Federazione Anarchica Informale: differenze tra le versioni

Jump to navigation Jump to search
Riga 90: Riga 90:


Bisogna tuttavia ricordare che buona parte del movimento anarchico ha comunque posto al di fuori della [[Storia dell'anarchismo|storia]] e delle teorie dell'[[anarchismo]] l'[[azione diretta]] della FAInformale. Il motivo di fondo di questa esclusione può facilmente rinvenirsi confrontando il contesto storico in cui, ad esempio, operava la [[banda del Matese]] con il contesto storico in cui operano la FAInformale e i gruppi ad essa affini. La cosidetta [[propaganda col fatto]] si caratterizzava, anche nei momenti di assoluta [[violenza]] vendicatrice (si pensi ai regicidi o alle uccisioni di capi si stato o di governo; [[Luigi Lucheni]] addirittura trafigge una donna, la Principessa Sissi), come metodo per ampliare l'isurrezione attraverso l'emulazione dei fatti da parte della massa. In altre parole, nella [[propaganda col fatto]] quest'ultimo veniva compiuto perché potesse essere propaganda dell'idea anarchica nella società e fonte di altri fatti insurrezionali, e non c'è dubbio che questo avvenisse (si pensi, ad esempio, ad [[Emile Florain]], che nel [[1881]] tenta di uccidere il Primo Ministro della Repubblica francese Léon Gambetta: non ci riesce e allora spara a caso su un borghese, diventando non un terrorista, ossia qualcuno che nella massa incute terrore, ma un mito da imitare).
Bisogna tuttavia ricordare che buona parte del movimento anarchico ha comunque posto al di fuori della [[Storia dell'anarchismo|storia]] e delle teorie dell'[[anarchismo]] l'[[azione diretta]] della FAInformale. Il motivo di fondo di questa esclusione può facilmente rinvenirsi confrontando il contesto storico in cui, ad esempio, operava la [[banda del Matese]] con il contesto storico in cui operano la FAInformale e i gruppi ad essa affini. La cosidetta [[propaganda col fatto]] si caratterizzava, anche nei momenti di assoluta [[violenza]] vendicatrice (si pensi ai regicidi o alle uccisioni di capi si stato o di governo; [[Luigi Lucheni]] addirittura trafigge una donna, la Principessa Sissi), come metodo per ampliare l'isurrezione attraverso l'emulazione dei fatti da parte della massa. In altre parole, nella [[propaganda col fatto]] quest'ultimo veniva compiuto perché potesse essere propaganda dell'idea anarchica nella società e fonte di altri fatti insurrezionali, e non c'è dubbio che questo avvenisse (si pensi, ad esempio, ad [[Emile Florain]], che nel [[1881]] tenta di uccidere il Primo Ministro della Repubblica francese Léon Gambetta: non ci riesce e allora spara a caso su un borghese, diventando non un terrorista, ossia qualcuno che nella massa incute terrore, ma un mito da imitare).
Già nel dopoguerra, però, con l'inizio del periodo di pace più lungo della storia e un totale riassetto degli equilibri politici e sociali, il ferimento di un uomo inerme, benché colpevole di qualcosa, non avrebbe più potuto essere definito [[propaganda col fatto]] perché nella massa quel fatto non avrebbe più suscitato rivolta, non sarebbe più stato uno strumento di propaganda, ma avrebbe ingenerato sol che terrore (da qui il termine [[terrorismo]]), causando l'effetto contrario rispetto a quello voluto, ossia la spinta del popolo nelle braccia protettive dello Stato. Questo problema era già ben noto a [[Malatesta]], che nell'ultima parte de ''La tragedia di Monza'' <ref>[http://www.arivista.org/?nr=364&pag=119.htm ''La tragedia di Monza''], articolo di [[Malatesta]] all'indomani del regicidio.</ref>, continuando la sua polemica contro quanti esaltavano gli attentati e il terrorismo, ribadì che la violenza era una necessità e non un mezzo. Secondo [[Malatesta]] gli anarchici erano dei liberatori e non dei giustizieri. Sarebbero ricorsi «all'ultimo espediente della forza fisica» cui «l'ostinata resistenza della borghesia» costringeva gli oppressi, ma non avrebbero mai fatto «vittime inutili, nemmeno tra i nemici», rimanendo «buoni e umani anche nel furore della battaglia». Nessuna rivoluzione liberatrice, ripeteva, poteva nascere dai massacri e dal terrore, da cui escono i tiranni. <ref name="violenza">[http://www.arivista.org/riviste/Arivista/297/38.htm ''Tolstoj, gli anarchici e la violenza''], di Piero Brunello (''A - Rivista Anarchica'', anno 34, n. 297, marzo 2004)</ref>  
Già nel dopoguerra, però, con l'inizio del periodo di pace più lungo della storia e un totale riassetto degli equilibri politici e sociali, il ferimento di un uomo inerme, benché colpevole di qualcosa, non avrebbe più potuto essere definito [[propaganda col fatto]] perché nella massa quel fatto non avrebbe più suscitato rivolta, non sarebbe più stato uno strumento di propaganda, ma avrebbe ingenerato sol che terrore (da qui il termine [[terrorismo]]), causando l'effetto contrario rispetto a quello voluto, ossia la spinta del popolo nelle braccia protettive dello Stato. Questo problema era già ben noto a [[Malatesta]], che nell'ultima parte de ''La tragedia di Monza'' <ref>[http://www.arivista.org/?nr=364&pag=119.htm ''La tragedia di Monza''], articolo di [[Malatesta]] all'indomani del regicidio.</ref>, continuando la sua polemica contro quanti esaltavano gli attentati e il terrorismo, ribadì che la violenza era una necessità e non un mezzo. Secondo [[Malatesta]] gli anarchici erano dei liberatori e non dei giustizieri. Sarebbero ricorsi «all'ultimo espediente della forza fisica» cui «l'ostinata resistenza della borghesia» costringeva gli oppressi, ma non avrebbero mai fatto «vittime inutili, nemmeno tra i nemici», rimanendo «buoni e umani anche nel furore della battaglia». Nessuna rivoluzione liberatrice, ripeteva, poteva nascere dai massacri e dal terrore, da cui escono i tiranni. <ref name="violenza">[http://www.arivista.org/riviste/Arivista/297/38.htm ''Tolstoj, gli anarchici e la violenza''], di Piero Brunello (''A - Rivista Anarchica'', anno 34, n. 297, marzo 2004)</ref> <ref>Vedi anche: [[strage del Teatro Diana]]</ref>


L'[[insurrezionalismo]] "moderno" si trova, dunque, a dover fare i conti con il periodo storico in cui è oggetto di teoria e di pratica, ma questo non significa affatto che [[insurrezionalismo]] e [[terrorismo]] siano sinonimi (è lo Stato che tende, invece, a far coincidere i due termini). [[Alfredo Maria Bonanno]], che indubbiamente ha avuto un'infuenza importante nella teorizzazione dell'[[insurrezionalismo]] "informale", non si limita a parlare di «[[gruppi d'affinità]]» (composti da anarchici) <ref>Alfredo Cospito, autore della gambizzazione ai danni di Roberto Ansaldi e condannato a 20 anni di reclusione, sottolinea in una sua [https://bureburebure.info/lettera-di-alfredo-cospito-settimana-anticarceraria/ lettera aperta] l'importanza del sostegno popolare, ma al tempo stesso si definisce «terrorista anarchico», dimostrando piena consapevolezza della natura del fatto compiuto.</ref>, ma affianca ad essi i «[[nuclei di base]]» <ref>[https://www.radioradicale.it/scheda/120628 Processo contro il gruppo terroristico "Anarchici insurrezionalisti", 30 novembre 1999, file 2/3, min. 20:33] «Lo scopo dei nuclei di base è quello di sostituire nelle lotte intermedie - lotta salariale, lotta per l'occupazione di una fabbrica, qualunque situazione di massa in cui si verifica una condizione di sofferenza sociale - le vecchie organizzazioni resistenziali di natura sindacale, anche quelle che insistono sull'ideologia anarco-sindacalista (i COBAS, le organizzazioni sindacaliste di base). L'ambito di azione dei nuclei di base è costituito, quindi, dalle fabbriche (per quel che di queste rimane), dai quartieri, dalle scuole, dai ghetti sociali e da tutte quelle situazioni in cui si materializza l'esclusione di classe, la separazione fra inclusi ed esclusi».</ref> che rappresentano il mezzo attraverso il quale la massa (non composta soltanto da anarchici) sostiene l'attività insurrezionale attraverso la «confluttualità permanente» («non autorizzata dal dirigente sindacale»), l'«autogestione» («indipendenza assoluta da qualsiasi partito, sindacato o clientela»; «reperimento dei mezzi necessari all'organizzazione e alla lotta effettuato esclusivamente sulla base di sottoscrizioni spontanee») e l'«attacco» («rifiuto di ogni patteggiamento, mediazione, pacificazione e compromesso col nemico di classe»; «lotta di massa»; «sabotaggio») <ref>[https://www.radioradicale.it/scheda/120628 Processo contro il gruppo terroristico "Anarchici insurrezionalisti", 30 novembre 1999, file 2/3, min. 23:29] Bonanno illustra i principi della «conflittualità permanente», dell'«autogestione» e dell'«attacco».</ref>: si tratta, dunque, di una continuazione dell'[[insurrezionalismo]] "classico" in quanto basata sul coinvolgimento della massa intorno a singoli temi (non si tratta più di compiere dei fatti che possano essere emulati dalla massa, ma di coinvolgere la massa nel compimento di fatti: il consenso della massa resta comunque un elemento imprescindibile).
L'[[insurrezionalismo]] "moderno" si trova, dunque, a dover fare i conti con il periodo storico in cui è oggetto di teoria e di pratica, ma questo non significa affatto che [[insurrezionalismo]] e [[terrorismo]] siano sinonimi (è lo Stato che tende, invece, a far coincidere i due termini). [[Alfredo Maria Bonanno]], che indubbiamente ha avuto un'infuenza importante nella teorizzazione dell'[[insurrezionalismo]] "informale", non si limita a parlare di «[[gruppi d'affinità]]» (composti da anarchici) <ref>Alfredo Cospito, autore della gambizzazione ai danni di Roberto Ansaldi e condannato a 20 anni di reclusione, sottolinea in una sua [https://bureburebure.info/lettera-di-alfredo-cospito-settimana-anticarceraria/ lettera aperta] l'importanza del sostegno popolare, ma al tempo stesso si definisce «terrorista anarchico», dimostrando piena consapevolezza della natura del fatto compiuto.</ref>, ma affianca ad essi i «[[nuclei di base]]» <ref>[https://www.radioradicale.it/scheda/120628 Processo contro il gruppo terroristico "Anarchici insurrezionalisti", 30 novembre 1999, file 2/3, min. 20:33] «Lo scopo dei nuclei di base è quello di sostituire nelle lotte intermedie - lotta salariale, lotta per l'occupazione di una fabbrica, qualunque situazione di massa in cui si verifica una condizione di sofferenza sociale - le vecchie organizzazioni resistenziali di natura sindacale, anche quelle che insistono sull'ideologia anarco-sindacalista (i COBAS, le organizzazioni sindacaliste di base). L'ambito di azione dei nuclei di base è costituito, quindi, dalle fabbriche (per quel che di queste rimane), dai quartieri, dalle scuole, dai ghetti sociali e da tutte quelle situazioni in cui si materializza l'esclusione di classe, la separazione fra inclusi ed esclusi».</ref> che rappresentano il mezzo attraverso il quale la massa (non composta soltanto da anarchici) sostiene l'attività insurrezionale attraverso la «confluttualità permanente» («non autorizzata dal dirigente sindacale»), l'«autogestione» («indipendenza assoluta da qualsiasi partito, sindacato o clientela»; «reperimento dei mezzi necessari all'organizzazione e alla lotta effettuato esclusivamente sulla base di sottoscrizioni spontanee») e l'«attacco» («rifiuto di ogni patteggiamento, mediazione, pacificazione e compromesso col nemico di classe»; «lotta di massa»; «sabotaggio») <ref>[https://www.radioradicale.it/scheda/120628 Processo contro il gruppo terroristico "Anarchici insurrezionalisti", 30 novembre 1999, file 2/3, min. 23:29] Bonanno illustra i principi della «conflittualità permanente», dell'«autogestione» e dell'«attacco».</ref>: si tratta, dunque, di una continuazione dell'[[insurrezionalismo]] "classico" in quanto basata sul coinvolgimento della massa intorno a singoli temi (non si tratta più di compiere dei fatti che possano essere emulati dalla massa, ma di coinvolgere la massa nel compimento di fatti: il consenso della massa resta comunque un elemento imprescindibile).
64 364

contributi

I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi. Utilizzando i nostri servizi, accetti il nostro utilizzo dei cookie.

Menu di navigazione