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== Lettera "Ai miei amici di Romagna" == | == Lettera "Ai miei amici di Romagna" == | ||
:«Miei cari amici, fin da che uscii dal carcere di Parigi e potei ritornare a me stesso e parlare e scrivere liberamente, pensai di rivolgervi alcune parole, che vi dimostrassero come io, nonostante la lunga separazione e le pratiche diverse della vita e gli avvenimenti, era pur sempre vostro e non domandava di meglio che di riprendere con voi l'opera della nostra comune emancipazione; ma le poche notizie che aveva del movimento attuale italiano, le tristi condizioni di buona parte dei nostri amici e un po'anche il mio stato di salute, mi trattennero dallo scrivervi.» <ref>[ | :«Miei cari amici, fin da che uscii dal carcere di Parigi e potei ritornare a me stesso e parlare e scrivere liberamente, pensai di rivolgervi alcune parole, che vi dimostrassero come io, nonostante la lunga separazione e le pratiche diverse della vita e gli avvenimenti, era pur sempre vostro e non domandava di meglio che di riprendere con voi l'opera della nostra comune emancipazione; ma le poche notizie che aveva del movimento attuale italiano, le tristi condizioni di buona parte dei nostri amici e un po'anche il mio stato di salute, mi trattennero dallo scrivervi.» <ref>[https://www.bibliotecaginobianco.it/?p=144&t=Ai-miei-amici-di-romagna Ai miei amici di Romagna]</ref> | ||
Nella lettera che segnò l'abbandono dell'[[anarchismo]], Costa giustifica le motivazioni della sua scelta. Egli non rinnegò il suo passato e le tradizioni rivoluzionarie del popolo italiano, «la propagazione delle idee per mezzo dei fatti», che ispirò nel [[1857]] [[Carlo Pisacane]] e i suoi compagni, «noi sentiamo che dobbiamo rinnovarci, che dobbiamo tener conto delle lezioni che l'esperienza di sette o otto anni ci ha dato». Costa sosteneva che la lotta tra la borghesia e il proletariato non potrà risolversi che con la violenza, «ma essere un partito d'azione non significa voler l'azione ad ogni costo e ad ogni momento. La [[rivoluzione]] è una cosa seria». Ma se essa è inevitabile, non è affare né di un giorno né di un anno, pensava il Costa. | Nella lettera che segnò l'abbandono dell'[[anarchismo]], Costa giustifica le motivazioni della sua scelta. Egli non rinnegò il suo passato e le tradizioni rivoluzionarie del popolo italiano, «la propagazione delle idee per mezzo dei fatti», che ispirò nel [[1857]] [[Carlo Pisacane]] e i suoi compagni, «noi sentiamo che dobbiamo rinnovarci, che dobbiamo tener conto delle lezioni che l'esperienza di sette o otto anni ci ha dato». Costa sosteneva che la lotta tra la borghesia e il proletariato non potrà risolversi che con la violenza, «ma essere un partito d'azione non significa voler l'azione ad ogni costo e ad ogni momento. La [[rivoluzione]] è una cosa seria». Ma se essa è inevitabile, non è affare né di un giorno né di un anno, pensava il Costa. | ||