Apologia del plagio: differenze tra le versioni

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#REDIRECT[[Apologia del plagio (di Pino Bertelli)]]
'''''Apologia del plagio''''' é uno scritto di [[Pino Bertelli]] <ref name="pino">Pino Bertelli è dottore in Utopia (“battezzato” — con un pollo arrosto — cavaliere errante della luna patafisica da
Enrico Baj negli anni ’80 sotto la Mole Antonelliana a Torino).... si occupa di antropologia dei piaceri, dell’ascesa al cielo degli Angeli del nondove (o della sovversione non sospetta dell’immaginario) e insegna cartografia delle passioni nel bordello senza muri dell’intelligenza ritrovata nell’osteria di [[Buenaventura Durruti]], in via [[Bakunin]], ultima stella a sinistra della via Lattea… all’incrocio con via [[Kropotkin]] e via [[Pier Paolo Pasolini]], di fronte a piazza [[Guy Debord]], dove una delle ''Petroleuses della Comune'' ([[Louise Michel]]) aveva chiesto la sua parte di piombo sulle barricate… per conquistare una vita più giusta e più umana per tutti… le sue tracce finiscono qui… sappiamo però che è l’inventore del ''calambour'', della ''flânerie'' e della disinvoltura applicati alla teoria situazionista in lingua rovescia.</ref>, anarchico, scrittore, fotografo, regista, critico cinematografico e utente anarchopediano.
== Apologia del plagio ==
 
:«Fin che l’uomo sfrutterà  l’uomo, fin che l’umanità  sarà  divisa in padroni e servi, non ci sarà  né normalità  né pace. La ragione di tutto il male del nostro tempo è qui» ([[Pier Paolo Pasolini]])
===Elogio del plagio===
L’arte, tutta l’arte, è una puttana che non sorride. Seduce. Artisti e padroni dell’arte
stanno al giogo. La critica d’arte si fa nei salotti della “buona borghesia” o nei supermercati
e i popoli impoveriti sono raffigurati in margine al mercato globale dell’ovvio e dell’ottuso.
I galleristi vendono tutto e tutto finisce in merce di consumo di massa. Nei sotterranei
delle banche si celano i “capolavori” firmati dagli artisti, anche i più dannati,
recuperati al consenso e sacralizzati da critici, storici, galleristi… che fanno i furbi in
cambio di una manciata di dollari… tutti sanno che l’arte non esiste e tutti sanno che l’arte
è il plagio di un plagio… ciascuno fa finta di nulla e tutto muore nell’immaginario irriverente
dell’arte che strappa la maschera ai potentati della simulazione e dell’impostura.
 
I talenti davvero naturali sanno che la loro opera più autentica è la firma sugli assegni che
ricevono in cambio di una compassata “verità ” dell’arte. La citazione rubata, la frase détournata,
l’immagine decontestualizzata e resa altra dall’artista, dal poeta o dal messaggero
delle stelle… mostra che il plagio è necessario per una ritrovata bellezza. La diversità 
è bellezza. L’omologazione è la morte di ogni forma d’arte e di vita. «Le mie citazioni —
scriveva Walter Benjamin — balzano fuori d’improvviso e come predoni strappano l’assenso
al lettore ozioso». E questo vale per tutto quanto si smercia come arte. Debord aggiusta
la mira: “Le idee migliorano. Il senso delle parole [delle immagini, dei suoni, dei
sogni…] vi partecipa. Il plagio è necessario. Il progresso lo implica. Esso stringe da presso
la frase di un autore, si serve delle sue espressioni, cancella un’idea falsa, la sostituisce
con l’idea giusta”. Solo la negazione reale della cultura (come totalità  del segno) ne conserva
il senso.
 
La cultura della viltà  ha radici millenarie. Infelice la terra cui occorrono artisti, eroi o
martiri… per attuare la riproduzione di dogmi culturali o politici o religiosi e rendere gli
uomini miserabili e schiavi. Si può avere il florilegio di un’opera d’arte solo là  dove si afferma
l’eguaglianza nel sociale, forse. Niente può essere arte se non parla del dolore di sé
e degli altri. Quando gli uomini — tutti — si accorgeranno della fame di bellezza che c’è
nelle stanze del cuore (anche dell’arte), ci sarà  la rivoluzione dell’intelligenza nelle strade
della terra. Tutto qui. Elogio del plagio: chi conosce la forca non sempre sa fare dell’arte
e chi scrive dell’arte non sempre conosce la forca, anche se qualche volta lo meriterebbe.
===Sull’arte, la politica e la chiesa===
Il miglior fondamento per la nascita di una buona politica, una buona morale e un’arte in
forma di poesia… è fare fuori l’opportunismo, la convenienza e la mediocrità … il politico,
il criminale o l’artista sono stati creati a immagine e somiglianza di Dio, del Padrone o
del Boia (che è sempre un buon cristiano)… la loro eliminazione è necessaria per ragioni
morali. Delitti inequivocabili richiedono castighi inequivocabili! Le prediche politiche, i
sermoni religiosi o l’arte per il popolo… non possono essere soggetti a nessuna clemenza… l’esecuzione imposta dalla piazza va incoraggiata e non c’è niente di più appropriato
che ogni domenica che cade in terra... impiccare ai pubblici orologi Capi di Stato, Papi,
Generali o Artisti di genio… gli sbagli peggiori sono quelli commessi nella leggerezza
delle esecuzioni in tempi per-rivoluzionari, dove l’amore e la libertà  non vogliono catene!
 
Per quanto riguarda gli imbecilli, i feroci, gli incoscienti, i pavidi, i servi, gli schiavi (gli
ipocriti, i bravacci e gli idioti della sinistra, specialmente)… insomma tutta la peggiore
umanità  asservita ai poteri dominati… non sarebbe male riaccendere una serena disquisizione
sulle loro sorti… la bellezza dell’impiccagione non li riguarda e lo slogamento del
collo non è l’ideale a cui si deve aspirare per ritrovare negli uomini, nelle donne e nei
bambini una sana allegrezza popolare andata perduta con la scomparsa delle lucciole…
forse, occorrerebbe comprendere che il destino non si eredita e ogni mutamento profondo
della società  è nelle mani e nella testa degli individui. «Un damerino londinese una
volta gettò una moneta a un ragazzo che gli aveva tenuto il cavallo fuori dal teatro. Offeso
da questo modo arrogante di dare, il ragazzo decise di elevare la sua attività . Scrisse l’Amleto»
(Charles Duff). Un medico argentino col sigaro in bocca scelse di stare dalla parte
dei poveri e andò a morire nella giungla boliviana con il fucile in mano e gli occhi aperti
contro il cielo del potere e la comunità  che viene. Lazarillo de Tormes era un ragazzino
con i piedi scalzi nel sole di Spagna, impugnò una torcia e accese il fuoco sotto il culo dei
potenti per illuminare la libertà  e la giustizia nel mondo.
 
Si ottiene molto di più da un prete, un padrone o un artista celebrato prendendolo a calci
in culo che baciandogli la mano… è deplorevole per l’educazione della gioventù che ciò
che è giusto e ciò che è sbagliato sia sempre stato deciso da gente che la furia popolare
(nemmeno quella del ’68) non ha deleggittimato… l’imbecillità  dei talenti politici, religiosi
o artistici… non è mai stata bruciata a dovere… e nelle osterie malfamate di ogni
porto non si brinda più al massacro dei ricchi, dei preti e dei generali… gli infrequentabili,
gli indesiderabili, i “quasi adatti” della terra… saranno veramente felici solo quando
con le budella dell’ultimo prete sarà  impiccato l’ultimo artista e l’ultimo padrone padrone.
Gran Ducato di Utopia, settantasette volte sette, dell’anno dell’Angelo del non-dove.
 
==Note==
<references/>
[[Categoria:Situazionismo]]
[[Categoria: Articoli degli Anarchopediani]]

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