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Nel maggio del [[1876]] la vita di Pascoli venne ancora una volta stravolta da un'ulteriore gravissima perdita, quella del fratello maggiore Giacomo (la madre Caterina era morta pochi mesi dopo la morte del marito; poco più tardi erano morti la sorella Margherita e il fratello Luigi), morte probabilmente ancora una volta causata dalla malvagità umana: questo evento spinse Pascoli alla più totale ribellione. Nello stesso mese, durante un processo contro [[Andrea Costa]], massimo esponente dei socialisti, comparve sulla prima pagina del giornaletto ''Colore del Tempo'' una sorta di manifesto a sfondo politico dal titolo ''Fantasmagoria'', firmato da Gianni Schicchi, lo pseudonimo utilizzato da Pascoli. Su questo giornale fu più volte annunciata la pubblicazione di un romanzo certamente rivoluzionario di Pascoli dal titolo ''I Dinamisti'', romanzo che però non fu mai pubblicato. <ref>Di questo romanzo Pascoli parlerà ai suoi studenti, ricordando gli anni giovanili: «Una volta ci raccontò - scrive il suo alunno Gino Tenti - che, nella disperazione degli anni giovanili, aveva ideato e cominciato a scrivere un romanzo nichilista: l'eroe sarebbe riuscito a scavare un'enorme buca sino al centro della terra, e, folle d'odio, avrebbe caricato di dinamite quel centro per mandare la terra in frantumi nel cosmo!» (G. Tenti, ''Il Pascoli di Pisa e di Bologna'' in «Studi Pascoliani», III, Bologna, Zanichelli, 1993, p. 11).</ref> Il [[17 giugno]], si concluse il suddetto processo con l'assoluzione di 150 internazionalisti che avevano marciato su Bologna, unendosi a [[Andrea Costa|Costa]], dove li attendeva [[Bakunin]] (i cospiratori sulla strada da Imola a Bologna erano stati poi catturati dai carabinieri e [[Bakunin]] - che Pascoli, come ricorda Fulvio Cantoni, leggeva - era fuggito in Svizzera). Insieme a [[Andrea Costa|Costa]], Pascoli, che divenne amico di molti protagonisti del processo, aderì all'[[Internazionale antiautoritaria|Internazionale]] (il [[26 giugno]], durante una riunione gremita di operai, si costituì la Federazione Regionale bolognese dell'[[Internazionale antiautoritaria|Internazionale]]) e sposò la causa dell'[[anarchismo]] di [[Bakunin]]. | Nel maggio del [[1876]] la vita di Pascoli venne ancora una volta stravolta da un'ulteriore gravissima perdita, quella del fratello maggiore Giacomo (la madre Caterina era morta pochi mesi dopo la morte del marito; poco più tardi erano morti la sorella Margherita e il fratello Luigi), morte probabilmente ancora una volta causata dalla malvagità umana: questo evento spinse Pascoli alla più totale ribellione. Nello stesso mese, durante un processo contro [[Andrea Costa]], massimo esponente dei socialisti, comparve sulla prima pagina del giornaletto ''Colore del Tempo'' una sorta di manifesto a sfondo politico dal titolo ''Fantasmagoria'', firmato da Gianni Schicchi, lo pseudonimo utilizzato da Pascoli. Su questo giornale fu più volte annunciata la pubblicazione di un romanzo certamente rivoluzionario di Pascoli dal titolo ''I Dinamisti'', romanzo che però non fu mai pubblicato. <ref>Di questo romanzo Pascoli parlerà ai suoi studenti, ricordando gli anni giovanili: «Una volta ci raccontò - scrive il suo alunno Gino Tenti - che, nella disperazione degli anni giovanili, aveva ideato e cominciato a scrivere un romanzo nichilista: l'eroe sarebbe riuscito a scavare un'enorme buca sino al centro della terra, e, folle d'odio, avrebbe caricato di dinamite quel centro per mandare la terra in frantumi nel cosmo!» (G. Tenti, ''Il Pascoli di Pisa e di Bologna'' in «Studi Pascoliani», III, Bologna, Zanichelli, 1993, p. 11).</ref> Il [[17 giugno]], si concluse il suddetto processo con l'assoluzione di 150 internazionalisti che avevano marciato su Bologna, unendosi a [[Andrea Costa|Costa]], dove li attendeva [[Bakunin]] (i cospiratori sulla strada da Imola a Bologna erano stati poi catturati dai carabinieri e [[Bakunin]] - che Pascoli, come ricorda Fulvio Cantoni, leggeva - era fuggito in Svizzera). Insieme a [[Andrea Costa|Costa]], Pascoli, che divenne amico di molti protagonisti del processo, aderì all'[[Internazionale antiautoritaria|Internazionale]] (il [[26 giugno]], durante una riunione gremita di operai, si costituì la Federazione Regionale bolognese dell'[[Internazionale antiautoritaria|Internazionale]]) e sposò la causa dell'[[anarchismo]] di [[Bakunin]]. | ||
Partecipò a riunioni e incontri, scrivendo sul periodico rivoluzionario ''[[Il Martello]]''. Le idee [[socialiste]] gli ispirarono alcune liriche, come ''La morte del ricco'' <ref>''[https://www.tititudorancea.com/z/giovanni_pascoli_la_morte_del_ricco.htm La morte del ricco]''</ref> (in cui un facoltoso moribondo è assediato dai fantasmi dei poveri che ha vessato), da cui emerge una forte critica di classe. Furono anni difficili: molti suoi compagni furono arrestati e lo stesso [[Andrea Costa|Costa]] dovette riparare all'estero (anche con l'aiuto di Giovanni). Nel [[1878]] ci fu l'attentato al re Umberto I, in visita a Napoli, ad opera dell'anarchico [[Giovanni Passannante]]: a Pascoli fu attribuita un'ode <ref>L'ode venne subito dopo strappata (probabilmente per timore di essere arrestato o forse per essersi pentito, pensando all'assassinio del padre) e di essa si conoscono solamente gli ultimi due versi tramandati oralmente: «colla berretta d'un cuoco, faremo una bandiera».</ref> che inneggiava al gesto dell'uomo, anche se la sorella Maria negò in seguito questa paternità. Nel [[1879]] il poeta venne però arrestato per aver partecipato a una protesta a favore di alcuni anarchici sotto processo, accusati di aver manifestatoa favore di [[Giovanni Passannante|Passannante]]. Pascoli avrebbe gridato la frase: «Se questi sono i malfattori, viva i malfattori!». Venne incarcerato per tre mesi, venendo alla fine rilasciato dopo una piena assoluzione. La prigionia fu molto dura e lasciò segni profondi sul suo animo, acuendo probabilmente quel senso di ingiustizia che si portava dentro dall'infanzia. | Partecipò a riunioni e incontri, scrivendo sul periodico rivoluzionario ''[[Il Martello]]'' (in ogni numero la ''Rassegna della Stampa socialista'' fu redatta da Pascoli). Le idee [[socialiste]] gli ispirarono alcune liriche, come ''La morte del ricco'' <ref>''[https://www.tititudorancea.com/z/giovanni_pascoli_la_morte_del_ricco.htm La morte del ricco]''</ref> (in cui un facoltoso moribondo è assediato dai fantasmi dei poveri che ha vessato), da cui emerge una forte critica di classe. Furono anni difficili: molti suoi compagni furono arrestati e lo stesso [[Andrea Costa|Costa]] dovette riparare all'estero (anche con l'aiuto di Giovanni). Nel [[1878]] ci fu l'attentato al re Umberto I, in visita a Napoli, ad opera dell'anarchico [[Giovanni Passannante]]: a Pascoli fu attribuita un'ode <ref>L'ode venne subito dopo strappata (probabilmente per timore di essere arrestato o forse per essersi pentito, pensando all'assassinio del padre) e di essa si conoscono solamente gli ultimi due versi tramandati oralmente: «colla berretta d'un cuoco, faremo una bandiera».</ref> che inneggiava al gesto dell'uomo, anche se la sorella Maria negò in seguito questa paternità. Nel [[1879]] il poeta venne però arrestato per aver partecipato a una protesta a favore di alcuni anarchici sotto processo, accusati di aver manifestatoa favore di [[Giovanni Passannante|Passannante]]. Pascoli avrebbe gridato la frase: «Se questi sono i malfattori, viva i malfattori!». Venne incarcerato per tre mesi, venendo alla fine rilasciato dopo una piena assoluzione. La prigionia fu molto dura e lasciò segni profondi sul suo animo, acuendo probabilmente quel senso di ingiustizia che si portava dentro dall'infanzia. | ||
== La carriera di insegnante e l'allontanamento dalla militanza == | == La carriera di insegnante e l'allontanamento dalla militanza == |