Gli attentati individualistici nella storia dell'anarchismo (da anarcotico.net): differenze tra le versioni

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Articolo pubblicato originariamente su [http://web.archive.org/web/20041111032151/www.anarcotico.net/index.php?module=pagesetter&func=viewpub&tid=22&pid=14 anarcotico.net], sito web individualista attualmente non più on-line, con il titolo di '''''La Tradizione degli attentati anarchici'''''.  
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== Gli attentati individualistici nella storia dell'anarchismo ==
== Gli attentati individualistici nella storia dell'anarchismo ==
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[[File:Malatesta.jpg|left|160 px|thumb|[[Errico Malatesta]]]]
[[File:Malatesta.jpg|left|160 px|thumb|[[Errico Malatesta]]]]
L'[[Anarco-individualismo|individualismo anarchico]] non fu un fenomeno unitario: si trattò in realtà di un ampio spettro di tendenze sempre omogenee il cui denominatore comune fu il rifiuto di ogni dimensione organizzativa. Le ragioni tale posizione furono probabilmente dovute al timore che una volta imprigionato il movimento all'interno di forme organizzate, esso avrebbe perduto la sua naturale spinta rivoluzionaria, appiattendosi su problematiche considerate inutili, suscettibili prima o poi di cadere nel parlamentarismo legalitario. Lo sviluppo dell'[[individualismo]] coincise con il periodo di grande vuoto organizzativo e di disgregazione che colpì il movimento negli anni ottanta del XIX secolo, anche se occorre ricordare che esso assunse un ruolo veramente politico in seno all'[[anarchismo]] solo nell'ultimo decennio del secolo quando dette vita a una forte polemica con l'ala organizzatrice del movimento.
L'[[Anarco-individualismo|individualismo anarchico]] non fu un fenomeno unitario: si trattò in realtà di un ampio spettro di tendenze sempre omogenee il cui denominatore comune fu il rifiuto di ogni dimensione organizzativa. Le ragioni tale posizione furono probabilmente dovute al timore che una volta imprigionato il movimento all'interno di forme organizzate, esso avrebbe perduto la sua naturale spinta rivoluzionaria, appiattendosi su problematiche considerate inutili, suscettibili prima o poi di cadere nel parlamentarismo legalitario. Lo sviluppo dell'[[individualismo]] coincise con il periodo di grande vuoto organizzativo e di disgregazione che colpì il movimento negli anni ottanta del XIX secolo, anche se occorre ricordare che esso assunse un ruolo veramente politico in seno all'[[anarchismo]] solo nell'ultimo decennio del secolo quando dette vita a una forte polemica con l'ala [[organizzatrice]] del movimento.


A partire dal 1896 [[Malatesta]] formulò le concezioni che prevedevano la riorganizzazione dei movimento anarchico su base nazionale, l'ipotesi della costruzione di un "partito" dotato di un suo programma politico, di un organo di stampa e di un minimo di struttura generale e permanente; al contrario [[anarco-individualisti|individualisti]] ed [[antiorganizzatori]] ritennero tutto ciò non conforme alla pura tradizione anarchica figlia delle tesi di [[Bakunin]] e degli scritti - pervasi da una sorta di determiniamo ottimista secondo il quale la storia avrebbe maturato una società anarchica - di Kropotkin, imputando allo stesso Malatesta di concepire l'impegno politico militante in chiave legalitaria e borghese. Nel quadro del netto rifiuto organizzativo, prendeva corpo all'interno del movimento anarchico la propensione all'atto isolato, frutto della scelta individuale o di piccoli gruppi che rivendicavano orgogliosamente la loro totale autonomia. <ref> Cfr. M. ANTONIOLI - P. C. MASINI, ''Il sol dell'avvenire. L'anarchismo in Italia dalle origini alla Prima Guerra mondiale'', Ed. BFS, Pisa 1999, p. 56 84 </ref>
A partire dal 1896 [[Malatesta]] formulò le concezioni che prevedevano la riorganizzazione dei movimento anarchico su base nazionale, l'ipotesi della costruzione di un "partito" dotato di un suo programma politico, di un organo di stampa e di un minimo di struttura generale e permanente; al contrario [[anarco-individualisti|individualisti]] ed [[antiorganizzatori]] ritennero tutto ciò non conforme alla pura tradizione anarchica figlia delle tesi di [[Bakunin]] e degli scritti - pervasi da una sorta di determiniamo ottimista secondo il quale la storia avrebbe maturato una società anarchica - di Kropotkin, imputando allo stesso Malatesta di concepire l'impegno politico militante in chiave legalitaria e borghese. Nel quadro del netto rifiuto organizzativo, prendeva corpo all'interno del movimento anarchico la propensione all'atto isolato, frutto della scelta individuale o di piccoli gruppi che rivendicavano orgogliosamente la loro totale autonomia. <ref> Cfr. M. ANTONIOLI - P. C. MASINI, ''Il sol dell'avvenire. L'anarchismo in Italia dalle origini alla Prima guerra mondiale'', Ed. BFS, Pisa 1999, p. 56 84 </ref>


Nacque così quell'[[azione diretta|individualismo definito d'azione]], corrente minoritaria all'interno del movimento anarchico che, soprattutto in una fase in cui l'illusione dell'imminenza della rivoluzione era forte e diffusa, tradusse il suo desiderio di affermazione in seno al contesto politico nazionale nell'utilizzo della violenza giustiziera. Gli atti di violenta insubordinazione diventarono così il mezzo con cui alcuni anarchici si contrapposero alle ingiustizie della società borghese. Gli anni novanta dell'ottocento furono il periodo del così detto "bombismo", anni in cui molte azioni di puro impatto dimostrativo ed i tragici attentati, contribuirono a creare nell'immaginario collettivo, grazie spesso ad un'accorta strumentalizzazione da pare delle [[autorità]] politiche, lo stereotipo dell'anarchico crudele e bombarolo. Nel corso degli anni immediatamente precedenti la fine dei secolo si assistette ad una graduale teorizzazione dell'individualismo d'azione per il quale la [[Propaganda col fatto|propaganda del fatto]] violento e sovvertitore fu considerata l'unico ed efficace strumento di lotta anarchica, anche perché le durissime repressioni governative nei confronti delle associazioni sovversive e dei moti di rivolta popolare, oltre alla definitiva scissione tra "socialismo legalitario" e "socialismo anarchico", gettarono il movimento in una condizione di profonda crisi strategico-politica.
Nacque così quell'[[azione diretta|individualismo definito d'azione]], corrente minoritaria all'interno del movimento anarchico che, soprattutto in una fase in cui l'illusione dell'imminenza della rivoluzione era forte e diffusa, tradusse il suo desiderio di affermazione in seno al contesto politico nazionale nell'utilizzo della violenza giustiziera. Gli atti di violenta insubordinazione diventarono così il mezzo con cui alcuni anarchici si contrapposero alle ingiustizie della società borghese. Gli anni novanta dell'ottocento furono il periodo del così detto "bombismo", anni in cui molte azioni di puro impatto dimostrativo ed i tragici attentati, contribuirono a creare nell'immaginario collettivo, grazie spesso ad un'accorta strumentalizzazione da pare delle [[autorità]] politiche, lo stereotipo dell'anarchico crudele e bombarolo. Nel corso degli anni immediatamente precedenti la fine dei secolo si assistette ad una graduale teorizzazione dell'individualismo d'azione per il quale la [[Propaganda col fatto|propaganda del fatto]] violento e sovvertitore fu considerata l'unico ed efficace strumento di lotta anarchica, anche perché le durissime repressioni governative nei confronti delle associazioni sovversive e dei moti di rivolta popolare, oltre alla definitiva scissione tra "socialismo legalitario" e "socialismo anarchico", gettarono il movimento in una condizione di profonda crisi strategico-politica.
[[Image:Caserio.jpg|thumb|250px|[[Sante Caserio]], anarchico italiano. Caserio assassinò a Lyon in Francia nel 1894 il presidente della repubblica francese Marie-François Sadi Carnot.]]
[[Image:Caserio.jpg|thumb|250px|[[Sante Caserio]], anarchico italiano. Caserio assassinò a Lyon in Francia nel 1894 il presidente della repubblica francese Marie-François Sadi Carnot.]]
[[File:Angiolillo.jpg|left|thumb|250px|[[Michele Angiolillo]], anarchico italiano. Angiolillo assassinò in Francia nel 1897 il presidente del consiglio spagnolo Antonio Cánovas del Castillo.]]
[[File:Angiolillo.jpg|left|thumb|250px|[[Michele Angiolillo]], anarchico italiano. Angiolillo assassinò in Francia nel 1897 il presidente del consiglio spagnolo Antonio Cánovas del Castillo.]]
Molto differente dall'[[individualismo]] d'azione fu quello che andò delineandosi agli inizi del 1900. Definito più tardi come individualismo teorico, esso cercò di ridefinire i contenuti dell'anarchismo in senso individualista, considerando cioè l'atto violento individuale nell'ottica della volontà di potenza e non già di strumento teso al sovvertimento sociale. Assunse un ruolo centrale il concetto di [[individuo]] come mezzo e fine di se stesso per cui il rapporto tra l'uomo e la società si tradusse in un fatto puramente strumentale. La collettività divenne l'ambiente all'interno del quale il singolo avrebbe dovuto realizzare completamente il proprio ego. Anche [[Gigi Damiani]] si ricollegò in parte a tale tipo di [[individualismo]] riuscendo però a conciliare la priorità individuale con la natura sociale dell'uomo; considerando il proprio individualismo come libertario egli cercò di spronare i singoli alla vera indipendenza personale definendo l'uomo sovrano di se stesso ma cercando comunque di porlo in collegamento con una società fondata sul concetto di comunismo.
Molto differente dall'[[individualismo]] d'azione fu quello che andò delineandosi agli inizi del 1900. Definito più tardi come individualismo teorico, esso cercò di ridefinire i contenuti dell'anarchismo in senso individualista, considerando cioè l'atto violento individuale nell'ottica della volontà di potenza e non già di strumento teso al sovvertimento sociale. Assunse un ruolo centrale il concetto di [[individuo]] come mezzo e fine di stesso per cui il rapporto tra l'uomo e la società si tradusse in un fatto puramente strumentale. La collettività divenne l'ambiente all'interno del quale il singolo avrebbe dovuto realizzare completamente il proprio ego. Anche [[Gigi Damiani]] si ricollegò in parte a tale tipo di [[individualismo]] riuscendo però a conciliare la priorità individuale con la natura sociale dell'uomo; considerando il proprio individualismo come libertario egli cercò di spronare i singoli alla vera indipendenza personale definendo l'uomo sovrano di stesso ma cercando comunque di porlo in collegamento con una società fondata sul concetto di comunismo.


===I casi di attentato===
===I casi di attentato===
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Fece dunque parte dell'azione e del bagaglio culturale dell'opposizione antimonarchica, di cui l'anarchismo era una componente, ed anche dello stesso Giuseppe Mazzini fin da metà dell'ottocento, l'uso della violenza come strumento di lotta politica. li suo impiego trovò legittimazione nell'idea secondo cui:
Fece dunque parte dell'azione e del bagaglio culturale dell'opposizione antimonarchica, di cui l'anarchismo era una componente, ed anche dello stesso Giuseppe Mazzini fin da metà dell'ottocento, l'uso della violenza come strumento di lotta politica. li suo impiego trovò legittimazione nell'idea secondo cui:


: «Coloro che non riconoscono come legittimo un ordinamento politico possono essere indotti a comportarsi nei confronti dello stato e delle persone che lo dirigono, come gli stati si comportano quando non si riconoscono reciprocamente e tendono al reciproco annientamento.» <ref> Dello stesso parere (circa l'utilità delle azioni violente) sarà Mussolini, prima che divenisse un fascista reazionario, il quale dichiarerà: «... persona vile il lanciatore solo perché si è disperso tra la folla? Ma non tentò anche Felice Orsini di nascondersi? E i terroristi russi non cercano di sfuggire, dopo fatto il colpo, all'arresto? Eroi-pazzi quelli che compiono atto individuale? Eroi quasi sempre, ma pazzi quasi mai. Pazzo un Angiolillo? Pazzo un Bresci? Ah no! Il loro atteggiamento ha strappato righe di ammirazione a giornalisti d'alta intelligenza. Non mettiamoci, giudicando questi uomini e gli atti da loro compiuti, sullo stesso piano della mentalità borghese e poliziesca. E non gettiamo noi socialisti le pietre della nostra lapidazione. Riconosciamo invece che gli atti individuali hanno il loro valore e qualche volta segnano l'inizio di profonde trasformazioni sociali». Da "Alcune interessanti opinioni di Mussolini. (''Il valore degli atti individuali'')", in «Il Martello», New York, 11 settembre 1926, tratto da ''Lotta di classe'' del 16 luglio 1910. </ref>
: «Coloro che non riconoscono come legittimo un ordinamento politico possono essere indotti a comportarsi nei confronti dello stato e delle persone che lo dirigono, come gli stati si comportano quando non si riconoscono reciprocamente e tendono al reciproco annientamento.» <ref> Dello stesso parere (circa l'utilità delle azioni violente) sarà Mussolini, prima che divenisse un fascista reazionario, il quale dichiarerà: «... persona vile il lanciatore solo perché si è disperso tra la folla? Ma non tentò anche Felice Orsini di nascondersi? E i terroristi russi non cercano di sfuggire, dopo fatto il colpo, all'arresto? Eroi-pazzi quelli che compiono atto individuale? Eroi quasi sempre, ma pazzi quasi mai. Pazzo un Angiolillo? Pazzo un Bresci? Ah no! Il loro atteggiamento ha strappato righe di ammirazione a giornalisti d'alta intelligenza. Non mettiamoci, giudicando questi uomini e gli atti da loro compiuti, sullo stesso piano della mentalità borghese e poliziesca. E non gettiamo noi socialisti le pietre della nostra lapidazione. Riconosciamo invece che gli atti individuali hanno il loro valore e qualche volta segnano l'inizio di profonde trasformazioni sociali» (''Il valore degli atti individuali'', in «[[Il Martello (New York)|Il Martello]]», New York, 11 settembre 1926, tratto da ''Lotta di classe'' del 16 luglio 1910).</ref>


Conclusasi con il regicidio di [[Gaetano Bresci|Bresci]] la stagione degli attentati eccellenti che, secondo Maurizio Antonioli, sancì anche la fine del così detto "bombismo", l'interesse degli ambienti individualisti si localizzò sulla figura e sugli scritti di [[Max Stirner]], fino allora conosciuti in maniera frammentaria. La sua opera, L'Unico e la sua proprietà, apparsa in Italia solo nel corso del 1902, venne a fungere da copertura ideologica per alcuni settori del mondo anarchico ed in special modo per le giovani generazioni di sovversivi le quali, formatesi in una fase nichilista e decadente della cultura occidentale, si abbandonarono ad un ribellismo irrazionale dai forti connotati elitari.
Conclusasi con il regicidio di [[Gaetano Bresci|Bresci]] la stagione degli attentati eccellenti che, secondo Maurizio Antonioli, sancì anche la fine del così detto "bombismo", l'interesse degli ambienti individualisti si localizzò sulla figura e sugli scritti di [[Max Stirner]], fino allora conosciuti in maniera frammentaria. La sua opera, L'Unico e la sua proprietà, apparsa in Italia solo nel corso del 1902, venne a fungere da copertura ideologica per alcuni settori del mondo anarchico ed in special modo per le giovani generazioni di sovversivi le quali, formatesi in una fase nichilista e decadente della cultura occidentale, si abbandonarono ad un ribellismo irrazionale dai forti connotati elitari.


L'uscita di un saggio di [[Luigi Fabbri]] intitolato ''L'individualismo stirneriano nel movimento anarchico'' <ref>«[[Il Pensiero]]», 25 ottobre e 10 novembre 1903". Cfr. M. ANTONIOLI - P. C. MASINI, op. cit., p. 66, n. 48. 89 </ref>, in cui l'autore cercò di fare una lucida disamina delle origini storiche dell'anarchismo, innescò una diatriba interna al movimento tra gli "stirneriani", i quali consideravano il filosofo tedesco padre dell'anarchia integrale, e tutto il rimanente mondo anarchico che si opponeva a tale appiattimento dei loro credo politico, ribadendo con forza la naturale derivazione dell'anarchia dal socialismo. La polemica conobbe momenti di vasta eco grazie all'azione di due fratelli genovesi poco più che adolescenti, Attilio e Ludovico Corbella <ref> Stando alle carte della polizia, Attilio era nato nel 1887 ed aveva diciassette anni nel 1904. Dei fratello, pare più giovane, non esiste traccia presso il Casellario Politico Centrale. Entrambi erano studenti di ragioneria". Cfr. M. ANTONIOLI - [[Pier Carlo Masini|P. C. MASINI]], op. cit., p. 67, n. 51. </ref>, che su di alcuni fogli anarchici, tra cui «Il Grido della Folla» (il maggior giornale individualista dell'Italia d'inizio secolo nato a Milano nel 1902 grazie all'impegno di [[Ettore Molinari]] e di [[Nella Giacomelli]]) <ref> Per maggiori notizie su questi due personaggi del movimento anarchico si veda: [[Pier Carlo Masini|P.C. MASINI]], ''Storia degli anarchici italiani nell'epoca degli attentati'', Ed. Rizzoli, Milano 1981, pp. 199-202. Su [[Nella Giacomelli]] in particolare anche: P.C. MASINI, ''Le passionarie dell'Anarchia in Italia'' in Storia Illustrata, Ed. Mondadori, Milano, ottobre 1973. </ref>, si impegnarono a dimostrare che lo stirnerismo non era una degenerazione dell'idea libertaria bensì la sua stessa essenza. Nella lotta contro ogni tipo di "archia" - compresa la Morale, la Giustizia ed il Diritto - la dottrina di [[Max Stirner|Stirner]], secondo i due, intendeva raggiungere la dimensione autentica della libertà individuale. Presero comunque le distanze da questi estremismi anche altri individualisti come [[Oberdan Gigli]] <ref> [[Oberdan Gigli]] (1883-1949), [[anarco-individualismo|anarchico individualista]], diplomato in ragioneria, collaborò a numerosi periodici tra i quali «Il Grido della Folla», «Vir», «La Protesta Umana», «[[Il Pensiero]]» e «Sciarpa Nera». Si trasferì da Genova a Milano nel 1903, dove instaurò un rapporto d'amicizia con [[Nella Giacomelli]], e poi a Finale Emilia nel 1904, dove risiedette per molti anni e fu segretario della locale Camera dei lavoro. A causa dei suo interventismo abbandonò l'anarchismo e finì per ritirarsi dalla vita politica attiva. Ritornato a Milano nel [[1923]], nel [[1929]] venne radiato dallo schedario dei sovversivi per il totale disimpegno politico, unito ad un'apparente simpatia per il regime". Cfr. M. ANTONIOLI - [[Pier Carlo Masini|P. C. MASINI]], op. cit., p. 68, n. 62. 90 </ref> che, nonostante la priorità assegnata alla dimensione dei singolo, non giunsero a negare il concetto di Morale. La disputa non riscosse però l'approvazione dei semplici militanti anarchici nonostante essa avesse occupato con i suoi dibattiti politico-filosofici molti degli spazi dei movimento, perché di fatto essa si trasformò in una polemica per la polemica disattendendo le esigenze reali dei movimento di emancipazione dei lavoratori.
L'uscita di un saggio di [[Luigi Fabbri]] intitolato ''L'individualismo stirneriano nel movimento anarchico'' <ref>«[[Il Pensiero]]», 25 ottobre e 10 novembre 1903". Cfr. M. ANTONIOLI - P. C. MASINI, op. cit., p. 66, n. 48. 89 </ref>, in cui l'autore cercò di fare una lucida disamina delle origini storiche dell'anarchismo, innescò una diatriba interna al movimento tra gli "stirneriani", i quali consideravano il filosofo tedesco padre dell'anarchia integrale, e tutto il rimanente mondo anarchico che si opponeva a tale appiattimento dei loro credo politico, ribadendo con forza la naturale derivazione dell'anarchia dal socialismo. La polemica conobbe momenti di vasta eco grazie all'azione di due fratelli genovesi poco più che adolescenti, Attilio e Ludovico Corbella <ref> Stando alle carte della polizia, Attilio era nato nel 1887 ed aveva diciassette anni nel 1904. Dei fratello, pare più giovane, non esiste traccia presso il Casellario Politico Centrale. Entrambi erano studenti di ragioneria". Cfr. M. ANTONIOLI - [[Pier Carlo Masini|P. C. MASINI]], op. cit., p. 67, n. 51. </ref>, che su di alcuni fogli anarchici, tra cui «[[Il Grido della Folla]]» (il maggior giornale individualista dell'Italia d'inizio secolo nato a Milano nel 1902 grazie all'impegno di [[Ettore Molinari]] e di [[Nella Giacomelli]]) <ref> Per maggiori notizie su questi due personaggi del movimento anarchico si veda: [[Pier Carlo Masini|P.C. MASINI]], ''Storia degli anarchici italiani nell'epoca degli attentati'', Ed. Rizzoli, Milano 1981, pp. 199-202. Su [[Nella Giacomelli]] in particolare anche: P.C. MASINI, ''Le passionarie dell'Anarchia in Italia'' in Storia Illustrata, Ed. Mondadori, Milano, ottobre 1973. </ref>, si impegnarono a dimostrare che lo stirnerismo non era una degenerazione dell'idea libertaria bensì la sua stessa essenza. Nella lotta contro ogni tipo di "archia" - compresa la Morale, la Giustizia ed il Diritto - la dottrina di [[Max Stirner|Stirner]], secondo i due, intendeva raggiungere la dimensione autentica della libertà individuale. Presero comunque le distanze da questi estremismi anche altri individualisti come [[Oberdan Gigli]] <ref> [[Oberdan Gigli]] (1883-1949), [[anarco-individualismo|anarchico individualista]], diplomato in ragioneria, collaborò a numerosi periodici tra i quali «[[Il Grido della Folla]]», «Vir», «[[La Protesta Umana]]», «[[Il Pensiero]]» e «Sciarpa Nera». Si trasferì da Genova a Milano nel 1903, dove instaurò un rapporto d'amicizia con [[Nella Giacomelli]], e poi a Finale Emilia nel 1904, dove risiedette per molti anni e fu segretario della locale Camera dei lavoro. A causa dei suo interventismo abbandonò l'anarchismo e finì per ritirarsi dalla vita politica attiva. Ritornato a Milano nel [[1923]], nel [[1929]] venne radiato dallo schedario dei sovversivi per il totale disimpegno politico, unito ad un'apparente simpatia per il regime". Cfr. M. ANTONIOLI - [[Pier Carlo Masini|P. C. MASINI]], op. cit., p. 68, n. 62. 90 </ref> che, nonostante la priorità assegnata alla dimensione dei singolo, non giunsero a negare il concetto di Morale. La disputa non riscosse però l'approvazione dei semplici militanti anarchici nonostante essa avesse occupato con i suoi dibattiti politico-filosofici molti degli spazi dei movimento, perché di fatto essa si trasformò in una polemica per la polemica disattendendo le esigenze reali dei movimento di emancipazione dei lavoratori.


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