Errico Malatesta: differenze tra le versioni

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===Violenza e non-violenza===
===Violenza e non-violenza===
[[File:Malatesta.jpg|thumb|200px|left|Ritratto di [[Clifford Harper]].]]
La [[violenza]] di per sé è nemica della [[libertà]]. Essa è una triste necessità dell'[[anarchismo]], ma solo nella fase negativa della distruzione delle forme oppressive. Malatesta è contrario ad ogni terrore rivoluzionario, che conduce necessariamente alla dittatura, così come respinge l'idea [[comunista]] della [[dittatura del proletariato]] e giudica molto severamente i risultati della [[rivluzione russa|rivoluzione bolscevica]], che ha fermato l'esperimento dei [[Soviet|soviet]] ed ha instaurato uno [[Stato]] autoritario. <ref>Nel 1922, alla Spezia, Malatesta conobbe Herman Sandomirsky, un anarchico russo alleato del bolscevismo, giunto in Italia come membro della delegazione russa al congresso di Genova, che sollecitava gli anarchici a schierarsi con la bandiera leninista. Rispondendo all'anarchico filobolscevico, Malatesta si pronunciò pubblicamente sui rapporti tra il movimento anarchico e la Rivoluzione russa. A Sandomirsky rimprovera di aver rinnegato l'ideale anarchico, per stare '''«con un governo, ed un governo che ha fucilato dei compagni nostri e ne tiene ancora tanti in prigione»''' («Anarchici e bolscevichi», «[[Umanità Nova]]», 16 maggio 1922). Alla fine, Malatesta arrivò a identificare la dittatura bolscevica, almeno sotto certi aspetti, con il fascismo tout court: '''«I bolscevichi''' [...] '''hanno il merito di essere franchi e sfacciati: tale e quale come i fascisti!»''' («In regime di dittatura proletaria», «[[Umanità Nova]]», 12 agosto 1922).<br>Nel 1924, alla morte di Lenin, Malatesta, componendo il necrologio del capo rivoluzionario scriveva le seguenti parole: '''«Lenin è morto. Noi possiamo avere per lui quella specie di ammirazione forzata che strappano alle folle gli uomini forti, anche se allucinati, anche se malvagi, che riescono a lasciare nella storia una traccia profonda del loro passaggio: Alessandro, Giulio Cesare, Loyola, Cromwell, Robespierre, Napoleone. Ma egli, sia pure colle migliori intenzioni, fu un tiranno, fu lo strangolatore della Rivoluzione russa, e noi che non potemmo amarlo vivo, non possiamo piangerlo morto. Lenin è morto. Viva la libertà!»''' («Lutto o festa?», «[[Pensiero e Volontà]]», n. 3, 10 febbraio 1924).</ref>
La [[violenza]] di per sé è nemica della [[libertà]]. Essa è una triste necessità dell'[[anarchismo]], ma solo nella fase negativa della distruzione delle forme oppressive. Malatesta è contrario ad ogni terrore rivoluzionario, che conduce necessariamente alla dittatura, così come respinge l'idea [[comunista]] della [[dittatura del proletariato]] e giudica molto severamente i risultati della [[rivluzione russa|rivoluzione bolscevica]], che ha fermato l'esperimento dei [[Soviet|soviet]] ed ha instaurato uno [[Stato]] autoritario. <ref>Nel 1922, alla Spezia, Malatesta conobbe Herman Sandomirsky, un anarchico russo alleato del bolscevismo, giunto in Italia come membro della delegazione russa al congresso di Genova, che sollecitava gli anarchici a schierarsi con la bandiera leninista. Rispondendo all'anarchico filobolscevico, Malatesta si pronunciò pubblicamente sui rapporti tra il movimento anarchico e la Rivoluzione russa. A Sandomirsky rimprovera di aver rinnegato l'ideale anarchico, per stare '''«con un governo, ed un governo che ha fucilato dei compagni nostri e ne tiene ancora tanti in prigione»''' («Anarchici e bolscevichi», «[[Umanità Nova]]», 16 maggio 1922). Alla fine, Malatesta arrivò a identificare la dittatura bolscevica, almeno sotto certi aspetti, con il fascismo tout court: '''«I bolscevichi''' [...] '''hanno il merito di essere franchi e sfacciati: tale e quale come i fascisti!»''' («In regime di dittatura proletaria», «[[Umanità Nova]]», 12 agosto 1922).<br>Nel 1924, alla morte di Lenin, Malatesta, componendo il necrologio del capo rivoluzionario scriveva le seguenti parole: '''«Lenin è morto. Noi possiamo avere per lui quella specie di ammirazione forzata che strappano alle folle gli uomini forti, anche se allucinati, anche se malvagi, che riescono a lasciare nella storia una traccia profonda del loro passaggio: Alessandro, Giulio Cesare, Loyola, Cromwell, Robespierre, Napoleone. Ma egli, sia pure colle migliori intenzioni, fu un tiranno, fu lo strangolatore della Rivoluzione russa, e noi che non potemmo amarlo vivo, non possiamo piangerlo morto. Lenin è morto. Viva la libertà!»''' («Lutto o festa?», «[[Pensiero e Volontà]]», n. 3, 10 febbraio 1924).</ref>
:«Anarchia vuol dire non-violenza, non-dominio dell'uo­mo sull'uomo, non-imposizione per forza della volontà di uno o di più su quella di altri. È solo mediante l'armonizzazione degli interessi, me­diante la cooperazione volontaria, con l'amore, il rispetto, la reciproca tolleranza [...] che assicuri a tutti la massima libertà, il massimo sviluppo, il massimo benessere possibili.[...] Ma allora, si potrà domandare, perché nella lotta attua­le, contro le istituzioni politico-sociali, che giudicano op­pressive, gli anarchici hanno predicato e praticato, e predi­cano e praticano, quando possono, l'uso dei mezzi violenti che pur sono in evidente contraddizione coi fini loro? [...] la violenza anarchica è la sola che sia giustifica­bile, la sola che non sia criminale. Parlo naturalmente della violenza che ha davvero i carat­teri anarchici, e non di questo o quel fatto di violenza cieca e irragionevole che è stato attribuito agli anarchici [...] '''La vera violenza anarchica è quella che cessa dove cessa la necessità della difesa e della liberazione.''' Essa è tempe­rata dalla coscienza che gl'individui presi isolatamente so­no poco o punto responsabili della posizione che ha fatto loro l'eredità e l'ambiente; essa non è ispirata dall'odio ma dall'amore; ed è santa perché mira alla liberazione di tutti e non alla sostituzione del proprio dominio a quello degli altri.» (''[[Anarchia e violenza (di Errico Malatesta)|Anarchia e violenza]]'')
:«Anarchia vuol dire non-violenza, non-dominio dell'uo­mo sull'uomo, non-imposizione per forza della volontà di uno o di più su quella di altri. È solo mediante l'armonizzazione degli interessi, me­diante la cooperazione volontaria, con l'amore, il rispetto, la reciproca tolleranza [...] che assicuri a tutti la massima libertà, il massimo sviluppo, il massimo benessere possibili.[...] Ma allora, si potrà domandare, perché nella lotta attua­le, contro le istituzioni politico-sociali, che giudicano op­pressive, gli anarchici hanno predicato e praticato, e predi­cano e praticano, quando possono, l'uso dei mezzi violenti che pur sono in evidente contraddizione coi fini loro? [...] la violenza anarchica è la sola che sia giustifica­bile, la sola che non sia criminale. Parlo naturalmente della violenza che ha davvero i carat­teri anarchici, e non di questo o quel fatto di violenza cieca e irragionevole che è stato attribuito agli anarchici [...] '''La vera violenza anarchica è quella che cessa dove cessa la necessità della difesa e della liberazione.''' Essa è tempe­rata dalla coscienza che gl'individui presi isolatamente so­no poco o punto responsabili della posizione che ha fatto loro l'eredità e l'ambiente; essa non è ispirata dall'odio ma dall'amore; ed è santa perché mira alla liberazione di tutti e non alla sostituzione del proprio dominio a quello degli altri.» (''[[Anarchia e violenza (di Errico Malatesta)|Anarchia e violenza]]'')
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