società al trasgressore. L'interesse di [[Proudhon]] per il diritto e per la critica filosofica del diritto positivo è stato messo in risalto, oltre che da Sainte-Beuve, da una lunga serie di studiosi che si sono applicati al pensiero del filosofo francese. Nei primi ''Carnets'' è già possibile ritrovare la testimonianza di una attenzione ai problemi giuridici e a quelli filosofico-giuridici. Tra il [[1844]] e il [[1845]] Proudhon annota l'intenzione di provvedere alla sua « immatricolazione in Diritto », di leggere « Oudot, Buignet, Rossi, Ortolan », di preparare « questa tesi per il dottorato. Cosa c'è di buono nei codici o in uno dei codici », infine di « concorrere a una cattedra di diritto, alla fine del Corso ». I problemi giuridici e filosofico-giuridici sui quali lo scrittore lavora con più impegno sono soprattutto quelli della giustizia, del contratto, del diritto proprietario. Tuttavia negli scritti di Proudhon, oltre all'impegno della lettura degli scritti di Rossi e di Ortolan, è possibile trovare la testimonianza di una attenzione ai problemi filosofico-penali e alla critica, fra gli altri codici, del Code pénal.
Diversa da quella di [[William Godwin|Godwin]] e da quella di [[Max Stirner|Stirner]], è la posizione di Proudhon sul problema della pena. Non soltanto perché nella prima fase del suo pensiero lo scrittore francese sostiene la necessità di una espansione del sistema repressivo (egli parla della necessìtà di una « inquisizione generale ») e afferma, in contrasto con uno dei temi tipici della [[filosofia]] del progresso e dell'umanesimo penale, che le pene devono diventare più dure di pari passo con la crescita morale e con lo sviluppo della società. Ma anche perché, in una seconda fase, pur contestando alla società (così come fanno Godwin e Stirner) il diritto di punire, progetta un sistema di garanzie per l'osservanza del diritto fondato su sanzioni istituzionalizzate (non nel senso di irrogate da un'[[autorità]] specializzata ma di tassativamente determinate) e giuridicamente regolate per quel che riguarda la loro applicazione, svincolate soprattutto da valutazioni di tipo morale. Proudhon, nel secondo periodo della sua produzione, non propone insomma di sostituire alla pena- afflizione fisica il trattamento morale progettato da [[William Godwin|Godwin]], né propone di sostituire l'autodifesa dipinta da [[Max Stirner|Stirner]], ma un sistema di sanzioni che retribuiscano la violazione senza pretendere di rappresentare una censura morale ufficialmente rivolta dalla società al trasgressore. L'interesse di [[Proudhon]] per il diritto e per la critica filosofica del diritto positivo è stato messo in risalto, oltre che da Sainte-Beuve, da una lunga serie di studiosi che si sono applicati al pensiero del filosofo francese. Nei primi ''Carnets'' è già possibile ritrovare la testimonianza di una attenzione ai problemi giuridici e a quelli filosofico-giuridici. Tra il [[1844]] e il [[1845]] Proudhon annota l'intenzione di provvedere alla sua « immatricolazione in Diritto », di leggere « Oudot, Buignet, Rossi, Ortolan », di preparare « questa tesi per il dottorato. Cosa c'è di buono nei codici o in uno dei codici », infine di « concorrere a una cattedra di diritto, alla fine del Corso ». I problemi giuridici e filosofico-giuridici sui quali lo scrittore lavora con più impegno sono soprattutto quelli della giustizia, del contratto, del diritto proprietario. Tuttavia negli scritti di Proudhon, oltre all'impegno della lettura degli scritti di Rossi e di Ortolan, è possibile trovare la testimonianza di una attenzione ai problemi filosofico-penali e alla critica, fra gli altri codici, del Code pénal.
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La portata dell'operazione compiuta da Proudhon si può cogliere meglio se paragonata a un'altra simile, ma di segno opposto, proposta da Jhering sedici anni dopo la comparsa dell'''Idée''. Jhering giustifica infatti la distinzione tra pena e sanzione civile (tutte e due reazioni ad azioni che si pongono in contrasto con le condizioni di esistenza della società giuridicamente tutelata) in termini funzionali, spiegando cioè la differenza tra i due tipi di sanzione in base ai diversi interessi della società e alle diverse possibilità di tutela dai due tipi di illecito. Questa spiegazione porta Jhering a prospettare l'estensione della pena come strumento di moralizzazione anche dei rapporti contrattuali; già troppo a lungo - egli scrive - la nostra legislazione è stata oziosamente a guardare come la scorrettezza, la disonestà e l'inganno si siano insediate sempre più sfacciatamente nei rapporti contrattuali, [... ]. Probabilmente dovremo fare ancora molta esperienza [...] per liberarci dal pregiudizio dottrinale, secondo cui l'ambito contrattuale sarebbe la palestra ideale per l'íllecito civile, preclusa per definizione alla pena.
La portata dell'operazione compiuta da Proudhon si può cogliere meglio se paragonata a un'altra simile, ma di segno opposto, proposta da Jhering sedici anni dopo la comparsa dell'''Idée''. Jhering giustifica infatti la distinzione tra pena e sanzione civile (tutte e due reazioni ad azioni che si pongono in contrasto con le condizioni di esistenza della società giuridicamente tutelata) in termini funzionali, spiegando cioè la differenza tra i due tipi di sanzione in base ai diversi interessi della società e alle diverse possibilità di tutela dai due tipi di illecito. Questa spiegazione porta Jhering a prospettare l'estensione della pena come strumento di moralizzazione anche dei rapporti contrattuali; già troppo a lungo - egli scrive - la nostra legislazione è stata oziosamente a guardare come la scorrettezza, la disonestà e l'inganno si siano insediate sempre più sfacciatamente nei rapporti contrattuali, [... ]. Probabilmente dovremo fare ancora molta esperienza [...] per liberarci dal pregiudizio dottrinale, secondo cui l'ambito contrattuale sarebbe la palestra ideale per l'íllecito civile, preclusa per definizione alla pena.


[[Proudhon]] sembra condividere quella che Jhering chiamerà la necessità di superare il «pregiudizio dottrinale » della, distinzione tra conseguenze dell'illecito civile e conseguenze dell'illecito penale, ma la posizione dell'anarchico francese è indirizzata, a differenza di Jhering, a proporre un sistema di sanzioni indipendenti dal rimprovero e dalla censura morale, costruite sull'esempio di quelle sanzioni attraverso le quali le società moderne restaurano alcune offese alle norme di diritto privato. L'arbitrato, la dipendenza della norma dalla stipulazione non fanno ostacolo - va inoltre osservato - a una determinazione normativa della sanzione, non aprono la porta a un sistema di reazioni indeterminate e indiscriminate. In un celebre saggio, Stammier, la cui interpretazione dell'anarchismo come filosofia che rifiuta integralmente il diritto sta forse all'origine delle fortunate definizioni kelseniane sull'anarchia, riduce la posizione di Proudhon alla contrapposizione di un libero sistema di scambi all'ordine giuridico. Ma, come ha osservato Gurvitch, la concezione proudhoniana della stipulazione non è la contrapposizione delle volontà alla regola, essa può essere infatti anche interpretata come momento di un processo di riconoscimento di una norma. Il diritto riconosciuto attraverso la stipulazione non nasce infatti, per [[Proudhon]], esclusivamente dalla volontà, esso non è soluzione arbitraria di casi particolari, non è diritto libero ma è dotato di una sua regolarità e uniformità perché il patto riconosce - è sempre Gurvitch a osservarlo - principi anteriori alla stipulazione. La stipulazione porta insomma alla dignità del diritto positivo, un diritto latente che le sta alle spalle. In questa concezione del diritto è possibile riconoscere inequivocabili elementi di giusnaturalismo. Prima della stipulazione e alla base della stipulazione sta infatti per Proudhon una regola di giustizia non rigida ed eterna, mutabile di pari passo con la nascita di "nuovi rapporti",ma che si pone come elemento di misura esterna del diritto positivo, come punto di riferimento rigido (anche se mutevole nel corso del processo sociale): « noi non giungeremo mai - scrive Proudhon - alla fine del Diritto, perché non cesseremo mai di creare tra di noi dei nuovi rapporti [... ]. Il progresso della Giustizia [...] è una condizione dalla quale non ci è dato uscire ». La stipulazione sembra tuttavia rappresentare per Proudhon un temperamento delle possibili conseguenze assolutistiche che derivano da una concezione della regola di giustizia come anteriore alla norma positiva. Il processo di riconoscimento della regola non viene infatti affidato dallo scrittore a un'istituzione formale, alla volontà dello stato, ma viene attribuito alla volontà dei contraenti il patto. Alle origini della posizione di Proudhon sulla pena sta sicuramente il suo complesso rapporto con il pensiero di Rousseau e in particolare la sua critica a due tesi cruciali del ginevrino: la concezione del contratto, il capovolgimento della questione della teodicea. Proudhon critica l'ipotesi di un contratto sociale totalitario che si imponga all'[[individuo]] anche al di fuori di un'esplicita sottoscrizione, stabilendo norme di comportamento e sanzioni non previste tassativamente a momento del patto.
[[Proudhon]] sembra condividere quella che Jhering chiamerà la necessità di superare il «pregiudizio dottrinale » della, distinzione tra conseguenze dell'illecito civile e conseguenze dell'illecito penale, ma la posizione dell'anarchico francese è indirizzata, a differenza di Jhering, a proporre un sistema di sanzioni indipendenti dal rimprovero e dalla censura morale, costruite sull'esempio di quelle sanzioni attraverso le quali le società moderne restaurano alcune offese alle norme di diritto privato. L'arbitrato, la dipendenza della norma dalla stipulazione non fanno ostacolo - va inoltre osservato - a una determinazione normativa della sanzione, non aprono la porta a un sistema di reazioni indeterminate e indiscriminate. In un celebre saggio, Stammier, la cui interpretazione dell'anarchismo come filosofia che rifiuta integralmente il diritto sta forse all'origine delle fortunate definizioni kelseniane sull'anarchia, riduce la posizione di Proudhon alla contrapposizione di un libero sistema di scambi all'ordine giuridico. Ma, come ha osservato Gurvitch, la concezione proudhoniana della stipulazione non è la contrapposizione delle volontà alla regola, essa può essere infatti anche interpretata come momento di un processo di riconoscimento di una norma. Il diritto riconosciuto attraverso la stipulazione non nasce infatti, per [[Proudhon]], esclusivamente dalla volontà, esso non è soluzione arbitraria di casi particolari, non è diritto libero ma è dotato di una sua regolarità e uniformità perché il patto riconosce - è sempre Gurvitch a osservarlo - principi anteriori alla stipulazione. La stipulazione porta insomma alla dignità del diritto positivo, un diritto latente che le sta alle spalle. In questa concezione del diritto è possibile riconoscere inequivocabili elementi di giusnaturalismo. Prima della stipulazione e alla base della stipulazione sta infatti per Proudhon una regola di giustizia non rigida ed eterna, mutabile di pari passo con la nascita di "nuovi rapporti",ma che si pone come elemento di misura esterna del diritto positivo, come punto di riferimento rigido (anche se mutevole nel corso del processo sociale): « noi non giungeremo mai - scrive Proudhon - alla fine del Diritto, perché non cesseremo mai di creare tra di noi dei nuovi rapporti [...]. Il progresso della Giustizia [...] è una condizione dalla quale non ci è dato uscire ». La stipulazione sembra tuttavia rappresentare per Proudhon un temperamento delle possibili conseguenze assolutistiche che derivano da una concezione della regola di giustizia come anteriore alla norma positiva. Il processo di riconoscimento della regola non viene infatti affidato dallo scrittore a un'istituzione formale, alla volontà dello stato, ma viene attribuito alla volontà dei contraenti il patto. Alle origini della posizione di Proudhon sulla pena sta sicuramente il suo complesso rapporto con il pensiero di Rousseau e in particolare la sua critica a due tesi cruciali del ginevrino: la concezione del contratto, il capovolgimento della questione della teodicea. Proudhon critica l'ipotesi di un contratto sociale totalitario che si imponga all'[[individuo]] anche al di fuori di un'esplicita sottoscrizione, stabilendo norme di comportamento e sanzioni non previste tassativamente a momento del patto.


Pur differendo dalle concezioni individualistiche dell'[[anarchismo]] o per l'omaggio che egli fa alla società e all'ordine, Proudhon non divinizza la società, non riduce, secondo il modello comtiano, il diritto al dovere nei confronti della totalità, ma cerca di costruire un modello di ordine e di società nella quale, lo ricordava Piovani, è sempre fatta salva « la molteplicità degli individui socialmente conviventi ». Dal contratto totalizzante lo allontana la sua diffidenza verso le riforme «Paternalistiche », verso le panacee calate dall'alto e non realizzate attraverso il conflitto e il concorso degli uomini. Al fondo della sua filosofia sta quindi la fede « nell'autonomia degli uomini e nella ricostruzione dal basso del tessuto sociale »
Pur differendo dalle concezioni individualistiche dell'[[anarchismo]] o per l'omaggio che egli fa alla società e all'ordine, Proudhon non divinizza la società, non riduce, secondo il modello comtiano, il diritto al dovere nei confronti della totalità, ma cerca di costruire un modello di ordine e di società nella quale, lo ricordava Piovani, è sempre fatta salva « la molteplicità degli individui socialmente conviventi ». Dal contratto totalizzante lo allontana la sua diffidenza verso le riforme «Paternalistiche », verso le panacee calate dall'alto e non realizzate attraverso il conflitto e il concorso degli uomini. Al fondo della sua filosofia sta quindi la fede « nell'autonomia degli uomini e nella ricostruzione dal basso del tessuto sociale »
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Oltre alla diversa impostazione e al problema del contratto, va considerata la critica, formulata nel Sistema, dell'ipotesí rousseauiana dell'innocenza originale dell'uomo e della responsabilità della società per l'esistenza del male. [[Proudhon]], nella sua critica, mette in guardia dai rischi che possono derivare da tale ipotesi: quello soprattutto che essa possa legittimare l'esistenza di un sistema perfetto, compiutamente riformato, perfettamente ordinato, privo di contraddizioni. Un sistema che egli considera da un lato irrealizzabile (per l'ineliminabilità del male nell'uomo), dall'altro strumento di coercizione della molteplicità da parte della totalità rigenerata. La tesi proudhoniana dell'uomo buono e malvagio insieme, corre insomma parallela alla concezione di una società nella quale il conflitto è sempre previsto e nella quale il risarcimento dell'ordine, la risposta al torto, non deve essere occasione di prevaricazione di una parte della società su di un'altra.
Oltre alla diversa impostazione e al problema del contratto, va considerata la critica, formulata nel Sistema, dell'ipotesí rousseauiana dell'innocenza originale dell'uomo e della responsabilità della società per l'esistenza del male. [[Proudhon]], nella sua critica, mette in guardia dai rischi che possono derivare da tale ipotesi: quello soprattutto che essa possa legittimare l'esistenza di un sistema perfetto, compiutamente riformato, perfettamente ordinato, privo di contraddizioni. Un sistema che egli considera da un lato irrealizzabile (per l'ineliminabilità del male nell'uomo), dall'altro strumento di coercizione della molteplicità da parte della totalità rigenerata. La tesi proudhoniana dell'uomo buono e malvagio insieme, corre insomma parallela alla concezione di una società nella quale il conflitto è sempre previsto e nella quale il risarcimento dell'ordine, la risposta al torto, non deve essere occasione di prevaricazione di una parte della società su di un'altra.
[[Image:Proudhon.gif|right|thumb|200 px|[[Pierre-Joseph Proudhon]]]]
[[Image:Proudhon4.jpg|right|thumb|300px|[[Pierre-Joseph Proudhon]]]]
Il modello offerto da Proudhon per la soluzione dei conflitti ricalcato, come si è visto, sul sistema giuridico degli scambi, sul contratto privato, sull'universo del diritto civile. Alla luce della storia del moderno diritto privato (e non solo in quei paesi nei quali ha prevalso la pubblicizzazione della economia ma anche in quelli nei quali la gestione dell'economia è ispirata a una ideologia di tipo liberistico), si potrebbe osservare l'illusorietà della prospettiva indicata dal pensatore francese. La regolamentazione dello scambio tende oggi a sfuggire alla dimensione dell'incontro delle volontà per collocarsi in quella dell'autorità. Non si è certamente realizzato il sogno jheringiano di una censura penale dell'infrazione nel campo del diritto privato ma sono state ugualmente sviluppate le regole pubbliche di imperio o di incentivazione-dissuasione nel mondo privato della produzione e degli scambi. Alla luce della moderna storia sociale si potrebbe ancora osservare che lo scambio si mostra sempre più intessuto di momenti autoritativi (monopolio, egemonia, scelte dello stato, politica economica) contraddicendo all'ipotesi di un sistema concorrenziale puro.
Il modello offerto da Proudhon per la soluzione dei conflitti ricalcato, come si è visto, sul sistema giuridico degli scambi, sul contratto privato, sull'universo del [[diritto]] civile. Alla luce della storia del moderno [[diritto]] privato (e non solo in quei paesi nei quali ha prevalso la pubblicizzazione della economia ma anche in quelli nei quali la gestione dell'economia è ispirata a una ideologia di tipo liberistico), si potrebbe osservare l'illusorietà della prospettiva indicata dal pensatore francese. La regolamentazione dello scambio tende oggi a sfuggire alla dimensione dell'incontro delle volontà per collocarsi in quella dell'autorità. Non si è certamente realizzato il sogno jheringiano di una censura penale dell'infrazione nel campo del [[diritto]] privato ma sono state ugualmente sviluppate le regole pubbliche di imperio o di incentivazione-dissuasione nel mondo privato della produzione e degli scambi. Alla luce della moderna storia sociale si potrebbe ancora osservare che lo scambio si mostra sempre più intessuto di momenti autoritativi (monopolio, egemonia, scelte dello stato, politica economica) contraddicendo all'ipotesi di un sistema concorrenziale puro.


Sembra insomma che la storia del diritto e quella della società abbiano dato ragione alle critiche rivolte da [[Marx]] a Proudhon. In particolare all'accusa di aver confuso l'ideologia economica e le sue categorie con i rapporti sociali reali, e a quella di non aver riconosciuto la storicità e la transitorietà delle categorie sociali. Ma occorre riflettere anche sull'uso che, oltre [[Marx]], è stato fatto delle contestazioni rivolte a Proudhon.
Sembra insomma che la storia del [[diritto]] e quella della società abbiano dato ragione alle critiche rivolte da [[Marx]] a Proudhon. In particolare all'accusa di aver confuso l'ideologia economica e le sue categorie con i rapporti sociali reali, e a quella di non aver riconosciuto la storicità e la transitorietà delle categorie sociali. Ma occorre riflettere anche sull'uso che, oltre [[Marx]], è stato fatto delle contestazioni rivolte a Proudhon.


Il signor [[Proudhon]] - osservava Marx - soprattutto perché manca di conoscenza storica, non ha compreso che gli uomini nel mentre sviluppano le loro forze produttive, vale a dire mentre vivono, sviluppano determinati rapporti reciproci e che la natura di quei rapporti deve cambiare necessariamente con il mutamento e lo sviluppo delle forze produttive.
Il signor [[Proudhon]] - osservava Marx - soprattutto perché manca di conoscenza storica, non ha compreso che gli uomini nel mentre sviluppano le loro forze produttive, vale a dire mentre vivono, sviluppano determinati rapporti reciproci e che la natura di quei rapporti deve cambiare necessariamente con il mutamento e lo sviluppo delle forze produttive.
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==Voci correlate==
==Voci correlate==
*[[Diritto]]
*[[L'anarchismo e il crimine (da endehors.org)]]
*[[Anarchismo e diritto (di Alexei Borovoi)]]
*[[Anarchia e diritto (di Pier Francesco Zarcone)]]
*[[Regole e anarchia]]
*[[Abolizione del carcere]]
*[[Croce Nera Anarchica]]
*[[Croce Nera Anarchica]]
*[[L'anarchismo e il crimine]]


[[Categoria:Anarchismo]]
[[Categoria:Diritto]]
[[Categoria:Testi]]
[[Categoria:Società]]
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