Anarcopedia:Archivio Articolo Consigliato: differenze tra le versioni

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{{Biblioteca/Titolo 2|nome=«Efficienza ed equità dell'anarchia e di altri sistemi sociali storici: un semplice modello esplorativo» (di Guido Candela e Roberto Cellini)|autore=Guido Candela e Roberto Cellini|altro=da dima.univr.it}}
Abbiamo proposto una modellizzazione (invero molto semplice) del funzionamento del sistema economico secondo scuole di pensiero anarchiche. Abbiamo confrontato i risultati con le realizzazioni associabili ad altri due sistemi sociali storici, il [[capitalismo]] e il [[comunismo]]. Abbiamo mostrato che un sistema anarchico “di base” porta a un livello di produzione inefficiente, poiché difetta di coordinamento nella produzione e nella valorizzazione dei beni, a causa dell'eccessiva frammentazione dei diritti di proprietà. Al contrario, il [[capitalismo]] e il [[comunismo]] realizzano un sistema più efficiente (ed ugualmente efficiente fra loro, sulla carta), in termini sia del prodotto reale sia del prodotto monetario: il primo, per l’intervento dell'impresa privata del capitalista, il secondo in virtù del coordinamento del ministro della produzione. Tuttavia, [[comunismo]] e [[capitalismo]] introducono entrambi elementi di disparità sociale, anche sul piano teorico. Infatti, nel [[comunismo]], uno degli agenti oltre a conferire la sua risorsa (ad esempio, il lavoro) è anche ministro della produzione, assumendo così istituzionalmente il potere di dettare la distribuzione della produzione, del reddito, e dei consumi; la deriva burocratico-predatoria è quindi l'esito scontato. Nel [[capitalismo]], uno degli agenti oltre a conferire la sua risorsa ha anche il diritto privato sul prodotto e quindi sul profitto dell'impresa. Proprio nella distribuzione, allora, questi due sistemi manifestano i loro maggiori problemi sociali, perché il primo può deviare verso un comunismo predatorio, mentre il secondo comporta che la distribuzione sia dettata esogenamente e lasci quindi campo aperto ad una conflittualità sociale. I due sistemi teoricamente più efficienti, [[comunismo]] e [[capitalismo]], sono equi
solo nei casi estremi del [[comunismo anarchico]] e del capitalismo perfettamente concorrenziale: il primo perché è fondato su una distribuzione bilanciata dei poteri (delle proprietà costituzionali) che realizza un comunismo attuato tramite soluzioni contrattuali; il secondo perché verifica un equilibrio di lungo periodo che lascia un profitto nullo all'impresa capitalistica. La “storia” ha mostrato che il [[comunismo]] è risultato di fatto meno efficiente e meno equo del [[capitalismo]]. Meno efficiente, perché il ministro della produzione non è
stato abile quanto il mercato nell'organizzare la produzione. Meno equo, per due motivi: dal lato del [[comunismo]], perché esso si è sistematicamente risolto in un comunismo predatorio; dal lato del [[capitalismo]], perché il capitalismo sindacale ha usato l'esogenità
distributiva per contenere la disparità dei redditi del capitalismo puro. Tuttavia, è necessario ricordare che la storia non ha ancora verificato i due sistemi che la teoria indica efficienti ed equi, “dimenticando” e lasciando “sui libri” il
[[comunismo anarchico]] ed il capitalismo perfettamente concorrenziale. Infine, per ciò che riguarda l'[[anarchia]], la sua posizione è davvero strana poiché perde in termini di efficienza, ma ha la sua rivincita sul piano dell'equità. Essa potrebbe quindi presentarsi come una soluzione di ''second best'', qualora, per mancanza di verifica nei presupposti sociali di fatto richiesti, la realtà sfoci in un comunismo predatorio o in un capitalismo di monopolio “garantito” dal governo stesso. Ma, se ci volgiamo alla storia, dobbiamo concludere che non sappiamo ancora quale sia il volto effettivo dell'[[anarchia]], né quali istituzioni (intese come “comportamenti consolidati”) debbano essere introdotte o possano sorgere endogenamente per limitarne l'inefficienza allocativa.
'''[https://www.dima.univr.it/documenti/OccorrenzaIns/matdid/matdid792799.pdf Vai all'articolo completo]'''
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Se per chi intenda pensare la politica, di cui costituisce in qualche modo l'estremo fuoco o punto di fuga, l'[[anarchia]] non ha mai cessato di essere attuale, tale essa è oggi anche per l'ingiusta, feroce persecuzione cui è sottoposto un [[anarchico]] nelle carceri italiane. Parlare di [[anarchia]], come pure si è dovuto fare, sul piano del [[diritto]] implica, però, necessariamente un paradosso, perché è quanto meno contraddittorio chiedere che lo [[stato]] riconosca il diritto di negare lo [[stato]], così come, se si intende portare il diritto di resistenza fino alle sue conseguenze ultime, non si può ragionevolmente esigere che sia giuridicamente tutelata la possibilità della guerra civile. Per pensare l'[[anarchia]] oggi converrà pertanto porsi in tutt'altra prospettiva e interrogare piuttosto il modo in cui Engels la concepiva, quando rimproverava agli [[anarchici]] di voler sostituire l'amministrazione allo [[stato]]. In quest'accusa si nasconde infatti un problema politico decisivo, che né i [[marxisti]] né forse gli stessi [[anarchici]] hanno posto correttamente. Un problema tanto più urgente, in quanto stiamo oggi assistendo al tentativo di realizzare in qualche modo parodicamente quello che era per Engels lo scopo dichiarato dell'[[anarchia]] – e, cioè, non tanto la semplice sostituzione dell'amministrazione allo [[stato]], quanto piuttosto l'identificazione di [[stato]] e amministrazione in una sorta di Leviatano, che assume la maschera bonaria dell'amministratore. È quanto Sunstein e Vermeule teorizzano in un libro (''Law and Leviathan, Redeeming the Administrative State'') in cui la ''governance'', l'esercizio del governo, eccedendo e contaminando i poteri tradizionali (legislativo, esecutivo, giudiziario), esercita in nome dell'amministrazione e in modo discrezionale le funzioni e i poteri che ad essi spettavano. Che cos'è l'amministrazione? ''Minister'', da cui il termine deriva, è il servo o l'aiutante in opposizione al ''magister'', il padrone, il titolare del [[potere]]. Il vocabolo deriva dalla radice *''men'', che significa la diminuzione e la piccolezza. Il ''minister'' sta al ''magister'' come il ''minus'' sta al ''magis'', il meno al più, il piccolo al grande, ciò che diminuisce a ciò che aumenta. L'idea dell'''anarchia'' consisterebbe, almeno secondo Engels, nel tentativo di pensare un ''minister'' senza un ''magister'', un servitore senza un padrone. Tentativo certamente interessante, dal momento che può essere tatticamente vantaggioso giocare in questo modo il servo contro il padrone, il meno contro il più e pensare una [[società]] in cui tutti sono ministri e nessuno ''magister'' o capo. È quanto in un certo senso aveva fatto [[Hegel]], mostrando nella sua famigerata dialettica che il servo finisce in ultimo col dominare il padrone. È nondimeno innegabile che le due figure-chiave della politica occidentale restano in questo modo legate l'una all'altra in un'instancabile relazione, di cui è impossibile una volta per tutte venire a capo. Un'idea radicale di [[anarchia]] non può allora che sciogliersi dall'incessante dialettica del servo e dello schiavo, del ''minister'' e del ''magister'', per situarsi risolutamente nello scarto che li divide. Il ''tertium'' che appare in questo varco non sarà più né amministrazione né [[stato]], né ''minus'' né ''magis'': sarà piuttosto fra di essi come un resto, che esprime la loro impossibilità di coincidere. L'[[anarchia]] è, cioè, innanzitutto, la sconfessione radicale non tanto dello [[stato]] né semplicemente dell'amministrazione, quanto piuttosto della pretesa del [[potere]] di far coincidere [[stato]] e amministrazione nel governo degli uomini. È contro questa pretesa che l'[[anarchico]] si batte, in nome in ultima analisi di quell'ingovernabile, che è il punto di fuga di ogni comunità fra gli uomini.
Se per chi intenda pensare la politica, di cui costituisce in qualche modo l'estremo fuoco o punto di fuga, l'[[anarchia]] non ha mai cessato di essere attuale, tale essa è oggi anche per l'ingiusta, feroce persecuzione cui è sottoposto un [[anarchico]] nelle carceri italiane. Parlare di [[anarchia]], come pure si è dovuto fare, sul piano del [[diritto]] implica, però, necessariamente un paradosso, perché è quanto meno contraddittorio chiedere che lo [[stato]] riconosca il diritto di negare lo [[stato]], così come, se si intende portare il diritto di resistenza fino alle sue conseguenze ultime, non si può ragionevolmente esigere che sia giuridicamente tutelata la possibilità della guerra civile. Per pensare l'[[anarchia]] oggi converrà pertanto porsi in tutt'altra prospettiva e interrogare piuttosto il modo in cui Engels la concepiva, quando rimproverava agli [[anarchici]] di voler sostituire l'amministrazione allo [[stato]]. In quest'accusa si nasconde infatti un problema politico decisivo, che né i [[marxisti]] né forse gli stessi [[anarchici]] hanno posto correttamente. Un problema tanto più urgente, in quanto stiamo oggi assistendo al tentativo di realizzare in qualche modo parodicamente quello che era per Engels lo scopo dichiarato dell'[[anarchia]] – e, cioè, non tanto la semplice sostituzione dell'amministrazione allo [[stato]], quanto piuttosto l'identificazione di [[stato]] e amministrazione in una sorta di Leviatano, che assume la maschera bonaria dell'amministratore. È quanto Sunstein e Vermeule teorizzano in un libro (''Law and Leviathan, Redeeming the Administrative State'') in cui la ''governance'', l'esercizio del governo, eccedendo e contaminando i poteri tradizionali (legislativo, esecutivo, giudiziario), esercita in nome dell'amministrazione e in modo discrezionale le funzioni e i poteri che ad essi spettavano. Che cos'è l'amministrazione? ''Minister'', da cui il termine deriva, è il servo o l'aiutante in opposizione al ''magister'', il padrone, il titolare del [[potere]]. Il vocabolo deriva dalla radice *''men'', che significa la diminuzione e la piccolezza. Il ''minister'' sta al ''magister'' come il ''minus'' sta al ''magis'', il meno al più, il piccolo al grande, ciò che diminuisce a ciò che aumenta. L'idea dell'''anarchia'' consisterebbe, almeno secondo Engels, nel tentativo di pensare un ''minister'' senza un ''magister'', un servitore senza un padrone. Tentativo certamente interessante, dal momento che può essere tatticamente vantaggioso giocare in questo modo il servo contro il padrone, il meno contro il più e pensare una [[società]] in cui tutti sono ministri e nessuno ''magister'' o capo. È quanto in un certo senso aveva fatto [[Hegel]], mostrando nella sua famigerata dialettica che il servo finisce in ultimo col dominare il padrone. È nondimeno innegabile che le due figure-chiave della politica occidentale restano in questo modo legate l'una all'altra in un'instancabile relazione, di cui è impossibile una volta per tutte venire a capo. Un'idea radicale di [[anarchia]] non può allora che sciogliersi dall'incessante dialettica del servo e dello schiavo, del ''minister'' e del ''magister'', per situarsi risolutamente nello scarto che li divide. Il ''tertium'' che appare in questo varco non sarà più né amministrazione né [[stato]], né ''minus'' né ''magis'': sarà piuttosto fra di essi come un resto, che esprime la loro impossibilità di coincidere. L'[[anarchia]] è, cioè, innanzitutto, la sconfessione radicale non tanto dello [[stato]] né semplicemente dell'amministrazione, quanto piuttosto della pretesa del [[potere]] di far coincidere [[stato]] e amministrazione nel governo degli uomini. È contro questa pretesa che l'[[anarchico]] si batte, in nome in ultima analisi di quell'ingovernabile, che è il punto di fuga di ogni comunità fra gli uomini.
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