Giovanni Pascoli: differenze tra le versioni

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<blockquote>«'''Dedico quest'inno al Partito dei giovani, cioè ai giovani senza partito, cioè ai giovani ancor liberi, che vogliono conservare la libertà che è così cara che la vita non è più cara: la libertà dei palpiti del cuore! Sì che il loro cuore può battere per le otto ore di lavoro e per la spedizione in Cina, ed esecrare il domicilio coatto e abominare l'assassinio politico, e alzare il medesimo inno al muratore che cade dal palco e all'artigliere che spira abbracciato al suo cannone. Siate degni di Dante, o figli di Dante!'''».</blockquote>
<blockquote>«'''Dedico quest'inno al Partito dei giovani, cioè ai giovani senza partito, cioè ai giovani ancor liberi, che vogliono conservare la libertà che è così cara che la vita non è più cara: la libertà dei palpiti del cuore! Sì che il loro cuore può battere per le otto ore di lavoro e per la spedizione in Cina, ed esecrare il domicilio coatto e abominare l'assassinio politico, e alzare il medesimo inno al muratore che cade dal palco e all'artigliere che spira abbracciato al suo cannone. Siate degni di Dante, o figli di Dante!'''».</blockquote>


Il Pascoli maturo coltivò quindi la sua personalissima fede [[socialista]], ma non più in direzione dell'[[anarchia]] e della [[rivoluzione]], piuttosto verso una solidarietà umana tra lavoratori, auspicando delle riforme sociali ed economiche che migliorassero la condizione dei poveri. Si interessò ai problemi dei piccoli contadini, spesso privi di terra e costretti a emigrare all'estero, e sperò che una politica di prestiti agevolati consentisse loro di acquistare un podere con cui sostenersi, con un programma umanitario e filantropico. Si trattava di una visione decisamente distante dalle idee giovanili e non molto realistica, dato che la crisi della piccola proprietà agricola si accentuò agli inizi del '900. Ciò spiega in parte la svolta politica di Pascoli degli ultimi anni: Pascoli si convinse che i problemi dei lavoratori si potevano risolvere con la politica coloniale e la lotta tra le nazioni, occupando cioè terre straniere dove i contadini sarebbero stati coloni e non più migranti sfruttati all'estero. In questo senso va letto il discorso '''''La grande proletaria si è mossa''''', pronunciato nel [[1911]] per celebrare i morti e i feriti della guerra di Libia, e in generale il favore accordato a quell'impresa come mezzo per dare speranza agli italiani impoveriti dalla crisi. Nel [[1912]] Pascoli, che spesso annegava nel vino le proprie tristezze e malinconie, tanto da ammalarsi di cirrosi epatica, morì, dopo aver tracciato una parabola politica non certamente priva di contraddizioni, ma sempre sostenuta da un tema portante: la povertà. Infatti, se la militanza giovanile di Pascoli si inserì in un Paese segnato da gravi tensioni, in cui il problema della povertà era diffuso e almeno in parte vissuto dal poeta stesso, la posizione politica del Pascoli maturo, per certi versi di comodo, ebbe comunque il merito di riflettere nelle sue opere un tema non molto trattato al tempo se non in termini conservatori (si veda l'ultimo Verga), quello dei poveri e degli emigranti, verso i quali continuò ad avere un sincero interesse.
Il Pascoli maturo coltivò quindi la sua personalissima fede [[socialista]], ma non più in direzione dell'[[anarchia]] e della [[rivoluzione]], piuttosto verso una solidarietà umana tra lavoratori, auspicando delle riforme sociali ed economiche che migliorassero la condizione dei poveri. Si interessò ai problemi dei piccoli contadini, spesso privi di terra e costretti a emigrare all'estero, e sperò che una politica di prestiti agevolati consentisse loro di acquistare un podere con cui sostenersi, con un programma umanitario e filantropico. Si trattava di una visione decisamente distante dalle idee giovanili e non molto realistica, dato che la crisi della piccola proprietà agricola si accentuò agli inizi del '900. Ciò spiega in parte la svolta politica di Pascoli degli ultimi anni: Pascoli si convinse che i problemi dei lavoratori si potevano risolvere con la politica coloniale e la lotta tra le nazioni, occupando cioè terre straniere dove i contadini sarebbero stati coloni e non più migranti sfruttati all'estero. In questo senso va letto il discorso '''''La grande proletaria si è mossa''''', pronunciato nel [[1911]] per celebrare i morti e i feriti della guerra di Libia, e in generale il favore accordato a quell'impresa come mezzo per dare speranza agli italiani impoveriti dalla crisi. Nel [[1912]] Pascoli, che spesso annegava nel vino le proprie tristezze e malinconie, tanto da ammalarsi di cirrosi epatica, morì, dopo aver tracciato una parabola politica non certamente priva di contraddizioni, ma sempre sostenuta da un tema portante: la povertà. Infatti, se la militanza giovanile di Pascoli si inserì in un Paese segnato da gravi tensioni, in cui il problema della povertà era diffuso e almeno in parte vissuto dal poeta stesso, la posizione politica del Pascoli maturo, per certi versi di comodo, ebbe comunque il merito di riflettere nelle sue opere un tema non molto trattato al tempo se non in termini conservatori (si veda l'ultimo Verga), quello dei poveri e degli emigranti, verso i quali non smise mai di nutrire un sincero interesse.


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