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Maria Anna Rygier casce a Cracovia ([[Polonia]]) il [[5 dicembre]] [[1885]] da Teodoro e Sabina Rozycka; commessa di studio. <ref> A volte erroneamente segnalata come nata a Firenze il [[28 giugno]] [[1886]] (per l'autenticità della prima data cfr. Questore a Prefetto di Milano, 26 dicembre 1906, Archivio di Stato Milano, Gabinetto di Prefettura, Anarchici, Pratiche individuali).</ref> Figlia di un insigne scultore polacco, nonché uomo di vedute conservatrici, residente a Roma, a diciotto anni abbandona la capitale e, insieme con la madre, si trasferisce a Milano, dove l'on. Majno aveva promesso loro ospitalità e protezione. [[Socialista rivoluzionaria]], diventa segretaria della Sezione femminile dell'Unione degli impiegati e commessi delle aziende private e collabora intensamente al quindicinale dell'organizzazione, «L'Unione», trattando sia i problemi della categoria sia temi politico-sindacali generali, sollecitando soprattutto l’impegno delle donne a superare «l'apatia e la rassegnazione imposta per secoli da padri e da mariti» <ref>''Alle compagne'', «L'Unione», 24 dicembre 1904. </ref> e schierandosi a favore del suffragio femminile. Un articolo, poco dopo lo sciopero generale nazionale del settembre [[1904]], le costa la prima incriminazione per incitamento all'odio fra le varie classi. | '''Maria Rygier''' (Cracovia ([[Polonia]]), [[5 dicembre]] [[1885]] - Roma, [[10 febbraio]] [[1953]]) è stata una politica italiana che ha militato nel [[movimento anarchico]] nei primmi anni '10 del secolo XX. | ||
== Biografia == | |||
'''Maria Anna Rygier''' casce a Cracovia ([[Polonia]]) il [[5 dicembre]] [[1885]] da Teodoro e Sabina Rozycka; commessa di studio. <ref> A volte erroneamente segnalata come nata a Firenze il [[28 giugno]] [[1886]] (per l'autenticità della prima data cfr. Questore a Prefetto di Milano, 26 dicembre 1906, Archivio di Stato Milano, Gabinetto di Prefettura, Anarchici, Pratiche individuali).</ref> Figlia di un insigne scultore polacco, nonché uomo di vedute conservatrici, residente a Roma, a diciotto anni abbandona la capitale e, insieme con la madre, si trasferisce a Milano, dove l'on. Majno aveva promesso loro ospitalità e protezione. [[Socialista rivoluzionaria]], diventa segretaria della Sezione femminile dell'Unione degli impiegati e commessi delle aziende private e collabora intensamente al quindicinale dell'organizzazione, «L'Unione», trattando sia i problemi della categoria sia temi politico-sindacali generali, sollecitando soprattutto l’impegno delle donne a superare «l'apatia e la rassegnazione imposta per secoli da padri e da mariti» <ref>''Alle compagne'', «L'Unione», 24 dicembre 1904. </ref> e schierandosi a favore del suffragio femminile. Un articolo, poco dopo lo sciopero generale nazionale del settembre [[1904]], le costa la prima incriminazione per incitamento all'odio fra le varie classi. | |||
Nel gennaio [[1905]] partecipa al congresso genovese delle Camere del lavoro e III della Resistenza, con Virginio Corradi, rappresentante della leadership sindacalista rivoluzionaria della Camera del lavoro di Milano, che poi sposerà nel [[1906]]. Sempre all'inizio del [[1905]] viene chiamata a far parte della Commissione di controllo della Camera del lavoro milanese e inizia a collaborare all'«Avanguardia socialista» di Arturo Labriola e Walter Mocchi, dando il via anche una intensa propaganda [[antimilitarista]]. Dopo la sconfitta dei sindacalisti rivoluzionari all'interno della Camera del lavoro e dell'Unione degli impiegati e commessi, Rygier si dedica soprattutto al giornalismo. Nel dicembre [[1906]] assume la funzione di redattore responsabile del nuovo periodico sindacalista milanese «La Lotta di classe» e all'inizio del [[1907]] del quindicinale [[antimilitarista]] «Rompete le file!», che redige con Filippo Corridoni, Edmondo Mazzuccato ed Edmondo Rossoni. Le sue responsabilità giornalistiche e la partecipazione ad alcune manifestazioni (quella alla Prefettura del [[4 luglio]], con Corridoni e Calura, e l'assalto all'Arcivescovado del [[21 luglio]] [[1907]] per protestare contro atti di pedofilia di alcuni preti) le procurano una serie di condanne: venti mesi di reclusione il [[3 agosto]], sei mesi il [[22 agosto]], sei mesi e dodici giorni il [[10 settembre]] [[1907]], due anni il [[14 febbraio]] [[1908]]. Descritta dalla [[polizia]] come affetta da una "febbre intima di rendersi celebre", il questore di Milano si oppone alla domanda di grazia del padre, preoccupato delle conseguenze del carcere sulla salute della figlia, dichiarando al contrario che "il riposo, la tranquillità e la quiete" dello stato di detenzione avrebbero potuto avere su di lei effetti salutari. In occasione del [[1° maggio]] [[1908]] «L'Internazionale» di Parma diffonde una cartolina con la foto della nuova "eroina" e non c’è comizio in cui Rygier, languente nelle carceri di S. Viridiana a Firenze, non venga ricordata. Una amnistia del febbraio [[1909]] le restituisce la libertà. Al suo ritorno a Milano, il [[14 febbraio]], un corteo la accompagna dalla stazione alla sua abitazione, in via S. Gregorio, nel caseggiato della Mutua macchinisti (dove aveva abitato anche Corridoni e dove abiterà Castrucci), nei cui pressi viene acclamata da circa quattrocento persone al canto dell'Inno dei lavoratori. | Nel gennaio [[1905]] partecipa al congresso genovese delle Camere del lavoro e III della Resistenza, con Virginio Corradi, rappresentante della leadership sindacalista rivoluzionaria della Camera del lavoro di Milano, che poi sposerà nel [[1906]]. Sempre all'inizio del [[1905]] viene chiamata a far parte della Commissione di controllo della Camera del lavoro milanese e inizia a collaborare all'«Avanguardia socialista» di Arturo Labriola e Walter Mocchi, dando il via anche una intensa propaganda [[antimilitarista]]. Dopo la sconfitta dei sindacalisti rivoluzionari all'interno della Camera del lavoro e dell'Unione degli impiegati e commessi, Rygier si dedica soprattutto al giornalismo. Nel dicembre [[1906]] assume la funzione di redattore responsabile del nuovo periodico sindacalista milanese «La Lotta di classe» e all'inizio del [[1907]] del quindicinale [[antimilitarista]] «Rompete le file!», che redige con Filippo Corridoni, Edmondo Mazzuccato ed Edmondo Rossoni. Le sue responsabilità giornalistiche e la partecipazione ad alcune manifestazioni (quella alla Prefettura del [[4 luglio]], con Corridoni e Calura, e l'assalto all'Arcivescovado del [[21 luglio]] [[1907]] per protestare contro atti di pedofilia di alcuni preti) le procurano una serie di condanne: venti mesi di reclusione il [[3 agosto]], sei mesi il [[22 agosto]], sei mesi e dodici giorni il [[10 settembre]] [[1907]], due anni il [[14 febbraio]] [[1908]]. Descritta dalla [[polizia]] come affetta da una "febbre intima di rendersi celebre", il questore di Milano si oppone alla domanda di grazia del padre, preoccupato delle conseguenze del carcere sulla salute della figlia, dichiarando al contrario che "il riposo, la tranquillità e la quiete" dello stato di detenzione avrebbero potuto avere su di lei effetti salutari. In occasione del [[1° maggio]] [[1908]] «L'Internazionale» di Parma diffonde una cartolina con la foto della nuova "eroina" e non c’è comizio in cui Rygier, languente nelle carceri di S. Viridiana a Firenze, non venga ricordata. Una amnistia del febbraio [[1909]] le restituisce la libertà. Al suo ritorno a Milano, il [[14 febbraio]], un corteo la accompagna dalla stazione alla sua abitazione, in via S. Gregorio, nel caseggiato della Mutua macchinisti (dove aveva abitato anche Corridoni e dove abiterà Castrucci), nei cui pressi viene acclamata da circa quattrocento persone al canto dell'Inno dei lavoratori. |