Il marxismo come ideologia borghese (di Murray Bookchin): differenze tra le versioni

Jump to navigation Jump to search
m
Sostituzione testo - "se stessi" con "sé stessi"
m (Sostituzione testo - " socialista " con " socialista ")
m (Sostituzione testo - "se stessi" con "sé stessi")
 
(4 versioni intermedie di uno stesso utente non sono mostrate)
Riga 5: Riga 5:
Il [[marxismo]], forse il più notevole tentativo di demistificazione della società borghese, si è rivelato a sua volta la più astuta e sottile mistificazione del capitalismo della nostra epoca. Non mi riferisco, con ciò, al "positivismo" latente nel pensiero di [[Marx]], né a un riconoscimento a posteriori dei suoi "limiti storici". Una seria critica del marxismo deve prendere le mosse dalla sua intrinseca natura di prodotto più avanzato - anzi, di momento culminante - dell'Illuminismo borghese. Non è più sufficiente vedere in Marx un punto di partenza per la nuova critica sociale, accettare la validità del suo "metodo" nonostante il contenuto limitato che poteva abbracciare nel suo periodo storico, considerarne liberatori gli obiettivi scindendoli dai mezzi e attribuirne gli errori e le manchevolezze ai seguaci e agli epigoni.
Il [[marxismo]], forse il più notevole tentativo di demistificazione della società borghese, si è rivelato a sua volta la più astuta e sottile mistificazione del capitalismo della nostra epoca. Non mi riferisco, con ciò, al "positivismo" latente nel pensiero di [[Marx]], né a un riconoscimento a posteriori dei suoi "limiti storici". Una seria critica del marxismo deve prendere le mosse dalla sua intrinseca natura di prodotto più avanzato - anzi, di momento culminante - dell'Illuminismo borghese. Non è più sufficiente vedere in Marx un punto di partenza per la nuova critica sociale, accettare la validità del suo "metodo" nonostante il contenuto limitato che poteva abbracciare nel suo periodo storico, considerarne liberatori gli obiettivi scindendoli dai mezzi e attribuirne gli errori e le manchevolezze ai seguaci e agli epigoni.


In realtà, il "fallimento" di Marx nella creazione e nello sviluppo di una critica radicale del capitalismo e di una pratica rivoluzionaria non si può neppure definire tale nel senso di un'impresa inadeguata agli obiettivi che si era proposti. Al contrario, nei suoi aspetti migliori, il marxismo tradisce se stesso, poiché assimila inavvertitamente i caratteri più dubbi del pensiero illuminista ed è sorprendentemente vulnerabile dalle sue implicazioni borghesi. Nei suoi aspetti peggiori, invece, la teoria marxista rappresenta l'apologia di un'epoca storica nuova, testimone della fusione tra "libero mercato" e pianificazione economica, tra proprietà privata e proprietà nazionalizzata, tra competitività e manipolazione oligopolistica della produzione e dei consumi, tra economia e stato - in breve, l'epoca moderna del capitalismo di stato. La sorprendente congruenza del "socialismo scientifico" di Marx - un [[socialismo]] che considerava la razionalizzazione economica, la pianificazione produttiva e lo "stato proletario" come obiettivi prioritari del progetto rivoluzionario - con l'intrinseco sviluppo del capitalismo verso il monopolio, verso il controllo politico e verso un apparente "stato di benessere" ha già fatto sì che alcune sue correnti istituzionalizzate, come la social-democrazia e l'eurocomunismo, contribuissero attivamente alla stabilizzazione di un'epoca di grande razionalizzazione del capitalismo. In effetti, ci basta una lieve modifica prospettica per essere in grado di valerci dell'ideologia marxista per definire "socialista" l'era capitalista in cui viviamo.
In realtà, il "fallimento" di Marx nella creazione e nello sviluppo di una critica radicale del capitalismo e di una pratica rivoluzionaria non si può neppure definire tale nel senso di un'impresa inadeguata agli obiettivi che si era proposti. Al contrario, nei suoi aspetti migliori, il marxismo tradisce stesso, poiché assimila inavvertitamente i caratteri più dubbi del pensiero illuminista ed è sorprendentemente vulnerabile dalle sue implicazioni borghesi. Nei suoi aspetti peggiori, invece, la teoria marxista rappresenta l'apologia di un'epoca storica nuova, testimone della fusione tra "libero mercato" e pianificazione economica, tra proprietà privata e proprietà nazionalizzata, tra competitività e manipolazione oligopolistica della produzione e dei consumi, tra economia e stato - in breve, l'epoca moderna del capitalismo di stato. La sorprendente congruenza del "socialismo scientifico" di Marx - un [[socialismo]] che considerava la razionalizzazione economica, la pianificazione produttiva e lo "stato proletario" come obiettivi prioritari del progetto rivoluzionario - con l'intrinseco sviluppo del capitalismo verso il monopolio, verso il controllo politico e verso un apparente "stato di benessere" ha già fatto sì che alcune sue correnti istituzionalizzate, come la social-democrazia e l'eurocomunismo, contribuissero attivamente alla stabilizzazione di un'epoca di grande razionalizzazione del capitalismo. In effetti, ci basta una lieve modifica prospettica per essere in grado di valerci dell'ideologia marxista per definire "socialista" l'era capitalista in cui viviamo.


Questa mutazione prospettica può essere liquidata come "volgarizzazione", come "tradimento" del marxismo? Oppure realizza in pieno le tesi principali di Marx - secondo una logica che Marx stesso non fu in grado di cogliere? Quando [[Lenin]] descrive il socialismo come "nulla più che un monopolio capitalista di stato volto a favore del popolo", volgarizza anch'egli il pensiero marxista e ne contamina l'integrità? O rivela invece le premesse che vi sono insite, e che ne fanno, storicamente, l'ideologia più sofisticata del capitalismo avanzato? Il senso di queste domande consiste nell'appurare se esistono elementi condivisi da tutti i marxisti, tali da costituire una base reale per la socialdemocrazia, l'eurocomunismo e le idee di Lenin. Una teoria che viene così spesso "volgarizzata", "tradita" e, peggio, istituzionalizzata in forme di potere burocratico da quasi tutti i suoi seguaci fa pensare che questi suoi "tradimenti" siano, tutto sommato, ''una condizione normale della sua esistenza''. Ciò che appare come una "volgarizzazione", un "tradimento" e una manifestazione burocratica nel fervore incandescente delle dispute dottrinali può invece rivelarsi, alla fredda luce della storia, una fedele realizzazione dei suoi obiettivi. In ogni caso, oggi, tutti i ruoli storici sembrano essere stati male assegnati. Può darsi che non sia il marxismo a doversi rinnovare per mettersi nuovamente al passo con le fasi più avanzate del capitalismo, ma invece queste ultime, nelle società borghesi più tradizionali, a dover guadagnare ancora terreno per raggiungere il marxismo, la più sofisticata anticipazione ''ideologica'' dello sviluppo capitalista.
Questa mutazione prospettica può essere liquidata come "volgarizzazione", come "tradimento" del marxismo? Oppure realizza in pieno le tesi principali di Marx - secondo una logica che Marx stesso non fu in grado di cogliere? Quando [[Lenin]] descrive il socialismo come "nulla più che un monopolio capitalista di stato volto a favore del popolo", volgarizza anch'egli il pensiero marxista e ne contamina l'integrità? O rivela invece le premesse che vi sono insite, e che ne fanno, storicamente, l'ideologia più sofisticata del capitalismo avanzato? Il senso di queste domande consiste nell'appurare se esistono elementi condivisi da tutti i marxisti, tali da costituire una base reale per la socialdemocrazia, l'eurocomunismo e le idee di Lenin. Una teoria che viene così spesso "volgarizzata", "tradita" e, peggio, istituzionalizzata in forme di potere burocratico da quasi tutti i suoi seguaci fa pensare che questi suoi "tradimenti" siano, tutto sommato, ''una condizione normale della sua esistenza''. Ciò che appare come una "volgarizzazione", un "tradimento" e una manifestazione burocratica nel fervore incandescente delle dispute dottrinali può invece rivelarsi, alla fredda luce della storia, una fedele realizzazione dei suoi obiettivi. In ogni caso, oggi, tutti i ruoli storici sembrano essere stati male assegnati. Può darsi che non sia il marxismo a doversi rinnovare per mettersi nuovamente al passo con le fasi più avanzate del capitalismo, ma invece queste ultime, nelle società borghesi più tradizionali, a dover guadagnare ancora terreno per raggiungere il marxismo, la più sofisticata anticipazione ''ideologica'' dello sviluppo capitalista.
Riga 24: Riga 24:
Per colmo d'ironia, Marx completò il pensiero illuminista riportando nella società il cosmo di Laplace - non in modo rozzamente meccanicistico, ma certamente da scienziato, in aperta e violenta opposizione con ogni forma di utopia sociale. Assai più significativo dell'idea di Marx, secondo il quale egli avrebbe dato al socialismo una base scientifica, è il fatto, secondo il quale egli diede basi scientifiche al "destino" sociale. Di conseguenza, gli "uomini" erano da considerarsi (secondo le parole dello stesso Marx nella prefazione a ''Il capitale'') la "personificazione delle categorie economiche, i portatori di interessi di classe particolari", e non individui dotati di volontà e capaci di perseguire finalità etiche. L'umanità era divenuta l'oggetto di una legge sociale, una legge privata di ogni significato morale, come la legge cosmica di Laplace. La scienza non era più semplicemente un mezzo per descrivere la società, ma era divenuta il destino stesso della società.
Per colmo d'ironia, Marx completò il pensiero illuminista riportando nella società il cosmo di Laplace - non in modo rozzamente meccanicistico, ma certamente da scienziato, in aperta e violenta opposizione con ogni forma di utopia sociale. Assai più significativo dell'idea di Marx, secondo il quale egli avrebbe dato al socialismo una base scientifica, è il fatto, secondo il quale egli diede basi scientifiche al "destino" sociale. Di conseguenza, gli "uomini" erano da considerarsi (secondo le parole dello stesso Marx nella prefazione a ''Il capitale'') la "personificazione delle categorie economiche, i portatori di interessi di classe particolari", e non individui dotati di volontà e capaci di perseguire finalità etiche. L'umanità era divenuta l'oggetto di una legge sociale, una legge privata di ogni significato morale, come la legge cosmica di Laplace. La scienza non era più semplicemente un mezzo per descrivere la società, ma era divenuta il destino stesso della società.


Ciò che appare particolarmente significativo in questa sovversione del contenuto etico della legge - in questa sovversione della dialettica - è il modo in cui la dominazione è elevata a fatto naturale. Essa è connessa alla libertà, come condizione preliminare e necessaria all'emancipazione sociale. Marx, che in un certo senso si avvicinò alla concezione hegeliana, secondo la quale la realizzazione delle potenzialità umane passava attraverso la consapevolezza e la libertà, non possiede un criterio morale o spirituale intrinseco per affermare questo destino. Tutta la sua teoria è prigioniera della riduzione dell'[[etica]] a legge, della soggettività ad oggettività, della libertà a necessità. La dominazione diviene ammissibile come condizione preliminare e necessaria alla libertà, il capitalismo come condizione preliminare e necessaria al socialismo, la centralizzazione come condizione preliminare e necessaria alla decentralizzazione, lo stato come condizione preliminare e necessaria al comunismo. Sarebbe stato sufficiente affermare che il progresso materiale e tecnologico è condizione preliminare e necessaria alla libertà, ma Marx, come vedremo, dice molto di più e in modo tale che se ne possono trarre implicazioni sinistre per la realizzazione della libertà. I limiti che il pensiero libertario più puro poneva ad ogni trasgressione oltre i confini morali dell'agire sono bollati come "ideologia" e liquidati. Naturalmente, anche Marx avrebbe considerato una società totalitaria come una malefica deviazione dalla sua visione sociale; tuttavia, il suo apparato teoretico non contiene formulazioni etiche tali da escludere il concetto di dominazione dalla sua analisi sociale. Secondo l'ottica marxiana, una esclusione di questo genere avrebbe dovuto essere la conseguenza di una legge sociale oggettiva - del processo della "storia naturale" -, cioè di una legge moralmente neutrale. Perciò il concetto di dominazione non può essere criticato nei termini di un'etica che si richiami intrinsecamente alla giustizia e alla libertà; lo si può criticare - o convalidare - solo sulla base di leggi oggettive con una loro propria validità, che esistono, cioè, al di sopra degli "uomini" e al di sopra delle "ideologie". Questo errore, che trascende il problema dello "scientismo" marxista, si rivela fatale, poiché apre la via alla dominazione, che diviene l'incubo latente in ogni forma e in ogni successiva rielaborazione dell'ideale marxista.
Ciò che appare particolarmente significativo in questa sovversione del contenuto etico della legge - in questa sovversione della dialettica - è il modo in cui la dominazione è elevata a fatto naturale. Essa è connessa alla libertà, come condizione preliminare e necessaria all'emancipazione sociale. Marx, che in un certo senso si avvicinò alla concezione hegeliana, secondo la quale la realizzazione delle potenzialità umane passava attraverso la consapevolezza e la libertà, non possiede un criterio morale o spirituale intrinseco per affermare questo destino. Tutta la sua teoria è prigioniera della riduzione dell'[[etica]] a legge, della soggettività ad oggettività, della libertà a necessità. La dominazione diviene ammissibile come condizione preliminare e necessaria alla libertà, il capitalismo come condizione preliminare e necessaria al socialismo, la centralizzazione come condizione preliminare e necessaria alla decentralizzazione, lo stato come condizione preliminare e necessaria al comunismo. Sarebbe stato sufficiente affermare che il progresso materiale e tecnologico è condizione preliminare e necessaria alla libertà, ma Marx, come vedremo, dice molto di più e in modo tale che se ne possono trarre implicazioni sinistre per la realizzazione della libertà. I limiti che il pensiero libertario più puro poneva ad ogni trasgressione oltre i confini morali dell'agire sono bollati come "ideologia" e liquidati. Naturalmente, anche Marx avrebbe considerato una società totalitaria come una malefica deviazione dalla sua visione sociale; tuttavia, il suo apparato teoretico non contiene formulazioni etiche tali da escludere il concetto di dominazione dalla sua analisi sociale. Secondo l'ottica marxiana, una esclusione di questo genere avrebbe dovuto essere la conseguenza di una legge sociale oggettiva - del processo della "storia naturale" - cioè di una legge moralmente neutrale. Perciò il concetto di dominazione non può essere criticato nei termini di un'etica che si richiami intrinsecamente alla giustizia e alla libertà; lo si può criticare - o convalidare - solo sulla base di leggi oggettive con una loro propria validità, che esistono, cioè, al di sopra degli "uomini" e al di sopra delle "ideologie". Questo errore, che trascende il problema dello "scientismo" marxista, si rivela fatale, poiché apre la via alla dominazione, che diviene l'incubo latente in ogni forma e in ogni successiva rielaborazione dell'ideale marxista.


=== La conquista della natura ===
=== La conquista della natura ===
Riga 33: Riga 33:
Queste parole potrebbero essere tratte direttamente dalla concezione di D'Holbach della natura come "immenso laboratorio", dal peana di D'Alembert nei confronti della nuova scienza, che "travolge tutto dinanzi a sé... come un fiume che ha rotto gli argini", dall'ipostatizzazione di Diderot del ruolo della tecnica nel progresso umano, dall'atteggiamento favorevole di Montesquieu verso la violenza alla natura - atteggiamento che, combinato ad arte con la metafora di William Petty sulla natura come "madre" e sul lavoro come "padre" di tutti i beni materiali, rivela chiaramente la matrice illuminista del pensiero marxiano. Come osservò Ernst Cassirer a proposito dell'Illuminismo: "Tutto il diciottesimo secolo fu permeato da questa convinzione, e cioè che fosse giunto ormai il momento di privare la natura dei suoi segreti, tanto accuratamente celati, non lasciarla più nell'oscurità, come un mistero incomprensibile, dinanzi al quale provare meraviglia, di sottoporla finalmente alla chiara luce della ragione e di analizzarne tutte le forze fondamentali". (''La filosofia dell'Illuminismo'').
Queste parole potrebbero essere tratte direttamente dalla concezione di D'Holbach della natura come "immenso laboratorio", dal peana di D'Alembert nei confronti della nuova scienza, che "travolge tutto dinanzi a sé... come un fiume che ha rotto gli argini", dall'ipostatizzazione di Diderot del ruolo della tecnica nel progresso umano, dall'atteggiamento favorevole di Montesquieu verso la violenza alla natura - atteggiamento che, combinato ad arte con la metafora di William Petty sulla natura come "madre" e sul lavoro come "padre" di tutti i beni materiali, rivela chiaramente la matrice illuminista del pensiero marxiano. Come osservò Ernst Cassirer a proposito dell'Illuminismo: "Tutto il diciottesimo secolo fu permeato da questa convinzione, e cioè che fosse giunto ormai il momento di privare la natura dei suoi segreti, tanto accuratamente celati, non lasciarla più nell'oscurità, come un mistero incomprensibile, dinanzi al quale provare meraviglia, di sottoporla finalmente alla chiara luce della ragione e di analizzarne tutte le forze fondamentali". (''La filosofia dell'Illuminismo'').


Anche prescindendo dalle radici illuministiche della dottrina marxista, la concezione della natura come "oggetto" che l'"uomo" deve usare porta non solo alla totale materializzazione della natura, ma anche dell'"uomo" stesso. In realtà, i processi storici si muovono, anche più di quanto Marx fosse disposto ad ammettere, ciecamente, come quelli naturali, nel senso che entrambi mancano di ogni consapevolezza. L'ordine sociale si sviluppa secondo leggi che sono sovrumane tanto quanto l'ordine naturale. La teoria marxista considera l'"uomo" come l'impersonificazione di due aspetti della realtà materiale: in primo luogo, come produttore, che definisce se stesso attraverso il lavoro; in secondo luogo, come essere sociale, con funzioni prevalentemente economiche. Quando Marx dichiara che "gli uomini si distinguono dagli animali perché sono dotati di una coscienza, perché seguono una religione, o per qualsiasi altra ragione, (tuttavia essi stessi) cominciarono a distinguersi dagli altri animali quando iniziarono a produrre i mezzi per il proprio sostentamento" (''L'ideologia tedesca''), egli si riferisce all'umanità come a una "forza" del processo produttivo, distinta dalle altre "forze" materiali solo in conseguenza della capacità dell'"uomo" di concettualizzare le operazioni produttive che gli animali compiono istintivamente. È difficile stabilire con esattezza quanto questa concezione dell'umanità si distacchi da quella classica. Per Aristotele, l'"uomo" esprimeva la propria umanità per il fatto di vivere in polis e perché era in grado di "rendere bella la propria esistenza". Tutto il periodo greco distingueva gli "uomini" dagli animali per le loro facoltà razionali. Se il "modo di produzione" non deve essere considerato semplicemente un mezzo per la sopravvivenza, bensì un "modo di vita", tale per cui l'"uomo" si identifica con "ciò che produce e con il modo di produrre" (''L'ideologia tedesca''), allora l'umanità può essere considerata uno strumento di produzione. La dominazione dell'"uomo sull'uomo" è soprattutto un fenomeno tecnico, piuttosto che un fenomeno etico. Secondo questa concezione incredibilmente riduttiva, la validità della dominazione dell'"uomo sull'uomo" si deve valutare solo in termini di bisogni e possibilità tecniche, per quanto sgradito avrebbe potuto essere un simile criterio anche a Marx, se ne avesse compreso appieno la brutale evidenza. Anche la dominazione, come vedremo a proposito del saggio di Engels, "Sull'autorità ", diviene così un fenomeno tecnico necessario alla realizzazione della libertà.
Anche prescindendo dalle radici illuministiche della dottrina marxista, la concezione della natura come "oggetto" che l'"uomo" deve usare porta non solo alla totale materializzazione della natura, ma anche dell'"uomo" stesso. In realtà, i processi storici si muovono, anche più di quanto Marx fosse disposto ad ammettere, ciecamente, come quelli naturali, nel senso che entrambi mancano di ogni consapevolezza. L'ordine sociale si sviluppa secondo leggi che sono sovrumane tanto quanto l'ordine naturale. La teoria marxista considera l'"uomo" come l'impersonificazione di due aspetti della realtà materiale: in primo luogo, come produttore, che definisce stesso attraverso il lavoro; in secondo luogo, come essere sociale, con funzioni prevalentemente economiche. Quando Marx dichiara che "gli uomini si distinguono dagli animali perché sono dotati di una coscienza, perché seguono una religione, o per qualsiasi altra ragione, (tuttavia essi stessi) cominciarono a distinguersi dagli altri animali quando iniziarono a produrre i mezzi per il proprio sostentamento" (''L'ideologia tedesca''), egli si riferisce all'umanità come a una "forza" del processo produttivo, distinta dalle altre "forze" materiali solo in conseguenza della capacità dell'"uomo" di concettualizzare le operazioni produttive che gli animali compiono istintivamente. È difficile stabilire con esattezza quanto questa concezione dell'umanità si distacchi da quella classica. Per Aristotele, l'"uomo" esprimeva la propria umanità per il fatto di vivere in polis e perché era in grado di "rendere bella la propria esistenza". Tutto il periodo greco distingueva gli "uomini" dagli animali per le loro facoltà razionali. Se il "modo di produzione" non deve essere considerato semplicemente un mezzo per la sopravvivenza, bensì un "modo di vita", tale per cui l'"uomo" si identifica con "ciò che produce e con il modo di produrre" (''L'ideologia tedesca''), allora l'umanità può essere considerata uno strumento di produzione. La dominazione dell'"uomo sull'uomo" è soprattutto un fenomeno tecnico, piuttosto che un fenomeno etico. Secondo questa concezione incredibilmente riduttiva, la validità della dominazione dell'"uomo sull'uomo" si deve valutare solo in termini di bisogni e possibilità tecniche, per quanto sgradito avrebbe potuto essere un simile criterio anche a Marx, se ne avesse compreso appieno la brutale evidenza. Anche la dominazione, come vedremo a proposito del saggio di Engels, "Sull'autorità ", diviene così un fenomeno tecnico necessario alla realizzazione della libertà.


La società, a sua volta, diviene un modo di lavorare, da valutarsi in rapporto alla sua capacità di soddisfare i bisogni materiali. La società di classe non potrà essere eliminata finché il "modo di produrre" non consentirà di disporre di tempo libero e di benessere materiali sufficienti a realizzare l'emancipazione dell'uomo. Finché non raggiungerà un livello tecnico soddisfacente, il processo evolutivo dell'"uomo" non sarà completo. In questo senso, gli ideali comunitari delle epoche passate erano pura ideologia, poiché un tentativo prematuro di realizzare una società egualitaria "generalizzerebbe solo i bisogni, e con i bisogni si riprodurrebbero inevitabilmente i conflitti e tutti i vecchi problemi" (''L'ideologia tedesca'').
La società, a sua volta, diviene un modo di lavorare, da valutarsi in rapporto alla sua capacità di soddisfare i bisogni materiali. La società di classe non potrà essere eliminata finché il "modo di produrre" non consentirà di disporre di tempo libero e di benessere materiali sufficienti a realizzare l'emancipazione dell'uomo. Finché non raggiungerà un livello tecnico soddisfacente, il processo evolutivo dell'"uomo" non sarà completo. In questo senso, gli ideali comunitari delle epoche passate erano pura ideologia, poiché un tentativo prematuro di realizzare una società egualitaria "generalizzerebbe solo i bisogni, e con i bisogni si riprodurrebbero inevitabilmente i conflitti e tutti i vecchi problemi" (''L'ideologia tedesca'').


Infine, anche qualora si raggiungesse un livello tecnico adeguato, "la libertà non potrà realizzarsi finché il bisogno e le necessità esterne renderanno indispensabile il lavoro dell'uomo. È nella natura stessa delle cose che la libertà risieda al di fuori della sfera della produzione materiale, nel significato più comune del termine. Anche l'uomo civilizzato, come il selvaggio, deve lottare con la natura per soddisfare i propri bisogni, per salvaguardare la propria vita e per riprodurla, e ciò è vero in tutte le società e con qualsiasi modo di produzione. Con il progresso, si ampliano anche le necessità naturali, perché aumentano i bisogni, ma nel contempo si accrescono anche le forze produttive, per mezzo delle quali i bisogni vengono soddisfatti. In una situazione cosiffatta, la libertà può consistere solo nel fatto che l'uomo socializzato e i prodotti associati regolino i loro scambi con la natura in modo razionale e la assoggettino al comune controllo, invece di farsi governare da essa come da una forza cieca e incontrollata; infine, nel fatto che essi assolvano questo compito col minore spreco di energie e nelle condizioni più adeguate e più consone alla natura umana. Tuttavia, ciò attiene ancora alla dimensione del bisogno, della necessità. Oltre questa dimensione ha inizio lo sviluppo della potenzialità umana, fine a se stesso, ovvero la dimensione della libertà, che tuttavia può realizzarsi solo sulle fondamenta della necessità e del bisogno. Premessa e condizione essenziale a questo sviluppo è la riduzione dell'orario di lavoro" (''Il capitale'', vol. III). Lo schema concettuale borghese raggiunge qui il suo punto culminante nelle immagini del "selvaggio che deve lottare con la natura", dell'espansione illimitata dei bisogni contrapposta alla limitazione "ideologica" degli stessi (ovvero, alla concezione ellenica di misura, di equilibrio e di autosufficienza), della razionalizzazione della produzione e del lavoro come obiettivi fini a se stessi di una natura puramente tecnica, della netta dicotomia tra libertà e necessità e del conflitto con la natura come condizione della vita sociale in tutte le sue forme: di classe e non di classe, privatistica o comunitaria.
Infine, anche qualora si raggiungesse un livello tecnico adeguato, "la libertà non potrà realizzarsi finché il bisogno e le necessità esterne renderanno indispensabile il lavoro dell'uomo. È nella natura stessa delle cose che la libertà risieda al di fuori della sfera della produzione materiale, nel significato più comune del termine. Anche l'uomo civilizzato, come il selvaggio, deve lottare con la natura per soddisfare i propri bisogni, per salvaguardare la propria vita e per riprodurla, e ciò è vero in tutte le società e con qualsiasi modo di produzione. Con il progresso, si ampliano anche le necessità naturali, perché aumentano i bisogni, ma nel contempo si accrescono anche le forze produttive, per mezzo delle quali i bisogni vengono soddisfatti. In una situazione cosiffatta, la libertà può consistere solo nel fatto che l'uomo socializzato e i prodotti associati regolino i loro scambi con la natura in modo razionale e la assoggettino al comune controllo, invece di farsi governare da essa come da una forza cieca e incontrollata; infine, nel fatto che essi assolvano questo compito col minore spreco di energie e nelle condizioni più adeguate e più consone alla natura umana. Tuttavia, ciò attiene ancora alla dimensione del bisogno, della necessità. Oltre questa dimensione ha inizio lo sviluppo della potenzialità umana, fine a stesso, ovvero la dimensione della libertà, che tuttavia può realizzarsi solo sulle fondamenta della necessità e del bisogno. Premessa e condizione essenziale a questo sviluppo è la riduzione dell'orario di lavoro" (''Il capitale'', vol. III). Lo schema concettuale borghese raggiunge qui il suo punto culminante nelle immagini del "selvaggio che deve lottare con la natura", dell'espansione illimitata dei bisogni contrapposta alla limitazione "ideologica" degli stessi (ovvero, alla concezione ellenica di misura, di equilibrio e di autosufficienza), della razionalizzazione della produzione e del lavoro come obiettivi fini a stessi di una natura puramente tecnica, della netta dicotomia tra libertà e necessità e del conflitto con la natura come condizione della vita sociale in tutte le sue forme: di classe e non di classe, privatistica o comunitaria.


In conseguenza di ciò, oggi il socialismo si muove entro un'orbita nella quale, per usare le parole di Max Horkheimer, "la dominazione della natura comporta la dominazione dell'uomo" non solo "la sottomissione della natura esterna, umana e non umana", ma anche della natura interiore dell'uomo (''L'eclisse della ragione''). In seguito alla separazione dal mondo naturale, l'"uomo" non può sperare di redimersi dalla società di classe e dallo sfruttamento finché lui stesso, come forza tecnica tra le forze tecniche create dal suo stesso ingegno, non riuscirà a trascendere la propria oggettivazione. La condizione preliminare e necessaria a questo superamento è quantitativamente commensurabile: "premessa e condizione essenziale a questo sviluppo è la riduzione dell'orario di lavoro". Finché ciò non si sarà realizzato, l'"uomo" sarà sottoposto alla tirannia della legge sociale, alla schiavitù del bisogno e della necessità di sopravvivenza.
In conseguenza di ciò, oggi il socialismo si muove entro un'orbita nella quale, per usare le parole di Max Horkheimer, "la dominazione della natura comporta la dominazione dell'uomo" non solo "la sottomissione della natura esterna, umana e non umana", ma anche della natura interiore dell'uomo (''L'eclisse della ragione''). In seguito alla separazione dal mondo naturale, l'"uomo" non può sperare di redimersi dalla società di classe e dallo sfruttamento finché lui stesso, come forza tecnica tra le forze tecniche create dal suo stesso ingegno, non riuscirà a trascendere la propria oggettivazione. La condizione preliminare e necessaria a questo superamento è quantitativamente commensurabile: "premessa e condizione essenziale a questo sviluppo è la riduzione dell'orario di lavoro". Finché ciò non si sarà realizzato, l'"uomo" sarà sottoposto alla tirannia della legge sociale, alla schiavitù del bisogno e della necessità di sopravvivenza.
Il proletariato, come tutte le altre classi, è prigioniero dei processi impersonali della storia. Come classe maggiormente soggetta alla disumanizzazione operata dalla società borghese, esso può trascendere la propria oggettivazione solo attraverso il carattere "urgente, non più mistificabile e assolutamente imperativo dei propri bisogni...". Per Marx, "il problema non è ciò che questo o quel proletariato, o anche tutto il proletariato, considera come suo obiettivo. Il problema è che cosa è il proletariato e che cosa, in conseguenza del suo essere, deve fare". (''La sacra famiglia'') Il suo "essere", qui, è un oggetto, e la legge sociale non è "destino", ma necessità. La soggettività del proletariato è un prodotto della sua oggettività - concezione, questa, che per colmo d'ironia trova una sorta di conferma nel fatto che ogni appello rivoluzionario rivolto esclusivamente a fattori oggettivi che intervengono nella formazione della "coscienza proletaria" o coscienza di classe si ritorcono come un boomerang contro il socialismo, in forma di una classe lavoratrice che ha "aderito al capitalismo" e che reclama la sua parte di benessere nel sistema. Così, come l'azione si fonda sulla reazione e la motivazione si fonda sul bisogno, lo spirito borghese diviene lo "spirito terreno" del marxismo.
Il proletariato, come tutte le altre classi, è prigioniero dei processi impersonali della storia. Come classe maggiormente soggetta alla disumanizzazione operata dalla società borghese, esso può trascendere la propria oggettivazione solo attraverso il carattere "urgente, non più mistificabile e assolutamente imperativo dei propri bisogni...". Per Marx, "il problema non è ciò che questo o quel proletariato, o anche tutto il proletariato, considera come suo obiettivo. Il problema è che cosa è il proletariato e che cosa, in conseguenza del suo essere, deve fare". (''La sacra famiglia'') Il suo "essere", qui, è un oggetto, e la legge sociale non è "destino", ma necessità. La soggettività del proletariato è un prodotto della sua oggettività - concezione, questa, che per colmo d'ironia trova una sorta di conferma nel fatto che ogni appello rivoluzionario rivolto esclusivamente a fattori oggettivi che intervengono nella formazione della "coscienza proletaria" o coscienza di classe si ritorcono come un boomerang contro il socialismo, in forma di una classe lavoratrice che ha "aderito al capitalismo" e che reclama la sua parte di benessere nel sistema. Così, come l'azione si fonda sulla reazione e la motivazione si fonda sul bisogno, lo spirito borghese diviene lo "spirito terreno" del marxismo.


La disillusione della natura porta alla disillusione dell'umanità. L'"uomo" diviene un agglomerato di interessi e la coscienza di classe diviene la generalizzazione di questi interessi a livello di coscienza. Nella misura in cui il concetto classico di realizzazione di individuo attraverso la polis perde terreno di fronte al concetto di auto-conservazione attraverso il socialismo, il pensiero borghese acquista un grado tale di sofisticazione, che i suoi primi portavoce (Hobbes, Locke) sembrano quasi degli ingenui. Ora l'incubo della dominazione si rivela in tutta la sua logica autoritaria. Come la necessità diviene il fondamento della libertà, così l'autorità diviene il fondamento di ogni coordinazione razionale. Questo concetto, già implicito nella netta separazione operata da Marx tra la dimensione della necessità e quella della libertà - una separazione che sarà aspramente criticata da Fourier -, viene definito in termini espliciti nel saggio di Engels, Sull'autorità. Per Engels, la fabbrica è un fatto naturale della tecnica, non un modo specificatamente borghese per razionalizzare il lavoro: di conseguenza, essa dovrà esistere nella società comunista, così come in quella capitalista, "indipendentemente dall'organizzazione sociale". Perché sia possibile coordinare l'attività della fabbrica, è necessario che le maestranze rinuncino ad ogni "autonomia" e "obbediscano ciecamente". Nella società classista e nella società senza classi, la dimensione della necessità sarà sempre una dimensione di autorità e di obbedienza, di governanti e governati. In modo assolutamente coerente all'ideologia di classe, Engels considera l'abbinamento tra socialismo, autoritarismo e comando come un fatto perfettamente naturale. Da attributo sociale, la dominazione diviene condizione essenziale alla sopravvivenza in una società tecnicamente avanzata.
La disillusione della natura porta alla disillusione dell'umanità. L'"uomo" diviene un agglomerato di interessi e la coscienza di classe diviene la generalizzazione di questi interessi a livello di coscienza. Nella misura in cui il concetto classico di realizzazione di individuo attraverso la polis perde terreno di fronte al concetto di auto-conservazione attraverso il socialismo, il pensiero borghese acquista un grado tale di sofisticazione, che i suoi primi portavoce (Hobbes, Locke) sembrano quasi degli ingenui. Ora l'incubo della dominazione si rivela in tutta la sua logica autoritaria. Come la necessità diviene il fondamento della libertà, così l'autorità diviene il fondamento di ogni coordinazione razionale. Questo concetto, già implicito nella netta separazione operata da Marx tra la dimensione della necessità e quella della libertà - una separazione che sarà aspramente criticata da Fourier - viene definito in termini espliciti nel saggio di Engels, Sull'autorità. Per Engels, la fabbrica è un fatto naturale della tecnica, non un modo specificatamente borghese per razionalizzare il lavoro: di conseguenza, essa dovrà esistere nella società comunista, così come in quella capitalista, "indipendentemente dall'organizzazione sociale". Perché sia possibile coordinare l'attività della fabbrica, è necessario che le maestranze rinuncino ad ogni "autonomia" e "obbediscano ciecamente". Nella società classista e nella società senza classi, la dimensione della necessità sarà sempre una dimensione di autorità e di obbedienza, di governanti e governati. In modo assolutamente coerente all'ideologia di classe, Engels considera l'abbinamento tra socialismo, autoritarismo e comando come un fatto perfettamente naturale. Da attributo sociale, la dominazione diviene condizione essenziale alla sopravvivenza in una società tecnicamente avanzata.


=== [[gerarchia|Gerarchia]] e dominazione ===
=== [[gerarchia|Gerarchia]] e dominazione ===
Riga 60: Riga 60:


==Collegamenti esterni==
==Collegamenti esterni==
[http://counago-and-spaves.blogspot.it/2010/07/readings-6.html Marxism as Bourgeois Sociology]
[http://archive.is/gL5i Marxism as Bourgeois Sociology]


[[Categoria:Marxismo]]
[[Categoria:Marxismo]]
[[Categoria:Testi]]


{{FairUse}}
{{FairUse}}
64 364

contributi

I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi. Utilizzando i nostri servizi, accetti il nostro utilizzo dei cookie.

Menu di navigazione